A
LIFELONG JOURNEY - A Lifelong Journey
Autoproduzione
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2019
Spesso
anche nei social, molta gente si chiede se il Rock Progressivo sia una musica
datata, a mio avviso datato è ciò che ha smesso di evolvere e quindi fermo in
un certo momento del tempo. Il Prog (nomen omen) oggi ci sta abituando a
repentini cambi di stile, poi questo possa piacere o meno è un altro discorso. Fare
Prog oggi ha dunque differenti significati, chi resta relegato alle band di un
tempo (Genesis, Yes, Gentle Giant, King Crimson etc.) e quindi ad uno stile ben
distinguibile, oppure quello di tentare nuove vie e nuovi innesti stilistici.
Gli italiani A Lifelong Journey stanziano in una
via di mezzo, molto devoti ai fasti del passato (Genesisi in primis) e comunque
con uno sguardo personale a quello che è il suono di oggi.
Sono
due giovani polistrumentisti di Pavia, Mauro Mugiati (voce, tastiere, basso,
chitarra acustica), e Brian Belloni
(chitarre, batteria).
L’album
di debutto si intitola “A Lifelong Journey” e la scelta di chiamarsi come il
titolo dell’album è avvenuta casualmente, in poche parole nasce prima il titolo
dell’album e poi del progetto band. Nell’album quello che spicca all’orecchio
del fans del Prog sono proprio gli ingredienti che lo compongono, ci sono
Mellotron, Hammond, Leslie, suite e tutto ciò che può indirizzare l’ascoltatore
in tal verso.
“A
Lifelong Journey” si compone di due suite “Part1” e “Part 2”, per una durata
totale di una cinquantina di minuti. La genesi del concepimento inizia quattro
anni prima dell’uscita, e viene registrato nel 2018 agli studi Elfo di
Piacenza, ci tengo a precisarlo perché la qualità sonora è equilibrata e
pulita. Gradevole anche l’artwork ad opera di Mirko Filippelli, un libretto
semplice e raffinato, contenete i testi e disegni che ben sposano la causa
Prog, tanto da darmi reminiscenze “A Trick Of The Tail” (Genesis).
Anche
le composizioni si aggirano in tal senso attorno a questo gruppo storico.
“Part1” si apre con un Mellotron che la dice lunga su quanto andremo ad
ascoltare, per poi passare a fughe in stile Spock’s Beard. La chitarra si
addentra in meandri Floydiani per poi scivolare quasi indifferentemente verso
Steve Hackett. Cambi repentini di tempo ed umorali, sino ad andare a sfiorare
il Prog attuale con velature Steven Wilson tanto per intenderci e così si chiude
anche il cerchio passato e presente.
Le
tastiere sono sempre in evidenza, mentre le chitarre molto spesso accompagnano
il tutto senza strafare.
“Part
2” non si apre con il Mellotron ma con un piano e un motivo lento ed arioso. Il
terreno è quello del Neo Prog, ancora
sprazzi di Spock’s Beard (su tutti “The Light”) e giochi di batteria. Segue un
basso stile “Outer Limits” dei primi IQ e tutto appare in un aurea di magia
senza tempo.
Io
che seguo molto il genere in questo debutto trovo tanto materiale e tanto
amore, il tutto mi emoziona e mi piace.
I
giovani sanno fare Prog, lo hanno assorbito per poi rielaborarlo con la cultura odierna, possiamo dormire sonni
tranquilli il genere è in buone mani, anche in quelle dei A Lifelong Journey,
grandi mani! MS
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