Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO

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La storia dei generi enciclopedica

sabato 8 ottobre 2022

Twenty Four Hours

TWENTY FOUR HOURS – Ladybirds
Andromeda Relix / Vrec Musiclab
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2022




Ritorna la premiata ditta Lippe-Paparelli-Lippe, inossidabile dal 1987 di nome Twenty Four Hours, ma con l’ingresso del sassofonista Ruggero Condo’. Il fatto accade quattro anni dopo il disco tributo ai white album della storia del Rock “Closer” dei Joy Division, “The Lamb Lies Down On Broadway” dei Genesis, “The Beatles (White Album) ” e “The Wall” dei Pink Floyd intitolato “Close – Lamb – White – Walls”.
Una band storica con alle spalle sette dischi in studio, colma di esperienza e gusti musicali che toccano differenti stili, per convogliare il tutto nel calderone Progressive Rock attraverso importanti passaggi nella psichedelia, questo sono oggi i pugliesi/marchigiani Twenty Four Hours. La formazione è quindi composta da Paolo Lippe (tastiere, voce, bassline, ukulele), Antonio Paparelli (chitarre), Marco Lippe (batteria, voce, piano), Ruggero Condo’ (sax), Paolo (basso) Sorcinelli (basso, chitarra) ed Elena Lippe (voce).
Le coccinelle immortalate dalla macchina fotografica di Marco Lippe (due con sorpresa) fanno presagire un messaggio di speranza, o per meglio dire un augurio a tutti di buona fortuna, tema trattato anche nei testi che denotano uno spaccato societario preoccupante modificato soprattutto dall’evento Covid ma anche da quanto sta accadendo su questo pianeta.
Dieci tracce che come già accennato, si passano la staffetta fra Prog e psichedelia con apparente semplicità quando invece solo chi ha grande esperienza in campo può permettersi.
“Ladybirds” incomincia con semplicità grazie a “Crevasses And Puddles”, una canzone che rispecchia lo spaccato sonoro odierno nell’ambito. Il cantato è soprattutto recitato, quasi parlato mentre le percussioni ricoprono un ruolo fondamentale nella riuscita del brano. Pennate sulla tastiera della chitarra ricordano certi momenti dei primi Porcupine Tree e buono è l’assolo finale. La ballata “Una Perla Vive Nascosta Tutta La Vita” porta i Twenty Four Hours e i suoi ascoltatori indietro nel tempo quando il Prog si reggeva su grandi nomi e qui se ne estrapolano in maniera evidente due, i New Trolls e i lagunari Orme. Alternare il cantato in lingua italiana a quella inglese spezza l’ascolto rendendo tutto l’insieme maggiormente fruibile e scorrevole.
Ancora una volta le parti vocali di Paolo Lippe si alternano fra il cantato e il parlato in “Unexpected Results”, brano che ha molto degli anni ’80. Questo è il singolo estratto dall’album mixato da Andrea Valfrè.
Ancora anni ’80 specialmente nei suoni con “Ghost Pension”, semplicità fra le note registrate in diretta, canzone orecchiabile impreziosita dalle coralità di Elena Lippe. Potevano poi mancare le atmosfere Pinkfloydiane? Di certo chi tratta psichedelia non può fare a meno di sporcarsi le mani in questo sacco di farina, ecco dunque che in “Why Should I Care For Strangers!” si spalancano ai nostri orecchi gli anni ’70, soprattutto durante l’intervento del sax. Questo è il brano più lungo dell’album con otto minuti e trenta di musica. Dal più lungo al più breve (cinque minuti) “Permanent War” attraverso importanti effetti elettronici e stereo che mi ricordano i francesi Rockets. Siamo ancora nelle stesse atmosfere del brano precedente anche perché poi il cantato sembra proseguire sempre nella stessa direzione. Voce e piano aprono “Incantesimo K-44”, una semi ballata impegnata a trattare l’immortale argomento dell’amore. Più impegnata è “Eterno Grembo Che Dona”, non tanto per la parte esecutiva ma per l’approccio meno convenzionale alla formula canzone. Di nuovo si assaporano momenti vicini ai Porcupine Tree. E come in una macchina del tempo si ritorna nel passato grazie a “Caroline”, canzone maggiormente Progressive dell’intero album, i Twenty Four Hours palesano la cultura musicale spaziando fra questi ambienti. In conclusione arriva “Hypocrite And Slacker God”, situazioni oniriche sollevano l’ascoltatore verso il cielo con la fantasia, degna conclusione di un grosso lavoro.
“Ladybirds” ha una durata di oltre ottanta minuti, tanto da potersi oggi considerare a tutti gli effetti come un doppio album, quindi il materiale messo a disposizione dell’ascoltatore è davvero tanto, una valanga di musica che tuttavia riesce nell’intento di appagare grazie proprio al mutare dei stili contenuti all’interno e soprattutto per le buone melodie facili da memorizzare. Un bel ritorno, un disco che potrebbe accomunare diverse tipologie di ascoltatori, complimenti ai Twenty Four Hours. MS







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