THIEVES' KITCHEN - The Water Road
Laser's Edge
Distribuzione italiana: ?
Genere: Prog
Support: CD - 2008
L’Inghilterra è la patria del Progressive Rock mentre oggi i paesi scandinavi stanno portando questo cervellotico genere al Massimo dello splendore. Stiamo godendo di ottime uscite, una su tutte quella dei Beardfish, ma il regno unito ci tiene a ricordare che tutto nacque da lui. Almeno per quello che riguarda il Symphonic Prog, la terra di Albione ha il suo spessore, ma cosa è successo in questi ultimi anni? Dopo un continuo alto e basso qualitativo, passando per il New Prog, il Jazz ed il Metal, il Progressive Rock cresce e si modifica, plasmandosi da solo. Internet e la globalizzazione rende i paesi più vicini e questo anche le culture, le quali inevitabilmente si contagiano a vicenda.
E’ l’esempio dei Thieves’Kitchen, inconsapevolmente contagiati dal Prog oscuro della Scandinavia, a sua volta figlia della terra di Albione. La band del batterista dei Grey Lady Down, Mark Robotham, è gia rodata e con “The Water Road” è alla sua quarta uscita.
Esordiscono con “Head” nel 2000, poi realizzano due ottimi lavori come “Argot” (2001) e “Shibboleth” del 2003. La band è composta da otto musicisti, fra flauti, Mellotron, sassofoni ed una voce, quella di Amy Darby, molto bella. La musica che ci propongono non è scontata ( salvo in alcuni frangenti, quando si lanciano in lunghe suite come nell’iniziale “The Long Fianchetto”), alterna il sound degli anni ’70 con il jazz più pacato e a tratti un Rock convincente e d’impatto. Ma nella media si viaggia su arie pacate, sognanti, come nella stupenda “When The Moon In The River Of Heaven”, dove l’intreccio fra il Mellotron ed il flauto è da brivido!
I Thieves’ Kitchen non si adagiano sugli allori di certi antichi fasti, rielaborano con personalità il genere pur stereotipato. Molte webzine e forum del settore ho notato che li comparano ai Genesis, ai King Crimson e ad altri nomi altisonanti del genere, ma nessuno ha citato l’influenza maggiore che la band sembra aver subito, quella dei sempre poco considerati Gentle Giant. C’è molta farina del proprio sacco nei brani, sia in certe impostazioni vocali che in molti passaggi ricchi di cambi di tempo, proprio come la band dei fratelli Shulman ci avevano abituato. “Returglas” ne è un esempio più che esauriente. “Chameleon” è simile a loro per i momenti vocali, quando il Gigante Gentile si divertiva a cullarci con i lenti tocca-anima. “Om Tare” si avvicina anche ai King Crimson, quelli più moderni, con un pizzico di Spock’s Beard. Il brano è energico e la chitarra di Phil Mercy è in evidenza. Per confermare le sensazioni che ho espresso all’inizio, diciamo che “The Water Road” è un disco che miscela alla perfezione le oscurità di band come Sinkadus, Anglagard e Landberk, con la creatività e la freschezza degli Spock’s Beard. Un ibrido che sa emozionare, colpire la mia sensibilità, progredire il Rock senza strafare. Questo affresco a tinte oscure mi cattura e mi incuriosisce a tal punto da farmi rischiacciare il tasto Play alla fine del primo ascolto, cosa non da poco. La malinconia di “Plaint” è paragonabile a quella di un carillon, mentre la conclusiva “The Water Road” da sola vale il prezzo del cd.
Ancora una volta ci ritroviamo a tessere le lodi ad un prodotto estero e per le solite sonorità. E’ vero che questo potrebbe anche passare per un cristallizzarsi troppo sul genere, non lo posso negare, ma quando questa musica è espressa in maniera perfetta, io non posso che rimanerne letteralmente folgorato. “The Water Road”, un disco di grande musica Progressive Rock DOC! MS
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