Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO

Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
La storia dei generi enciclopedica

sabato 20 giugno 2020

Il Sogno Di Rubik

IL SOGNO DI RUBIK – Tentacles And Miracles
G.T.Music – Micio Poldo Edizioni Musicali
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2020



In questo periodo storico nefasto, dove la pandemia virale ha causato danni alla salute e all’economia, il musicista è colui che ha subito più danni, non potendo esercitare il proprio lavoro avanti ad un pubblico pagante. La protesta contro certe scelte tempistiche e strutturali del governo non si è poi fatta attendere, molti gli artisti schierati che manifestano il dissenso il 21 giugno, giornata dedicata al problema. Il debutto discografico del progetto Il Sogno Di Rubik avviene domenica 21 giugno, proprio per essere solidali con tutti il mondo musicale.
Il Sogno Di Rubik è il progetto di Francesco Festinante e Cosimo D'elia, un contenitore sonoro dove si mescolano differenti stili di Rock a partire dal classico Progressive all’Hard Rock e ad una piccolissima parte di Punk. La cultura dei musicisti è manifesta in questo album intitolato “Tentacles And Miracles” contenente otto brani, presentandosi in un digipack elegante a tre ante con leporello a otto facciate, mentre l’artwork è a cura di Monica Cimolato.
Così spiega l’album la biografia ufficiale: "Si tratta di un concept album in stile teatrale, narrativo e musicalmente ricco di colori, che sembra essere la perfetta risposta ad un quesito piuttosto originale : quale potrebbe essere la colonna sonora dei sogni dell'in-ventore del mitico cubo? Il disco, infatti, narra di un viaggio onirico, intrapreso da un gruppo di persone, all'interno di un labirinto magico governato da "Tentaclenight". Questa misteriosa entità, metterà a dura prova i protagonisti attraverso esperienze singolari in luoghi inconsueti, ostacolandoli nella ricerca della via d'uscita dal labirinto, che conduce al pozzo dei miracoli. E questo viaggio, in realtà, é introspettivo : i prota-gonisti non sono altro che le molteplicità di " io" che coesistono in ognuno di noi e che, in assenza di un " io" permanente, inevitabilmente emergono a tratti alterni, prendendo il sopravvento a seconda delle circo-stanze".
“The Well Of Miracles” apre  le danze con fiati ed uno stile dalla forte personalità, miscelando suoni anni ’70 a quelli ’80. Numerosi i stacchi sonori ritmatici, che relegano tutto il contesto nel mondo Progressive Rock.
“Silky Bliss And Black Waters” con un incedere cantilenante lascia spazio ad improvvise impennate stilistiche e di vocalità, colori sonori si miscelano lasciando l’ascoltatore ad ammirarne le copiose sfumature. Tratti narrati sono supportati da suoni ad arco che donano all’insieme epicità.
“Tentacles” alza il ritmo ulteriormente, mostrando il lato più vigoroso del gruppo anche se non mancano mai i cambi umorali. Tuttavia va sottolineata la giusta scelta di portare avanti melodie sempre orecchiabili perché in definitiva un disco alla fine dell’ascolto deve comunque lasciarti dentro almeno un motivo da ricordare, questo per non cadere nell’anonimato. Dunque molti cambi repentini, ma sempre legati da un presupposto di base. “In The Back Of The Real” è una vetrina sulla cultura musicale di Francesco Festinante e Cosimo D'elia, tanta storia (Gentle Giant e King Crimson annessi) in quei giri armonici di chitarra supportati da una ritmica pulita e tecnica, fra i miei brani preferiti dell’album.
“The Timekeeper” ritorna a svisare fra i generi con un vocale sussurrato ed una ritmica intenta a dare sfoggio della propria calligrafia. Importante e tecnico anche l’assolo al fulmicotone della chitarra elettrica, fra i brani assolutamente più Prog dell’intero lavoro. “The Planet Of Supreme Satisfaction” è un altalena di emozioni dove fanno capolino addirittura i Talking Heads di David Byrne, mentre la chitarra sembra calpestare le orme di Adrian Belew. In “A Better Nightmare”, come giustamente introduce il titolo, si può entrare nello stile Goblin, questo grazie all’uso sistematico e insistente delle tastiere, un brano che comunque non resta fermo un istante, proprio come accade nell’intero album. “The Suite Of Miracles” chiude il viaggio colorato e sfoggia come un pavone tutto il suo armamentario specie in un solo di chitarra che ha del magnifico.
Un debutto interessante, la scelta di suonare una musica mai scontata in un contesto sociale come quello odierno è quantomeno da elogiare e da supportare. Per fortuna che nel 2020 c’è sempre chi ti inchioda avanti ad uno stereo ad ascoltare. Gran disco, segnatevi il nome perché ne sentiremo ancora parlare e benvenuto a Il Sogno Di Rubik. MS
 


venerdì 12 giugno 2020

A Lifelong Journey


A LIFELONG JOURNEY - A Lifelong Journey
Autoproduzione
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2019


Spesso anche nei social, molta gente si chiede se il Rock Progressivo sia una musica datata, a mio avviso datato è ciò che ha smesso di evolvere e quindi fermo in un certo momento del tempo. Il Prog (nomen omen) oggi ci sta abituando a repentini cambi di stile, poi questo possa piacere o meno è un altro discorso. Fare Prog oggi ha dunque differenti significati, chi resta relegato alle band di un tempo (Genesis, Yes, Gentle Giant, King Crimson etc.) e quindi ad uno stile ben distinguibile, oppure quello di tentare nuove vie e nuovi innesti stilistici.
Gli  italiani A Lifelong Journey stanziano in una via di mezzo, molto devoti ai fasti del passato (Genesisi in primis) e comunque con uno sguardo personale a quello che è il suono di oggi.
Sono due giovani polistrumentisti di Pavia, Mauro Mugiati (voce, tastiere, basso, chitarra acustica),  e Brian Belloni (chitarre, batteria).
L’album di debutto si intitola “A Lifelong Journey” e la scelta di chiamarsi come il titolo dell’album è avvenuta casualmente, in poche parole nasce prima il titolo dell’album e poi del progetto band. Nell’album quello che spicca all’orecchio del fans del Prog sono proprio gli ingredienti che lo compongono, ci sono Mellotron, Hammond, Leslie, suite e tutto ciò che può indirizzare l’ascoltatore in tal verso.
“A Lifelong Journey” si compone di due suite “Part1” e “Part 2”, per una durata totale di una cinquantina di minuti. La genesi del concepimento inizia quattro anni prima dell’uscita, e viene registrato nel 2018 agli studi Elfo di Piacenza, ci tengo a precisarlo perché la qualità sonora è equilibrata e pulita. Gradevole anche l’artwork ad opera di Mirko Filippelli, un libretto semplice e raffinato, contenete i testi e disegni che ben sposano la causa Prog, tanto da darmi reminiscenze “A Trick Of The Tail” (Genesis).
Anche le composizioni si aggirano in tal senso attorno a questo gruppo storico. “Part1” si apre con un Mellotron che la dice lunga su quanto andremo ad ascoltare, per poi passare a fughe in stile Spock’s Beard. La chitarra si addentra in meandri Floydiani per poi scivolare quasi indifferentemente verso Steve Hackett. Cambi repentini di tempo ed umorali, sino ad andare a sfiorare il Prog attuale con velature Steven Wilson tanto per intenderci e così si chiude anche il cerchio passato e presente.
Le tastiere sono sempre in evidenza, mentre le chitarre molto spesso accompagnano il tutto senza strafare.
“Part 2” non si apre con il Mellotron ma con un piano e un motivo lento ed arioso. Il terreno è quello del Neo Prog,  ancora sprazzi di Spock’s Beard (su tutti “The Light”) e giochi di batteria. Segue un basso stile “Outer Limits” dei primi IQ e tutto appare in un aurea di magia senza tempo.
Io che seguo molto il genere in questo debutto trovo tanto materiale e tanto amore, il tutto mi emoziona e mi piace.
I giovani sanno fare Prog, lo hanno assorbito per poi rielaborarlo con  la cultura odierna, possiamo dormire sonni tranquilli il genere è in buone mani, anche in quelle dei A Lifelong Journey, grandi mani! MS

sabato 6 giugno 2020

Paolo Volpato Group

PAOLO VOLPATO GROUP – Contro
Lizard Records
Distribuzione: G.T. Music
Genere: Jazz Rock
Supporto: cd – 2020
 
 
 
Nel 2017 ci lascia uno dei chitarristi più influenti della scena Fusion, Jazz Rock, Allan Holdsworth. Esso ha militato anche in gruppi Progressive Rock come Soft Machine, Tempest ed UK. Nella sua importante discografia che inizia nel 1976 ha toccato svariati stili, inventandosi differenti tecniche fra le quali spicca negli anni ’80 quella supportata dal  Synthaxe  con il quale ha suonato controllando sei sintetizzatori contemporaneamente. Uno stile unico che ha ispirato diversi musicisti dediti all’astrazione. Il non essere di facile catalogazione per un musicista di per se non è un grave problema se non addirittura un vanto, la musica non globalizzata e di forte personalità gode esclusivamente di vita propria, anche se questo spesso non porta a successi eclatanti a causa della difficile comprensione della stessa. Quello che conta è il messaggio artistico, per semplificare maggiormente il concetto basta pensare che la musica è un linguaggio, dove le parole non arrivano più li inizia la musica, e di linguaggi per farsi comprendere ce ne sono davvero tanti.
In Italia a tutto questo ci pensa Paolo Volpato, Allan Holdsworth viene ricordato  in maniera importante ed esaustiva, Volpato è un chitarrista veneto della provincia di Venezia ed un amante della Fusion. “Contro” è il suo esordio discografico, composto da otto brani di cui sette strumentali e per registrare il tutto il chitarrista si coadiuva dell’aiuto di special guest come Alessandro Serravalle (voce in “Nelle Tensioni”), Frank Pilato, Marcello Contu ed Alessandro Giglioli, mentre il Paolo Volpato Group è formato da Paolo Volpato (chitarra, synth guitar), Roberto Scala (basso), Adrian De Pascale (batteria), Luca Vedova (basso), Michele Gava (doble bass), Michele Uliana (clarinetto, sax) e Giacomo Li Volsi (piano).
Si inizia con “Preludio/Contro”, una composizione al limite della psichedelia dove il suono accarezza l’ambiente che circonda, adagiando le proprie note con delicatezza nella mente dell’ascoltatore. Differenti le sensazioni che scaturiscono dall’ascolto, compreso il nervosismo elettrico di certi suoni alla ricerca strutturale legata da una buona tecnica dello strumento, capace di sciolinare gradevoli scale melodiche.
Ci si addentra in certa Fusion con “Ziqqurat Baby”, personalmente il suono mi rimanda alla mente quello dei canadesi Uzeb, grazie soprattutto all’uso importante del basso, ma quando subentra Volpato con la chitarra, il gioco cambia radicalmente.
Fra i brani più lunghi dell’album c’è “Ossigeno” con i suoi otto minuti abbondanti, qui la ricerca e l’astrazione sono palesate abbondantemente, le dita scorono velocemente sulla tastiera della chitarra che si esibisce in un duetto con la batteria. A seguire il pezzo più breve “Scalea”, fra mare e gabbiani la chitarra riesce a far sognare ad occhi aperti grazie anche ad echi ed arpeggi.
Un piano apre “Nelle Tensioni”, momento a mio modo di ascoltare più elevato dell’intero disco, perfetta conferma di quanto descritto sino ad ora ed impreziosito dall’intervento narrante e sperimentale di Alessandro Serravalle (Garden Wall, Officina F.lli Serravalle). Tanti gli stili musicali richiamati e palesati, dal Rock alla psichedelia passando per il Jazz.
“Labirinti” è un'altra vetrina per le capacità tecniche del gruppo, “GLV” è più riflessiva e comunque sempre ricercata, mentre “Postludio/Multicolorato” è proprio una descrizione sinestetica dell’ascolto.
Pur essendo musica di non facile assimilazione questa del Paolo Volpato Group lascia il segno e fa passare tre quarti d’ora fra sorprese, curiosità e novità, tutti aggettivi che nella musica moderna si adoperano sempre più raramente, se non quasi per niente. Allan Holdsworth può essere fiero del suo operato, ma anche Volpato, il quale in questo esordio discografico dimostra una cultura musicale a tutto tondo. MS