Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
venerdì 31 marzo 2023
giovedì 30 marzo 2023
POST PROG MODERNO - L'alba Di Una Nuova Era
POST PROG MODERNO
L'Alba Di Una Nuova Era
(Arcana edizioni)
Di Massimo Salari
Scatta la caccia al mio nuovo libro POST PROG MODERNO - L'Alba Di Una Nuova Era.
La prefazione dell'opera è di Fabio Zuffanti, mentre la copertina è della Bonfili Design Graphic & Advertising.
La
musica rappresenta da sempre la società in cui viviamo al momento, ma c’è un
genere in particolare che non si piega alle mode: il Progressive Rock. Artisti
pionieri vanno alla ricerca di nuove sonorità e soluzioni tanto da divenire nei
decenni veri e propri punti di riferimento per la musica del futuro. Il
Progressive Rock con il tempo si distanzia fisiologicamente da se stesso e
necessita quindi di una nuova collocazione. Gli anni ’60 e ’70 sono stati
fondamentali, ma la tecnologia evolve, e così inevitabilmente la nostra vita.
Questo viaggio fra passato, presente e futuro narra di una nuova era, e fissa un
paletto necessario per non confondere più il significato di Progressive Rock:
POST PROG MODERNO. Nel libro segue uno sguardo ai pionieri, a chi ha
influenzato i tempi moderni e al mondo sperimentale, quello che osa e muta
l’evoluzione del Rock. Per il Progressive Rock inizia una nuova era.
Approfondimenti sulla vita e discografia di band come Porcupine Tree, No Man, Steven Wilson, The Pineapple Thief, Soen, Pain Of Salvation, Riverside, Anathema, Opeth, Anathema e Tool.
Segue uno sguardo alle band italiane e mondiali diviso per nazioni.
Intervista ai RAVEN SAD (Samuele Santanna) e KARMAMOI (Daniele Giovannoni).
Dove sta andando il Prog Rock? Qui la mia disamina, da non perdere.
sabato 25 marzo 2023
RPWL
RPWL - Crime Scene
Gentle
Art Of Music
Genere: Neo Prog
Supporto: cd – 2023
Ne
è passato di tempo da quando i tedeschi RPWL (sono le iniziali di Risettion-Postl-Wallner-Lung,
i membri della band) hanno iniziato come cover band dei Pink Floyd, era il
1997. Ricordo ancora la mia sorpresa durante l’ascolto dell’album d’esordio “God
Has Failed” (Tempus Fugit - 2000), una buona pulizia sonora, atmosfere
psichedeliche e chitarre alla Gilmour, una bella carta d’identità goduriosa per
un fans come me del quartetto di Londra. Ho sempre amato questa musica e le
sonorità proposte mi hanno fatto spesso sognare ad occhi aperti, specialmente
durante gli assolo. Le melodie sono state la carta vincente dei RPWL, sempre
attenti alla canzone, così da poter cantare e ricordare la musica assieme a
loro. A seguire tre album che mi sono entrati nel cuore, ossia “Trying To Kiss
The Sun” (Tempus Fugit – 2002), “Stock” (Tempus Fugit – 2003” e il grande passo
verso il successo “World Through My Eyes” (Inside Out Music – 2005), dopo di
che altre buone realizzazioni ma di base abbastanza standard per lo stile RPWL.
L’ultimo loro album risale al 2019 e s’intitola “Tales From Outer Space” (Gentle
Art Of Music) ma vengono a mancare quei assolo che hanno fatto scaturire in me
l’amore nei loro confronti. Come si dice in gergo, solo compiti ben eseguiti. In
totale realizzano in studio nove album. Oggi ritroviamo il quartetto con nuovi
innesti nella line up, a parte gli storici Yogi Lang (voce, tastiere) e Kalle
Wallner (chitarre), subentrano Marc Turiaux alla batteria e Markus Grützner al basso.
“Crime
Scene” è un concept album sul comportamento dell’uomo fra male e bene, gettando
uno sguardo anche a certi criminali come il necrofilo di Dresda Carl Tanzler e
il serial killer di Munsterberg, Karl Denke. Non esula la violenza domestica,
un tumore di questa nostra società che sembra soltanto a data essere avanti nei
tempi ma che ancora cela all’interno comportamenti atavici. Nonostante le
pesanti argomentazioni, il sound della band rimane sempre solare e arioso, come
già si può evincere all’ascolto dell’iniziale “Victim Of Desire”, lunga canzone
bene arrangiata ed eseguita pur essendo priva di picchi emotivi altisonanti. I
nuovi membri sembrano essersi perfettamente inseriti nel contesto rilasciando un’ottima
prova strumentale. L’acustica “Red Rose” è una bella ballata semplice basata su
buoni arpeggi e un cantato sentito, come spesso Yogi Lang ci ha abituati, tanto
da sembrare un brano tratto da un suo album solista. Queste sono atmosfere in
cui sanno giocare bene, di certo una loro peculiarità. Si entra con tutti i
piedi nel mondo Neo Prog con la successiva “A Cold Spring Day”, gradevole ma
niente di speciale perché ricolma di dejà vu, specialmente di certi passaggi già
adoperati nei dischi passati. Più ricercata anche nei suoni a effetto “Life In
A Cage”, un inizio sornione lascia spazio a un crescendo emotivo funzionale,
qui si possono notare le influenze che i Porcupine Tree hanno rilasciato negli
anni a tutte le band di Progressive Rock. Il carattere della band però esce
fuori in “King Of The World”, mini suite di tredici minuti fra cambi di ritmo,
buoni assolo di tastiere seppur senza strafare e di chitarra, che in questo
caso non tende a emulare il suddetto Gilmour. Finale più roccioso con “Another
Life Beyond Control”, buon episodio della loro carriera.
Questo
nuovo album è quindi un compito ben eseguito, buone idee, anche se mancano i
già nominati picchi emotivi tuttavia l’ascolto scivola via che è un piacere.
Non resta in mente un brano o un motivo in particolare e questo mi suggerisce
che il sound si è oramai inflazionato, comunque intendiamoci, di dischi così ce ne fossero…
Chi
non conosce la band troverà un lavoro grandioso, a me che amo da sempre i
RPWL mi ha lasciato un poco di amaro in bocca, anche se vedo “Crime Scene” già un
passo in avanti rispetto al precedente “Tales From Outer Space”. Suggerisco alla band di fare una riflessione
sulla mancanza di passaggi strumentali importanti come hanno saputo sciorinare
nel tempo. MS
giovedì 23 marzo 2023
Old Rock City Orchestra
OLD
ROCK CITY ORCHESTRA – Y (Ipsilon)
M.P. & Records / Edizioni
Musicali Micio Poldo
Distribuzione: G.T. Music
Genere: Dark Rock Prog
Supporto: cd – 2023
Uno
degli argomenti più cari all'arte nel senso generale è l’eterna lotta fra il
bene e il male. Nel corso della vita ci siamo trovati molte volte avanti al
bivio di scelte che hanno portato a risultati ben differenti. E’ nella natura
dell’uomo. La musica ha trattato l’argomento in svariate sfumature e modalità,
come per esempio non ricordare l’opera Rock Progressiva delle Orme “Felona E
Sorona”? Il concept è argomento infinito fatto appunto di scelte, dove il mondo
e l’uomo sono protagonisti.
Sembrano
addentrarsi in questo cammino anche gli orvietani Old Rock City Orchestra, band
di cui ho già avuto modo negli anni di tesserne le lodi. In questo quarto
lavoro in studio il titolo è “Y”, lettera che simboleggia due possibili
percorsi di vita.
Nel
disco suonano Cinzia Catalucci (voce, tastiere), Raffaele Spanetta (chitarre,
basso, voce, tastiere) e Michele “Mike” Capriolo (batteria) a cui l’opera è
dedicata con stima, affetto e riconoscenza alla memoria dopo la prematura dipartita.
L’ultimo lavoro risale all’anno 2018, quel “The Magic Park Of Dark Roses” che
ha saputo convincere critica e pubblico grazie ad un raffinato Dark Prog e Jazz
Rock. Lo stile resta invariato, solo l’esperienza aggiunge un maggiore apporto
compositivo e qualitativo e questo grazie anche alla co-produzione di Vannuccio
Zanella, figura oramai popolare nel circuito e sinonimo di qualità. L’opera è
suddivisa in undici brani per una durata totale di quaranta minuti di musica
ben registrata da Raffaele Spanetta e masterizzata da Maxim Goranov ai Max
Sound Studios a Sofia in Bulgaria. Da rilevare la durata dei brani che
difficilmente superano i quattro minuti, rafforzando la volontà di badare al
sodo senza perdersi in passaggi inutili. Tutto l’artwork è elegante e il colore
dominante è il bianco il quale esalta al meglio le forme naturali di colore
sgocciolate nell’acqua per le foto. Giustamente la prima pagina del libretto è
dedicata a Michele “Mike” Capriolo con un immagine che comunque lo ritrae di
spalle dietro alla sua batteria. Nell’album c’è solamente un brano
completamente strumentale e lo si trova proprio all’inizio dell’ascolto ed è
“Y”, con quelle arie psichedeliche che molto spesso hanno fatto rizzare il pelo
sulle braccia degli amanti dei Pink Floyd. La voce di Cinzia ha un’estensione
malleabile, adatta a tutti i tipi di situazioni che vanno dalle scale medio
alte a quelle più basse. Gli anni ’70 si palesano fra le note in “The Warning”,
scolpendo nel pentagramma cambi di ritmo e appunto tonalità basse. Queste
salgono in “Gypsy’s Prediction”, canzone ipnotica che nella seconda parte
richiama il sound arabeggiante degli Area. Il piano batte il ritmo in “Take My
Hand” e si alterna all’Hammond per un giro sonoro accattivante impreziosito da
un assolo di chitarra coinvolgente ed effettato, sono quei passaggi che
prediligo, vorrei non finissero mai. Le atmosfere si fanno più scure in
“Preacher”, il Dark si palesa ammiccante grazie ancora una volta alla voce
pulita e intonata di Cinzia Catalucci. Scorgo influenze Atomic Rooster e non
nascondo il personale piacere, perché questa band è sempre stata a mio modo di
vedere troppo sottovalutata dal grande pubblico. Un arpeggio di chitarra apre
la spiazzante “No Way” inizialmente dedita a uno stile Orme per poi gettarsi
nello Swing. Di certo gli Old Rock City Orchestra non dormono sugli allori
costruendo sempre nuove strutture ricche di storia ma anche di novità,
quest’ultima apportata dalla loro forte personalità. Sale sempre più in alto la
voce in “Daimon”, canzone in modalità Paatos per chi li dovesse conoscere,
quelli di Petronella Nettermalm e dei ex Landberk Reine Fiske e Stefan Dimle. Il
sound s’indurisce in “The Magic Pathways”, la chitarra elettrica diventa
granitica, sciolinante un riff oscuro che solo durante gli interventi delle
tastiere coglie il respiro. Qui tornano anche i passaggi arabeggianti.
“Stranger” è sorniona ma attenzione al ritornello Hard. Prog Rock in “Fly
Away”, composizione fra le mie preferite dell’album, qui c’è di tutto, Moog
compreso. E per finire “We’ll Be One”, altra piccola gemma sonora dalle
caratteristiche Curved Air.
Mi
sento di dire alla fine degli ascolti che questo “Ipsilon” sicuramente si va a
collocare fra i migliori album di questo 2023, certo, l’anno è ancora molto
lungo, ma se il buongiorno si vede dal mattino qui ci sono forti indizi al
riguardo. La mente vola all’ascolto, e come scritto alla fine del libretto che
accompagna il CD, “Oltre le colline e molto lontano”, giusto! R.I.P. Mike e
grazie per la tua arte. MS
mercoledì 22 marzo 2023
Juglans Regia
JUGLANS
REGIA – Neranotte
Loud
‘N Proud Records
Genere:
Heavy Prog
Supporto:
cd – 2023
Sono
sincero, è bello poter affermare nei riguardi di una formazione progressiva
italiana nata nel 1992 che siamo al cospetto di una band storica, non
fraintendetemi però, non voglio sottolineare che sia passato inesorabilmente il
tempo e basta, bensì voglio elogiare chi ha fatto del Prog Italiano una lunga
carriera pur non avendo vissuto artisticamente parlando i mitici anni ’70.
Facile esistere e sopravvivere quando c’è la moda che ti spinge, meno quando tutto
questo non sussiste più. Qui risiede la grandezza dei Juglans Regia, ossia il
deliziarci attraverso cinque dischi in studio e quattro demo tape, il tutto
sempre con tenacia e passione.
La
Juglans Regia è la noce, così denominata in lingua latina e perfettamente
rappresenta l’anima di questa band, dura fuori e croccante dentro dove il mallo
rilascia il suo buon sapore. Massimiliano Dionigi (basso), Alessandro Parigi
(voce) e David Carretti (batteria) sono l’anima storica della band che per
questo nuovo album si avvale di altri due bravi musicisti, Samuele Scandariato (chitarra)
e Riccardo Iacono (tastiere), anche nei grandi Domine dal 1999. “Neranotte” ha
una lunga gestazione che inizia nel 2020 e finisce oggi, ma la musica resta
sempre in bilico fra il Rock Progressivo (in quantità maggiore) e l’Heavy
Metal, quest’ultimo sempre meno presente grazie alle idee dei nuovi entrati che
contribuiscono in maniera attiva allo sviluppo delle canzoni.
Il
disegno della copertina è un’idea di Alessandro Parigi ed è realizzata per mano
di Riccardo Iacono, mentre il libretto contiene oltre ai testi scritti, anche
alcune foto della band.
I
rumori di “Giù” aprono le danze accompagnando al vero primo brano dell’album
intitolato “Fragili Equilibri” e subito si apprezza il lavoro vocale da parte
di Parigi. Il pezzo cadenzato è colmo di rozza energia pur non entrando dentro
il Metal nel vero e proprio senso del termine, un sottile confine fra Rock e
Heavy Metal. Buone le coralità dell’ospite Francesca Merli a donare enfasi,
altresì interessanti gli assolo di chitarra e delle tastiere. Ad alzare il
ritmo ci pensa “Chimera”, una canzone dal ritornello indovinato seppur semplice
nell’andamento. I Juglans Regia più progressivi si affacciano attraverso “Oltre
Lo Schermo” fra arpeggi e riff metallici, mentre alcuni passaggi possono richiamare
certi Litfiba dei tempi passati. Un frangente pacato giunge da “Confine”,
canzone con cambi di tempo e d’umore, potrei definirla una robusta
semi-ballata. Anche qui un ottimo assolo di chitarra dona dinamicità e forza
emotiva all’ascolto. “Guser “ è breve e conduce a “Dentro Il Mare” altro motivo
Heavy Prog diretto che si affida a un buon refrain. La title track “Neranotte”
ha una lunga gestazione, vede prendere luce nel lontano 2009 per poi non essere
registrata ufficialmente. Per fortuna Riccardo Iacono conserva una cassetta con
il pezzo provato da una atipica formazione a sei elementi. Il movimento ancora
oggi all’ascolto piace ai musicisti che lo rispolverano suonandolo e donandogli
quindi nuova vita e vigore. I due minuti psichedelici e strumentali di
“Se…”suggellano il tutto.
“Neranotte”
è un album diretto, che bada al sodo, un passaggio nel mondo del Rock fatto di
buone melodie e semplicità ma attenzione agli assolo, mai banali e sempre
supportati da una buona tecnica. Bentornati Juglans Regia. MS
domenica 19 marzo 2023
Live! - Racconti di vita e concerti
LIVE! - RACCONTI DI VITA E CONCERTI
Arcana Edizioni
È uscito 𝗟𝗶𝘃𝗲! 𝗥𝗮𝗰𝗰𝗼𝗻𝘁𝗶 𝗱𝗶 𝘃𝗶𝘁𝗮 𝗲 𝗰𝗼𝗻𝗰𝗲𝗿𝘁𝗶 a cura di DAVIDE MORRESI.
Ordinabile in tutte le librerie e piattaforme on line.
In questo volume anch'io, Massimo Salari racconto un episodio vissuto durante gli anni '80, l'avventura capitatami per andare a vedere il concerto dei MARILLION.
𝐼 𝑔𝑟𝑎𝑛𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑡𝑖, 𝑖 𝑓𝑒𝑠𝑡𝑖𝑣𝑎𝑙 𝑒 𝑖 𝑙𝑖𝑣𝑒 𝑐𝑙𝑢𝑏 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑛𝑢𝑡𝑟𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑓𝑜𝑛𝑑𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑙’𝑎𝑟𝑡𝑒, 𝑙𝑎 𝑐𝑢𝑙𝑡𝑢𝑟𝑎, 𝑙’𝑎𝑔𝑔𝑟𝑒𝑔𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑒 𝑖𝑙 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑟𝑡𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜. 𝐷𝑜𝑝𝑜 𝑡𝑟𝑒 𝑎𝑛𝑛𝑖 𝑖𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑖 𝑙𝑖𝑣𝑒 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖 𝑟𝑖𝑛𝑐ℎ𝑖𝑢𝑠𝑖 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑔𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑎𝑛𝑑𝑒𝑚𝑖𝑎, 𝑖𝑙 𝑟𝑖𝑡𝑜𝑟𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑢𝑠𝑖𝑐𝑎 𝑑𝑎𝑙 𝑣𝑖𝑣𝑜 𝑒̀ 𝑙𝑖𝑛𝑓𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑛𝑖𝑚𝑎 𝑒 𝑐𝑜𝑟𝑝𝑜. 𝐼𝑛 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑣𝑜𝑙𝑢𝑚𝑒 𝑐𝑜𝑙𝑙𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑜, 𝑠𝑐𝑟𝑖𝑡𝑡𝑜𝑟𝑖 𝑒 𝑠𝑐𝑟𝑖𝑡𝑡𝑟𝑖𝑐𝑖 ℎ𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑐𝑖𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑢𝑛𝑖𝑟𝑒 𝑙𝑒 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑖𝑏𝑢𝑖𝑟𝑒 𝑎𝑙 𝑟𝑖𝑙𝑎𝑛𝑐𝑖𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑢𝑠𝑖𝑐𝑎 𝑙𝑖𝑣𝑒. 𝑂𝑔𝑛𝑢𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑙𝑜𝑟𝑜 ℎ𝑎 𝑖𝑑𝑒𝑎𝑡𝑜 𝑢𝑛𝑎 𝑠𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎 𝑏𝑎𝑠𝑎𝑡𝑎 𝑠𝑢 𝑢𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑡𝑜. 𝐴 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑖𝑙 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑡𝑜 𝑒̀ 𝑙’𝑎𝑚𝑏𝑖𝑒𝑛𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒, 𝑑𝑜𝑣𝑒 𝑖 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑔𝑔𝑖 𝑠𝑖 𝑚𝑢𝑜𝑣𝑜𝑛𝑜 𝑒 𝑡𝑟𝑜𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑙𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑎 𝑠𝑡𝑟𝑎𝑑𝑎, 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑒̀ 𝑖𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑡𝑎𝑔𝑜𝑛𝑖𝑠𝑡𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑟𝑎𝑐𝑐𝑜𝑛𝑡𝑜, 𝑖𝑙 𝑓𝑢𝑙𝑐𝑟𝑜 𝑠𝑢 𝑐𝑢𝑖 𝑟𝑢𝑜𝑡𝑎 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜. 𝐴𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑎𝑛𝑐𝑜𝑟𝑎 𝑒̀ 𝑙’𝑜𝑏𝑖𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑑𝑎 𝑟𝑎𝑔𝑔𝑖𝑢𝑛𝑔𝑒𝑟𝑒, 𝑚𝑜𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑑𝑖 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑒. 𝐼 𝑟𝑎𝑐𝑐𝑜𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝐿𝑖𝑣𝑒! 𝑠𝑖 𝑏𝑎𝑠𝑎𝑛𝑜 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑒 𝑒𝑚𝑜𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑟𝑒𝑡𝑒 𝑣𝑖𝑠𝑠𝑢𝑡𝑒 𝑖𝑛 𝑢𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑡𝑜 𝑒 𝑣𝑜𝑔𝑙𝑖𝑜𝑛𝑜 𝑡𝑟𝑎𝑠𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑙𝑒 𝑎𝑙 𝑙𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒, 𝑐𝑜𝑛 𝑝𝑎𝑟𝑜𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑒𝑠𝑝𝑟𝑖𝑚𝑜𝑛𝑜 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑟𝑑𝑖, 𝑖𝑚𝑚𝑎𝑔𝑖𝑛𝑖, 𝑠𝑒𝑛𝑠𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖, 𝑑𝑒𝑠𝑖𝑑𝑒𝑟𝑖, 𝑣𝑖𝑠𝑠𝑢𝑡𝑖, 𝑎𝑚𝑜𝑟𝑖, 𝑒𝑛𝑒𝑟𝑔𝑖𝑎, 𝑟𝑖𝑠𝑎𝑡𝑒 𝑒 𝑙𝑎𝑐𝑟𝑖𝑚𝑒 𝑙𝑒𝑔𝑎𝑡𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑢𝑠𝑖𝑐𝑎 𝑑𝑎𝑙 𝑣𝑖𝑣𝑜. 𝑆𝑜𝑛𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑟𝑎𝑐𝑐𝑜𝑛𝑡𝑖 𝑎𝑢𝑡𝑜𝑏𝑖𝑜𝑔𝑟𝑎𝑓𝑖𝑐𝑖 𝑚𝑎 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑛𝑜, 𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙’𝑖𝑛𝑠𝑖𝑒𝑚𝑒 𝑒𝑠𝑝𝑟𝑖𝑚𝑜𝑛𝑜 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑟𝑑𝑖 𝑒 𝑟𝑖𝑓𝑙𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑠𝑢 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑡𝑖 𝑟𝑒𝑐𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑒 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑎𝑡𝑖, 𝑑𝑖 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑔𝑒𝑛𝑒𝑟𝑒 𝑚𝑢𝑠𝑖𝑐𝑎𝑙𝑒.
Grazie a Scriptorama Agenzia Letteraria per il prezioso supporto, ad Arcana Edizioni per aver creduto nel progetto, a Luca Pantanetti per gli esperti consigli e a Eleonora Pizzi per l'aiuto e la presenza.
Alberto Büchi Alessandro Berselli Alessandro Morbidelli Andrea Gozzi Anna Cambi Cinzia Bomoll Dagmara Bastianelli Daniela Giombini Eliselle Eva Luna Mascolino Federica Piacentini Gianluca Morozzi Giuseppe Musto Laura Gramuglia Manfredi Lamartina Stefano Hourria Martino Costa Massimo Salari Michele Monina Monica Pezzella Nicola Nucci Nina Nocera Sara Maria Serafini Stefano Ficagna Valentina Santini Vincenzo Trama Topazio Perlini Federica Palladini
Grazie a Read and Play per il grande lavoro dietro le quinte!
venerdì 17 marzo 2023
Mobili Trignani
MOBILI TRIGNANI – PopArticolare
Music Force / Casetta Records
Genere: Cantautore – Pop - Folk
Supporto: cd – 2023
Ognuno
di noi da ragazzo ha avuto un luogo di aggregazione, dove spartire il tempo
libero fra giochi, musica, letture e quant’altro. Qui generalmente nascono
amicizie forti e anche passioni che se supportate con il tempo possono divenire
grandi hobby, se non addirittura nei più fortunati dei casi anche un mestiere. La
musica si ascoltava assieme e si criticava su questo o quel passaggio, i generi
erano e sono ancora oggi molteplici, ma poco importava, l’importante era la
compagnia. Oggi siamo tutti connessi ma più distanti, per fortuna c’è sempre
chi fa della musica ancora un vero e proprio divertimento. E’ il caso dei
Mobili Trignani, amici che si conoscono in un luogo di aggregazione chiamato
“Casetta” ad Arsita (Te). Una storia come tante questa di Nicola Modesti (voce,
chitarra, basso, synth, batteria) e di Fabrizio Trignani (voce, chitarra,
basso, synth), ricca di vita, passione e legami sia umani sia musicali.
In
principio suonano cover dei Red Hot Chili Peppers per poi passare, come nel
caso di Fabrizio nel 2012, alla carriera solista. Ed è nel 2017 che giunge l’esordio
con l’album "Diario Di Un Menestrello" del quale segue anche un tour.
Gli anni appongono esperienza al bagaglio, ed ecco vederli aprire concerti per
artisti come Tricarico, Ratti Della Sabina, Duo Bucolico, Lorenzo Kruger, Pan
del Diavolo, etc. Dopo alcuni singoli
oggi troviamo il Pop dei Mobili Trignani in questo nuovo album intitolato
“PopArticolare”, nomen omen.
In
semplice edizione cartonata gialla il disco si presenta con dieci canzoni,
tutte dirette ed orecchiabili.
Facili
da ricordare e canticchiare assieme a Fabrizio, hanno tutte una loro ben
distinta personalità e le tematiche sono quelle tipiche del Pop con ad esempio
l’amore trattato nel brano iniziale “Sotto Le Stelle”. Se proprio devo
ricercare un punto di riferimento che possa fare da paragone per farvi
addentrare in questo mondo sonoro (anche se minimamente), posso dire che alcuni
momenti mi ricordano Alex Britti ma anche l’Alberto Fortis più pacato. Maggiormente
ricercata la metrica lirica di “Salasso”, per niente scontata. La batteria è
quella maggiormente in evidenza assieme alla voce. In “Babbo Natale” Fabrizio
spoilera il fatto che non esiste, e qui anche un breve assolo di tastiere a
spezzare l’ironico ascolto. In “Lei” risiedono melodie pacate, una semi-ballata
che gioca sempre con le parole. Organetto e mandolino aprono l’inattesa “Uatelilive”,
folk dialettale con un finale inatteso, a mio avviso il momento più bello
dell’album. Ritorna il cantautorato in “Labora”, quello dal profumo anni ’80 ma
con un ritornello moderno. Non mancano i buoni arrangiamenti, anche disco, come
nel caso di “Climax”, come sapeva fare un certo Pino D’Angiò nei primi anni
’80. Si canta ancora con “Giri A Vuoto”, canzone da fare assieme come dicevo
all’inizio della recensione ed un “na na na na na” irresistibile. E poi chi ha
detto che il Pop non può essere culturale? Ascoltare “Lazzaro De Tormes” è una
conferma, sembra che i Mobili Trignani abbiano mixato Guccini con Vecchioni per
un risultato da ascoltare attentamente, specialmente riguardo i testi, chiave
importante del progetto. A suggello giunge “Il Mio Talento” altro brano in
bilico fra Stefano Rosso e Fabrizio De Andrè, per dirvi che qui la banalità non
è proprio di casa.
Sicuramente
dopo pochi ascolti anche voi vi troverete a cantare le canzoni dei Mobili
Trignani, questo è il potere della musica, può diventare parte di noi in modo
semplice ed immediato. Consigliato agli amanti del Pop simpatico ma anche del
cantautorato impegnato, intelligenza musicale. MS
martedì 14 marzo 2023
Emil Moonstone & The Anomalies
EMIL
MOONSTONE & THE ANOMALIES – Naked Is Man Upon The Earth
Seahorse
Recordings
Genere:
Alternative – Post Rock
Supporto: cd – 2023
In
questo periodo storico mondiale ci stiamo malauguratamente abituando ai scenari
apocalittici, vuoi nella realtà che in certi film di fantascienza, il nostro
pianeta sta subendo le nostre malefatte. Siamo indiscutibilmente un brutto
animale che popola questa terra. Anche
la musica si cimenta in colonne sonore riguardanti l’argomento sempre più in
voga. Inizia il Metal che ha fatto della distruzione un vero e proprio credo
sin dai suoi albori, ma anche altro Rock si è proposto sul tema, non da meno il
Dark e il Post Rock, tutto questo per sensibilizzare la popolazione nel porre
fine a questo scempio. L’uomo è sempre più solo con se stesso e cerca di porre
rimedio a tutto ciò, ma la riuscita è difficile oltre che lontana.
Cosa
attende all’umanità ce lo racconta Emil Moonstone nel suo secondo album “Naked
Is Man Upon The Earth”, che prosegue il cammino intrapreso con il precedente “
Disappointed”. Emil è un cantante oltre che compositore della scena Dark Punk
bolognese, il suo cammino passa attraverso band come South Breed Out nel 1992 e
i Two Moons, gruppo con cui ancora suona realizzando nel corso del tempo un EP
e quattro album. Intraprende la carriera solista nel 2018 ed è qui che nasce “Disappointed”,
facente parte della scena alternativa italiana. Buona l’attività live che per
essere realizzata al meglio vede il formarsi dei The Anomalies.
Suonano
nel disco Emil Moonstone (voce, chitarra, synth, batteria), Mino Adriani
(chitarra) e Joshep Rips Asanda (basso in “The Meaning Of Life” e “Men Of
Straw”) mentre i The Anomalies sono Mino Andriani (chitarra), Emanuele Laghi (piano)
e Ludovico Ingrao (batteria).
L’edizione
che accompagna il supporto ottico del CD è cartonata con un bellissimo artwork
di Stefano Bonazzi rappresentante la sua opera “The Cemetery Of Umbrellas”,
perfetta immagine di un mondo straziato e desolato.
“Naked
Is Man Upon The Earth” è composto da nove canzoni a partire da “Safe Me” di cui
viene realizzato anche un video a cartone animato. L’esperienza trentennale di
Emil nell’ambito si evince subito all’ascolto, dove i particolari vengono ben
curati e l’amore per artisti come Iggy Pop e The Stooges lascia alcune tracce
all’interno. La voce graffiante descrive i testi in lingua inglese mentre gli
anni ’80 aleggiano attorno a noi. Malinconica giunge “I Keep My Crown” grazie
soprattutto all’uso del piano che si esalta ulteriormente in “Pain”, qui la
voce narra, mentre alcuni richiami a David Sylvian sovvengono alla mente.
Chitarre noise si presentano di tanto in tanto e il Dark si da staffetta con la
Psichedelia. Tanto mestiere anche in “The Soldier”, un mix d’influenze
personalizzate che fanno del pezzo un caleidoscopio sonoro. La title track è
più ritmata fra Punk e Eno, scelta che lascia intendere la volontà del
musicista di comporre musica decisamente non scontata. “Men Of Straw” lascia
entrare un poco di luce fra le note, ma ci pensa “All It’s All Over” a
ricondurre l’ascolto in ambientazioni grevi. Un arpeggio di chitarra apre “The
Meaning Of My Life” e ancora di più gli anni ’80 sono nel pentagramma. Il brano
è effettato e ricco di buone melodie. Il disco si chiude con “Ash” fra suoni
synth e ricerca sonora.
“Naked Is Man Upon The Earth” è dunque un
disco fuori dai schemi, un grido rivolto a tutti noi che amiamo la musica e che
intende sensibilizzare sull'argomento, fra tinte fosche e rabbia. Una
bellissima diapositiva sonora inquietante. MS
domenica 12 marzo 2023
L'Ira Del Baccano
L’IRA
DEL BACCANO – Cosmic Evoked Potentials
Subsound
Records / NRV Promotion
Genere: Psichedelia strumentale /
Doom
Supporto: CD - 2023
Sulla
musica ne abbiamo lette e dette di tutte, che fa stare bene, che emoziona, l’importanza
della tecnica, delle melodie, e anche che c’è musica e musica. Ovviamente l’addentrarsi
nell’ascolto dipende da molteplici fattori come lo stato d’animo che abbiamo in
quel momento, il luogo o la situazione in cui stiamo ascoltando, tutti elementi
che hanno la giusta valenza per il raggiungimento del risultato emotivo. Molte
canzoni si possono ascoltare distrattamente, magari ci fanno compagnia durante
il lavoro oppure in un viaggio in auto, non richiedono un approccio importante
e questo va anche bene perché nella vita serve di tutto, mai banalizzare. Ma c’è
musica che non lascia scampo a distrazioni, quella che ti ci devi buttare
dentro anima e corpo, il classico viaggio mentale che solo un genere come la Psichedelia
può donarti, vuoi più o meno lisergico. Maestri del movimento sappiamo bene
essere i Pink Floyd, almeno per il lato maggiormente commerciale di esso e poi Grateful
Dead, Hawkwind, insomma di nomi da citare ce ne sono molteplici, chi più chi
meno famosi.
Anche
in Italia abbiamo interessanti artisti che si cimentano al riguardo, un esempio
sono i L’Ira Del Baccano. Quando la Psichedelia si fonde assieme al genere Doom
allora il risultato è ancor più interessante, e quando da noi si dice Doom, il
nome che viene immediatamente alla mente è quello del maestro Paul Chain (ex
Death SS, Paolo Catena, Paul Cat, etc.). E’ proprio lui che produce il primo
mini cd del gruppo che in origine, a metà degli anni 2.000, si chiama ancora
Loosin’o’Frequencies. Il nome L’Ira Del Baccano esce nel 2006 e suonano un
genere strumentale che vede mixare sonorità Black Sabbath, Pink Floyd, Rush a
quanto detto in precedenza. Ovviamente i brani per poterci condurre in un trip
sono necessariamente lunghi e questo si evince anche all’ascolto dei dischi
rilasciati negli anni a partire da “Terra 42” del 2014.
“Cosmic
Evoked Potentials” è il quarto disco in studio e mi viene subito da
sottolineare l’ottimo lavoro fatto in fase di registrazione con una buona
pulizia sonora. Il disco si compone di cinque brani e viene aperto dai dieci
minuti abbondanti di “The Strange Dream Of My Old Sun”. Un riff semplice da
memorizzare fa il buono e il cattivo tempo fra sbalzi umorali e voli pindarici
che hanno della Jam improvvisata, come, in effetti, solo questo genere sa
regalare. Proprio a proposito d’improvvisazione cade a pennello il secondo
brano intitolato “Genziana (Improvisation 42)” il più lungo grazie ai tredici
minuti abbondanti che lo compongono. Inizia sottovoce, quasi coccolando l’ascoltatore
abbindolandolo a tratti con effetti synth per poi aprirsi nel proseguimento. Questo
può interessare molto anche al fans della band Ozric Tentacles.
Tanti
effetti in “The Electric Resolution” da far sentire l’ascoltatore come dentro
una bolla isolata. Si è al cospetto di musica interamente strumentale e quindi
si deve parlare anche di tecnica che in questo caso è buona e mai invasiva o
logorroica. Gli assolo scivolano via con piacere mentre la ritmica senza
strafare segue il tutto con precisione e pulizia. Inizio maggiormente
riflessivo per “Cosmic Evoked Potentials”, qui mi ritrovo veramente ad
ascoltare a occhi chiusi per immaginarmi in altri mondi, la melodia ne è ottima
colonna sonora. Chiude la breve e quasi acustica “Cosmic Evoked Potentials”, e si
ritorna sulla terra.
Questa
è musica che esterna, non da sottofondo e L’Ira Del Baccano è un macchinario al
riguardo da guerra, oltretutto non fa neppure ostaggi. Siete avvisati. MS
sabato 11 marzo 2023
Malombra
MALOMBRA – T.R.E.S.
Black
Widow Records
Genere:
Progressive Heavy - Gothic Metal
Supporto: cd – 2023
Nella
penombra si aggirano losche immagini che la nostra fantasia riesce a inventare.
Non sempre è ciò che pensiamo di vedere e questo ci intimorisce, lascia adito a
circostanze ambigue, dove atavici spaventi sono irrefrenabili. Ma diciamo la
verità, la paura è un’emozione che in qualche caso non ci dispiace provare, fa
sentire vivi, specie se è frutto appunto dell’immaginazione. La musica è
portatrice sana di emozioni e come tale non disdegna nemmeno passaggi
nell’oscurità, cosa sarebbe stato un film come “Profondo Rosso” senza la
colonna sonora dei Goblin? Un altro esempio è il genere Doom, in tal caso
consiglio l’ascolto di maestri come ad esempio gli svedesi Candlemass, e se poi
ci aggiungiamo del Gothic Metal il risultato di certo ne trae beneficio.
Da
noi in Italia abbiamo avuto un grande numero di artisti che hanno approfondito
l’argomento, come ad esempio i Death SS e lo stesso Paul Chain per fare solo
due nomi, ma gli anni ’80 ci deliziano di queste sonorità in lungo e in largo,
e la casa discografica genovese Black Widow Records ne sa qualcosa al riguardo,
in quanto maestra nello scoprire e diffondere talenti. Fra i numerosi nomi
della scuderia spiccano gli storici Malombra che esordiscono discograficamente
nel 1994 con l’album omonimo. Fra le file della band ha militato il bassista
Diego Banchero, parte considerevole del circuito, anche fondatore del gruppo Il
Segno Del Comando, ma la figura portante dei Malombra è quella del cantante
estroso e carismatico Mercy (Renato Carpaneto).
Sono
passati ben ventidue anni dall’uscita del loro terzo album “The Dissolution Age”
(Black Widow – 2001), potete capire la sorpresa che mi coglie alla vista del
logo Malombra sopra una nuova copertina qui per opera di Alessandro Sardino e
di Mercy stesso, sapendo poi che in passato la band ha avuto all’interno screzi
e quindi un vero e proprio stop. Il disco “T.R.E.S.” esce anche in formato
doppio lp contenente sette brani, tutti di media e lunga durata. Oggi suonano
nel disco Matteo Ricci (basso, Mellotron, vocoder, chitarra), Fabio Cuomo (batteria,
tastiere), Giulio Gaietto (batteria, synth) e Mercy (voce). “T.R.E.S.” è un
progetto che ha aspettato anni per vedere la luce, inizialmente intrapreso nel
2002 circa e poi sospeso, ma oggi lo possiamo godere in tutto il suo splendore.
Come
in una colonna Sonora suoni inquietanti introducono all’ascolto di “Astarte
Syriaca” ma sono registrati molto bassi, e se si alza il volume si resta
travolti dall’inizio delle chitarre elettriche che giungono improvvisamente
come un pugno allo stomaco.
Il
cantato di Mercy in qualche caso al limite dello stonato, fa volare con la
memoria agli anni ’80 quando il Rock italiano comincia ad avere una propria
personalità anche grazie a band come Litfiba o C.C.C.P solo per fare due nomi.
“Baccanalia”
ha una durata superiore ai nove minuti e la nebbia ci avvolge fra le note
sempre inquietanti e un organo dona all’ambiente un inquietante scenario
ecclesiastico. Mercy recita più che canta, il crescendo ha una cadenza ritmica
travolgente da rituale. “Malombra” ha la durata di dodici minuti, scuri come la
pece, questa volta l’apertura è affidata al piano e al synth, ma il risultato
non cambia, l’angoscia è sempre dietro l’angolo pronta a invaderci. Il Metal è
lasciato da parte per dare spazio a un ambiente che potremmo definire maggiormente
progressivo, salvo fuoriuscire con tutto il vigore a sua disposizione nella
parte finale del brano che ritengo essere il più bello dell’intero album.
Parlare delle singole canzoni del disco non è che abbia poi molto senso in
quanto tutto va ascoltato come opera unica e quindi nella sua interezza dove
morte, oscurità, riti, e tutto quello che si potrebbe aggirare attorno ad una “Malombra”
sono protagoniste.
Certamente
è un disco indirizzato ad un pubblico di nicchia, ma chi volesse addentrarsi
anche per la prima volta nel mondo Malombra “T.R.E.S.” è una buona occasione, l’importante
è non avere paura del buio ma soprattutto…Open Mind! MS
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