RAOUL MORETTI – IsolaMenti
FonoBisanzio
Distribuzione: IRD
Genere: Electroharp &
Electronics
Supporto: 2019 – Soundclouds
Ritorna
Raoul Moretti e la sua arpa elettronica dopo il buon lavoro “Harpness” del
2016. Un ritorno questo dell’artista italo-svizzero ponderato, riflettuto. Il
concept che accompagna le quattordici tracce comprese nel disco trattano di un
viaggio introspettivo nella propria mente. L’isola (in questo caso la Sardegna)
rappresenta la metafora di noi stessi, un luogo di contemplazione per ricercare
il proprio “io”.
Negli
anni Moretti ha imparato ad adoperare il suono dell’arpa elettrica in maniera
del tutto personale e ricercata, come una voce per esprimere il proprio stato
d’animo. In questo terzo lavoro si avvale della collaborazione di artisti come
Michele Gazich (viola in “Nel Fluire”), Giuseppe Joe Murgia (sax soprano in “Emersioni”),
Julia Kent (violoncello ed elettronica in “Qui Dentro”), Marco Bianchi (vibrafono
e marimba in “Fragili Squilibri”) e Beppe Dettori (voce in “Identità”). Ad
accompagnare il cd un libretto da sfogliare e contemplare con fotografie, una
per ogni
traccia,
accompagnate da citazioni di scrittori, poeti, pensatori e filosofi.
Il
disco si apre con “Con-Solazione” e le atmosfere sono immediatamente rarefatte,
tuttavia solari e rilassanti. Il motivo ha il dono della mediterraneità, quella
che noi italiani portiamo intrinseca nel nostro dna.
“Nel
Fluire” lo definirei il singolo dell’album, con ospite Michele Gazich alla viola.
Del brano infatti ne scaturisce anche un video realizzato da
Davide Manca di Fly Media Creative Drone Services, ed è un omaggio alla
bellezza dell’isola Sardegna attraverso i suoi elementi. Il suono scorre sopra
un loop ritmico ammaliante ed ipnotico. Sax soprano di Giuseppe Joe Murgia a
dialogare con l’arpa in “Emersioni”, momento più sperimentale tra loop e
freezer in presa diretta.
“Lib(e)rando”
è forte nella sua consapevolezza ritmica fatta con l’arpa in un crescendo
sonoro fra gong e cori che donano fervore all’ascolto, così l’ascoltatore viene
investito da un fiume di suoni. Si ritorna ad una meditazione più ragionata con
“Là Fuori”, breve momento costruito su di una nota in maniera psichedelica per
passare a “Qui Dentro” e alla partecipazione di Julia Kent al violoncello. Questa
è una struggente tensione emotiva e sonora dove l’artista canadese si trova
proprio a suo agio. Qui si viaggia nella mente.
La
ricerca sonora di “Vie Di Fuga” fa del brano uno dei miei preferiti, in quanto molto
Progressive nell’approccio, non mancano i loop ma neppure temi orecchiabili
quasi alla Mike Oldfield. Intrigante. In un suono registrato al contrario, si
apre “Paradiso Perduto”, uno dei brani più malinconici del disco, quasi a
rovistare nella fragilità del nostro essere, e nel mio caso ci riesce.
L’elettronica e l’arpa donano emozioni davvero inattese e quasi impalpabili
nell’apparenza quanto dure e concrete nella realtà. “Connessioni” ha un suono
scintillante, mentre si ha presa e coscienza del proprio essere nel breve
crescendo inesorabile di “E(s)enza”.
Ed
ecco dunque “Il Mondo Ritrovato”, spazioso, arioso, come il suono che lo
rappresenta, in una pace interna ed esterna in pieno equilibrio. Importante la
melodia dell’arpa.
Ma
tutto non è per sempre, alcuni equilibri possono essere precari e fragili, come
il brano “Fragili Equilibri” sta a significare. I brevi slide
del vibrafono di Marco Bianchi ci rimandano a questi squilibri.
Con
più di sette minuti di durata arriva il brano più lungo dell’album “Identità”, una
sorta di mini suite suddivisa in quattro frangenti. Inizialmente la melodia
dell’arpa è semplice ed immediata nella sua bellezza cristallina, poi il brano
si lascia stravolgere fra i giochi vocali di Beppe Dettori e tecniche inusuali
sullo strumento. L’album si chiude con “Sola-mente”, breve momento fluttuante.
Il
disco è un opera piena di significati e di suoni che a tratti ci fanno volare e
in altri riflettere. Non mancano neppure le destabilizzazioni volute per
rappresentare al meglio il concept, musica per chi ha voglia di mettersi in
gioco e per i più curiosi dello strumento, perché Raoul di certo non lo suona
in maniera convenzionale.
“Il
viaggio più difficile di un essere umano
è
quello che lo conduce dentro sé stesso alla scoperta di chi veramente egli è.”
(C. G. Jung) MS
RAOUL MORETTI – Harpness
Autoproduzione - Mondisommersi2017
Genere: Folk/Sperimentale
Supporto: cd – 2016
Può
un arpa a pedali avere una tendenza Rock? Se vi siete già incuriositi avete
fatto bene, perché in questa recensione andiamo a parlare del secondo lavoro
dell’artista italo/svizzero Raoul Moretti.
Diplomato
al Conservatorio di Musica“G.Verdi” di Como nel 1999, Moretti collabora con
numerose orchestre fra le quali l’Orchestra a Fiati della Svizzera Italiana,
l’Orchestra dell’Insubria, Orchestra Sinfonica di Lecco e l’Orchestra Stabile
di Como. E’ ideatore anche di progetti musicali come Vibrarpa con M. Bianchi, (arpa e vibrafono),
il progetto Blue Silk con M. Giudici (elettroharp e chitarra elettrica) ed
Essential Duo con Tullia Barbera (voce pop e arpa elettroacustic). La voglia di
sperimentare giunge sino al suo strumento, quindi come solista
intraprende un percorso di ricerca sull’arpa elettrica e l’utilizzo
dell’elettronica. Intraprende così un percorso avanguardistico toccando
numerosi stili musicali quali l’avant-garde, il pop-rock, la world music, l’elettronica,
la nu-dance, la classica e l’improvvisazione. Le date mondiali per i festival
internazionali di arpa sono numerose, Francia, Belgio, Croazia, Cina, Paraguay,
Cile, Messico, Venezuela, Brasile e Australia. E ancora molto altro. Tuttavia
noi in questa sede andiamo a focalizzare questo progetto datato 2016 dal titolo
“Harpness”, si presenta in una edizione cartonata ed è composto da diciassette
brani con la collaborazione di
personaggi come Michele Bertoni, Erica Scherl & Valerio Corzani, Diego
Soddu, Walter Demuru, Gianluca Porcu e
Marco Tuppo.
“Sharpness”
apre il disco e la musica si fa immediatamente immagine. Gocce sonore piovono
in maniera delicata su un tappeto psichedelico per sfociare nella World Music.
La sensazione di benessere e spaziosità è intrinseca dell’ascolto. Violino
basso ed arpa nella breve “Das Unheimlich” per un suono che trasporta,
inevitabilmente il tutto avviene ad occhi chiusi. Musica che scava dentro, come
nella successiva “Mi Alma Viajera”, un racconto fatto di scale semplici, quasi
minimaliste, ricercando l’anima di chi ascolta. Gli stili mutano brano dopo
brano, “Near Death Experience” inizia quasi come un organo da chiesa tanto da
rendere tetra e lugubre l’atmosfera. Loop sonori che aleggiano sopra territori
psichedelici si lasciano trasportare anche da eco d’effetto.
E
l’ascolto diventa ancora più sperimentale e toccante in “A Kaleidoscoping
Mind”, nomen omen. Il rapporto di Raoul con il proprio strumento è fisico,
forte ma allo stesso tempo delicato, l’arpa viene toccata in maniera inusuale,
fra rispetto e desiderio di pizzicarla forte. Ma quello che interessa a Moretti
è il suono che ne scaturisce e questo non è decisamente usuale. Se andiamo a
cercare monoliti del Rock potremmo avvicinarlo per tendenza a “Ummagumma” dei
Pink Floyd, ascoltate “The Black Swan” per credere.
Torna
la calma con “Universi Paralleli” ed il suono è davvero cosmico, lento e senza
gravità, come dicevo in precedenza, la musica diventa immagine. Suoni grevi e
sostenuti, l’arpa non sembra quasi essere più uno strumento inteso per come è
stato creato, ma un mezzo con cui creare situazioni astruse e affascinanti.
Ancora suoni eterei in “Obliviousness”, rilassanti e scevri di ogni etichetta.
“Reflections” ha una vibrazione silente, ossia che ti entra dentro la testa
apparentemente a basso volume, ma che in realtà ti fa vibrare fortemente il
cervello. “Breakaway” è un movimento più ritmato e semplice, tanto che potrebbe
scaturire anche da un album dei teutonici Kraftwerk. Tutto muta in “Harpness”,
nulla è mai lo stesso, l’arpa sembra gridare dolore in “Sharp-Eyed Man”, un giro
armonico pregno di sofferenza ed oscurità grazie anche al suono straziante del
violino. L’arpa ritorna a fare l’arpa in “Sweetly Violent”, ma è un breve
istante per poi passare al suono minimale di “Violently Sweet”, brano in
crescendo tanto da diventare infine Post Rock. In alcuni passaggi ho sensazioni
che riportano la mia memoria al Fripp dei King Crimson, quello che spesso in
sede live riesce a cucire momenti sperimentali al suono dei strumenti. Ricerca
è la parola d’ordine. E così via fino a giungere a “Rebirth”, che per chi vi
scrive è un piccolo capolavoro e non a caso è anche il brano più lungo
dell’album con i suoi quasi otto minuti, ed il tempo sembra fermarsi.
In
conclusione “Harpness” è un disco rilassante, scostante, nervoso, calmo, sereno
e nuvoloso, il tutto con un filo
conduttore, la mente di chi ascolta, perché ognuno di questi suoni fanno
vibrare in noi posti differenti del nostro cervello e si sa che ogni mente non
è mai uguale ad un'altra. Per cui se siete curiosi lasciatevi travolgere da
questa musica. Osate!
Per
chi lo conoscesse il disco è consigliato anche ai sostenitori dello
statunitense Rafael Anton Irisarri. MS
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