HOLOCAUST
– Covenant
Neat
Metal Records
Genere:
NWOBHM
Supporto: cd – 1997
Piccoli
gioielli spesso sono soffocati da migliaia di uscite discografiche di basso
spessore, ci si accorge sempre troppo tardi della loro esistenza, oppure al
tempo non si è dato il giusto peso all’opera in questione. Accade sempre più
spesso, anche se il caso dei mitici Holocaust è davvero particolare. Sono una
band di Boston, ma si formano nel 1977 a Edimburgo in Scozia. Fanno parte della
famosa corrente NWOBHM (New Wave of British Heavy Metal), quando alla fine
degli anni ’70 il Punk va ad incrociarsi con l’Hard Rock. Per fare alcuni nomi
vi cito Iron Maiden, Judas Priest, Def Leppard, Elixir ed i Praying Mantis.
Ebbene, agli esordi sono un quintetto capitanato dal vocalist Garry Lettice. Le
influenze dei Black Sabbath sono marcate e la chitarra di John Mortimer
padroneggia in ogni solco. E’ proprio questo il problema, John, o meglio la sua
personalità, è troppo ingombrante nel gruppo e questo farà si che gli Holocaust
si sciolgano molto presto, salvo poi ricomparire nei più recenti anni ’90
(precisamente1992) sotto la forma di trio e con solo John superstite del combo.
Ma
ritorniamo per un momento indietro nel tempo per ricordare un gioiello che i
cavalieri metallici ci hanno lasciato, ossia quel “The Nightcomers” (1981) che
racchiude in se gioielli come “Shoot The Moon” e “Death Or Glory”.
Indispensabili per la NWOBHM ma veramente sfortunati in campo di vendite.
Detto
questo, veniamo a “Covenant” che è inaspettatamente spettacolare, quel disco
che non ti aspetti, oscuro, greve, a volte mastodontico nel suo caracollare
ritmiche pesanti, eppure tutti i brani godono di una melodia stupenda, di
facile memorizzazione. Brani che si stampano facilmente in testa e che non
restano difficili da cantare assieme a loro.
Con
John Mortimer suonano Steve Cowen alla batteria e Graham Hall al basso. Dieci
brani per più di un ora di musica, compresa una strepitosa suite dal titolo
“The Battle Of Soaring Woodhelven”. Ci sono pezzi addirittura quasi radiofonici
da quanto sono orecchiabili, come ad esempio “We Shall See Him As He Is”, ma
non per la durata (più di sei minuti). Buono il cantato e tutto il Metal degli
anni ’80 rivive in ogni nota dell’album. La chitarra è roboante, un macigno che
ben si sposa con il mastodontico suono del basso. Un equilibrio così perfetto
come raramente si può ascoltare in questo ambito.
Gli
Holocaust nel tempo danno alla luce altri due buoni dischi, “The Courage To Be”
nel 2000 e “Primal” nel 2003.
L’unica
cosa negativa di “Covenant” sicuramente è la copertina, li si che qualcosa di
meglio si poteva fare.
Da
ricordare anche un triste episodio, Il bassista originale Robin Begg è morto
nel 1990 per una caduta accidentale. MS
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