FIST
OF RAGE – Black Water
Andromeda
Relix
Distribuzione:
G.T. Music Distribution
Genere:
Hard Rock
Supporto: cd – 2018
Siete
estimatori dell’Hard Rock anni ’70? Gruppi come Deep Purple e Rainbow fanno oramai
parte integrante del vostro DNA? Allora fermatevi ad ascoltare i friulani Fist
Of Rage, il discorso vale anche per chi non li conosce, date una occhiata a
questa recensione.
I
Fist Of Rage si formano alla fine del 2004 per suonare classici dell’Hard Rock,
la loro passione. Accumulano esperienza live, sino a sentire nel tempo la necessità
di comporre brani propri e nel 2010 esordiscono con l’album “Iterations To
Reality” per la Andromeda Relix di Gianni Della Cioppa. La critica apprezza e
con l’evolversi degli eventi riescono anche a suonare con Eric Martin, Kee
Marcelo, L.A. Guns e Ian Paice.
Oggi
sono composti da Piero Pattay (voce), Marco Onofri (chitarra), Davide
Alessandrini (chitarra), Stefano Alessandrini (tastiere), Alfredo Macuz
(batteria) e Saverio Gaglianese (basso). Macuz è una new entry ed ha suonato
con artisti come Milan Polak, Krampus ed Insanity Fair.
Il
disco è accompagnato da un bel libretto contenente testi e foto della band,
mentre l’incisione risulta pulita e ben equilibrata. La voce di Pattay gioca un
ruolo importante, malleabile a seconda delle necessità, lo si evince sin dal
primo brano “Just For A While” dal profumo anni ’80.
L’asso
nella manica dei Fist Of Rage sono le melodie, gradevoli e da cantare a
squarciagola con loro. Si muovono con sicurezza, una macchina perfettamente
oliata, con una sezione ritmica importante. Conoscono molto bene le regole del
gioco, si giocano tutte le carte e le opzioni possibili ed immaginabili, come i
crescendo vocali su scala, i brevi e ficcanti assolo, i coretti e i ritornelli
che richiamano un sensuale Hard Rock, come ad esempio nel brano “New Beginning”
di scuola Bon Jovi. La title track ha un
inizio più ricercato, voce ed effetti su arpeggi di chitarra per poi svolgere
il compito diligentemente, questa volta infiltrandosi in territori Aerosmith.
A
metà percorso giunge l’immancabile ballata che spezza l’ascolto in una tregua
gradevole e di classe, qui dal titolo “Lost”, ovviamente nello svolgersi del
brano la voce sale e così l’enfasi. Buono il lavoro delle tastiere. Passata la
tregua si riprendono le fughe metalliche in “These Days” che vanno in crescendo
con la successiva “Awake”. Ricercata
“Set Me Free”, una composizione che mostra una natura differente, si
rude ma anche “progressiva” sotto certi aspetti.
Il
disco si conclude con la seconda ballata “September Tears” fra piano, voce ed
effetti, grande prova di Pattay, struggente ed epica.
Bentornati
Fist Of Rage, però questa volta non fateci attendere altri otto anni per
ascoltare nuova bella musica. MS
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