OLD
ROCK CITY ORCHESTRA – The Magic Park Of Dark Roses
Avanguardia Convention
Genere: Dark Prog Rock
Supporto: cd - 2018
Ho
già avuto modo nel tempo e nei vari canali in cui opero, di tessere le lodi della band orvietana Old
Rock City Orchestra. Nel 2012 colpiscono l’attenzione sia della critica che del
pubblico con l’ottimo album d’esordio dal titolo “Once Upon A Time” (M.P. &
Records/G.T. Music), un disco dove la Psichedelia, il Blues ed il Prog si
convogliano in canzoni ben interpretate dalla voce di Cinzia Catalucci. A
seguire “Back To Earth” (M.P. & Records/G.T.Music) del 2015,
ulteriore passo verso la maturazione artistica che generalmente per ogni
artista si concretizza ufficialmente nel terzo album in studio, in questo caso trattasi di “The Magic
Park Of Dark Roses”, dunque qui o si
vola o si cade.
E
allora andiamo a vedere cosa ci propongono gli Old Rock City Orchestra in
questo nuovo lavoro:
La
prima cosa che salta subito all’occhio è il cambiamento di stile grafico, i
colori e gli spazi lasciano il posto alla ristretta oscurità gotica dei
paesaggi e dei disegni, questi ad opera di Lucy Ziniac con le fotografie di
Francesca Mancinetti. Anche il look del trio Cinzia Catalucci (voce), Raffaele
Spanetta (chitarra, basso, tastiere) e Michele “Mike” Capriolo (batteria), non
lascia adito a dubbi. Dieci canzoni per intraprendere un lungo viaggio nella
fantasia musicale, dove passato e presente si incontrano saldandosi in maniera
perfetta. Lo stile è ben marcato e come sempre la voce è punto di riconoscimento.
“The
Magic Park Of Dark Roses” apre il disco e rilascia come in un affresco le
pennellate di musica a rappresentare la sua veste immaginaria. Non è poi così
oscuro il parco, ma gode di tanto in tanto di uno sprazzo di luce. Non nascondo
da parte mia di scovare certi richiami sonori ai Black Widow. “Abraxas” ne è
appendice.
Resto
colpito da “ The Fall”, qui l’artwork si sposa alla perfezione, un andamento
alla “Child In Time” sorprende all’inizio, anche se ovviamente siamo distanti
dallo stile Deep Purple. Un intercedere
nel Gothic Rock monolitico, alleggerito solo dalla soavità della voce. Giunge
poi un flauto, quello della ospite Chiara Dragoni ad aprire ed a stemperare l’atmosfera
con “Vision”, il sound diventa improvvisamente nordico e certe lande si spalancano
avanti gli occhi della nostra immaginazione.
“A
Night In The Forest” racconta sensazioni
forti rilasciate da una notte nella foresta, e quello che musicalmente si
estrapola è la semplicità con cui basta emozionare l’ascoltatore. Pochi
tecnicismi, un riff efficace, diretto e ben arrangiato. Il canto qui è
maschile. Il ritmo sale in “The Coachman”, tuttavia non muta l’essenzialità
delle movenze artistiche dei strumentisti.
Rimango
affascinato dalle sonorità di “A Spell Of Heart And Soul Entwined”, dove le
tastiere ricoprono un ruolo fondamentale, sia per il supporto che per l’andamento
dell’insieme.
“Thinkin’
Bout Fantasy” prosegue l’essenza oscura della proposta, mentre la successiva “
Soul Blues” spiazza l’ascoltatore, riportandolo a certi fasti Blues di un tempo
sporcato da innesti Progressive Rock, un pezzo che nell’insieme del disco non
ti aspetti. Gradevole e di classe. L’album si conclude con un brano
strumentale, “Golden Dawn”, epitaffio di un bosco oscuro alla scoperta dei suoi
ospiti, a partire da chiese e sentieri che donano brividi alla vista, ma anche
piacevole curiosità.
Gli
Old Rock City Orchestra stanno intraprendendo un percorso artistico che sentono
a pelle, oggi sono così, in questo caso
la prova del terzo album è passata, anche se ho come la sensazione che il bello
debba ancora venire…O divenire? MS
GUARDA ANCHE:
https://nonsoloprogrock.blogspot.com/2015/05/old-rock-city-orchestra.html
https://nonsoloprogrock.blogspot.com/2012/07/old-rock-city-orchestra.html
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