Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO

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La storia dei generi enciclopedica

domenica 5 gennaio 2025

Landberk

 LANDBERK - Il freddo del nord che riscalda

(Di Massimo Salari)


CHI SONO I LANDBERK

 


Si formano nel 1992 con Patric Helje (voce), Reine Fiske (chitarra), Stefan Dimle (basso), Simon Nordberg (tastiere) e Jonas Lidholm (batteria). Sono dediti ad un Rock Progressivo dal suono essenziale, quasi magnetico. Gli strumenti vengono appena sfiorati e raramente aggrediti. Mancano dunque lunghe suite nei loro dischi, mancano i cambi di tempo repentini, ma in controparte hanno un carisma al di fuori della norma. Nei brani composti risiedeono tristezza, religiosità, delicatezza, sin dall’iniziale cd d’esordio RIKTIGT ÄKTA (1992 Landberk/ 1995 Record Heaven). Il cantato in lingua madre non rende il disco molto fruibile per noi italiani, ma la musica ossessiva e delicata riesce ugualmente a cogliere l’animo di chi ascolta. Nello stesso anno i Landberk registrano nuovamente il disco con il canto in lingua inglese e il titolo cambia in LONELY LAND  (1992 - The Laser Edge), questo per tentare di accalappiare l’attenzione di un pubblico più vasto. Le potenzialità a loro disposizione fuoriescono nel 1994, nel capolavoro ONE MAN TELL’S ANOTHER  (1994 - Megarock Records) eletto dalla critica disco Prog dell’anno. In esso c’è magia, una magia che sfiora ed ammalia. I King Crimson sembrano avere la loro importante influenza, come si può ascoltare in "Time" e "Kontiki". La band parte per diverse date live e tocca anche il nostro suolo. La testimonianza sonora dell’evento è intitolata UNAFFECTED (1995 - Melodie & Dissonanze). Le canzoni sono registrate alcune all’Usignolo Di Castelnuovo Del Garda ed altre il giorno successivo in Germania. Bella la cover iniziale dei Van Der Graaf Generator "Afterwards". I Landberk si congedano dalle scene con un disco di una bellezza cristallina dal titolo INDIAN SUMMER (1996 - Record Heaven), proprio per questo che il rammarico per la scissione è ancora più doloroso. Nel 1998 Stefan Dimle e Reine Fiske si fondono con Nicklas Berg e Peter Nordis degli Anekdoten per dar luce ad un breve progetto dal titolo Morte Macabre, Il risultato è il buon SYMPHONIC HOLOCAUST, lavoro dalle ovvie tonalità oscure ma carente dell’energia madre che caratterizzano le due band. INDIAM SUMMER viene ristampato nel 2024 in vinile dalla Landberk Records. Una breve esistenza la loro, ma fondamentale per la ripresa del genere Prog Rock degli anni '90. 

 

 

DISCOGRAFIA IN STUDIO

 

 

RIKTIGT ÄKTA (1992 Landberk/ 1995Record Heaven)

LONELY LAND (1992 - The Laser's Edge)

ONE MAN TELL'S ANOTHER (1994 - Megarock Records)

UNAFFECTED (1995 - Melodie e Dissonanze)

INDIAN SUMMER (1996 - Record Heaven Music)





LANDBERK – Indian Summer 
Record Heaven

Genere: Progressive Rock
Supporto: cd - 1996




 

Ci sono dischi che vorremmo non finissero mai. Musica rassicurante, che coccola l’anima, quella che fa stare bene, quasi come se ci trovassimo nel grembo materno intenti nel nuotare nel liquido amniotico. I svedesi Landberk con questa ultima loro fatica in studio lo testimoniano anche nella copertina rappresentante un corpo di una donna in dolce attesa.
In questo caso si rientra in un genere che potremmo definire sia Progressive Rock che Post Rock, la musica dei Landberk sfiora i King Crimson e gode di personalità. Gli strumenti vengono spesso accarezzati, quasi sfiorati , come se si volesse chiedere scusa del disturbo. La voce è sognante, così come le esibizioni live che elargiscono nel tempo rappresentazioni spirituali con tanto di candele accese. La band fa parte del filone della rinascita del Progressive Rock anni ’90 in compagnia dei connazionali The Flower Kings, Anekdoten, Anglagard e Sinkadus. Non sono autori di molti dischi, solo cinque in studio ma tutti di elevata fattura tecnica ed emotiva. INDIAN SUMMER è il loro ultimo disco come ho avuto modo di dire, e lascia ancor più l’amaro in bocca in quanto testimone del crescendo qualitativo del gruppo, chissà cosa avrebbero potuto produrre visto il miglioramento artistico in divenire.
In questo album non esistono momenti di calo, tutte le canzoni prendono l’ascoltatore dal primo all’ultimo istante, ad iniziare da "Humanize". La chitarra sfiorata di Reine Fiske (Morte Macabre, Paatos, Motorpsycho, Elephant9 e Träd, Gräs & Stenar.) inizia il brano che si apre in un giro ritmico molto blando ed un Mellotron che riporta l’ascoltatore indietro negli anni ’70. Le melodie sono semplici, dirette traghettate dalla bella e sentita voce di Patric Helje. Musica per alcuni versi ipnotica nell’incedere. La sensazione di fluttuare nel liquido che ci circonda è amplificata dal brano ancora più lento "All Around Me". Una sensazione che travalica nell’onirico, sopraggiunge in una quiete appagante anche se non mancano frangenti maggiormente nervosi dettati proprio dall’influenza dei King Crimson, compresa nella voce filtrata.
Un momento più Rock, ma anche breve con i tre minuti e poco più, lo si ascolta in "1st Of May", frazione stranamente solare rispetto all’andamento del disco, il tutto comunque sempre in maniera pacata ed elegante. Uno dei capolavori si intitola "I Wish I Had A Boat", momento quasi in punta di piedi, un giro di basso ancora ipnotico accompagna l’ascolto in un percorso dove si possono incontrare un sussurrato Mellotron, una ritmica minimale e una chitarra cortese. La voce, inutile sottolinearlo, è la protagonista per patos. Il ritmo torna a salire con "Dustgod", vero e proprio potenziale singolo di INDIAN SUMMER con un ritornello a dir poco orecchiabile. "Dreamdance" è ancora più ritmata, insistente ma anche soave, essa accompagna all’ascolto di un altro capolavoro dell’album, "Why Do I Still Sleep". La mente viene rapita fra echi e voci femminili a supporto della lirica, mentre la chitarra  si limita a fare da guida. Ecco uno di quei movimenti che vorresti non finissero mai.
INDIAN SUMMER si chiude con la title track, uno dei brani più lenti che io abbia ascoltato in vita mia, a questi livelli neppure i Radiohead. Una minimal-song assoluta, dove spazio e tempo sembrano immersi nel liquido amniotico dell’inizio della vita. Chitarra arpeggiata, quasi sfiorata e voce in fievole sussurro lamentoso. Tutto intorno a noi sparisce, quando la musica è arte.








4 commenti:

  1. Un ringraziamento per aver ricordato una stupefacente band, che faceva parte del trittico delle meraviglie con Anglagard e Anekdoten (mai sopportati i Flower kings solo in rare occasioni) li scoprii un po tardi, perché in quegli anni era il metal estremo che amavo ed il metal tutto era diventato di "moda". Mi chiedo perché in tempi in cui viene ristampato e rimasterizzato di tutto, anche molte porcherie, questi gioielli (soprattutto il secondo cd) vengono dimenticati e lasciati nell'oblio. È un vero sacrilegio. Poi sono convinto che piacerebbero anche ai non convinti progster. Loro tre insieme a pochi altri sono stati i gruppi della vera rinascita prog. Altro che Dream Theater, loro anno fatto scoprire ai ragazzini il prog nel metal, scopiazzando dai Rush, Pink Floyd e Metallica. Dimenticati. Grazie da Ivano.

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  2. Ciao Ivano!
    Sottoscrivo tutte le tue parole, e visto che mi ci trovo ti consiglio anche i SINKADUS, band molto simile ai Anglagard e sono dello stesso periodo. Magari li conosci già, ma se non li conosci, hai di che godere!

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  3. Ribadisco ciò che scrissi nel giugno del 2021. E con ancora più rabbia e con il veleno che mi scorre nelle vene, ancora nemmeno di parla di una ristampa di questi capolavori. Quali cazzo sono i problemi di tanta negligenza e indifferenza. Ristampateli almeno così, senza essere rimasterizzati. Anni fa speravo nell' inglese Esoteric Records che fece e forse fa ancora una riscoperta di piccole band prog, spesso anche insignificanti. Massimo hai fatto bene a riproporre questo tuo articolo con ovviamente relativa recensione. Quanto sarebbero belle, le ristampe in digibook, con cartone spesso e ampio libricino. Mi ricordo le edizioni della nostrana Akarma records che ringrazio la sera prima di coricarmi, come preghiera per le soddisfazioni che ci ha regalato. Senza dimenticare che in tutta Europa era la sola con quella qualità, forse solo la Repertoire records tedesca, ma molto dopo. Caccerei i soldi io per farli ristampare con classe.

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  4. Si, l'ho riproposto proprio perchè INDIAN SUMMER è stato ristampato in vinile, per cui ho pensato di ridare loro la giusta visione. Hai nominato l'Akarma, sarebbe da fargli un monumento!

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