Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO

Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
La storia dei generi enciclopedica

giovedì 31 gennaio 2013

Riverside

RIVERSIDE - Shrine of New Generation Slaves
Insideout
Genere: Metal Prog
Supporto: cd - 2013



Ci sono dischi che si aspettano con ansia altri un po’ meno e forse, quelli che si aspettano col cuore in gola certi di trovarsi di fronte al capolavoro, purtroppo, quasi sempre finiscono con essere grandi delusioni. Non voglio dire che questo sia il caso del nuovo lavoro dei Riverside però ritengo che a fronte delle aspettative che si erano generate, anche trascurando il singolo che in qualche modo ha preceduto l’uscita del disco “Celebrity touch” che già comunque non riluce per freschezza creativa e/o innovazione anzi al contrario, era lecito aspettarsi qualcos’altro da questi ragazzi che negli ultimi dieci anni hanno regalato a me come a migliaia di altri ascoltatori emozioni vere ed esaltanti.
Siccome scrivo questa recensione per il blog di Max prendo a spunto, per spiegarmi un po’ meglio su quanto fin qui detto, la sua recensione relativa all’ultimo lavoro di Neal Morse “ Momentuum”. Scrive infatti Max: Era in balia anche lui del delirio di autoclonazione, diciamo pure della formulina trovata. Eppure con "Momentum" mi ha stupito, sapete perchè? Perchè pur restando nel riassunto delle puntate precedenti, Neal riaccende la fiammella e gode di una inattesa ispirazione. Sembra un album dei migliori Spock's Beard! Qualcuno di voi dirà finalmente e gli altri ...che lagna!”
Ecco per quanto riguarda il nuovo dei Riverside si può esattamente ripetere quanto sopra con l’aggravante che, a differenza di Neal Morse, i nostri non erano affatto in balia di autoclonazione anzi con “Anno Domini High definition” avevano cominciato a cercare nuove soluzioni magari un po’ più “dure” come sonorità ma comunque avevano cercato di evolversi. Qui invece siamo tornati indietro fin quasi agli inizi della loro carriera; infatti ci ripropongono le versioni riviste ed aggiornate dei successi di ieri tipo “Coinceving you “ o “Acronym love”, ma nel frattempo scompare ogni traccia di intrecci funambolici tra i riff del basso, le ruvide ma sensuali scale della chitarra e soprattutto, mi sembra, scompare in buona parte la profondità delle tastiere che nel bene e/o nel male rendevano comunque unico il sound dei Riverside unitamente all’ecletticità della voce del buon Mariusz. Certo il disco è fruibilissimo ma si ha sempre la sensazione di trovarsi, come dice Max, di fronte alla “formulina trovata”. Ad esempio ascoltate il brano più lungo “Escalator Shrine” che parte facendo l’occhiolino ad un blues-rock “di maniera”… beh immagino che quanti di voi hanno avuto modo di fare musica sanno bene che, quando non si sa come provare o cosa suonare si fa un blues, anche per darsi la carica e lanciarsi in nuove improvvisazioni sul giro in MI.Ora mi chiedo: i nostri cercavano ispirazione o non sapevano come coprire la durata del disco?Purtroppo tendo a propendere per la seconda che ho detto in ciò, ahimè, “s/confortato” dall’ascolto del secondo cd. E’ stato veramente il colpo di grazia!! Due pezzi lunghissimi che si basano su riff elettronici di tastiera e batteria programmata con accenno di chitarre, voce e, nel secondo brano in particolare, di sax. Questo secondo cd ce lo potevano davvero risparmiare, sempre secondo me. Non aggiunge assolutamente nulla se non tanta tristezza per l’occasione mancata. In conclusione ritengo di poter dire, parafrasando ancora Max e la sua recensione, che chi ama i Riverside apprezzerà questo nuovo lavoro, chi ama il prog inteso come River of constant change probabilmente resta in attesa del prossimo cd di questo gruppo.
(FRANZ LA ZANZ)

lunedì 28 gennaio 2013

Arab In Aspic

ARAB IN ASPIC - Strange Frame of Mind
Black Widow Records
Distribuzione italiana: Masterpiece
Genere: Prog
Support: CD - 2011



La nostrana Black Widow è attiva nei confronti dei fenomeni musicali Hard Prog e se questi hanno in più sfumature oscure, ben vengano. Non a caso nella scuderia è arruolata una band Norvegese dal nome Arab In Aspic, che comunque non dava segno di se dal 2004.
Giungono con "Strange Frame Of Mind" al terzo lavoro in studio dopo "Progeria" (2003) e "Far Out In Aradabia" (2004). Si formano in Norvegia nel 1997 grazie alla passione musicale di Jostein Smeby e del collega chitarrista Tommy Ingebrigsten. Il nome della band, ai più attenti di voi, non sarà di certo sfuggito, il richiamo ai King Crimson è palese. In effetti anche stilisticamente ci sono legami, anche se non troppi, ma io aggiungerei anche i Black Sabbath ed i svedesi Black Bonzo. Importanti dunque i riferimenti agli anni '70 e persino quelli di certi '60, quando la Psichedelìa Rock cominciava a dare i primi importanti segnali di esistenza.
Energia Rock fra i riff di chitarra sempre supportati da un concreto tappeto di tastiere e " The Flying Norseman" mostra una band che riesce a bilanciare con saggezza melodie da cantare con della musica non del tutto scontata. Gli assolo di chitarra sono l'essenza dell'Hard Prog, divertimento e classe all'attenzione dell'ascoltatore. Come in una lunga suite proseguono inanellate "Dive" ed "Into My Eyes" ed i Genesis fanno capolino fra le note, lasciando nella mente quella sensazione di grandezza, ma anche di tempi passati.
Ritorna alla grande l'Hard Prog con "Morket", riff compatto e cadenzato come Tony Iommi (Black Sabbath) ci ha insegnato, ma gli Arab In Aspic curano anche la parte vocale con cori in sottofondo. Tutto scorre via come la velocità delle dita sui tasti dell'Hammond, per la gioia di chi è rimasto ancorato, con giusta causa, agli anni '70.
"Fall Til Marken" è estremamente nordica, Black Bonzo, Landberk, Anekdoten fuoriescono prepotentemente fra le note della composizione, fra nostalgia ed energia, connubio che solo le band in questione e poche altre sanno trattare contemporaneamente. Grande musica e suoni imperiosi, da overdose emotiva.
"TV" non esula da quanto descritto, mentre mi sento di sottolineare la produzione sonora, che riesce giustamente a presentare un suono vintage e comunque a distinguere fra strumentazioni, voce e coralità annesse con nitidezza.
Le canzoni a venire godono di buoni ritornelli e giocosi refrain, sui quali si alternano importanti solo strumentali, senza rendere per nulla scontato ogni singolo movimento.
"Strange Frame Of Mind" è ricolmo di sensazioni e suoni, un connubio che piace totalmente a chi vive di Prog e aggiungerei anche di Rock, in quanto basta ascoltare "Have You Ever Seen The Rain Pt2" per averne un idea.
Questo degli Arab In Aspic è un ritorno prepotente e massiccio, uno schiaffo vero e proprio a testimonianza che il genere è comunque vivo e vegeto, alla faccia di chi lo snobba. Devono solamente imparare a proporsi graficamente, l'artwork non è degno specchio dell'ascolto. MS



sabato 26 gennaio 2013

Roger Hodgson

ROGER HODGSON - In the Eye of the Storm
PGP - RTB
Distribuzione italiana: si
Genere: Prog
Support: Lp - 1985




Charles Roger Pomfret Hodgson è inglese ed è stato per il periodo migliore della band, il cantante dei Supertramp. Assieme a Rick Davies ha suggellato alcune delle pagine più belle della storia del Rock, da “Crime Of The Century” a quel mastodontico capolavoro dal titolo “Breakfast In America” e Roger è la voce più alta. Ma come tutte le belle storie, durano poco, la scissione avviene nel 1983 dopo il buon “ …Famous Last Words”, titolo emblematico. Non si può certo dire che l’artista sia molto prolifico, infatti sino ad oggi 2010, ha edito solo quattro album da studio, più qualche live. “In The Eye Of The Storm” è il primo ed esce nel 1985.
Non vi nascondo il piacere che ho provato all’ascolto, in quanto questo è l’album che invece ti aspetti dai Supertramp. La vena nostalgica, romantica e a volte struggente di Roger fuoriesce da quasi tutti i brani, ma anche qualcosa di giocoso e cantilenante, come la famosa “In Jeopardy” od “Hooked On A Problem”. Ovviamente la ritmica del suo piano è la linea portante delle canzoni, lo stile inconfondibile è ancora una volta suggellato in queste registrazioni, vero e proprio marchio di fabbrica anche dei Supertramp. Suona tutti gli strumenti, anche la chitarra elettrica e certi assolo non si dimenticano facilmente, perché sono tirati e sostenuti, come piacciono al Prog Fans e anche a tutti gli estimatori dei Pink Floyd. Apre “Had A Dream”, un pezzo potente con il refrain che ti accalappia dal primo all’ultimo istante, con la voce in grande spolvero, specie se vista dal lato interpretativo. In pratica una mini suite di quasi nove minuti con inevitabili cambi di ritmo e crescendo. Uno dei miei brani preferiti è lo struggente “Lovers In The Wind”, sicuramente uno dei più belli di tutta la sua intera carriera e chi ama i Supertramp mi ha capito bene. Ci sono anche momenti energici, come la ritmata “Give Me Love, Give Me Life”, ma il meglio arriva nel finale, altro brano di quasi nove minuti ed un altro crescendo che non sfigurerebbe affatto accanto al mitico “Crime Of The Century”, la grandiosa “Only Because Of You”. Questa è la classica canzone che ascolteresti all’infinito senza mai stancarti ed io, credetemi, lo faccio spesso.
Non poteva essere altrimenti questo “In The Eye Of The Storm”, sicuramente meglio di molti altri album a seguire della band madre stessa. Riscoprite questo artista, un Hippie moderno, senza tempo e aggiungo che fare un disco Prog straordinario nel bel mezzo degli anni ’80 , a mio modo di vedere ha del miracoloso! MS


giovedì 24 gennaio 2013

Orne

ORNE - The Tree of Life
Black Widow Records
Distribuzione italiana: Masterpiece
Genere: Prog
Support: CD - 2011




Il duo Finlandese Kimi Karki e Jarl Pohjonen ritorna all'attenzione del pubblico specializzato grazie a questo nuovo "The Tree Of Life" con caparbietà e consapevolezza dei propri mezzi. I racconti di H.P. Lovecraft, nel loro orrore, ispirano da sempre questa band dedita ad un Prog a cavallo fra vintage ed attualità.
Chi ama le tastiere Mellotron ed Hammond , con gli Orne hanno di che ascoltare, mentre le influenze sonore vanno a ricondurre verso band storiche quali Van Der Graaf Generator, Pink Floyd (non gli ultimi, ma quelli più psichedelici), Black Sabbath o gli oscuri e mai troppo valutati High Tide.
Come nella nuova copertina del cd, così nella precedente, le argomentazioni sono palesi, fra divino e peccato ed Eva è li a tentare con la propria bellezza su consiglio del viscido serpente. Il quadro è di Spencer Stanhope. Però i veri tentatori sono gli Orne, i quali ci conducono in un mondo racchiuso in una bolla anacronistica nella quale si respira un aria pura, con immagini di situazioni vissute, rassicuranti per certi versi, ma allo stesso tempo inquietanti per trame oscure. Sette composizioni per cinquanta minuti di estraniazione dalla realtà, perchè questa non è musica da ascoltare in auto o in radio, bensì con attenzione e concentrazione.
Un lungo prologo narrato introduce la breve iniziale "Angel Eyes", dalla quale le carte in tavola vengono immediatamente scoperte e la melodia regna sovrana. Tutto questo porta alla bellissima suite "The Temple Of The Worm", dove l'arpeggio iniziale tende a far chiudere lo sguardo, perchè con questa musica gli occhi non servono più.
Non si inventano nulla gli Orne, hanno solamente la grande capacità di metabolizzare tutta la lezione degli anni '70 e di riplasmare il tutto con discreta personalità.
E' fuori discussione che chi non ama le gelide atmosfere nordiche, avrà qualche difficoltà nell'assimilare questo lavoro, ma è innegabile il talento del duo, a questo si deve dare atto.
"The Tree Of Life" prosegue in crescendo emotivo con i sette minuti di "The Return Of The Sorcerer", dove il Prog è più presente così i Van Der Graaf Generator. Inevitabili i deja vu, cosa da poco se le melodie sanno tessere importanti tappeti sonori.
"Don't Look Now" è notevole, mentre l'Hammond ci investe nel vigoroso finale.
Gli Orne non hanno grande tecnica, quindi giocano tutto sulle melodie semplici e toccanti nel corso del proseguo, tra arpeggi e cambi di tempo. Quindi possiamo dire che gli Orne fanno ancora un passo in avanti qualitativamente parlando, anche se non apportano nulla di nuovo a questo panorama musicale.
Fossi in voi amanti del Progressive Rock, cercherei questo disco che sicuramente non sfigura nella vostra invidiabile bacheca. MS



mercoledì 23 gennaio 2013

Flamborough Head

FLAMBOROUGH HEAD - Tales of Imperfection
Cyclops

Distribuzione italiana: ?
Genere: Prog
Support: CD - 2005




Questo è il classico disco Progressive che un fans del genere vuole ascoltare. I Flamborough Head sono un quintetto capitanato dal tastierista Edo Spanninga e suonano un Rock misto fra Genesis (anche periodo “Wind & Wuthering”), IQ e tutto quel che riguarda il movimento dell’area scandinava. Il gruppo è Olandese e gioca molto sul connubio fra le tastiere di Edo , le chitarre di Eddie Mulder, il fauto e la voce della brava Margriet Boomsma. “Tales Of Imperfection” è il loro quinto disco da studio e li consacra fra i gruppi più interessanti del genere al giorno d’oggi.
Dopo l’introduttiva e strumentale “For Starters” ci addentriamo dentro le velate armonie della mini suite di undici minuti dal titolo “Maureen”. In essa aleggiano armonie gradevoli, fra cui rimane impressa quella supportata dal pianoforte alla Tony Banks periodo anni ’70. La chitarra suona come quella di Hackett, e certi passaggi sono scuola IQ, il risultato complessivo è decisamente grandioso, personalmente mi ricorda certi affreschi sonori dipinti dal gruppo australiano Sebastian Hardie. La stessa sensazione è confermata nella successiva “Higher Ground”, uno strumentale dall’antico profumo anni ’70. Non da meno è l’attenta ritmica del duo Marcel Derix (Basso) e Koen Roozen (batteria), il tutto sembra perfetto, così come il songwriting, mai ripetitivo e concentrato sui cambi di tempo, come il genere ci insegna. Apre una chitarra alla Gilmour in “Silent Stranger”, ancora una volta il flauto di Margriet ci delizia con la sua presenza ricordando a volte certi passaggi cari ai svedesi Sinkadus. Il suono sembra spaziare in ambienti bucolici ed il piano di Edo fa anche il verso a “The Carpet Crawl” dei Genesis. E’ semplicemente fantastico ascoltare il connubio chitarra elettrica e pianoforte nel mezzo del brano, uno dei momenti più ricchi di pathos dell’intero lavoro.
Ancora melodie toccanti in “Captive Of fate”, i Flamborough Head questa volta puntano anche nel ritornello e nei cori, tutti e due di facile presa emozionale. Il brano è totalmente acustico, come quelli fatti dai Mostly Autumn. Gli otto minuti della strumentale “Mantova” invece riportano a noi certi passaggi alla IQ primo periodo e ci mostrano il gruppo in grande spolvero. Si chiude con la breve e struggente “Year After Year” un disco che certamente non verrà ricordato nel tempo come capolavoro, ma che sa emozionare più di moltissime altre produzioni odierne.
Gli olandesi si mostrano punta di diamante della loro nazione in ambito Progressive e sono sicuro che sapranno stupirci ancora e sempre di più, non trascuriamoli. MS



martedì 22 gennaio 2013

Quarzomadera

QUARZOMADERA - L'Impatto
Videoradio

Distribuzione italiana: si
Genere: Rock / Indie
Support: CD - 2012





L'Indie Rock è un genere che in Italia gode del rispetto delle generazioni, perfino i media gli dedicano spazio, seppur limitatamente. Un canale elettrico nel quale si possono fondere con inattesa naturalezza il Rock delle chitarre con la Psichedelia, l'elettronica, il Post Punk, il Grunge e perché no anche un pizzico di Progressive Rock.
Quindi Rock fondamentalmente per tutte le età, dal moderno al Vintage. La Videoradio ha mostrato interesse per questa band lombarda che con "L'Impatto" giunge al terzo album da studio. Dopo "In Cardio & Psiche" del 2006 ed "Orbite" del 2009, il duo composto da Davide Sar (voce, chitarre e tastiere) e Tony Centorrino (batteria) si coadiuva della presenza artistica di Simona Pozzi ai cori, Luca Urbani agli archi sintetici e tastiere ed Erika Zanotti al flauto.
I Quarzomadera cavalcano dunque l'onda del Rock ed in quanto tale esso è viatico dell'espressione del pensiero. I testi hanno la loro importanza, la controcultura è intrinseca nel genere, le tematiche dunque spaziano dal rapporto interpersonale a quello sociale, tentando di fondere lo spirito vintage con il moderno. Ciò che scaturisce da "L'Impatto" sono dieci tracce supportate da un buon libretto interno in cui si possono leggere i testi delle canzoni.
La voce è suadente, così l'ascolto si lascia inevitabilmente prendere per mano e si fa portare al confine fra la Psichedelia ed il Rock, il tutto supportato da ritornelli semplici e diretti. Chiaro è il sunto in "Le Cose Che Non Trovi", il brano che apre il cd.
I brani in definitiva si strutturano alternando il semplice al ricercato, dando però più spazio al primo, magari con cambi di tempo non invasivi ma d'effetto, come si può ascoltare in "Nebula".
Quando la band relega al ritornello più spessore, allora scaturiscono canzoni che lasciano nella mente una sensazione di deja vu, se poi ci aggiungiamo un velato senso di malinconia che spesso pervade fra le composizioni dei Quaromadera, allora ci viene anche istintivo contrapporli ai Tiromancino.
Troppo spesso le nostrane band Rock non si lasciano andare in solo di chitarra, peccato perché in fondo stiamo parlando di Rock e quindi non guasterebbe, in "Rimedi E Speranze" la band si espone, seppure in maniera breve, a questo momento musicale. L'assolo in composizioni tali, danno pepe all'ascolto e spezzano. Questo comunque è uno dei brani dove la personalità della band si mette più a nudo.
In precedenza parlavo di Psichedelia ed eccola scaturire in "L'Asceta", canzone anche essa semplice ma d'effetto. La ruvidità del Rock compare in "La Ballata Dei Pregiudizi", oppure si ascolta semplicemente buona musica a tratti ruffiana come in "Spore".
Per concludere, "L'Impatto" è il terzo lavoro dei Quarzomadera, in teoria per una legge non scritta ma esistente del Rock, quello della verità ed i lombardi se ne escono fuori a testa alta, ovviamente lasciando spazio a margini di miglioramento. MS

sabato 19 gennaio 2013

Procession

PROCESSION - 9 Gennaio 1972
Electromantic / Ma.Ra.Cash

Distribuzione italiana: si
Genere: Rock
Support: CD 2012





I primi anni '70 hanno segnato in maniera indelebile la storia del Rock, hanno saputo smussare e migliorare il ricco fiorire delle risorse artistiche dei prolifici anni '60. Noi in Italia siamo saliti sul carro del Rock, viatico di protesta giovanile, soltanto dopo la strage di Piazza Fontana, mentre all'estero i vari Bob Dylan & company già agli inizi degli anni '60 si lamentavano della guerra in Vietnam. Partecipazione, controcultura, aggregazione, volantinaggio, fanzine, radio libera (e come diceva il buon Finardi "ma libera veramente!") tutti termini che oggi facciamo fatica a focalizzarne il vero significato.
Nel 1970 il Rock comincia a prendere piede anche da noi, così i capelli lunghi, i pantaloni a zampa d'elefante e la necessità di sentirsi individuo unico al centro dell'interesse, proprio il contrario dei valori odierni. Nell'aria odora la magia, così le idee e l'entusiasmo. Lotta, ideali, sudore e consapevolezza. Ecco che allora i Little Tony, i Bobby Solo ed i Celentano (veri portavoce del Rock in Italia fino in quei frangenti), si fanno leggermente da parte per dare spazio a band più "impegnate" e che proseguono il discorso proveniente dalla prolifica Inghilterra, PFM, Banco Del Mutuo Soccorso, Area, Orme cambiano le carte in tavola. Proseliti a iosa, fra cui fenomeni da un disco e via, come Museo Rosenbach, Alphataurus e centinaia di altri , fra cui i torinesi Procession, autori di due ottimi dischi come "Frontiera" (1972) e "Fiaba" (1974).
Beppe Crovella e la sua Electromantic rispolvera proprio un live del 1972 mai edito dei Procession, a testimonianza della provenienza di questo genere. La band si riallaccia alle nuove leve del Rock, ma non ai già popolari Deep Purple e Led Zeppelin tanto per intenderci, ma ai più "grezzi" Atomic Rooster oppure ai Free.
Marcello Capra, oggi noto solista e maestro della chitarra acustica, forma la band il primo gennaio del 1971 a casa sua e assieme ai compagni Angelo Girardi (basso), Gianfranco Gaza (voce anche dei successivi Arti & Mestieri, spentosi nella metà degli anni '80) ed Ivan Fontanella (batteria), cominciano l'approccio alle cover. Per motivi lavorativi e quant'altro, la band vede nel tempo stabilizzarsi con la formazione Marcello Capra, Gianfranco Gaza, Mario Bruno (orago Hammond), Angelo Girardi e Nico Spallino (batteria).
"9 Gennaio 1972" registrato al Lio Club di Chieri (TO), è dunque una testimonianza importante di una serata live relativa ai primi passi della band, in essa traspare la volontà di gridare al pubblico "ci siamo anche noi!". Un documento schietto, diretto, nudo, uno schiaffo al music businnes, quello che cerca solo ed esclusivamente la vendita ed il profitto. La musica ha bisogno di vendite, vive con quelle, ma anche di spontaneità e della voglia di vivere l'emozione di una serata dove stare ad un concerto significa soprattutto ballare, sudare e partecipazione. Con "9 Gennaio 1972" si può quindi godere di uno squarcio della società giovanile italiana, un documento unico, non interessa se le canzoni sono cover e di chi (anche se Atomic Rooster, Jethro Tull, e Free sono di certo un ottimo bocconcino per i rocchettari) e neppure la qualità sonora che comunque qui penalizza di molto l'ascolto, è la magia dell'attimo che va avvalorata.
Le chitarre gridano l'entusiasmo giovanile, l'essere e la voglia di colpire l'ascolto e come dicevo prima, gli Atomic Rooster sanno graffiare a dovere, per cui "Breakthrough", "Devil Answer" e "Friday The 13th" sono la spina dorsale del live. "Fire And Water" dei Free, "We Used To Know" dei Jethro Tull, insomma molta carne al fuoco e tutta selvaggina!
Grazie ai Procession, grazie a Beppe Crovella, grazie per averci dato anche se per solo un istante, il sapore degli anni veri del Rock....della vita reale, non virtuale. Momenti che inesorabilmente non torneranno mai più, ma che abbiamo incastonato nel nostro DNA di rockers, grazie anche a voi. MS

giovedì 17 gennaio 2013

Jacula

JACULA - Pre Viam
Black Widow
Genere: Dark Prog
Supporto: cd - 2011



A volte ritornano....
Ci sono argomenti che non passano mai di moda, perchè legati alla nostra esistenza terrena. Cantare la morte, è possibile? Certamente, specie se chi lo fa ha un nome altisonante quale Antonio Bartoccetti in arte Antonius Rex, padre del Dark Prog italiano. Il chitarrista compositore marchigiano è fra i primi a cantare di esoterismo nel Rock italiano, possessioni et similia, ferrato sugli argomenti in quanto studioso di filosofia al riguardo.
Proprio Jacula è la prima creatura che lo ha reso famoso agli occhi del pubblico gia nel 1969 con "In Cauda Semper Stat Venenum" e poi nel 1972 con "Tardo Pede In Magiam Versus", album ristampati dalla nostrana Black Widow. Cantare la morte è davvero agghiacciante, specie nelle grida finali dell'esorcismo "Possaction", quello di una ragazza poi deceduta per suicidio nel dicembre del 2010, così narra la storia e recita il nuovo Jacula.
Jacula ritorna ed è anche un personaggio di fumetti erotici di fine anni '60, primi '70, creatura che calza a pennello alle storie di Bartoccetti e per la sua Gibson. Antonius Rex ci viene incontro nei negozi di dischi nel 2009 con "Per Viam", racconti esoterici di terrore, lasciando oggi spazio a "Pre Viam" che comunque la vedi è sempre l'anagramma di "Vampire". Ma ci sono notevoli novità in ambito di line up negli ultimi tempi, la dipartita della storica Doris Norton per lasciare spazio alle tastiere di Rexanthony, figlio di Antonio, attivo anche in fase di scrittura. In ambito squisitamente strumentale, l'artista intelligentemente non ricalca gli stilemi organistici dei primi due dischi, ma si espone in maniera più attuale, grazie all'apporto del Minimoog e anche all'uso dell'Hammond. Suono più fresco che comunque non va a scalfire l'aurea Dark del concept sonoro, bensì lo arricchisce.
La band è completata da Florian Gorman alla batteria e dalla medium Monika Tasnad, importante per i contatti di Bartoccetti.
Il cd è suddiviso in sette tracce e si apre con "Jacula Is Back", il mistero delle tre "V". Orrore fra arpeggi e profumo di periodi passati, medioevo granificato dall'incedere truculento del riff metallico della chitarra. O mio signore ...Non può essere vero, "Pre Viam" incombe spettrale e l'uso delle tastiere di Rexanthony evocano anime e strizzano l'occhio a passaggi cari anche ai Goblin. Il bacio della signora in nero ("Blacklady Kiss") è comunque amore, la sua voce, quella dell’ospite cantante Blacklady, raggela il sangue, ma è amore, oscuro ed inesorabile. Tastiere in ognidove, rintocchi di campana, andamento caracollante e cantilenante. Delirio? No, sempre amore, visto da Antonius Rex e dalla chitarra che corona spettacolarmente il finale del brano.
L'apice dell'ascolto si raggiunge con "Deviens Folle", strumentale toccante e profondamente lucido nella propria goticità, un piano che suona in una foresta bagnata...suggello del concetto del Prog visto con gli occhi di Jacula. La voce femminile che si ascolta è della seconda ospite Katia Stazio, che canta anche nel brano “Pre Viam”.
 L'odore del buio è forte, per chi lo sa captare. Nella Pioggia ci sono le profezie delle tre streghe, "In Rain" è composta dalle tastiere sostenute ed ecclesiali, anche con cori gregoriani, per poi lanciarsi in un cammino Progressivo di buon livello ed in crescendo. Si culmina con l'assolo di chitarra davvero coinvolgente. Sempre tasselli emotivi compongono il cammino di "Pre Viam", con "Godwitch" è la pioggia la prima protagonista, anche lei ha un canto, più sofferto e lacrimale, poi il piano estrapola sensazioni malinconiche che a loro volta lasciano spazio ad interventi di Psichedelìa anni '70. Uno dei frangenti più Prog dell'intero percorso. Chiude il mondo della possessione, quel "Possaction" al quale mi riferivo all'inizio. Straziante e raggelante.
Questo di Jacula è un genere di nicchia, non aperto ad ogni tipo di pubblico, va compreso ed ascoltato con attenzione, potrebbe urtare contro certa sensibilità. Per gli amanti della buona musica e del Prog e dintorni invece consiglio l'ascolto, perchè la mente si lascia trasportare ed è come vedere un film dell'Horror, a chi non piace a volte essere spaventato? “…Jacula is back… e noi l’ascoltiamo. (MS)

martedì 15 gennaio 2013

Spock's Beard

SPOCK’S BEARD - X
Music Theories Recordings
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd - 2010



Per essere una band di Rock Progressivo esercitante dagli anni ’90, arrivare oggi al decimo disco in studio è comunque un traguardo ragguardevole, sicuramente un risultato che tanti non possono permettersi. E dire poi che hanno perso un solo componente strada facendo….ma che pezzo! Neal Morse è un artista che non si può fare a meno di associare ai suoi ex Spock’s Beard, in quanto ne è stato il leader e compositore principale. Gli Spock’s Beard sono presenti dal 2003 nella formazione a quattro e sono sempre quattro i dischi che proseguono il nuovo percorso composto da un Prog tecnico ed allo stesso tempo molto orecchiabile, come lo stile americano ci insegna. Il merito che attribuisco loro è senza ombra di dubbio di aver saputo unire tecnica a buone melodie, così che molta nuova linfa si è potuta aggiungere ad un misero mercato dal nome Progressive Rock.
Hanno sicuramente maggiorato l’interesse attorno a questo fenomeno musicale di nicchia, il tutto con nobiltà e coerenza. Personalmente non sono rimasto folgorato dal nuovo percorso post Neal, non si può certo far finta di nulla, è fin troppo evidente la mancanza di certe strutture sonore, tuttavia il songwriting in questo nuovo “X” è fresco e ben si lascia ascoltare.
Sempre Genesis e Beatles come fonte d’ispirazione, ma la band si sforza ogni volta nel cercare una vera e propria identità, secondo me quasi raggiunta. D’Virgilio ha preso definitivamente padronanza al microfono, a dimostrazione di un vero talento finalmente libero alla luce del sole, altrimenti soffocato dall’enorme personalità del suo predecessore.
Con “X” andiamo ad ascoltare settantuno minuti di musica Rock sinfonica suddivisa in sette tracce, fra le quali si contraddistingue “Edge Of The In-Between”, suite apripista. Musica impeccabile come il loro stile, senza sbavature, emozionante e a tratti enfatica.
Oggi gli Spock’s Beard hanno trovato questo equilibrio fra melodie radiofoniche e complesse fughe strumentali, corrono solamente un rischio, di scontentare probabilmente i fans più Progressivi, quelli di vecchia data. Sorvolo oramai sull’inutilità completa degli artwork che supportano il disco, tanto per leggerli oggi non servono più le lenti, ma i microscopi.
Vecchio vinile…..come mi manchi! (MS)


domenica 13 gennaio 2013

Sperimentazione Vocale, il TEATRO DELLA VOCE

IL TEATRO DELLA VOCE

Quando in Italia si parla di sperimentazione vocale, non può che venire alla memoria il grande sforzo artistico del cantante degli Area (band Jazz Prog degli anni '70) Demertrio Stratos. La voce la spinge dove nessun altro ha mai osato prima. Famoso il suo fischio glottico a diverse armoniche. "Se una 'nuova vocalità' può esistere dev'essere vissuta da tutti e non da uno solo: un tentativo di liberarsi della condizione di ascoltatore e spettatore cui la cultura e la politica ci hanno abituato. Questo lavoro non va assunto come un ascolto da subire passivamente, 'ma come un gioco in cui si rischia la vita' " (dalle note introduttive a "Metrodora", Collana DIVerso n. 5 di Demetrio Stratos, 1976). Il grande pubblico lo conosce negli anni '60 col gruppo I Ribelli (quelli di "Pugni Chiusi"), ma il suo ricordo sarà sempre associato agli Area. Nasce in Egitto e si trasferisce in Italia, studia architettura ma il suo vero proposito è lo studio della voce , la sua fonetica ed il volerla liberare dagli stereotipi del modello canzone. Molti vocalizzi orientaleggianti nel suo immenso repertorio e persino armoniche quadrifoniche. Muore trentaquattrenne in un ospedale Newyorchese il 13 Giugno 1979 a causa di una fulminante leucemia. Molti artisti ed amici organizzeranno un mega concerto nell'Arena civica di Milano nell'intento di racimolare dei soldi per la cura ma il tutto tardivamente.
L'idea di Stratos nel cercare la voce in quanto strumento, viene a lui ispirata dall'ascolto della lallazione di sua figlia di pochi mesi. L'uso della fonetica di un infante sta a significare il senso di ciò che si vuole, pur senza l'uso della parola. Lo stupore, il proferire vocalizzi nel significare il compiacimento di un buon cibo mangiato o semplicemente il pianto, sono punto d' ispirazione se accanto a questo si aggiunge il senso di una parola. Ma la curiosità sulla voce ha una strada ben più articolata, per questo mi sono sentito di creare questo piccolo e modesto post, per farvi ascoltare IL TEATRO DELLA VOCE, da dove provengono certe sperimentazioni, a chi si è ispirato il grande Demetrio Stratos, a mio avviso sempre poco ricordato dai grandi media. L'arte passa anche attraverso queste espressioni sincere e vanno assolutamente rimarcate. Buon ascolto.

Antonin Artaud



Henry Chopin



Flatus Vocis Trio 

http://www.bferrando.net/os_flatusvocistrio.html


John Cage           





Cathy Berberian



Joan La Barbara    

http://www.lovely.com/titles/cd3003.html

Meredith Monk



Phil Minton  



IN ITALIA OGGI:

CLAUDIO MILANO (NICKELODEON)



GIANNI VENTURI



ROMINA DANIELE

venerdì 11 gennaio 2013

Intervista ad Antonio Bartoccetti

INTERVISTA AD ANTONIO BARTOCCETTI (ANTONIUS REX)
PRE VIAM ED ALTRE INVENZIONI
Exclusive interview by Massimo Salari

1969 In Cauda Semper Stat Venenum ... 1972 Tardo Pede in Magiam Versus...... 2011 PreViam....
Come si e' consolidato il culto di Jacula ?

Verso la fine degli anni sessanta, periodo in cui stavo studiando filosofia a Milano, avevo la chiara intenzione di dare vita ad un progetto musicale unico, difficilmente inquadrabile in alcuna categoria artistica, sia dal punto di vista strettamente compositivo sia per quanto concerneva gli argomenti da affrontare. Stimolato dalle personali esperienze extrasensoriali assieme al medium Franz Parthenzy e dall'apporto del tastierista Charles Tiring, decidemmo di affrontare un sentiero impervio ma estremamente affascinante, combinando elementi musicali squisitamente dark grazie soprattutto al contributo espressivo di strumenti come l'organo a canne, e accompagnare questo flavour liturgico e nel contempo catacombale con liriche mistico-magiche, nate non soltanto dalle esperienze vissute, ma anche evidenziando la volontà di catturare determinate conoscenze di natura esoterica. Gli addetti sentenziano che lo sviluppo di una simile alchimia abbia generato uno stile inimitabile: gli adepti che cominciarono a seguirci sin dai tempi lontani delle nostre prime sperimentazioni, hanno trovato un pane  spirituale adatto a sfamarli e ad allontanarli progressivamente dalle mediocrità e dalle squallide restrizioni del quotidiano. Un mix così insolito di musica plumbea e liriche sepolcrali non poteva non farsi notare: i nostri due album del 1969 e del 1972, rispettivamente In Cauda semper Stat Venenum e Tardo Pede in Magiam Versus, nel corso degli anni sono diventati opere di culto e il mito Jacula è cresciuto sempre maggiormente anche grazie all'opera di diffusione delle ristampe in vinile e in cd promossa dall'etichetta tematica Black Widow, con cui ormai esiste una oggettiva sinergia. L'ultimo lavoro "Pre Viam" dimostra di saper adeguatamente continuare il percorso.... il prossimo, "Mystic Voices", sarà il quarto degli 8 album, destinati a terminare con l'ultima parola iniziante con la "V".


Sta prendendo forma il nuovo album "HD" degli Antonius Rex: a cosa si  ispira il progetto e cosa rappresenta il crociato disegnato in copertina?

"H.D." effettivamente sta prendendo corpo e in questo periodo del 2012 stiamo rileggendo le ultime micro-sceneggiature che ho scritto, per poi convertirle in composizioni musicali. "H.D." è un album estremo dove ci sono anche fusioni e dove il mio egocentrismo riesce bene a fondersi con il misticismo e la violenza che tutto l'album sa emanare. Il Crociato rappresenta me stesso ed il mio stesso dualismo.... allora, da un lato la ricerca filosofico-religiosa e dall'altro la durezza verso i dementi e i criminali del mondo che sono in vorticosa crescita.


E del progetto "C.M" che cosa ci puoi dire ?

Il progetto "C.M." è nato nel Maggio 2011 quando sono stato oggetto di un progetto eleminatorio che naturalmente ho bypassato grazie alle premonizioni e alle visioni della mia personalissima Monika Tasnad. Esistono due tipi di morti.... la morte "demente" degli ospedali, dei medici e di quanti percepiscono un provento dalla malattia degli altri. Questa morte è comunque casuale e non ha alcun valore a livello mistico-magico-esoterico.... avviene casualmente e può colpire chiunque, anche se alcuni soggetti possono tentare di evitarla. L'altra morte, quella vera, quella grande, è la fida consigliera di Dio ed è chiaramente colei che ti trasporta in un altro mondo. Normalmente gli uomini la temono e la sfuggono e qui sta l'errore... bisogna amarla ed anche possederla. "C.M." parla di tutto questo e degli stati di coscienza. 

 Che odore ha "Pre Viam" e che cosa intendevi con "It Can't Be"?

"Pre Viam" è la logica conseguenza dei due precedenti album... è un disco che mi soddisfa molto negli ascolti e che vive di un concept reale che riesce a comunicare al mondo la mia visione attuale sulla figura femminile, ovviamente sia trasfigurata che simbolica, la quale è inevitabilmente vittima di violenze psicologiche e fisiche. Solo poche potranno sfuggire a questa sorte. Nel caso di "Pre Viam" intriso di malinconia, tristezza, emozioni gotiche ed anche tendenze suicide, la protagonista vive svariate avventure per non essere stata in grado di saper erigere attorno a se muri invisibili di vetro.... questa è la sua colpa così come lo è per il 97% delle donne... per questo deve subire coercizioni ed essere posseduta mortalmente dal demone... un po quello che succede nella realtà contemporanea... basta cambiare i termini... il demone potrebbe essere lo spacciatore o la sostanza artificiale, ma il finale è lo stesso. Relativamente alla frase "It Can't Be" (recitata da Katia Stazio) è in assoluto la mia preferita dell'album poiché evidenzia una realtà anomala, irreale, anche fantastica... e si presta comunque a svariate interpretazioni sia positive che negative.

Il Progressive Rock ha decine e decine di ramificazioni,  Psichedelico, Folk, Crossover, Dark, Jazz...etc.etc. a quale ramo tu sei  più affezionato e qual'è quello che pensi non morirà mai?
Ti do volentieri in anteprima la mia definizione, mai fatta prima, di progressive: progressive music rappresenta il "divenire della musica" attraverso il  concetto della dinamica costante sempre lontana dalla staticita'. E' un esercizio della mente del musicista attraverso il quale si susseguono  gli infinitesimi di secondo per progredire costantemente con la propria posizione mentale musicale. Penso che sarà l'unico genere che potrà sopravvivere.


Lasciamo per ora la musica ed entriamo nell'antro mentale: La tua  anima comanda la mente o è la mente che controlla lei? Come vedi l'anima?

L'anima è lo specchio dell'uomo, l'anima è certamente quella parte spirituale che coltiva l'innalzamento dalla massificazione e che rifiuta categoricamente la mercificazione a basso costo. Considero l'anima la vera essenza dell'essere umano, la dimensione interiore che si sposa con la conoscenza e la cultura, col pensiero e con i propositi artistici. La mente è in costante divenire e crea il pensiero e l'IDEA in base agli input esterni che riceve ed elabora.

 La magia è un fulcro focale nel tuo modo di pensare e di vivere, cosa  in essa ti ha conquistato e cosa ti ha tradito?

La magia ha rappresentato per me un'esperienza vitale, anzi non parlerei solo in termini passati, perché ha una sua funzione ben precisa anche in tempi attuali, particolarmente in tempi attuali, attraversati soltanto dalla ipocrisia esistenziale di molte vittime. E' stata un fulcro vitale che mi ha spinto in modo fondamentale a creare le mie esperienze artistiche, ad accrescerle di nuovi elementi, a maturarle progressivamente in una visione sempre più mistica e personale. La magia è sicuramente il ponte fra l'uomo e Dio e per arrivarci non c'è bisogno della fede in costante passività... ci sono altre strade forse nere ma più veloci.


L'orrore e le tenebre, vampiri, morte, ma Antonius Rex di cosa ha  paura realmente? E che cosa è la paura in realtà?

Potrei avere paura della cecità degli uomini ciechi che corrono e non vedono. Ne ho parlato nel video di "Pre Viam" nella zona politica. Ecco la politica: dei ciechi che conducono altri ciechi.

Uomini e Donne

Ho più volte sentenziato che la vita terrena si basa su violenza, sesso ed oro. Purtroppo la figura femminile non ha possibilità di Felicità mentre la figura maschile ha solo l'illusione di vivere meglio ma tutto ciò non è mai reale. Gli uomini sono perdenti perchè sono vittime delle donne ma al tempo stesso le donne non possono essere felici, se non temporaneamente. A tale proposito ho scritto una micro-sceneggiatura per il brano "Progressive D." e te la regalo volentieri:
"L'incantazione finirà e sarà la fine... quando ti manderò via darai il tuo corpo a tutti ma non la tua anima che resterà per sempre mia. Tornerai a casa ogni sera sul baratro dei 5 sensi... non sarai più la figlia della luna... non sarai più la vestale del sogno irreale".

Nel mondo dell'occulto, qual'è la sezione, ossia l'argomento, che  più ti ha coinvolto e perchè?

L'argomento senz'altro è lo Spiritismo poiché chi è in grado di rendersi conto che esiste un mondo parallelo a quello terreno e cioè quello spiritico, avrà una vita totalmente diversa da quella di un così detto comune mortale. Potrebbero esserci diverse proporzioni di bene e di male e potrebbero esserci conoscenze capaci di diventare amiche mortali. Ma l'importante è andare avanti anche controcorrente sapendo di avere soddisfazioni impossibili da avere nella quotidianità.

La simbologia nell'esoterismo è un altro punto cardine, tu ti sei mai avvalso di simboli per ispirarti ad un brano?

Se guardi le copertine, le buste interne o i libretti nel caso del formato cd di tutte le nostre realizzazioni, a nome Jacula e a nome Antonius Rex, troverai facilmente la risposta alla tua domanda: ogni nostra produzione è stata sempre arricchita dalla simbologia magica: devo ammettere che è un elemento essenziale nella parte visiva di qualsiasi artwork creato appositamente in funzione dei temi trattati su ogni nostra singola opera.... ad esempio "Per Viam" mette il viaggiatore nelle condizioni di essere condotto nella casa bianca o nella casa nera.

 La meditazione interiore, quanto può spingerci verso la Divinita', dipende solo dal nostro credo o c'è qualcos'altro che ci spinge verso di Lei anche inconsciamente? Perchè credere?

Ci sono mezzi diversi per scatenare il proprio io e mettersi in contatto con dimensioni spirituali che aleggiano su piani superiori. Certamente uno di questi mezzi può essere la meditazione interiore, ma non solo, io ho provato durante l'arco della mia esistenza esperimenti magici che a raccontarli minuziosamente farebbero inorridire, con i quali ho accresciuto la mia visione spirituale, spesso mettendomi in diretto contatto con dimensioni ed entità che fino a quel momento ignoravo. Una persona dev'essere naturalmente predisposta se vuole cercare di approfondire determinate esperienze, alle volte non facili da affrontare, e non deve essere spinto solo dalla pura e semplice curiosità altrimenti si rischia di commettere degli errori enormi e cadere nel baratro. Una spinta interiore, un credo diciamo, se vogliamo chiamarlo in questo modo, deve sostenerti fin dal principio...credere che esista qualcosa di superiore alla materialità che ci circonda quotidianamente è un aspetto nel quale l'uomo si è sempre ritrovato e si ritroverà in eterno.

Qual'è invece la molla che fa scegliere ad un uomo il Diavolo a Dio?  Fra l’eterna lotta tra il bene ed il male in mezzo non c'è nulla?

Tra il bene e il male possono esistere o coesistere molteplici situazioni di natura differente e con caratteristiche ben delineate. Io non scelgo nulla tra il diavolo e dio: il mio senso di accrescimento spirituale non si focalizza sulla ricerca di una possibile comunione con una di queste due entità.... il mio percorso di elevazione spirituale (trascendenza) è ben diverso e tende a inglobare nel proprio intimo una conoscenza superiore. Soltanto incuneandosi negli anfratti più reconditi e più bui potrai trovare la via. In ogni caso il mondo bianco e il bene sono prioritariamente raggiungibili attraverso la fede, mentre i 648 micro-demoni offrono cose più veloci ma solamente su questa stupida e amorfa Terra.

 Quale episodio ti ha cambiato di molto la vita?

Lei tossico dipendente e alcolizzata.... lui spacciatore, con due  crimini alle spalle e protettore di prostitute. Hanno avuto il coraggio di fare un figlio. E poi i cattolici ti vengono a dire che ogni figlio rappresenta la volontà di Dio.

 Droghe e psicofarmaci... cosa cambia?

Ben poco... le prime sono fondamentalmente illegali e i secondi legali! Gli psicofarmaci creano almeno un milione e duecentomila morti l'anno, creano due milioni di danni cerebrali l'anno e sono il business più importante per il prossimo decennio dell'industria farmaceutica. Ora che tutto il mondo globale è in crisi e che non ci sono più controlli, è quasi normale che ci sia una diffusione smoderata delle droghe in quanto che gli spacciatori sono molto meno sotto controllo. Noi abbiamo cominciato con il proporre la nostra droga mistica nell'album "Switch on Dark"... un'ora di fuga dal quotidiano per una iniezione mentale di reale esaltazione mistica. La differenza è la non dipendenza... un drogato è un malato e mi fa pena.

 Cosa leggi solitamente e hai mai avuto voglia di scrivere le tue sensazioni in un racconto anche romanzato invece che comporre un disco?

Continuo a leggere Platone e i presocratici. Presto scriverò un  libro per metà liriche, per metà prosa, per metà porzioni di interviste concesse. Ci sono 4 editori che mi stanno proponendo tutto questo e penso che entro l'anno sicuramente ne sceglierò uno e darò vita al mio primo libro che dovrà uscire il 12.12.12. Sono rimasto molto soddisfatto dalle proposte dell'editore Marco Refe che è d'accordo con me nel dividere il primo volume in blocchi tematici. A questo primo libro seguirà un volume di liriche ed un altro di "Ipse Dixit" sempre rigorosamente in campo esoterico-esistenziale.

Rapporti con la Black Widow...

E' una cult-label ricca di personaggi creativi e sicuramente originali. Da anni si collabora e il valore primario è che loro non sono mai intervenuti nei contenuti... ne a livello personale, ne a livello grafico, ne a livello video. Quando l'album è definitivamente ultimato in tutte le sue parti, chiamo Massimo Gasperini e Laura dicendo loro che invierò il master per il glass-master e per tutti gli editing-video. Dopo mediamente 20 giorni l'album fisicamente esce e va avanti così da anni.... Direi che è un rapporto eccellente.... anche in termini di precisione royalties. Chiaramente tutta la parte digitale dei miei dischi la cura la mia compagnia Musik Research Digital Distribution.

Un profilo dei tuoi collaboratori....

Doris Norton se ne è artisticamente andata lasciando un'impronta fondamentale nel nostro sound... sempre artisticamente parlando è stato splendido vivere, dialogare e... con una pianista che ha saputo interpretare le mie idee. Con la maga Monika Tasnad tutto va da Dio... solo che è troppo lontana... con la medium Francesca ho vissuto recentemente situazioni allucinanti ma altamente cognitive. Con le mie vittime ho un rapporto secondo il quale loro mi servono per comporre. Con mio figlio Anthony abbiamo fatto "Pre Viam" e le opinioni internazionali su di Lui sono state positive. Io non posso dare giudizi ma penso che sia un tastierista con il dono dell'armonia.

Concludiamo questo incontro con l'ultima domanda, anzi più che una  domanda è un esorto: Dacci i motivi per comperare "Pre Viam" e dicci che succederà dopo "Pre Viam"!

Primo fra tutti è che oggi, e andrà sempre peggio, più del 90% di tutta la musica prodotta fa pena. "Pre Viam" è spontaneo, molto spirituale, molto analizzatore del mondo femminile suicida e forse volutamente masochistico. Dopo "Pre Viam" sarà la volta di "H.D." che sarà l'album più estremo in assoluto degli Antonius Rex. L'album è in fase di ultimazione e la sua uscita è prevista per il 12.12.12.


giovedì 10 gennaio 2013

La Desooorden

LA DESOOORDEN - Ciudad de Papel
Selfproduced

Distribuzione italiana: no
Genere: Prog Jazz Folk
Support: CD - 2004




La Desooorden è una band Cilena che si forma nel 1994 e che conosce, grazie a questo concept album La Isla De Los Muertos, un successo in patria davvero fragoroso. Si aggiudicano diversi premi di categoria ed il loro nome comincia a girare anche all’estero, soprattutto in Argentina. La musica che viene proposta da questi sei artisti spazia dal Jazz, al Prog passando per la Fusion ed il Folk cileno, quest’ultimo in maniera più marcata.
La Isla De Los Muertos dicevo è un concept, basato sulle poesie di Manuel Zuñiga, poeta del posto. Il sax di Peter Pfeifer è un ponte fra il Folk ed il Jazz, due generi apparentemente distanti. Si gioca molto anche con le coralità, come in “Pardon Fueron Frente Al Mar”.
I brani sono ben interpretati da Fernando Tagore e Karsten Contreras, a tratti persino recitati. La musica de La Desooorden emana calore, suadente e ricca di cambi umorali. Un Prog intelligente, ben confezionato, con una cura dei particolari non indifferente. La chitarra elettrica di Alfonso Banda M. si diverte ad accarezzare il nostro orecchio, mai violenta tanto da ricordarmi quella di Reine Fiske dei Landberk. Molto importante , forse l’anima del sound dei cileni, il lavoro della batteria di Rodrigo Gonzalez, la quale si amalgama e si ritrova alla perfezione, con il basso di Francisco Martìn. Gradevole “Algo Tenia Que Ver La Luna”, intrigante e con un ritmo al quale non si può sottrarre il movimento incondizionato del nostro piede. Sax sensuale in “Pero Dios Los Vista”, poesia in parola ed in musica.
Un concept che si propone in modo geniale a mano a mano che l’ascolto prosegue. La Desooorden sono per il sottoscritto una grande sorpresa, un nuovo modo di ascoltare non solo il Progressive, ma il Rock per se stesso. Una band matura che merita tutta la nostra attenzione ed il giusto successo. Mano alla lista spese. MS


LA DESOOORDEN - Ciudad de Papel
Selfproduced

 Distribuzione italiana: no
Genere: Prog Folk
Support: CD - 2007




Abbiamo recensito con gioia il precedente La Isla De Los Muertos di questa gustosa band cilena. Con Ciudad De Papel la band giunge al suo quarto lavoro. Il discorso sonoro prosegue con maturità, il concept album passato è servito molto alla formazione artistica di questo sestetto, il quale sfoggia nel disco tutta la propria qualità. C’è coesione fra i componenti, il songwriting è più vivace del precedente, così il suono che diventa più elettrico.
Non nascondo certo il piacere che provo all’ascolto di “Ciudad De Papel”, chitarra distorta, sax e Folk cileno. Ragazzi, qui c’è da rimanere a bocca aperta. Sembra che La Desooorden abbiano intenzione, con queste nuove sonorità, di attirare l’attenzione delle nazioni estere e per dirla tutta, una strizzatina d’occhio anche a noi europei. Ovviamente il coefficiente Folk cileno è ancora quello predominante, risiede proprio nel DNA della band, ma ce n’è davvero per tutti i gusti. Anche in questo album, come nel precedente, non ci sono suite, ma tutte canzoni di breve o media durata, solo in due sporadici casi si toccano i sette minuti.
La ritmica di Rodrigo Gonzalez è nuovamente importante, così il lavoro del sax di Peter Pfeiffer. Solo “El Gran Acuerdo” da se vale il prezzo del cd! Un brano eccezionale, con interventi elettrici davvero trascinanti a conferma che i cileni sono stati molto attenti all’evolversi del nostrano panorama musicale. Si avvicinano addirittura al Metal in “E-N-E-U-J” , questo tanto per far comprendere lo sforzo creativo che mettono i nostri sul piatto.
Bellissima anche la dolce e conclusiva “Boletos Para Ir”. Un disco che lascia soddisfatti al termine dell’ascolto, non resta nessun vuoto emozionale, l’animo è saziato.
Oggi come oggi è sempre più difficile imbattersi con persone che hanno voglia di dire qualcosa di nuovo, quando capita, almeno accendiamo la nostra attenzione. Con La Desooorden andiamo sul sicuro. MS



mercoledì 9 gennaio 2013

Loreweaver

LOREWEAVER - Imperviae Auditiones
SG Records
Genere: Metal Progressive
Supporto: CD - 2011




Il panorama italiano è ricco di band Metal Prog e devo aggiungere perfino di buona caratura. L'elenco sarebbe ingiusto per gli esclusi, così non mi dilungo, per la vostra curiosità c'è la stessa rete internet a vostra disposizione. Di volta in volta si aggiungono band e questo è un fattore positivo, in quanto va premiata la sincerità e la caparbietà. In un genere che va contro i tempi e le mode, ossia dove c'è da ascoltare e pensare, l'uscita di una nuova formazione è sempre un evento bene accetto, almeno per chi vi scrive. Si aggiunga il fatto che siamo in Italia, paese notoriamente esterofilo, quindi il piacere è doppio. Non che le uscite in ambito devono, o sono, degli emeriti capolavori, lungi da me uscire con questa analisi, ma lasciatevi consigliare un approfondimento su questo settore nostrano.
Ora è la volta degli alessandrini Loreweaver, band che si forma definitivamente nel 2008 con l'ingresso della cantante Barbara Rubin, gia all'attenzione del pubblico Prog per il disco solista "Under The Ice" (BFT) del 2010. La formazione è completata da Francesco Salvadeo (chitarre), Giordano Mattiuzzo (basso), Lorenzo Marcenaro (tastiere) e Claudio Cavalli (batteria).
"Imperviae Auditiones" ha una gestazione abbastanza lunga ed è al termine composta da otto canzoni di medio-lunga durata, che varia dai sette agli otto minuti l'una.
La produzione sonora esalta gli strumenti, pulita ed aggressiva il giusto per coinvolgere al meglio l'ascoltatore, Questo è quanto gia fuoriesce dall'ascolto del primo brano "Bogus". Il Metal Prog proposto è melodico e tecnico quanto basta, cioè non ci sono asfissianti scale armoniche che sbrodolano autocelebrazioni personali. Buoni solo, a tratti fughe strumentali, comprese nel tollerabile ed ovviamente  ritornelli e riff orecchiabili, questo in sintesi il complesso del disco.
Una sottolineatura per la prova di Barbara che si dimostra singer versatile e malleabile. Si ascoltano soluzioni che di certo non vanno ad arricchire il genere in analisi, in quanto tutto è molto sentito, tuttavia è scorrevole e di classe. L' SG Records si è dimostrata vigile custode del panorama Metal italico, non è la prima volta che mi capita di ascoltare materiale interessante proveniente dalla label, per questo esterno il mio pensiero al loro riguardo.
Non un disco imprescindibile, ma onesto e piacevole, fatto da musicisti che si divertono a suonare assieme, per cui ben vengano i LoreWeaver. (MS)

martedì 8 gennaio 2013

Ranestrane

RANESTRANE - Nosferatu il Vampiro
Selfproduced

Distribuzione italiana: -
Genere: Prog
Support: 2CD - 2006




Il Progressive Rock è un genere che si articola in maniera a volte complessa, intriso di suoni e di diversi stili musicali. Una musica per immaginare, per sognare, proprio come in un film. Eppure malgrado ciò, il Progressive Rock non si presta molto a rappresentare colonne sonore, piuttosto nella storia abbiamo visto altre band di diverso stile ad addentrarsi in questo difficile ruolo, come ad esempio gli Who. Le colonne sonore Prog sono quasi assenti e le opere Rock non è che siano altrettante (a mente si ricorda “Brave” dei Marillion”).
Questo preambolo per dire che il caso delle Ranestrane è più unico che raro, specialmente in suolo italico. Uno sforzo creativo assolutamente notevole, forse pretenzioso, ma che ad ascolto terminato, grida giustizia. Il film e la storia presa in considerazione dal quartetto è “Nosferatu: Principe Della Notte” diretto da Werner Herzog, ovviamente ispirato dal “Vampiro Dracula” di Bram Stoker. Un indimenticabile Klaus Kinski in una delle sue migliori interpretazioni di sempre.
Intelligente la struttura del doppio cd, il quartetto di Daniele (voce e batteria) e Massimo Pomo (chitarra) non si sforza a cercare una base musicale per il film, piuttosto il contrario, mettendo dialoghi originali e l’evolversi del film sulla propria musica. Il risultato è ottimo e coinvolgente, non è la solita interpretazione alla “Profondo rosso”, tanto per intenderci (grande capolavoro dei Goblin, copiato e ricopiato da tantissimi altri film Horror), piuttosto un inanellarsi di brani brevi, orecchiabili e di qualità (ndGB forse è per questo che il prog non è poi così adatto per le colonne sonore?). Si alternano strumentali a cantati, dove non si cerca mai di strafare e si lascia spazio alla melodia semplice e diretta.
Delicate trame supportate dalle tastiere di Riccardo Romano ed accompagnate dal basso di Matteo Gennaro ci accompagnano dunque per tutto l’arco dell’ ascolto. Come impostazione stilistica possiamo trovare delle analogie con la ultima PFM, anche per quello che riguarda il cantato. Ascoltate “Lucy” ed avrete un chiaro panorama del doppio disco. Molto si basa sulle arie delicate delle tastiere, una musica che si posa come una farfalla, leggiera ed elegante. Non solo questo, c’è anche del ritmo, come in “La Locanda Nel Villaggio Degli Zingari” o ne “L’Assalto”, questo per quello che concerne il primo disco. Da sottolineare anche richiami ad Ivano Fossati ed a Renato Zero, davvero un mix sonoro variegato ed adatto a tutti i gusti. “La Nave” apre la seconda parte con enfasi e classe, mettendo in evidenza la personalità della band. Tutto è sempre condito da una delicata ricerca sonora, come in “Che Succede” a conferma che in fondo sempre di Progressive Rock si tratta. Toccante “Ritorna”, una musica che fa da funambolo in bilico fra cantautorato e PFM. Proprio la PFM ha risuonato “Dracula”, una vera coincidenza, oppure gli amanti del genere amano le storie di sangue? Scherzi a parte, le Ranestrane si avvicinano di più alla band di Di Cioccio periodo “Ulisse”.
Ma non vorrei rovinare sorprese, che lascio a voi che amate questa musica e mi sento anche di consigliare “Nosferatu Il Vampiro” a tutti, perché la musica che ne scaturisce è totale. Uno sforzo che spero porti i giusti frutti a questi ragazzi che hanno dimostrato come si possa fare un concept complicatom con una personalità che va al di sopra delle banalità ascoltate generalmente in questi contesti. MS


lunedì 7 gennaio 2013

ID GUINNESS - Cure For The Common Crush
Rapid Transformation

Distribuzione italiana: no
Genere: Prog
Support: CD - 2007




Id Guinness è un artista canadese e mi piace definirlo un cantautore del Progressive Rock. E’ artefice di differenti collaborazioni con altri musicisti fra cui menzioniamo i The Wyrd Sisters.
Con una cover d’ effetto, molto artistica, ID si presenta a noi con un disco fresco e delicato, proprio come il disegno che lo rappresenta. Una musica apparentemente commerciale, in effetti molto orecchiabile, come l’iniziale “Rising River”, ma dalle inattese sfumature che ci raccontano fasti dei tempi che furono. Id si avvale di numerosi musicisti per questo viaggio sonoro, da Curtis De Bray alla chitarra, Pat Steward alla batteria, Lesile Harris ai cori e tantissimi altri.
Ci sono Programming di suoni computerizzati che non invadono l’ascolto, ma che lo rendono a tratti più moderno e comunque ben inseriti nel contesto. Chi ama il Progressive Rock classico gia avrà storto il naso, ma questo è solo un fatto sporadico , non presente in tutto il cd. “The One That Got Away” si presenta con un riff di violino alla “Eleanor Rigby” dei Beatles, band sicuramente ascoltata dal nostro artista. Delicata e di classe, si sostiene soprattutto nel momento centrale con un assolo di chitarra davvero bello come i Pink Floyd ci insegnano.
“Jade Garden” è meno elettrica e la voce di Id ci narra una storia più intimistica, un suono tenue quasi color pastello che si alterna ad un ritornello in stile AOR. Non si passa per labirinti sonori, si bada al sodo, colpendo immediatamente l’attenzione di chi ascolta. Questo in verità è tutto il live motiv del disco, altro esempio del genere è “ I Have Seen The Future”, nuovamente si vanno a toccare le corde dei sentimenti. Una musica che a volte può avere un parallelismo con quella di un altro cantautore del Prog, Phideaux, vincitore tra l’altro nei Progawards come migliore artista straniero del 2007. Altro riferimento, se vogliamo dare altri paletti di confine, lo vedo in Guy Manning, ma quello meno articolato e più diretto.
Infatti se andiamo ad ascoltare “Down To This” sembra proprio il sunto di quanto citato sino ad ora. Ancora suoni programmati e moderni in “Cure For The Common Crush”, e sempre note delicate, come in tutto il proseguo dell’ascolto.
“Cure For The Common Crush” non è dunque un disco che si ricorderà negli annali come un capolavoro del genere, piuttosto come un disco ben presentato, ben eseguito e dalle bellissime melodie che, sono sicuro, piaceranno a molti di voi. Non lasciatevi spaventare dal fatto che è un cantautore del Prog, perché spesso e volentieri le cose più belle si trovano nella semplicità. La vita ce lo insegna e Id Guinness ce lo riporta in musica. MS


venerdì 4 gennaio 2013

Karmakanic

KARMAKANIC - Wheel of Life
Regain Records

Genere:Symphonic Prog
Supporto: cd - 2004



Questo è il secondo disco della formazione svedese  e per tutti coloro che ancora non li conoscono dico che è un supergruppo, composto da grandi strumentisti provenienti da importanti formazioni Rock e Progressive. Jonas Reingold (Flower Kings, Kaipa), Goran Edman (Malmsteen, Brazen Abbot), Krister Jonsson e Czorsz (Flower Kings) sono coloro che compongono la formazione base, ma in questo “Wheel Of Life” ci sono anche special guest del calibro di Roine Stolt (Transatlantic, Flower Kings e Kaipa), Tomas Bodin e Richard Anderson (Time Requiem, Space Odyssey).
Le premesse per un ottimo risultato ci sono tutte ed in definitiva non vanno deluse. E’ un lavoro dedicato a tutti coloro che amano la musica a 360°, senza restrizioni né paure di sperimentazioni di sorta, basta ascoltare l’iniziale “Masterplan (Pt.1)” nei suoi quindici minuti per comprendere a pieno il concetto. Le atmosfere sono prossime ai The Fower Kings, ma questo è inevitabile vista la presenza dei 3/5 del gruppo. Cominciare un disco con un pezzo così lungo è anticommerciale, ma chi ama questa musica non può che farne un vanto. Cascate di note in un vorticoso susseguirsi di assolo supportate da una ritmica prepotente, soprattutto imperniata sul basso.
Più allegra “Alex In Paradise”, quasi scanzonata e ci presenta i Karmakanic come validi autori anche di brani alla portata di tutti. Gradevoli gli interventi chitaristici di matrice Jazz. Ancora Flower Kings, quelli periodo “Stardust We Are” nella successiva “At The Speed Of Light” ed ancora una volta basso in evidenza. La sperimentazione degli svedesi sale con “Do U Tango?” avvicinandosi molto al mondo dei Liquid Tension Experiment. Un pianoforte ci accompagna verso “Where Earth Meets The Sky” e dimostra un classicismo inaspettato, ma rapidamente tutto ritorna nelle scorribande sonore a cui ci hanno abituato. Molto toccante “Hindby”, mentre la title track “Wheel Of Life” con i suoi otto minuti ci rimanda allegria e solarità. Chiude la seconda parte di “Masterplan” un lavoro quasi totalmente strumentale, maestoso e mai scontato.
I Karmacanic sono un raro esempio di vera sperimentazione mista ad esperienza e tecnica, caso assolutamente raro nel mondo musicale di oggi e questo disco è un acquisto obbligato per chi fa del Progressive un credo! MS

giovedì 3 gennaio 2013

Tempus Fugit

TEMPUS FUGIT - Chessboard
Masque Records
Distribuzione italiana: -
Genere: New Prog
Support: CD - 2008



Ho avuto il piacere nel 1999 di imbattermi con questo quartetto brasiliano, comperai “The Dawn After The Storm” e ne rimasi colpito. Una volta documentatomi su internet, notai che nel 1997 il debutto si intitolava “Tales From A Forgotten World” . Purtroppo non so dirvi nulla al riguardo in quanto non sono mai riuscito a reperirlo. Tuttavia nel corso degli anni resto sbalordito dal fatto che una band del genere non abbia avuto la meritata considerazione. Passano gli anni e più nessuna traccia della band. Ma la sorpresa arriva nove anni dopo, cioè nel 2008, quando “Chessboard” fa capolino negli scaffali di dischi. La band nel frattempo ha cambiato il bassista , Andrè Luiz lascia il posto ad Andrè Ribeiro, per il resto la line up resta invariata con Ary Moura alla batteria, Andrè Mello alle tastiere ed Henrique Simòes alla chitarra.
Tempus Fugit, ma non per i nostri progsters, perché per loro sembra essersi fermato e nel nuovo “Chessboard” c’è sempre quel New Prog spesso sinfonico che tanto mi aveva colpito nel suo predecessore. Ovviamente l’esperienza è cresciuta e si sente, l’affiatamento strumentale è ottimo, i brani sono tutti gradevoli a cavallo fra tecnica e melodia “ruffiana”. Si denota in maniera evidente l’anima Sud Americana, i suoni sono solari. In “Chessboard” ci sono tutti gli elementi che un amante del Prog vorrebbe sempre ascoltare, dalle tastiere abbondanti e roboanti agli assolo di chitarra. “Pontos De Fuga” apre il disco ed è una strumentale suddivisa in due parti dove la chitarra si lancia in un buon refreain di facile memorizzazione. Più introspettiva “Unfair World” cantata da Mello, la struttura canzone è sempre tenuta in considerazione, come il genere New Prog generalmente richiede. Non si ricercano strutture complesse, ma si lascia libertà alla melodia. Le parti cantate non sono le migliori, perché il New Prog pretende una interpretazione profonda, quanto meno vicina al recitato, come Peter Nicholls degli IQ o Fish dei Marillion, Alan Reed dei Pallas e Barrett dei Pendragon ci hanno insegnato. Certo, i Tempus Fugit godono di propria personalità e non hanno intenzione di scimmiottare questo o quell’artista, per cui potrebbe anche essere una scelta giusta e rispettosa. Molto meglio in “Only To Be With You” dove il piano di Mello compone tessiture sonore di raffinata bellezza. Anche qui le parti strumentali sono le migliori, quelle che ti fanno pensare ad occhi aperti, specie sopra il solo della chitarra di Simòes. Sensazioni più antiche rivolte verso un Prog più datato le riscontro in “The Princess” in stile Genesis, canzone suddivisa in due parti. Bellissima la conclusiva title track “Chessboard” , qui i Tempus Fugit lanciano tutti i loro fuochi d’artificio.
Un ritorno gradito, la testimonianza che anche il Brasile oggi ha ottimi artisti e spero davvero che questa volta abbiano più fortuna, perché la meritano. MS

mercoledì 2 gennaio 2013

Redemption

REDEMPTION - The Origin of Ruin
Inside Out
Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: Prog Metal
Support: CD - 2007



I Redemption si formano a Los Angeles (California) nel 2000 per il volere del chitarrista e tastierista Nicolas Van Dyk. In questo terzo disco si lascia accompagnare da artisti di rango, come ad esempio il cantante dei Fates Warning, Ray Alder, qui perfettamente a suo agio.
Il Prog Metal a cui ci accingiamo ad ascoltare è di buona fattura, non molto innovativo per la verità, ma sinfonico ed espressivo al punto giusto.
Perfetto epiteto è l’iniziale “The Suffocating Silence”, aggressiva quanto basta con tanto di passaggi proprio come piacciono agli estimatori del genere. Chi ascolta questa musica, sa già meglio di me che il buon settanta percento dei gruppi in analisi si rifanno alle sonorità Dream Theater ed i Redemption non sono da meno, ma in compenso godono di ottima personalità. La tecnica a disposizione è elevata, certamente sopra la media di tanti altri, mentre il songwriting a tratti lascia a desiderare. Il suono è pulito e buoni sono i piccoli ma indovinati interventi tastieristici, a dimostrazione di un saggio dosaggio d’arrangiamento.
“Bleed Me Dry” non grida al miracolo , malgrado ciò si lascia ascoltare con grande piacere, sette minuti davvero adrenalinici. Le chitarre, in “The Death Of Faith & Reason” sembrano che stiano segando un profilato di ferro, uno dei momenti più duri del disco, ma quando meno te lo aspetti ecco il pezzo da urlo: “Memory”. Nei suoi dieci minuti c’è veramente tanto puro Metal Prog, molto vicino ai Symphony X più ispirati. Sono con brani come questi che un genere non morirà mai. “The Origins Of Ruin” tocca l’anima, breve, ma intensa, una sorta di mini “Space Dye West” atta a farci rifiatare. Questa ci porta diritti nelle fauci di “Man Of Glass”, altra prova sopra le righe di Ray Alder. La ritmica è affidata al duo Sean Andrews (basso) e Chris Quirartre (batteria), mentre la seconda chitarra è quella di Bernie Versailles. “Blind My Eyes” è nella media del prodotto, non “Used To Be” troppo stereotipata e priva di acuti degni di menzione. Chiude la fatica “Fall On You”, dieci minuti di ottimo Prog Metal perfettamente confezionato.
In definitiva con “Origins Of Ruin” siamo in possesso di una buona manciata di brani, preda indifesa degli estimatori del genere, ai quali sono sicuro non resterà difficile la cattura. MS