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sabato 13 luglio 2019

Unfolk


UNFOLK – File Under Oblivion
MP&Records
Distribuzione: G.T.Music /Burning Shed
Genere: Progressive/Pop Rock
Supporto: 2cd – 2019


Il Collettivo Unfolk è il progetto di Alessandro Monti (Quanah Parker), musicista/polistrumentista veneziano autodidatta. Inizia il proprio percorso musicale nel 2006 rilasciando diversi dischi per la Diplodisc, etichetta autogestita. Il genere primordiale espresso è un Post-Folk che negli anni va mutando in un genere non proprio ben definito, e proprio per la ricercatezza delle soluzioni e negli innesti di generi che io li vado a collocare nel “Progressive Rock”, ma non quello rivolto ai soliti anni ’70, bensì al più moderno, di sviluppo. Infatti il nome  ha intrinseca l’evoluzione, il senso della progressione, questo è il vero significato del Progressive Rock, negli anni ’70 nominato semplicemente “Musica Pop”. Lasciati dunque i paragoni sbagliati con Genesis, Yes, Gentle Giant, King Crimson e compagnia bella, veniamo al nuovo doppio album di Unfolk, esso per essere realizzato ha necessitato di più anni di lavoro. Il primo disco parla di un oblìo esistenziale ed artistico, dove tuttavia lascia intravedere per il futuro possibilità positive, mentre il secondo cd tocca un argomento molto vasto per contenuti sociologici: il mondo di internet.
In questo lungo viaggio creativo dove numerosi stili si vanno a miscelare, come il Pop e la Dance, oltre che il Rock, Monti si coadiuva di special guest come Tim Bowness (No-Man, Henry Fool), Mauro Martello (Opus Avantra) e Visnadi (Livin’ Joy. Alex Party) quest’ultimo per il lato dance.
In generale il Collettivo Unfolk è composto da: Roberto Noè, Claudio Valente, Daniele Principato, Alex Masi, Elisabetta Montino, Riccardo De Zorzi, Franco Moruzzi, David Mora, Matteo Lucchesi, Tullio Tombolani, Bebo Baldan, Andrea Marutti ed Alessandro Monti.
L’artwork di Jarrod Gosling è di stile “neutro”, ossia non rappresenta al 100% un unico genere musicale come spesso avviene per altre copertine, ma lascia adito a differenti interpretazioni, mentre è musa del  primo brano introduttivo del secondo cd, “Doorways”.  Molto bella la confezione in senso generale, semplice, contenente i testi (cantati in lingua inglese) e la descrizione su chi suona nei singoli brani.
Il primo cd è suddiviso in undici tracce, mentre il secondo in otto.
L’”Oblivion Signal/Introduction” ci immette nella prima parte del viaggio fra suoni psichedelici e descrizione di arte e creazione con voce femminile, esso conduce a “Time Capsule 1983: The Shadow”. Un loop  di synth si lascia raggiungere dalla chitarra elettrica di Roberto Noè e da un gorgoglìo di suoni che  tracciano nella stanza in cui si ascolta sinuose atmosfere magiche. La voce inconfondibile fragile e sussurrata del collaboratore di Steven Wilson nei No Man, Tim Bowness non può che narrare un brano acustico e delicato dalla vena malinconica, qui dal titolo “Guides To Oblivion”. A raggiungerlo nella parte centrale del brano la voce femminile di Elisabetta Montino (Quanah Parker) in una coralità che va ad impreziosire il crescendo sonoro del brano mentre sfocia in un graffiante  muro sonoro sostenuto dalla chitarra elettrica. Monti si fa notare nel brano strumentale “Time Capsule 1988: Format For Matt”, orecchiabile e sentito, qui la melodia la fa da padrona, mostrando il lato più sensibile dell’artista. Si ritorna alla Psichedelia con gli otto minuti di “Every Note Of Us” e la voce di Claudio Valente, la chitarra di Alex Masi, le percussioni di Roberto Noè e il sax di Mauro Martello. Sul brano aleggiano le ombre di David Bowie, quello più recente. Molti di voi noteranno anche frangenti di Pinkfloydiana memoria.
“Time Capsule 2008: Mr. Vuh Returns” fa capolino nel Pop e nel Prog più delicato, quello per esempio dei concittadini Orme, grazie all’uso delle tastiere quasi sgocciolate nel tocco e delle melodie eteree.
Una chitarra acustica apre “Dreams Of Angels/Apocryph”, un sentiero dove ancora una volta le capacità tecniche di Monti vengono alla luce per poi passare ad una fase più Dance e Pop. Ricercatezza e semplicità, due cose ben distinte che invece in questo brano dimostrano di poter convivere in maniera perfetta. Qui possiamo estrapolare il sunto del progetto Unfolk, ossia il non fossilizzarsi su un genere  o in uno stile sonoro in senso generale. Elettronica  nei quasi tre minuti della strumentale “Q: Are We Not Humans?” fra sintetizzatori e basso per passare a “Oblivion Loop”, una sorta di Dance sussurrata. Con “Time Capsule 2018: Stimmen Der Engel” ritorna il brano strumentale ancora una volta narrato dalle chitarre di Monti, assieme ad un gradevole slide.
Il cd 1 si conclude alla grande con “Time Capsule 1999: Skybus To Oblivion”, sunto sonoro di quanto ascoltato in questo già lungo percorso, con la giunta preziosa del flauto in un susseguirsi di immagini sonore.
Il secondo cd si apre con il brano ispirato dalla copertina “Doorways”, un mix fra Psichedelia e Pop che conducono verso lo spazio infinito per chi ha uso di fantasia abbinata al suono. “Dance In Opposition” è nomen omen, il ritmo sale e si può anche ballare. Si parla di internet e dell’uso sbagliato che ne facciamo, portando la musica quasi alla morte, quando invece usato a dovere potrebbe essere soltanto che un oggetto di fondamentale importanza culturale. “Dance In Opposition: Lost In Translation” non fa altro che proseguire il discorso intrapreso dal brano precedente. Più articolata e ricercata “Dance In Opposition: Before It’s Too Late, qui si apportano  modifiche alla struttura sonora base. I brani si richiamano, anche se l’autore non definisce il proprio operato un concept album. Si esce da questo loop sonoro con “Modern Art Blues”, pur sempre navigando sopra suoni elettronici, questa volta però compare la chitarra. C’è anche la versione Visnadi rmx di “Doorways” e quella inedita completamente strumentale di due minuti e poco più.
Si giunge alla fine del disco con “Alpha/Black Hole/Omega” ancora fra echi, elettronica e in questo caso anche di rumoristica che ci fa accedere ad un mondo parallelo decisamente onirico.
Avrete dunque capito che questo nuovo lavoro del Collettivo Unfolk è decisamente un prodotto non adatto a chi dalla musica vuole solo spensieratezza o perlomeno canticchiarla (qui tuttavia possibile in alcuni frangenti), si necessita di ascolto e statene pur certi che al suo interno troverete anche della destabilizzazione, quella che invece piace moltissimo agli ascoltatori incalliti di Rock Progressivo e dintorni. Viene in mente il classico detto: “O lo si ama o  lo si odia”. MS

domenica 7 luglio 2019

Kaoll- Rio De Lagrimas


RIO DE LAGRIMAS – Brazilian Progressive Rock Soundtrack Vol. 1 (Kaoll)
Masque Records
Genere Progressive Rock
Supporto, cd/ libro – 2019



Adoro quando dietro ad un disco si cela un lavoro importante fatto di cura dei particolari e rispetto per chi acquista il materiale. In un era dove la copertina non ha quasi più il senso di esistere, ecco che dal Brasile giunge un lavoro quantomeno ottimo: “Rio De Lagrimas – Brazilian Progressive Rock Soundtrack Vol. 1”. Questo è un progetto musicale scritto da Bruno Moscatiello che per la sua realizzazione si avvale di special guest noti in ambito Prog brasiliano come Willy Verdaguer (Secos & Molhados/Humahuaca), Eduardo Aguillar (Vitrial), Claudio Dantas (Quaterna Réquiem), Saulo Battesini, Kleber Vogel (Kaizen), Fabio Ribeiro (Blezqi Zatsaz), fred Barley (O Terco/Dialeto) ed Enrico Jones e Edu Varallo.  Il disco è accompagnato da un libro realizzato a fumetti in acquarello da Renato Shimmi su una storia scritta da Glaucus Noia.
Il tratto oscuro, psichedelico e sanguigno porta ad un ascolto mirato, mentre la storia è una parafrasi della politica di destra.
Si narra della moglie ferita di un guerriero di un tempo passato che per essere guarita necessita di una cura “costosa” e il soldato chiede aiuto al re per scende a patti con il Minotauro che è il custode del tutto. Le cose materiali all’essere mitologico non interessano, dovrà essere qualcosa di molto prezioso per il soldato.  Esso dice: “Per un prezzo così alto, cosa potrei dare come garanzia?” E il Minotauro risponde “ Qualcosa della tua vita. Un giorno saprai cosa ho deciso. Accetta il contratto e avrai il tuo oro.”. Trattasi della vita di molti soldati. La donna guarisce, ma nel frattempo c’è chi trama contro il Minotauro per vendicarne il ricatto. Molto sangue scorre a fiumi, e che fine abbia fatto in seguito il Minotauro di preciso non si sa, c’è chi dice sia morto ma dell'oro che ha nascosto, nessuno sa dove sia. Resta soltanto il fiume di lacrime.
Anche il libretto che accompagna il cd è esaustivo sulla storia e su chi suona nel progetto, i Kaoll, il tutto  suddiviso in undici tracce. Uno sforzo musica-immagine di notevole fattura e questo tengo a rimarcarlo nuovamente!
L’opera Prog si apre con “O Acordo”, l’organo e le tastiere di Saulo Battesini, il violino di Kleber Vogel e le percussioni di Claudio Dantas disegnano  sonorità maestose e rilasciano anche un velo di malinconia, quella che pervade anche nei disegni di Renato Shimmi. Ed ecco che dopo il breve intro si apre a “Batalha Dos Minotauros. Ancora all’inizio insiste l’incedere a carattere militaresco per poi lasciarsi andare ad un Rock Progressivo ampio ed importante, dove la chitarra elettrica di Moscatiello ricopre un ruolo importante.
“Rio De Làgrimas” è un tema toccante che si regge sul suono di una chitarra slide in stile Pink Floyd anni ’70. Il tema è il brano più lungo dell’album con i suoi sette minuti e mezzo, toccanti ed emotivi. Concatenato al tema che accompagna l’album in senso generale subentra “Morte Do Sonho”, brano chitarra e tastiere, quelle di Fabio Ribeiro.
“O Ultimo Ato” alza il ritmo e si svolge in un impetuoso incedere per passare in successione fra enfasi e classicismo.
Con “Sob Os Olhos De Eva” si apre la virtuale seconda parte del disco, con effetti elettronici che lanciano a seguire il flauto di Yuri Garfunkel, e voi sapete che valenza ha un flauto nel Rock. Il brano è molto orecchiabile e forse anche il più solare. Un arpeggio di chitarra classica apre “O Exìlio Da Serpente”, sentito e toccante e ancora una volta supportato dal flauto nel segno della continuità che si propaga anche in “Kopernik” e nella più ricercata “Julgamento E Morte De Giordano Bruno”, supportato dal lavoro della chitarra elettrica e dal piano.
Il ritmo sale nuovamente in “A Rua Contra Os Reis” e il flauto resta sempre il protagonista della melodia centrale. Il pezzo è probabilmente il più Rock dell’intero album. Chiudono i cinque minuti di “Dharma Em Chamas” e qui fuoriesce tutto il dna del Rock brasiliano caro a band storiche come  gli O Terco.
Un disco importante, completo, ampio e ricco di risorse anche storiche, una grande produzione Masque Records, oggi sempre di più una importante realtà del Progressive Rock moderno. MS




Tempus Fugit


TEMPUS FUGIT – The Dawn After The Storm (Extended & Remastered Edition)
Masque Records
Genere: Rock Progressive
Supporto: cd – 2019


Ho già avuto modo diverse volte di parlare anche nel mio blog NONSOLO PROGROCK, del progetto brasiliano di Andrè Mello (tastiere, voce) Tempus Fugit. Si formano verso gli inizi degli anni ’90 da un idea di Mello per poi diventare nel tempo un quartetto. Il primo album si intitola “
Tales From A Forgotten World” ed è del 1997, ma il successo vero e proprio  lo raggiungono grazie a questo loro secondo album dal titolo “The Dawn After The Storm”, registrato fra il 1998 ed il 1999.
Stiamo parlando di Rock sinfonico di alta classe, con puntate nel Neo Prog  di stampo storico, quello che gruppi come Marillion, IQ, Pallas e Pendragon ci hanno insegnato, con tanto di interpretazione vocale sentita e recitata.
In questa riedizione di “The Dawn After The Storm” c’è l’intero album rimasterizzato con in più due lunghe bonus tracks (sopra i dieci minuti l’una) registrate nel più vicino 2016. L’edizione cartonata è molto elegante e i disegni di Bernard Design donano al tutto quel nonsoché di Progressive Rock Pendragoniano. Nel 2018 i Tempus Fugist sono composti da Ary Moura (batteria), Henrique Simeones (chitarra), Marquinhos Dos Santos (basso), e André Mello (tastiere).
E’ una grande emozione poter riascoltare “Daydream” con un suono che spettina l’ascoltatore, uno strumentale che a mio avviso dovrebbe far parte del patrimonio del genere. Enfasi, melodia tipica del Prog Brasiliano con tastiere in cattedra e un lavoro di chitarra quantomeno fresco ed esaustivo. Concatenato giunge “The Dawn After The Storm”, altro pezzo di quasi nove minuti ed ancora una volta completamente strumentale. In esso aleggia tanta storia del Prog. Sono brani che se risiedessero anche  nella discografia di molte band anche più blasonate, sarebbero un lusso per chi li ospita.
“Never, composta da Mello è un altro classico del disco basato su un refrain molto orecchiabile e dai cambi di tempo dove le tastiere e le chitarre reggono il gioco verso il sound Neo Prog di stampo classico. C’è chi ci potrà trovare i Camel, chi i Genesis , ma soprattutto Marillion e Pendragon.
“Tocando Vocé” fa la gioia del Prog fans, con l’inizio arpeggiato di chitarra, un mandolino e un incedere in crescendo spettacolare, dall’ampio respiro e granitico nel solo di chitarra. “The Fortress” è un altro strumentale questa volta in stile Pendragon. Segue una breve vetrina per le capacità tecniche della chitarra classica, il brano si intitola “Preludio De Sevilla” e di certo strappa più di un applauso. Torna il cantato in “The Sight” così le melodie di facile memorizzazione, tutte velate con un poco di malinconia che bene si allacciano con i sprazzi di sole che solo artisti brasiliani e perché no, anche noi mediterranei sappiamo dare. Un grande piacere quando partono le cavalcate degli assolo strumentali.
“O Dom De Voar” arricchita dal flauto dell’ospite Marco Aureh è uno strumentale melodico toccante e gioioso allo stesso tempo, una puntata leggermente fuori dal Prog ascoltato sino ad ora in un Folk davvero gradevole e sentito. Il disco ufficiale si chiude con “Discover” un altro dei momenti più alti dell’ascolto in senso generale.
Ma veniamo ai due nuovi brani datati 2016, il primo “The Last Day” senza ombra di dubbio è nel segno della continuità artistica del quartetto che anche dopo l’album datato 2008 dal titolo “Chessboard” ha dimostrato un crescendo di tecnica e composizione importante. La loro musica si arricchisce non soltanto di Neo Prog come abbiamo potuto ascoltare sino ad ora, bensì anche di cenni storici importanti con quelli dei già citati Camel ed i Caravan in cattedra. Questo brano completamente strumentale è dedicato alla memoria di Orlando Rodrigues Almeida e José Carlos Fagundes De Souza Lima. Il secondo inedito non è altro che il mix fra “Daydream “ e “The Dawn After The Storm”, il tutto live in studio. Nuovi arrangiamenti, nuova veste più pulita e fresca.
In conclusione “The Dawn After The Storm (Extended & Remastered Edition)” è un  disco che agisce sulle emozioni ed i sentimenti, molto cuore e tecnica, per fortuna oggi rimasterizzato e arricchito con due brani notevoli, da non perdere. MS

Luiz Zamith


LUIZ  ZAMITH – Introspecção
Masque Records
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2018



Con Luiz Zamith andiamo a fare la conoscenza di un importante chitarrista carioca dedito nel tempo ad un Progressive Rock raffinato e contaminato.
Nasce nel 1964 ed inizia a suonare la chitarra studiandola in conservatorio. La formazione classica gli è fondamentale per entrare dal 1984 al 1986 nell' Orchestra Chitarra di Rio de Janeiro. Nello stesso momento si interessa al Progressive Rock, genere del quale ovviamente si necessita di una tecnica strumentale importante per esprime al meglio i concetti composti. Dunque nella sua musica traspaiono le influenze di band storiche come i Genesis e gli Yes.
Il disco “Introspecção” si presenta in una elegante edizione cartonata con tanto di libretto d’accompagnamento contenente spiegazioni, testi e foto.
Il progetto nasce nel 2016 fra aprile e luglio dove Zamith presenta l'embrione di questo lavoro originale in concerti al Botafogo Teatro Solar nella città natale di Rio De Janeiro in compagnia di musicisti come Elcio Cafaro (batteria), Paulo Teles (flauto), Ronaldo Rodrigues (tastiere), Augusto Mattoso (basso) e come special guest la cantante Masè Sant’Anna. Il disco è dedicato alla memoria di Luiz Fernando Zamith, violoncellista e zio di Luiz. Alcuni brani del disco sono registrati proprio nella sessione live e tre in studio.
“Introspecção”, brano iniziale, è proprio una overture che porta l’ascoltatore dentro le atmosfere introspettive del viaggio sonoro e dopo tre minuti si giunge a “ Alguém Ainda Se Lembra Das Antas?” dove l’argomento sonoro parla del tapiro, animale molto amato in Brasile. Nel brano c’è il tentativo di connettere il lato naturalista di Zamith con la musica in un perfetto connubio di biosistema. La chitarra qui assume le vesti di quella di Steve Hackett (Genesis). I sette minuti alternano importanti assolo con accompagnamento di flauto e anche di tastiere Hammond.
“Outro Dia (Another Day)” è una vetrina per le capacità tecniche dei singoli musicisti ed in essa fuoriesce anche il carattere caldo e giocoso dei carioca. Qui risiede più Jazz che Rock e il brano risulta spettacolare nell’insieme.
“Cantiga (Ditty)” ritorna nel Prog grazie alle inusuali ritmiche e ad armonie complesse e dopo il brevissimo “Tema N°1” si passa a “Vice-Versa”, dove gli strumentisti dialogano fra di loro come in una sentita discussione fra botta e risposta. Non manca la ballata Prog, qui dedicata alla moglie di Zamith Luciana, con il titolo “Balada (Ballad)”. Il flauto ricopre un ruolo importante perché disegna melodie toccanti ed ariose, come il tema suggerisce. Si giunge poi al brano cantato intitolato “Trem De Cao”, dove la bella voce di Masé Sant’Anna lega al meglio testo e musica.
Il disco viene concluso da “Essencia (Essence)”, brano arioso che descrive al meglio il concetto fra essenza e musica.
“Introspecção” è un album che potremmo paragonare ad una finestra aperta che serve per cambiare l’aria consumata in casa, in questo caso nella casa della musica, dove un poco di ossigeno basta già per aprirci nuovamente la mente. Si necessita. MS