Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
La storia dei generi enciclopedica
domenica 31 ottobre 2021
Alessandro Monti
ALESSANDRO MONTI – Monti
La musica non smette mai di stupire, la creatività è il propellente e per fortuna esistono ancora artisti che sentono la necessità di esprimere il proprio stato d’animo attraverso un suono, qualunque esso sia. Con la musica si può cantare, ballare, gioire o piangere, ma anche pensare, questo è il potere di cui essa dispone. La ricerca è un altro espediente per realizzare certe composizioni ed i risultati spesso godono di freschezza, così di vita propria.
Mauro Mulas Trio
MAURO MULAS TRIO – Chiaroscuro
G.T. Music - M.P. Records
Genere: Jazz Melodico
Supporto: cd – 2021
Il
Jazz come il Blues è alla base di moltissima musica che stiamo ascoltando anche
oggi. Il Jazz melodico sa coccolare l’anima per un momento di relax davvero gustoso.
Di norma il suono proposto è caldo, creato da batteria, piano e contrabbasso,
l’intesa fra i componenti poi completa il risultato. Questo in senso generale.
Mauro
Mulas è con “Chiaroscuro” all’esordio solistico, dopo aver militato per anni
con la band di Rock Progressivo “Entity”, sua creatura autrice di due demo e
del disco “Il falso Centro” edito dalla Lizard Records per la serie La Locanda
Del Vento.
Mulas
Nasce a Nuoro ed inizia lo studio del pianoforte all’età di quattro anni. Studia
presso il conservatorio di Cagliari dove consegue il compimento inferiore di
composizione sotto la guida del Maestro Franco Oppo nel 1999 e la laurea di I e
II livello in musica elettronica nel 2007 a pieni voti. Oggi si dedica al genere
con passione registrando questo album formato da undici composizioni. L’artwork
è semplice, contenente le foto di Sara Deidda mentre la grafica è a cura di
OndemediE.
La
musica che si ascolta è realizzata dall’artista nel corso degli anni ed è resa
rinnovata dal trio completato da Alessandro “Cinzio” Atzori al contrabbasso e
Pierpaolo Frailis alla batteria.
Il
protagonista indiscusso è il pianoforte, ad iniziare da “Un Giorno Ancora”,
dove le atmosfere sono raffinate e leggere. Molto sentimento e passaggi che mi
ricordano il tocco di Sante Palumbo, altro grande dello strumento in questione.
Si
acquista vigore con “Agitazione” qui Mulas mette sul piatto tutta la tecnica e
l’intensità di cui è in possesso. Un lungo assolo che corre fra scale crescenti
e decrescenti. La ritmica è soffice, mai sopra le righe, diciamo più
d’accompagnamento che di sostegno. Il contrabbasso del suo ha un suono che
avvolge e scalda.
Il
movimento più lungo è intitolato “Grey” della durata di sette minuti e mezzo,
anche qui risiede quiete ma anche ritmo, un brano ricercato oltre che tecnico.
Jazz di personalità con “Bobcat” ma è tutto l’album un susseguirsi di atmosfere
intriganti, fra il delicato ed il vigoroso, il tutto per la causa Jazz
melodico.
Oggi
ascoltare un disco del genere è come fare un salto nel tempo, manna dal cielo,
perché è vero che il Jazz non morirà mai, ma è altrettanto vero che nel marasma
della musica moderna esso oggi sta
subendo duri colpi vagando nel disinteresse collettivo. Chi ricorda ed ama il
trio Sante Palumbo, Tullio De Piscopo, e Franco Cerri (del quale sottolineo la
recentissima e dolorosa dipartita), avrà di che gioire perché Mauro Mulas Trio
viaggia su questi binari di assoluta bellezza, una perla in questo 2021. MS
sabato 23 ottobre 2021
Welcome Coffee
WELCOME COFFEE - Light Years Away
Autoproduzione/ Marco Parlante
Distribuzione: Overdub Recordings
Genere: Progressive Rock
Supporto: Soundcloud - 2021
Abbiamo
lasciato i Welcome Coffee nel 2017 autori di quell’interessante EP intitolato “The
Mirror Show” (autoproduzione) con tante buone intenzioni per il nuovo album.
Oggi a distanza di quattro anni eccoci qui a raccontare i suoni e le emozioni
di “Light Years Away”.
La
band triestina formatasi nel 2012 giunge dunque al terzo disco ufficiale della
loro carriera con la formazione attuale composta da Alessandro Cassese (chitarra),
Stefano Ferrara (basso, chitarra acustica), Andrea “Armando” Scarcia (voce ,
armonica), Andrea Parlante (tastiere) e Michele Manfredi (batteria).
Nel
tempo il sound acquisisce sicurezza, avvicinandosi ad un suono leggermente più
duro, una forma di Rock maggiormente vivace pur mantenendo sempre ben saldi
alcuni tipi di stilemi progressivi. Il disco ha dieci canzoni per una durata di
circa 47 minuti, mentre la copertina è ad opera del grafico argentino Andres
Furioso. Il cantato in lingua inglese è la strada scelta dal quintetto e lo
possiamo ascoltare sin dall’iniziale “4th Dimension” che molto ha del carattere
sonoro dei Muse. Il pezzo scorre bene nei cinque minuti sostenuto da un
semplice ritornello e un buon uso delle tastiere in senso generale. Convincente
anche la fase conclusiva di una chitarra che si immerge in un breve viaggio
psichedelico. Con “She” la band mostra i muscoli addentrandosi in un
condotto energico impreziosito dai lievi
cambi di tempo e di umore. Questa volta sono le chitarre a darsi da fare oltre
che ovviamente la ritmica, qui in ottimo spolvero.
"Light
Years Away" è il primo singolo del quale viene realizzato anche un
videoclip. Qui si può apprezzare la crescita artistica dei Welcome Coffee dove
gli arrangiamenti sono ben curati, arma vincente del brano. La melodia è
orecchiabile in un contesto che ha del “senza tempo”. Energia positiva.
Il
Progressive Rock compare in maniera netta nella canzone “Sick”, ancora una
volta le melodie sono orecchiabili e gradevoli, la prova vocale di Andrea
“Armando” Scarcia è perfetta nel contesto. Arriva anche il momento delle
atmosfere rilassanti grazie a “Rainbows & Clouds”. I Welcome Coffee tornano
a ruggire con "Ice in my mouth", qui un mix di Rock, Prog e Metal
anni ’90 ad infarcire il brano. Molto ruffiana “Just Say No”, ennesima conferma
della crescita artistica, certi trucchi di strutturazione del brano vengono
messi in pratica in modo preciso e professionale, fino al raggiungimento di un
risultato piacevole e mai monotono. Esperienza si, ma anche cultura musicale
riguardante un certo tipo di passato prossimo sonoro. Un giro di basso apre nel
Blues “We’ve Broken Up”, la base del Rock messa a disposizione del presente. Qui
le tastiere fanno buona vetrina.
E’
la volta del secondo lento dell’album intitolato “Stolen Land”, mi viene da fare
un paragone non tanto per il suono che poco o nulla ha da spartire, però
l’andamento mi fa venire alla memoria i passaggi più acustici degli Opeth misti
ai Queensryche più ricercati. Interessante l’innesto dell’armonica.
Il
disco si chiude con il ruggito di “The Man Who Cried The World”, tanta sostanza
e mestiere.
I
Welcome Coffee hanno confezionato un prodotto moderno, snello e ricco di buone
melodie, consigliato agli amanti della musica in senso generale, senza
etichette. MS
Collettivo Casuale
COLLETTIVO CASUALE – Aria
Music Force - Egea Music
Genere: Rock – Cantautore
Supporto: cd – 2021
Musica
è innanzi tutto condivisione, le emozioni che un artista vuole trasmettere
passano attraverso di essa. Non è raro che alcuni musicisti si incontrano per
caso e poi trovare un buon feeling. Questo è ciò che è accaduto anche a Konrad,
Diana Rossi e Piero Filoni. Durante il tour estivo di Konrad per la
presentazione dell’ultimo album “Luce” (Music Force – 2019) avviene l’incontro
e l’intesa da cui nasce questo progetto nominato Collettivo Casuale.
Konrad
ho già avuto modo di presentarlo in una mia recensione (https://nonsoloprogrock.blogspot.com/2019/06/konrad.html)
ed
è un cantautore poliedrico con alle spalle collaborazioni importanti come
quella realizzata con Mauro Pagani, quando il chitarrista faceva ancora parte
della band Radiolondra.
Piero
Filoni studia violino al conservatorio di Milano sin dalla tenera età di sei
anni! A dodici si trasferisce a Kuwait City dove si approccia alla chitarra e
alla tromba. Il suo girovagare nel suonare per strada lo riporta in Europa e
l’amore per il cantautorato è totale. Incide tre album, “Via”, “Il Film” e
“Antozoologia”. Forse qualcuno di voi lo ricorderà nel reality game “Pekino
Express” dove ha gareggiato assieme a Paola Barale.
Diana
Rossi vive di energia pura suggeritagli dall’arte, fra colori, sperimentazione
e canto. Organizza diversi laboratori ed eventi artistici, coinvolgendo il
pubblico per risvegliare in loro capacità creative e percettive. Studia la voce
ed è al momento coinvolta in spettacoli musico culturali.
L’incontro
fra questi tre artisti porta alla realizzazione di “Aria”, album cantato sia in
lingua italiana che in inglese e composto da dieci tracce. Tre caratteri
differenti innestati fra di loro portano ad un percorso sonoro davvero policromo.
E allora iniziamo proprio dalla canzone “Aria” e dagli arpeggi di chitarre, questi ci introducono in
un mondo sonoro che ha radici profonde e lontane, infilzate negli anni ’70.
Bello il gioco di voce e contro voce fra Konrad e Rossi, così l’assolo di
chitarra elettrica che fa del titolo della canzone un nomen omen. Più allegra “Nessun Reso
Previsto”, orecchiabile nell’incedere e nel ritornello, tanta storia italiana
fra le note.
Una
capatina nel Rock in stile Matia Bazar in “L’Io Egemone”, bene arrangiata con
gli effetti vocal phone, e sottolineo anche il bel ritornello cantato da Rossi.
Americana “My Little Thing”, altro bagno negli anni ’70 tra il Folk ed il Rock.
Poteva mancare il Country? Direi proprio di no, cade a fagiolo “Giuly”.
Toccante la ballata “Going Away” che per molti tratti mi ricorda il migliore James
Blunt.
“Fabrizio”
dal quale brano è tratto anche il video, è vicino al mondo di Fiorella Mannoia,
tanto per fare intendere il contesto sonoro. Confesso che all’ascolto ti fa
stare bene. Segue “Trema La Pioggia”, altro lento adatto alle caratteristiche
vocali di Diana Rossi. Si respira aria di West America in “Strada Di Luce”,
canzone da cantare tutti assieme la sera accovacciati avanti ad un bel falò. Il
disco si conclude in maniera eterea con “Un po’ Di Sole Ancora”.
Collettivo
Casuale, divertente alchimia artistica da ascoltare. Pochi aggettivi da
aggiungere, è semplicemente un disco bello. MS
domenica 10 ottobre 2021
Donazione
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sabato 9 ottobre 2021
Three Generations
THREE GENERATIONS - Caligiuri -
Tavolazzi – Capiozzo
MaRaCash Records
Genere: Jazz/fusion
Supporto: cd/vinile - 2021
La
buona musica si sa non ha tempo o età, nel senso che sembra vivere in un limbo
inclassificabile, certamente la strumentazione può fare la spia e così il suono
della registrazione, ma se nel caso le strumentazioni dovessero essere
classiche, allora l’identificazione diventa ardua.
C’è
un genere che ancor più sembra non tramontare mai, il Jazz, quello caro a molte
band italiane che attraverso la mediterraneità hanno scritto pagine importanti
della storia della musica italiana. Se andiamo ad analizzare il periodo più
interessante e prolifico di questo filone ricade nei primi anni ’70 quando
formazioni come Area, Perigeo, Bella Band, Arti & Mestieri, Agorà e
moltissime altre ancora, hanno saputo deliziare i nostri padiglioni auricolari
oltre che scaldare l’anima.
Il
tempo passa, ma la tradizione di questa nobile arte si tramanda di artista in
artista, ecco che certi incontri diventano una nuova valvola di sfogo e di
idee, questo quando le nuove leve si innestano con i maestri del passato.
Il
nome del progetto Three Generations sorto nel 2016 è proprio il sunto di questo
preambolo, creato da tre musicisti di valore e di età differenti, il pianista e
tastierista Leo Caligiuri (alcuni amanti del Prog lo ricorderanno nei Altare
Thotemico), il bassista e contrabbassista Ares Tavolazzi (Area) e il batterista
Christian “Chicco” Capiozzo, figlio del bravissimo Giulio Capiozzo (Boretto, 18
febbraio 1946 – Cesenatico, 23 agosto 2000) motore della band storica Area.
La
strada intrapresa dal trio non può essere che quella del Jazz, ma anche della ricerca,
ovviamente dentro c’è molto cuore Area e a tratti durante l’ascolto potrebbe
anche scendere una lacrimuccia di commozione relegata i tempi che furono. Otto
brani per più di 45 minuti di musica. Leo è un grande tastierista, non lo
scopriamo sicuramente oggi, e ci delizia con i suoi tasti d’avorio che danno
suono alla delicatezza d’animo. Christian è un talento puro, neanche a dirlo, e
che dire del maestro Ares? Sempre preciso senza sbavature e poliedrico. Il
disco suona molto bene e ci regala momenti caldi ed avvolgenti come in
“Journey” o nell’iniziale “Cerambyx”. Giustamente alcune cose potrebbero
benissimo risiedere nella discografia Area, come il brano “Indian Market” che
tanto mi ha emozionato, e che dire di “Stratos”? Un grandioso tributo al
cantante scomparso degli Area Demetrio Stratos (Alessandria d'Egitto, 22 aprile
1945 – New York, 13 giugno 1979). L’ascolto spesso viene effettuato ad occhi
chiusi con il piede che batte il ritmo inesorabilmente, tutto questo perché la
musica è davvero coinvolgente.
Quando
mi riferisco alla delicatezza d’animo di Leo Caligiuri mi riferisco soprattutto
a “Here”, brano delicato dal sapore antico, come quando Duke Ellington ci spaccava
il cuore. “Memories” è un pezzo ricercato nelle soluzioni sonore, e piacevolissimo
risulta l’intervento del flauto sempre ad opera di Caligiuri. La conclusione è
affidata a “Sunset Poetry”, mentre l’ambiente circostante si riempie d’aria
pura, una gemma che sfiora anche il mondo del Folk pur restando dentro certi
canoni oramai noti.
Questo
album è davvero piacevole, una chicca che nessun amante dei generi descritti si
deve far mancare! Ve lo assicuro… Mi saprete
dire.
Del
disco esiste anche la versione in vinile oltre che in cd. MS
sabato 2 ottobre 2021
La Società Virtuale
LA SOCIETA' VIRTUALE
Di Massimo Salari
Nella società “virtuale” di oggi, dove è più facile chattare con uno sconosciuto piuttosto che parlare di persona con il tuo amico di fianco, ci sono cose che mi lasciano perplesso. Con internet abbiamo il mondo a casa, tutte le enciclopedie, la discografia mondiale, l’informazione in diretta… eppure non sappiamo. Non ci ascoltiamo, ci nascondiamo dietro ad un nick name per dire cose che non ci rappresentano. Facebook è un luogo di spionaggio su realtà che non esistono. Tutti filosofi… Italiani popolo di filosofi, peccato solamente che lo sono con le frasi degli altri. Viceversa siamo bravi ad insegnare ciò che non sappiamo spacciandolo per verità assoluta.
C’è Sanremo? Facile…fa schifo, boicottiamolo! (lo dicevano negli anni ’70 anche quando vincevano i Matia Bazar, figuriamoci oggi). Scrivono su Facebook: C’è il calcio? Non dobbiamo guardarlo! Fa schifo, troppi soldi! C’è X Factor? Solo i stupidi lo guardano, è la morte dell’arte! Boicottiamolo! C’è Il Grande Fratello? Peggio che peggio.
MA… ecco il MA… alla fine tutti guardano questi programmi o eventi. MILIONI di ascolti!!!
La politica? Tutto va male, io spacco questo, io spacco quello…BASTA! E’ ORA DI CAMBIARE. Poi non si fa nulla. Mai!
L’Italia è ridotta ad un feudalesimo becero e squallido, dove ognuno pensa esclusivamente al proprio orticello, fregandosene sempre di coloro che sono veramente in difficoltà, pensando semplicemente: “A me non capita”, l’orto è il loro. Non si è capito che stare comodi nella cabina del capitano, quando la nave affonda si muore ugualmente. Quando si affonda, si affonda.
Tutto questo accade nella società “virtuale”, dove con un clic hai tutto. Dove a casa non arrivi a fine mese, ma hai l’I Phone. Che strano, funzionavano meglio i ciclostili negli anni ’70, con il volantinaggio, si comunicava meglio…molto strano. Avevano anche le App, si chiamavano “allegati”.
Sento parlare molto male dei giovani. Mi dispiace, perché in realtà potenzialmente sono meglio delle generazioni passate, in quanto più informati. Io credo in loro, credo più in loro che nei miei coetanei, fautori del bell’orticello feudale. Le scuole non gli sono di grande aiuto, perché un governo che toglie soldi all’educazione dei propri figli, non è degno rappresentante di un popolo civile. Ma tant’è.
In questa società “virtuale” l’arte e la cultura è agonizzante, c’è una gara a chi la fa gratis. Con la scusa che non ci sono soldi, i locali ed i comuni o chiamano dj, Karaoke o cover band a poco prezzo. L’artista vero è tagliato fuori. Questi signori sono gli stessi che dicono “Sanremo fa schifo”, “In Italia non ci sono più artisti di una volta”. Non è vero! Guarda caso sono proprio loro che li uccidono.
La cultura è questa.
Intendiamoci bene, va bene il dj, va bene la cover band… però perché almeno per una volta non si chiama un artista con del materiale proprio? Se la risposta è “perchè non porta clienti” allora è la società “virtuale” che culturalmente è morta, la paura del nuovo che destabilizza la massa.
Pecore.
Ho visto artisti spostare marchingegni e service da cinquanta mila euro per suonare a 200 euro!
Schifo dite voi? E allora, perché dire solo “schifo” e non cambiare? Ascoltateli!
Questo monologo è uno sfogo, solo per far riflettere per un attimo, ma non voglio avere ragione, anzi, rispondetemi e spiegatemi dove sbaglio, perché io spero di sbagliare. Spiegatemi perché nell’era della comunicazione, non ci capiamo.
Aveva ragione Sigmund Freud, tutto gira attorno al sesso, anche oggi. Chi guadagna alla grande su internet è You Porn e simili. Si nutre non il cervello…ma un altro muscolo (intesi come forza).
Voglio vedere fra poco tempo ai nostri figli cosa daremo da mangiare, una bambola gonfiabile?
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