WYATT
EARP – Wyatt Earp
Andromeda
Relix
Distribuzione:
G.T. Music
Genere:
Rock – Hard Rock
Supporto: cd – 2018
Quanto
Rock a Verona! Un bacino importante dal quale scaturiscono moltissime sorprese.
Ma
avrete sentito dire anche voi che il Rock è morto e tutte queste storie
analoghe, argomentazione annosa che sopporto dagli anni ’80 con fatica, stanco
di questo modo di vedere ed ascoltare la musica come se il mondo si fosse
fermato in un determinato periodo. Sappiamo bene invece che tutto procede e che
magari muta, volenti o nolenti noi, ma non tutti amano il cambiamento e si
avvinghiano alle loro certezze. Il DNA puro del genere ad oggi è ancora
salvaguardato da una legione di musicisti duri e crudi, e chi è cresciuto con
il Rock anni ’70 (me compreso) ha le sue validissime ragioni per
salvaguardarlo.
Con
il nome di un noto sceriffo cacciatore di bisonti del Far West, i veronesi Wyatt
Earp si fondano nel 2003 per il volere del chitarrista Matteo Finato con l’intento
proprio di portare avanti l’essenza del Rock e dell’Hard Rock, caro a band
storiche come Deep Purple, Uriah Heep, Kansas, Grand Funk Railroad e ancora
molte altre.
Il
batterista Davide “Cava” Cavalca ad un certo punto abbandona la band, lasciando
il posto dietro le pelli a “Silvio “Hammer” Bissa, cantante del gruppo. Alla fine del 2016 dopo una lunga ricerca
l’attenzione della band si sofferma su Leonardo Baltieri. Completano la line up
Fabio “Led” Pasquali al basso e Flavio “J” Martini alle tastiere.
Il
disco d’esordio in analisi si intitola proprio “Wyatt Earp” ed è composto da
sei canzoni, accompagnato da un artwork ben fatto con tanto di foto e testi
scritti. Il cantato è in lingua inglese, mentre l’incisione è buona, lasciando
quel senso di velatura (quasi polvere) che fa il Rock in esame, polveroso e
stradaiolo come si deve.
I
riff sono magnetici, è vero che i deja vu- fuoriescono di tanto in tanto,
tuttavia è il genere da preservare che esige questo trattamento, così i
ritornelli di facile memorizzazione. Personalmente ho apprezzato moltissimo il
solo di chitarra immerso in un mondo “progressivo” dal crescendo mozzafiato
contenuto nel brano “With Hindsight”, sapete, quei momenti che vorresti non
finissero mai…
Poi l’Hammond è da pelle d’oca per chi come me
ama certi roboanti e grezzi suoni. Frangenti dal ritmo spinto ci fanno muovere
e scatenare incondizionatamente, per esempio difficile restare fermi
all’ascolto di “Back From Afterworld”. Avete presente certi Deep Purple? Bene.
Davvero sembra che il tempo si sia bloccato agli anni ’70. Quando ascolti la
mini suite “Gran Torino” non ti sei neppure accorto che è finito il disco e che
sono passati tre quarti d’ora.
Un
esordio potente e dal chiaro messaggio, e noi possiamo dormire sonni tranquilli,
perché la prossima volta che qualcuno ci dirà che il Rock è morto potremmo dire
con tutta tranquillità “Ma fatemi il piacere! Ascoltatevi nel 2018 i Wyatt
Earp”. MS
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