Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO

Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
La storia dei generi enciclopedica

mercoledì 28 gennaio 2015

Walls Of Babylon

WALLS OF BABYLON  - The Dark Embrace
Autoproduzione
Genere: Power Progressive Metal
Supporto: cd - 2015


Nell’entroterra marchigiano esistono moltissime band, una regione che sta crescendo musicalmente, ultimamente hanno proliferato molto anche nel fabrianese, presentando numerosi artisti anche di buona fattura. In ambito Heavy Metal a Fabriano si sono potuti apprezzare i Death Riders di Francesco Pellegrini, gruppo da molti anni in attività e autore di diversi demo oltre che di due cd ufficiali, “Through Centuries Of Dust” (2011) e “New Captivity” (2013).
Walls Of Babylon sono una creatura del chitarrista leader Francesco Pellegrini e del cantante Valerio Gaoni, una sorta di appendice alla band ufficiale, ma che non va assolutamente sminuita in quanto essa non si discosta molto dallo stile della band madre. Qui si va ad interagire con un Power più “Progressive”, dando libero sfogo alle grandi qualità vocali di Gaoni, ancora una volta in crescendo artistico e in questo caso ancor più a proprio agio. Le canzoni sembrano essergli scritte addosso come un abito, ma in “The Dark Embrace” è tutto l’insieme che funziona. I Walls Of Babylon sono formati oltre che dai citati musicisti, anche da Fabiano Pietrini alla chitarra, Matteo Carovana al basso e da Marco Barbarossa alla batteria.
Nove canzoni strabordanti di energia vigorosa, il Power è così, epico quanto basta ed adrenalinico, da godere ad alto volume. E questo io l’ho fatto ad iniziare da “A Puppet Of Lies”, dove la buona registrazione amplifica il tutto. Ricordo anche che l’album è registrato e mixato nei DR Recording Studio  proprio di Francesco Pellegrini.
Così inizia l’album, synt che elargiscono epicità per incamminarsi nel brano che potrebbe uscire benissimo dalla discografia dei grandiosi Blind Guardian. Voce pulita si incrocia di tanto in tanto con il growl per un risultato d’effetto. Cambi umorali e di ritmo rendono l’ascolto sempre vivo, così gli interventi solistici delle chitarre.
Sale ancora la voce di Gaoni in “The Deafeat” che in alcuni momenti mi rimanda ai Queensryche dei bei tempi. Traspare nella composizione una particolare attenzione al sound moderno, una ventata di freschezza che nel genere Power Prog non guasta. Con “Alone” i Walls Of Babylon tornano ad essere più crudi e derivativi ed il ritornello, come da stile, è sempre orecchiabile e da cantare a squarciagola. Buona la sezione ritmica, così l’idea di arricchire l’arrangiamento con tastiere, il pezzo è uno dei momenti più belli di “The Dark Embrace”. Sale di più il ritmo nella title track, una rasoiata epica ma allo stesso tempo aperta ad armonie ariose.
Il lato più pacato viene rappresentato da “Honor And Sorrow”, canzone di facile memorizzazione e melodica con un buon solo di chitarra a legare il tutto. Una sbirciatina anche nel mondo del Teatro Dei Sogni con “The Emperor” per poi entrare nella strumentale “A New Beginning”. Elettronica  e tastiere ancora una volta rendono l’ascolto variegato, un giusto momento di riflessione ed oscurità dal fascino irresistibile. Segue un (se vogliamo chiamarlo così) classico della band, “Revenge Of Morpheus”. Il disco si chiude con “A Warm Embrace”, brano ricercato e sunto della personalità Walls Of Babylon.
Molti grideranno alla sorpresa ascoltando questo piccolo gioiellino metallico, io invece non pecco di presunzione o altro, quando dico che me lo aspettavo. Mi baso solo su di un elemento, il lavoro ed il sudore annesso che negli anni porta sempre ad un risultato positivo. Oggi la gavetta non esiste più…. male! I Walls sono una realtà inconfutabile, che sa dare dieci giri al buon 50% del materiale analogo straniero che puntualmente ci sorbettiamo spacciato per “capolavoro”. Grandi artisti sono sotto la nostra casa e sta a noi scoprirli, io intanto seguo sempre Francesco Pellegrini, questo ragazzo sa stupirmi ogni volta di più. Alla prossima e rivado con il tasto “Play”.  MS

Contatti: walls_of_babylon@yahoo.com

https://www.facebook.com/pages/Walls-of-Babylon/317090131766967?sk=timeline

Enten Hitti

ENTEN HITTI  - Fino Alla Fine Della Notte
Aliodie
Genere: Sperimentale
Supporto: cd - 2013


Si può musicare il limbo? Che suono ha un viaggio onirico sospeso nel sonno dalla mezzanotte all’alba? Una energia muove tutto questo, l’atmosfera delle notti consiglia in pratica la musica degli Enten Hitti. Il risultato si intitola “Fino Alla Fine Della Notte”.
Pierangelo Pandiscia (polistrumentista) e Gino Ape (polistrumentista) sono le menti creatrici del progetto Enten Hitti, dedito a musica ricercata e sperimentazione, legata anche ad influenze sonore tratte dall’ascolto di gruppi come Pink Floyd, Greateful Dead e dal Krautrock di Popol Vuh. L’esperienza ventennale in ambito musicale si fa notare nelle sette composizioni dell’album, un percorso fatto assieme a Gianpaolo Verga (violino), Afra Crudo (voce), Adriana Puleio (voce), Enya Daniela Idda (voce), Lorenzo Pierobon (canto armonico), Lello Cassinotti (voce), Vincenzo Zitello (arpa bardica) ed Alio Die (Guzheng e suoni naturali). Alcuni di voi si chiederanno se Zitello è colui che ha collaborato anche con Battiato, la risposta è si e fa parte del gruppo Telaio Magnetico.
L’esperienza che caratterizza questa composizione musicale, deriva dalla Sleeping Concert, esercizio performativo che si ispira alle pratiche di veglia sonora tipiche di alcune tradizioni mistiche Tibetane e Sufi. L’intento è quello di evocare ricordi ed immagini sul filo della dormiveglia. I concerti iniziano alle 24.00 fino al sorgere del sole e tutti i musicisti suonano ininterrottamente anche utilizzando strumenti a suono indeterminato (campane di cristallo, campane tibetane, lastre di pietra etc.) e strumenti tradizionali come il violino, l’oboe o l’arpa celtica, tutto questo fino a raggiungere uno stato ipnotico. I concerti hanno la performance di quattro musicisti ed una attrice di Teatro sensoriale e si suddividono in cinque atti: Purificazione e accoglimento, l’inizio del viaggio, moto perpetuo, il sogno ed il risveglio dell’alba.
L’album si apre con “Inizia Il Viaggio”, musica scaccia spiriti con conchiglie e zucche tromba. Subentrano le percussioni che hanno la solennità di una sorta d’ iniziazione. Il battere continuo sembra ricordare che comincia la mezzanotte… si parte. Uso sperimentale delle voci, concepite a strumento, come oggi sanno fare molto bene anche Claudio Milano in arte Nickelodeon e Gianni Venturi nel suo Vuoto Pneumatico e nel gruppo Altare Thotemico. Il suono che ne scaturisce è atavico, intrinseco nel dna dell’uomo, solamente celato dalla paura del lasciarsi trasportare dalle proprie sensazioni, perché spesso nel buio del nostro essere, di questo si ha paura. “Nelle Terre Di Mezzo” giungono strumenti più tradizionali, il suono prende forma seppure sempre in maniera eterea ed ipnotica, tutto sembra avvolgere l’ascoltatore di una coperta di nebbia colorata. Breve la vocale “Un Canto Solitario”, interpretata da Afra Crudo e da Adriana  Puleio, per poi giungere a “Respira”. La notte è nel proprio pieno e sopraggiungono immagini ariose all’ascolto, sensazioni dettate dai suoni pacati che compongono il brano, come in un respiro si alzano e si abbassano. Ed eccoci finalmente “Dentro Il Sogno” dove l’acqua purifica il nostro essere, dove la soavità dei suoni acustici  coccolano e rassicurano. Il tempo passa velocemente quando si è  leggieri e sognanti, “Prima Dell’Alba” sembra sgranchirci con i suoni del violino e del piano. Il risveglio definitivo è dato da “Ho Visto Anche Dei Funghi Felici”, con il canto solare di Crudo e Puleio. 
“Fino Alla Fine Della Notte”, musicalmente parlando, è una esperienza unica, forte e realistica, dove l’ascoltatore non è più parte passiva di essa, bensì ne è complice. Lasciare andare la propria fantasia durante questa esperienza, porta a stare bene con noi stessi, a non avere più paura del lasciarsi andare, in parole povere insegna ad ascoltare, termine che oggi purtroppo viene sempre più soppresso dal più superficiale “sentire”. MS



venerdì 23 gennaio 2015

Sinagoga Zen

Sinagoga Zen - Sinagoga Zen
Digital Midiatec Comercio Fonografico / CNPJ
Genere: Rock Progressive
Supporto: cd - 2014




In Brasile esiste un posto magico, culturalmente parlando, una sinagoga dove l'arte ne è l'arredamento. Essa è un laboratorio "utopico" dove all'interno si possono incontrare musica, teatro, studio e poesia, in parole povere Multi Art. Qui c'è il risultato della comunione di tutte le persone che hanno frequentato e vissuto la sinagoga in questione, perché i membri hanno anche fondato scuole rinnovandone l'educazione musicale. "Sinagoga Zen" è in sintesi la celebrazione di dieci anni di esperienza e maturità musicale. Il gruppo è formato da Alison Seben (batteria e percussioni), Felipe C. Taborda (chitarra, basso, viola e violoncello), Giulia F. Dall'Oglio (voce), Rafael Vignatti (tastiere) e Wilian M. Baldasso (basso, chitarra, viola e violino). I generi musicali che si incrociano all'interno del disco sono numerosi, in quanto i singoli componenti provengono da una cultura a se stante, ecco allora incrociare la Psichedelia con il Blues, oppure riff pesanti alla Black Sabbath, ma anche Piazzolla, Miles Davis, Pink Floyd, King Crimson e Stockhausen solo per dare alcuni nomi di riferimento. Ma il mondo musicale più rappresentato dal combo va ricercato nel Rock anni '70. Il disco lascia in me un segno particolare, cinque composizioni differenti che godono di una personalità alquanto marcata, quella che manca spesso agli autori odierni, questo fa si che la mia memoria cataloghi Sinagoga Zen come progetto interessante e da seguire anche nel futuro, almeno con attenzione e curiosità. Già la lunga suite "Modanca Dos Tempos" manifesta un insieme di sonorità che fanno capo comunque ad un substrato di Jazz e Rock. E mi vien da sorridere quando il motivo si placa, aprendo ad orizzonti settantiani a confermare il mio pensiero sulla globalizzazione dettata dal fenomeno internet, il motivo che si ascolta è infatti contaminato dall'atmosfera nord europea, cara a paesi come la Svezia. Perla Prog mutevole e fluttuante, a volte non tattile in quanto eterea e sfuggevole. Cosa dire dei passaggi di piano, della voce di Giulia e del violino? Spettacolo. "2014" è raffinata, ricolma di sonorità degne dei migliori Paatos, ma questa volta con una solarità maggiore, più consona alle terre della Sinagoga Zen. Ancora la veste anni '70 per "Presenca", buona ritmica sostenuta dalle tastiere e da una metrica strutturale vicina alla formula canzone, ben orecchiabile. Mai banali, proseguono il cammino sonoro andando a pescare anche in territori Blues in stile Stevie Ray Vaughan, questo accade in "Abdu Pensante", ma è un attimo perché appena riesci a metabolizzare, i ragazzi sono già nel mondo New Prog. Il disco si conclude con i dieci minuti e mezzo di "Instante De Velejar", dove la sperimentazione si lascia guidare dalle percussioni ricche di solarità, compreso l'uso dello xilofono. Il Brasile non è nuovo nello stupire l'ascoltatore mondiale di Progressive Rock e non venitemi a dire che il genere è morto, per favore, non ci crederò mai e questo grazie anche a realtà come i Sinagoga Zen.

sabato 10 gennaio 2015

Franck Carducci

FRANCK CARDUCCI – Torn Apart
Autoproduzione
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2014


Sono già passati tre anni da quel debutto interessante dal titolo “Oddity”, dove il polistrumentista Franck Carducci ha dato sfoggio delle sue qualità tecniche e compositive. Conclusi allora la recensione dicendo che il disco era piacevolmente scorrevole e  consigliatissimo ai fans di band come Pendragon, ma anche dicendo che mi aspettavo un passo in avanti nei confronti della personalità.
Intanto però andiamo ad analizzare come si presenta il nuovo “Torn Apart”, l’artwork di Casoli e Corinne Vignal, compare creativo, fumettistico e profondamente  comunicativo, esso è anche ricco di particolari all’interno, fra foto e dettagli brano per brano su chi ci suona ed ovviamente anche nei testi. Salta all’occhio la nutrita serie di artisti che coadiuvano il disco, a partire dall’onnipresente chitarrista Steve Hackett (Genesis), l’amico Roy Van Oost al flauto e Michael Strobel alla chitarra solo per fare alcuni nomi.
Nove canzoni ad iniziare dai dieci minuti della title track “Torn Apart”. Ciò che mi accoglie è un muro sonoro che vibra a suon di organo e di chitarra elettrica, il profumo di Rock & Blues passato e metabolizzato, godibile nei solo di chitarra e diretto. Musica per il corpo e per la mente senza tempo. Ma ancora territori Prog veri e propri non sono stati visitati, ci pensa la successiva “Closer To Irreversible” a farci capolino, lento di matrice Pendragon, anche se il fattore Rock & Blues è ancora molto marcato. Buono l’uso della voce e degli effetti, mentre Steve Hackett si lancia in un assolo devastante. Il disco va in crescendo, “Journey Throught The Mind” è all’inizio New Prog anni ’80 e potrebbe benissimo uscire dalla discografia dei Marillion, per poi mutare verso il Folk Rock. Dopo la breve  “Artificial Love”, dove alla chitarra Mathieu Spaeter è più Hackett di Hackett, si passa alla bellissima suite “A Brief Tale Of Time”. Tutti gli ingredienti al posto giusto per un fans Prog, dai cambi umorali e tematici ai ricchi assolo, compreso un richiamo ai Pink Floyd. Altro breve frangente, voce e piano con “Girlfriend For A Day” ed è la volta di “Mr Hyde & Dr Jekyll”. Torna dunque il Rock vigoroso ed il suo strascico di Blues. Torna anche la suite, ancora più lunga (quattordici minuti), con “Artificial Paradise”, fra Genesis e quant’altro il genere sa elargire. Questo è il brano che preferisco, anche se una classifica definita è impossibile da stilare, e che chiude l’album. Nella versione in mio possesso si può godere anche della bonus track “School”, la cover del classico dei Supertramp tratta dal monumentale “Crime Of The Century”.

Carducci cresce, questo mi attendevo e ci speravo, cresce in personalità ed in tecnica. Le composizioni si reggono bene perché ben strutturate e l’ascolto scivola via che è un piacere, non esistono momenti di stasi. A questo punto è ufficiale, Franck Carducci non è più una promessa ma una realtà.  MS

venerdì 2 gennaio 2015

Light Damage

LIGHT DAMAGE – Light Damage
Progressive Promotion Records
Distribuzione italiana: G.T. MUSIC Distribution
Genere: Neo Progressive Rock
Supporto: cd – 2014



Un cd con una copertina nera rappresentata da stracci manipolati attira la mia attenzione. Se li guardo bene cambiano significato a seconda della mia fantasia e si presentano a me con differenti soluzioni. Da musicologo amante del Prog ci scorgo in alto a sinistra un camaleonte, è la mia mente distorta dall’amore per i Marillion o è qualcos’altro che coglie l’attenzione? Non lo so, fatto sta che mi ha fregato, il disco oramai è nelle mani. A presentare il prodotto è la label tedesca Progressive Promotion Records, ultimamente anche sinonimo di qualità, il gioco si fa sempre più interessante. I musicisti sono i lussemburghesi Light Damage.
Si formano  nel settembre del 2005 durante lo Spirit of ’66 a Verviers in Belgio grazie all’incontro fra Sébastien De Landtsheer (primo batterista della band) e Stèphane Lecocq (chitarre). Assieme nutrono l’amore per questo genere musicale dal nome Progressive Rock, assieme ne parlano tornando a casa e realizzano il progetto ad oggi completato da Frèdèrik Hardy (basso e voce), Nicholas John (voce e chtarra) e Thibaut Grappin (batteria). Inizialmente suonano cover dei Genesis per poi diventare nel tempo band tribute dei Pink Floyd. Ma tutto questo resta stretto alla band, che con anni di esperienza alle spalle sente di dire qualcosa di differente, con la maturità nasce l’esigenza di creare materiale proprio. Il risultato è “Light Damage”.
L’album è ben registrato, i suoni sono puliti ed equilibrati (basta ascoltare il suono della bacchetta che tintinna sui piatti per farsene un idea) ed è formato da sei canzoni di breve, media e lunga durata, come un album Prog esige. Raccontano  la storia di una persona che perde qualcuno, chi? Nessuno lo sa, ma è una persona cara di sicuro.
”Eden” apre l'album, è il giorno della perdita ed un ragazzo va a piedi attraverso la città , verso la strada di casa. Si sente il rumore della pioggia e delle campane. Il brano di quasi dieci minuti fa intendere con l’intro che i ragazzi amano si Pink Floyd ma anche il suono New Prog, impreziosito da un giro armonico ripetitivo in stile Goblin. Per il resto il brano è legato alla formula canzone e ben cantato. Il camaleonte che intravedevo fra gli stracci a questo punto non credo che sia li messo a caso, specialmente per l’uso delle chitarre e delle tastiere d’accompagnamento. In " Empty" , il personaggio principale è tornato a casa e si sente triste, inutile e vuoto dentro . Beve da solo finché non si addormenta e sogna. Le chitarre ritornano protagoniste, così gli arpeggi inconfondibili di matrice New Prog, un velato senso di malinconia accompagna l’ascolto rendendolo intrigante e rappresentativo del testo.
Un sogno molto intenso, il tipo di sogno dal quale solitamente si desidera svegliarsi, perché è davvero sgradevole, ma, allo stesso tempo, si vorrebbe sapere come va a finire, anche se ti spinge alla follia e questo si chiama “The Supper Of Cyprianus”. Non è la prima volta che il cantato resta in bilico fra lo stile fino ad ora nominato ed il Post Rock di Radiohead e Muse. Le parti strumentali danno una carica in più al brano, fra brevi assolo e cambi di ritmo. Si arriva ad “Heaven”, un paradiso falso, quello del cervello del protagonista alterato anche da farmaci e droghe. La musica descrive le sensazioni, pur restando sempre gradevole ed ancorata alle melodie, arma vincente dei Light Damage. In “F.H.B. (For Helpful Buddies)” si vive la sospensione del tempo, in cui il ragazzo protagonista ricorda tutti gli amici che lo hanno aiutato ad uscire da questa brutta esperienza di vita. Le atmosfere si placano, le chitarre sono più sospese per poi crescere nell’insieme del brano e per chi vi scrive, questo è uno dei momenti più belli dell’intero lavoro. Infine si ritorna con i piedi per terra ed il brano “Touched” avvisa di questo, il ragazzo seppur triste torna alla realtà. Nuovamente cambi di tempo e crescendo accompagnano l’ascolto e terminano questo debutto che di certo non passerà inosservato.

I Light Damage ci hanno raccontato una storia attraverso le proprie corde sentimentali, le loro esperienze e le caratteristiche che li contraddistinguono, di certo saranno di gradimento a tutti coloro che seguono con il cuore e la mente i generi da me sottolineati. Buon debutto ed aspettiamo ulteriori sviluppi, intanto personalmente rischiaccio il tasto play. Prog e non solo. (MS)

L'uomo e la musica attraverso il suono

UOMO E MUSICA
Di Massimo Salari


La musica nasce con l’uomo, lo accompagna dai tempi dei tempi, è l’udito che ha fatto il suo naturale percorso. In fondo, il primo suono ritmico che ascoltiamo è già nella pancia della nostra mamma…. il suo cuore. Una volta nati viene il suono, ossia il riconoscere ed associare un oggetto, o una azione a quanto ascoltato. Esso ha una frequenza nel tempo.


Per l’uomo primitivo, l’associazione di suoni è poi d’ importanza vitale, il riconoscere ad esempio le situazioni di pericolo o versi di alcuni animali pericolosi. Nasce anche la necessità di esprimersi a suoni, anche per lunghe distanze, il suono come mezzo di comunicazione, far viaggiare il suono al posto delle persone, molto più veloce e sicuro. Molte tribù comunicavano fra di loro percuotendo oggetti, come ad esempio tronchi vuoti o quant’altro. Si riunivano, descrivevano situazioni di pericolo o di allarme, ma a volte anche di festa. Il tronco vuoto percosso lascia così adito anche all’interpretazione del gusto personale, al piacere del movimento, perché il suono ritmico è anche rassicurante. Tutto si riallaccia al ritmo del cuore, quello che abbiamo sentito da sempre, sopra di esso come intensità, il suono ci invita a situazioni di euforia o di agitazione, più lento invece a situazione di tranquillità, calma o di riflessione. Non è naturale e quantomeno non usuale, adoperare ritmi veloci per momenti di meditazione, salvo alterazioni mentali dovute ad altre sostanze esterne. E’ nella nostra natura.
Nasce dunque la musica, per definizione così descritta: “La musica (dal sostantivo greco μουσική) è l'arte dell'organizzazione dei suoni nel corso del tempo e nello spazio.
Si tratta di arte in quanto complesso di norme pratiche adatte a conseguire determinati effetti sonori, che riescono ad esprimere l'interiorità dell'individuo che produce la musica e dell'ascoltatore; si tratta di scienza in quanto studio della nascita, dell'evoluzione e dell'analisi dell'intima struttura della musica. Il generare suoni avviene mediante il canto o mediante strumenti musicali che, attraverso i principi dell'acustica, provocano la percezione uditiva e l'esperienza emotiva voluta dall'artista.”.
La musica così si sviluppa, nel tempo cambiano i supporti per crearla, l’arte subentra già nell’era primitiva, quando al suono di percussioni si affinano strumenti appositi, magari anche nati casualmente, ma nel tempo modificati e resi funzionali all’uopo. Un esempio un bastoncino vuoto che soffiandoci dentro produce un suono, in seguito migliorato facendo su di esso dei buchi. Un piffero. Chiudendo i fori con le dita, i suoni cambiano. Ecco il suono al servizio del piacere umano.
La musica viaggia soprattutto nel sistema limbico del cervello e scatena la dopamina, vera e propria droga.


Questa non è utile per l’evoluzione della specie, ma fa piacere, come mangiare la cioccolata o fare sesso. Il cervello imparando a concentrarsi sull'ascolto si droga ed inganna il corpo, come ad esempio la masturbazione, essa non serve alla riproduzione della specie, ma la si fa ugualmente per il piacere proprio  (non si sta in effetti copulando).
Quindi la musica non è indispensabile per i termini biologici, ossia non allunga la vita, si può vivere benissimo anche senza, tuttavia è adatta a stuzzicare le nostre capacità mentali.
Per questo esiste anche la musicoterapia, perché riesce a lenire del 15% il dolore fisico (esperimenti fatti sulle persone, con  mani immerse nel ghiaccio o ferro ardente che si scalda nella mano, dimostrano che chi ascolta musica resiste un poco di più al dolore). Con il tempo ci si accorge che esiste anche l’Amusia, ossia l’incapacità di ascoltare la musica e di memorizzarla, in fin dei conti è come la dislessia nella lettura. Grazie ad essa, si è capito che musica e linguaggio sono due cose ben distinte nel nostro cervello.
Amusici sono il 5% della popolazione mondiale.



Altro fenomeno è la Sinestesia ossia la capacità di associare colori, sapori ed odori alla musica.



Nel tempo le strumentazioni rendono la musica più articolata e complessa, adatta a tutte le esigenze e nasce anche quella di scriverla per dettargli delle regole univoche per tutti.
I gusti della popolazione all’ascolto della musica, sono generalmente legati agli eventi della vita, ai singoli episodi stessi i quali modificano l’esistenza ed il modo di pensare, di conseguenza, essendo la musica un linguaggio anche scritto, è dunque cronaca del periodo.
Un esempio per far capire il concetto, la musica ed i testi di Bob Dylan non sarebbero stati tali senza la “Guerra in Vietnam”.
Tuttavia la musica ritmata per il ballo, ossia quella meno destabilizzante in quanto più ripetitiva, è quella che nei secoli va per la maggiore. La massa in essa si riconosce e si rassicura, nascono per questo anche i balli di gruppo. Si costruiscono posti dove poterla vivere al meglio, come balere e discoteche, dove la musica alta subentra nell’individuo rendendolo euforico e felice, portandolo al ballo liberatorio.
L’uomo mette necessariamente del tempo ad adattarsi ai mutamenti delle cose, c’è chi più degli altri si spinge alla ricerca ed alla sperimentazione, ma in generale questo individuo all’inizio viene emarginato e messo in una bolla precauzionale di indifferenza dalla massa, proprio come per un virus. Eppure è colui che progredisce e fa migliorare il nostro stile di vita, in effetti tutto questo viaggia  nella normalità dell’evoluzione della specie.
La musica “complessa” dunque esiste, necessariamente supportata da una tecnica importante, la ricerca di nuove soluzioni, nuovi suoni e situazioni, fanno dell’ascoltatore attento un  individuo che gode a pieno della musica, come un prolungamento del suo essere. C’è chi ama trovarsi destabilizzato, ossia che viene portato in nuovi ed inesplorati limbi sonori, e chi invece di tutto questo ne trae fastidio. Non esiste una regola precisa per tutti, resta il fatto che colui che modifica le regole, nel tempo e solo nel tempo, convince la massa che in qualche modo si adegua all’evoluzione stessa, facendola propria e riportandola nei canoni della stabilità, magari con qualche piccola variante. Ognuno per la causa mette del proprio.
Nascono necessariamente i nomi dei generi musicali, questo per dare punti di riferimento all’ascoltatore. Essi sono relegati agli stili ed ai ritmi, ma anche in base alle strumentazioni. Esiste la musica Classica, il Blues, il Rock, il Folk, il Metal, il Reggae, l’elettronica e decine e decine di altri generi.
La musica psicologicamente riesce a modificare anche i nostri gesti quotidiani, per esempio fa spendere di più un acquirente nei negozi, specie quella classica, in cui inconsciamente ci fa sentire degli intenditori (ad esempio, si compera lo champagne più caro rispetto quello che costa di meno). Viceversa, una musica forte e ritmata o elettrica, spinge l’acquirente verso la cassa. La musica classica è anche adoperata da repellente per i vandali nelle metropolitane di Londra, non è musica cool e non piace al vandalo. Anche gli animali pur non componendo musica, hanno comunque differenti sensazioni all’ascolto, ad esempio, la mucca con Simon & Garfunkel fa più latte, mentre le galline fanno più uova con i Pink Floyd.

Il suono è dunque parte fondamentale della nostra esistenza e per vivere meglio, dovremmo dedicarci di più ad ascoltare che a sentire, perché ascoltare è dedicare l’attenzione a quel suono, mentre il sentire è un ascolto distratto senza concentrazione (ad esempio sentiamo passare una macchina ma non memorizziamo, in quanto suono già conosciuto). La nostra evoluzione passa anche attraverso l’ascolto, così la nostra cultura ed il benessere che ne traiamo, sforziamoci a capire per trarne vantaggio.