MIDAS
FALL - Cold Waves Divide Us Monotreme
Records Genere:
Post Prog Moderno Supporto: cd / 2024
La
musica l’ascoltiamo con uno stato d’animo ben specifico, qualche volta vogliamo
divagarci, divertirci, altre l’adoperiamo come sottofondo mentre sbrighiamo faccende
più o meno lavorative, oppure per estraniarci in un momento di relax, questo è
il suo grande potere, la malleabilità. Non mancano di certo le scelte, oggi più
che mai, dove i generi si sono a loro volta spaccati come un vetro in altri piccoli
sottogeneri dalle nuove sonorità. Bene conosce la situazione il Progressive
Rock, il quale è così mutato nel tempo tanto da non poter più essere accostato
solo al suo glorioso passato. Esiste un limbo in cui le atmosfere elargite
conducono verso un mondo malinconico, quasi spettrale, attraverso suoni
elettrici che si alternano a passaggi acustici, questi sposano bene alcuni
concetti che l’artista del caso vuole approfondire, come l’isolamento
societario a cui l’individuo oggi va incontro a causa di una vita frenetica e
fredda relegata a personali egoismi. Musica che fa pensare ed emozionare,
mirata a un pubblico specifico, preparato mentalmente ad aperture sonore non
convenzionali e disposto ad ascoltare più che a sentire, e credetemi se vi dico
che c’è molta differenza. Nel
campo si cimentano da anni gli scozzesi Midas Fall, formazione creata nel 2008
dalla cantante e chitarrista Elisabeth Heaton e dalla sua amica Rowan Burn. L’esordio
discografico risale al 2010 con il sorprendente “Eleven. Return And Revert”,
nel quale spiccano immediatamente le caratteristiche sonore prossime all’indie
e al Post Rock. Seguono negli anni altri tre album in studio, tutti di notevole
fattura, sino giungere ai nostri tempi con “Cold Waves Divide Us” e un Gothic
style più marcato. Si denota uno sviluppo professionale non indifferente, a
partire dalla cura per le melodie e i crescendo sonori che sono la carta
vincente per questa band oggi formata da Elizabeth Heaton (voce, chitarra, tastiere,
synths, batteria), Rowan Burn (chitarra, tastiere, synths, batteria), e Michael
Hamilton (basso, synths, batteria). Con il tempo dunque la band manifesta un
approccio progressivo maggiore, il quale dona all’ensemble un fascino aggiunto. “Cold
Waves Divide Us” è formato di dieci canzoni e si presenta con la copertina per
mano di Steven Pellatt. E
proprio a proposito dei crescendo, l’iniziale “In The Morning We? Il Be Someone
Else” ne è immediatamente portavoce. Lo sgocciolare di note del piano lascia
successivamente spazio al ruggente Post Rock delle chitarre elettriche, mentre
la voce di Elisabeth si esibisce in una prova straziante e perfetta per il
contesto. Le carte sono già in tavola. “I Am Wrong” ha un sentore di pessimismo
spalmato su una ritmica insistente di fondo, dove i synth disegnano atmosfere
eteree. I Midas Fall solo raramente lasciano lo spazio a un raggio di sole, ma
quando lo fanno è un tepore che scalda l’anima, “Salt” ne è una prova. Un
movimento malinconico e toccante giunge in “In This Avalanche”, piano e
violoncello, dove ancora una volta la voce è splendida interprete. L’album
scorre su binari dritti, senza cali di tensione per quarantasette minuti di
buona musica. “Cold
Waves Divide Us” è una rosa nera, ma non coglietela, lasciatela ancora crescere
per goderne la freschezza e il profumo. MS
Versione Inglese:
MIDAS FALL - Cold Waves Divide Us Monotreme Records Genre: Modern Post Prog Support: cd / 2024
We listen to music with a very specific state of mind,
sometimes we want to digress, have fun, others we use it as a background while
doing more or less work-related chores, or to estrange ourselves in a moment of
relaxation, this is its great power, malleability. There is certainly no
shortage of choices, now more than ever, where genres have in turn split like
glass into other small subgenres with new sounds. Well acquainted with the
situation is Progressive Rock, which has changed so much over time that it can
no longer be juxtaposed only with its glorious past. There is a limbo in which
the atmospheres bestowed lead toward a melancholic, almost ghostly world,
through electric sounds that alternate with acoustic passages, these marry well
some concepts that the artist of the case wants to explore, such as the
societal isolation to which the individual today goes because of a hectic and
cold life relegated to personal selfishness. Music that makes you think and
emote, aimed at a specific audience, mentally prepared for unconventional sound
openings and willing to listen more than hear, and believe me when I say there
is a lot of difference. The Scots Midas Fall, a lineup created in 2008 by
singer and guitarist Elisabeth Heaton and her friend Rowan Burn, have been
trying their hand in the field for years. They made their recording debut in
2010 with the stunning "Eleven. Return And Revert", in which the
sonic characteristics close to indie and Post Rock immediately stand out. Three
more studio albums followed over the years, all of remarkable workmanship,
until reaching the present time with "Cold Waves Divide Us" and a
more pronounced Gothic style. It denotes a not inconsiderable professional
development, starting with the care for melodies and sonic crescendos that are
the trump card for this band today formed by Elizabeth Heaton (vocals, guitar,
keyboards, synths, drums), Rowan Burn (guitar, keyboards, synths, drums), and
Michael Hamilton (bass, synths, drums). Over time, therefore, the band
manifests a greater progressive approach, which gives the ensemble added
appeal. "Cold Waves Divide Us" consists of ten songs
and features a cover art by the hand of Steven Pellatt. And just on the subject of crescendos, the opening
"In The Morning We? Be Someone Else" is an immediate spokesperson for
this. The drip of piano notes later gives way to the roaring Post Rock of
electric guitars, while Elisabeth's voice gives a heartbreaking and
context-perfect performance. The cards are already on the table. "I Am
Wrong" has a hint of pessimism smeared over an insistent background
rhythm, where synths draw ethereal atmospheres. Midas Fall only rarely give way
to a ray of sunshine, but when they do it is a soul-warming warmth,
"Salt" is proof of that. A wistful and touching movement comes in
"In This Avalanche", piano and cello, where once again the voice is
splendid performer. The album flows on straight tracks, with no slumps for
forty-seven minutes of good music. "Cold Waves Divide Us" is a black rose, but
do not pluck it, let it still grow to enjoy its freshness and fragrance. MS
MELTING
CLOCK - Altrove Black
Widow Records Genere: Post Prog Moderno Supporto: cd / digital - 2024
E’
oramai evidente a tutti che la scena del Rock Progressivo odierno, quella che
io chiamo Post Prog Moderno, sta prendendo sempre più campo. Essa è
generalmente formata da influenze anni ‘70 provenienti da gruppi iconici come
Pink Floyd, Genesis, King Crimson, etc. miscelate con il sound moderno portato
al successo da band come Porcupine Tree, Riverside e Opeth. Non a caso
m’imbatto sempre più frequentemente in dischi come questo dei Genovesi Melting
Clock, i quali si lasciano trasportare dalla passione per le buone melodie orecchiabili,
ma anche dai passaggi strumentali relativamente vigorosi. La
band composta da Sandro Amadei (tastiere), Stefano Amadei (chitarre, bouzouki
irlandese), Alessandro Bosca (basso), Simone Caffè (chitarre), Francesco
Fiorito (batteria), e Emanuela Vedana (voce), vede sorgere le proprie origini
nell’oramai lontano 2001, al Dipartimento di Fisica dell'Università di Genova
con l’intento primordiale di suonare cover. I risultati non erano poi così
soddisfacenti, tanto da far dire a Alessandro Bosca “Stiamo perdendo il ritmo,
ci stiamo sciogliendo come gli orologi di Salvador Dalì”, da qui l’idea di
chiamarsi proprio Melting Clock. Inevitabili nel tempo i cambi di line up, sino
giungere al 2019 con sulle spalle una buona esperienza dettata da numerose prove
e date live, così è la volta del primo album “Destinazioni” (Black Widow), il
quale riceve buone recensioni nel web dagli addetti ai lavori. “Altrove”
è il secondo album del 2024, composto da sette tracce di media e lunga durata,
come spesso il genere stesso richiede. E a proposito di arte pittorica, la
copertina ha un fascino davvero intrigante, colori sul giallo e marrone
infondono un velato senso di malinconia, ma è il rosso a colpire maggiormente,
come fosse il vero protagonista. Questo è anche il sunto di questa musica,
capace di aprire differenti porte nello stato d’animo di chi ascolta. Sono
i sei minuti di “Vernice” a dare un’indicazione sullo stile della band, con il
cantato in italiano (questo in tutto l’album) di Vedana, voce pulita, semplice
che non tenta mai il passo più lungo della gamba. Funzionale anche il gioco
corale voce maschile/femminile. L’andamento si espande in una sorta di Folk
antico che si amplifica strada facendo in un suono moderno su un ritornello
facile da ricordare. Seguono
“Altrove Pt.1” e “Altrove Pt.2”, la prima è una ballata dolce come la copertina
del disco e calda come il suono del basso di Bosca, la seconda è uno
strumentale che mette in luce le qualità sia compositive che esecutive della
band. Numerosi i richiami ai Genesis, specialmente negli arpeggi. Il
disco prosegue in crescendo con “Il Mondo Al Suo Risveglio”, così il suono che
presenta un approccio chitarristico più elettrico in una staffetta fra schiaffo
e bacio. Buoni gli assolo strumentali. “Città
Spenta” porge il fianco alla formula canzone soprattutto nel tratto acustico
iniziale voce e chitarra. “Tramonti
Di Cenere” alza il ritmo, qui le emozioni si sviluppano maggiormente su
differenti scale e soluzioni, uno dei momenti più Prog nel vero senso del
termine. Ma la ciliegina sulla torta giunge dalla conclusiva “Endurance”, nove
minuti di ottima musica frastagliata da effetti ventosi e parti strumentali in
bilico fra passato e presente, questo soprattutto grazie alle chitarre
elettriche. In
conclusione, “Altrove” è un disco che di certo non lascia l’amaro in bocca, e
che tenta di entusiasmare su più fronti, a testimonianza di una crescita
professionale oramai acquisita. Musica
per tutti i gusti, non solo per Prog fans. MS
Versione Inglese:
MELTING CLOCK - Altrove Black Widow Records Genre: Modern Post Prog Support: cd / digital - 2024
It is now obvious to everyone that today's Progressive
Rock scene, what I call Modern Post Prog, is gaining momentum. It generally
consists of 1970s influences from iconic bands such as Pink Floyd, Genesis,
King Crimson, etc. mixed with the modern sound brought to success by bands such
as Porcupine Tree, Riverside and Opeth. It is no coincidence that I
increasingly come across records like this one by Genovese band Melting Clock,
who are carried away by their passion for good catchy melodies, but also relatively
vigorous instrumental passages. The band, composed of Sandro Amadei (keyboards),
Stefano Amadei (guitars, Irish bouzouki), Alessandro Bosca (bass), Simone Caffè
(guitars), Francesco Fiorito (drums), and Emanuela Vedana (vocals), sees its
origins rise in the now distant 2001, at the Physics Department of the
University of Genoa with the primordial intent of playing covers. The results
were not so satisfactory, so much so that Alessandro Bosca said, “We are losing
the rhythm, we are melting like Salvador Dali's clocks”, hence the idea of
calling themselves Melting Clock precisely. Inevitable over time the line up changes, until
arriving in 2019 with on their shoulders a good experience dictated by numerous
rehearsals and live dates, so it is the turn of the first album “Destinazioni”
(Black Widow), which receives good reviews on the web from insiders. “Altrove” is the second album from 2024, consisting of
seven tracks of medium to long duration, as the genre itself often requires.
And speaking of pictorial art, the cover has a truly intriguing charm, colors
on yellow and brown instill a veiled sense of melancholy, but it is the red
that strikes the most, as if it were the real protagonist. This is also the
summary of this music, capable of opening different doors in the listener's
state of mind. It is the six minutes of “Vernice” that give an
indication of the band's style, with Vedana's singing in Italian (this
throughout the album), a clean, simple voice that never tries to get ahead of
itself. The male/female vocal choral interplay is also functional. The trend
expands into a kind of ancient Folk that amplifies as it goes along into a
modern sound over an easy-to-remember refrain. This is followed by “Altrove Pt.1” and “Altrove Pt.2,”
the former a ballad as sweet as the album cover and as warm as Bosca's bass
sound, the latter an instrumental that showcases both the compositional and
performance qualities of the band. There are numerous references to Genesis,
especially in the arpeggios. The album continues on a crescendo with “Il Mondo Al
Suo Risveglio”, so the sound that features a more electric guitar approach in a
relay between slap and kiss. Good instrumental solos. “Città Spenta” lays side by side with the song formula
especially in the initial acoustic vocal and guitar section. “Tramonti Di Cenere” ups the tempo, here the emotions
develop more on different scales and solutions, one of the most Prog moments in
the true sense of the word. But the icing on the cake comes from the concluding
“Endurance”, nine minutes of excellent music jagged with windy effects and
instrumental parts poised between past and present, this mainly thanks to the
electric guitars. In conclusion, “Altrove” is an album that certainly
does not leave a bitter taste in the mouth, and one that attempts to excite on
several fronts, a testament to a professional growth that has now been
acquired. Music for all tastes, not just Prog fans. MS
MAVERICK
PERSONA – In The Name Of NOS
Records / MarraCult / Peyote Genere:
Psichedelico – Krautrock – Jazz - Elettronica Supporto: cd/dg – 2024
E’
bello in tempi moderni imbattersi con artisti che hanno ancora voglia di
ricercare, sperimentare e creare nuove forme di sonorità. Oggi non mancano di
certo gli spunti dai quali attingere, ossia delle ramificazioni strutturali che
possono essere attuate all’uopo. La musica moderna negli anni ci ha fatto
conoscere una sterminata lista di generi e questo potrebbe far pensare che si
sia già detto tutto, o quasi. Il duo brindisino Amerigo Verardi e Matteo
D’Astore (Deje), invece conferma ciò che ho sempre ribadito, ossia che non c’è
limite alla creatività umana se si adoperano i riferimenti del passato
amalgamandoli con la propria personalità. Il progetto da loro formato chiamato
Maverick Persona, è come un fiume in piena, tanto da fargli realizzare due
album in uno stretto lasso di tempo. “In
The Name Of” è il secondo disco da studio dopo “What Tomorrow?”, ed è quasi un
concept album in cui si parla di coscienza e di un ragazzo vissuto in una
società futuribile quantomeno marcia. Il protagonista tenta di ribellarsi con
l’amore ma anche attraverso la violenza che lo porterà inesorabilmente a essere
una vittima sacrificale. Difficile
trovare un vero e proprio punto di riferimento stilistico, uno spettro ad ampio
raggio che colpisce l’Elettronica, il Pop, il Jazz, il Krautrock, la
Psichedelia,Trip-Hop e molto altro ancora! Capita molto spesso
in casi analoghi che il prodotto finale sia un’accozzaglia di suoni dai quali
se ne esce solo con un nulla di fatto, cioè alla fine dell’ascolto non resta in
mente quasi nulla, non è il caso di questo splendido album che inizia con
“Complete The Task”, dove il giovane va in rottura con la famiglia. I sei
minuti colpiscono per determinazione, suoni elettronici, atmosfere
introspettive narrate a due voci in uno stile che potrei definire Punk. Ottimo
il cambio umorale e di tempo nella parte finale in cui la pacatezza della Psichedelia
supportata da un sax, disegna movimenti delicati su cui lasciare andare la
mente. “Somewhere
We Have Landed” richiama i primi Porcupine Tree ma maggiormente arrangiati. La
voce si lascia trasportare da effetti eco e dona profondità all’ascolto
impreziosito anche da un piano. Il protagonista qui si ritrova come in un
pianeta sconosciuto senza punti di riferimento. La phone voice avvicina
ulteriormente il contesto al mondo di Steven Wilson nel brano “Underworld
Conspiracy”, ma attenzione, nella musica dei Maverick Persona mai dare nulla
per scontato, ulteriori mutamenti vi attendono durante l’ascolto. La
title track ha un incedere che potrebbe riportare alla memoria i tempi di Lou
Reed, e credetemi se vi dico che unire il passato con queste sonorità moderne
non è semplice, non serve coraggio, bensì consapevolezza dei propri mezzi per
non cadere nel bizzarro. “Bite
For Freedom” racconta dell’incontro del ragazzo con un nuovo amico, un cane
randagio e affamato, e come cantava il grande Mauro Pelosi, “…e insieme, tutti insieme, andare in giro…
A mordere!”. Sono tutte canzoni che hanno una melodia di fondo che resta in
mente, mentre i suoni rompono con le distanze generazionali. L’elettronica
spopola in “Is It Really All Over?” ma non vorrei rovinare tutte le sorprese
che vi attenderanno durante l’ascolto, per cui mi fermerei qui. L’artwork
cartonato apribile in tre parti e contenente un succoso libretto, è opera della
MTTDRT, mentre le fotografie sono di Enrica Luceri. In conclusione, “In The
Name Of” è un film dal quale non sai cosa attenderti, episodio per episodio le
emozioni cambiano repentinamente e i colpi di scena sono davvero numerosi. Non
a caso Maverick Persona significa “personalità non etichettabile”. Un gran
disco professionale! Solo
complimenti. MS
Versione Inglese:
MAVERICK PERSONA - In The Name Of NOS Records / MarraCult / Peyote Genre: Psychedelic - Krautrock - Jazz - Electronic Support: cd/dg - 2024
It is nice in modern times to come across artists who
still have a desire to research, experiment and create new forms of sound.
Today there is certainly no shortage of cues from which to draw, that is,
structural ramifications that can be implemented for the purpose. Modern music
over the years has introduced us to an endless list of genres, and this might
suggest that everything, or almost everything, has already been said. The
Brindisi-based duo Amerigo Verardi and Matteo D'Astore (Deje), on the other
hand, confirms what I have always reiterated, which is that there is no limit
to human creativity if you employ references from the past by blending them
with your own personality. The project they formed called Maverick Persona, is
like a river in flood, so much so that they made two albums in a narrow span of
time. “In The Name Of” is their second studio album after
‘What Tomorrow?’ and is almost a concept album in which they talk about
conscience and a boy living in a futuristic society that is at least rotten.
The protagonist attempts to rebel through love but also through violence that
will inexorably lead him to be a sacrificial victim. Difficult to find a real stylistic reference point, a
wide-ranging spectrum that hits the Electronic, Pop, Jazz, Krautrock,
Psychedelia, Trip-Hop and much more! It happens very often in similar cases
that the final product is a jumble of sounds from which one only comes out with
nothing, that is, at the end of the listening hardly anything remains in one's
mind.This is not the case with this splendid album, which begins with “Complete
The Task”, where the young man goes on a break with his family. The six minutes
strike for determination, electronic sounds, introspective atmospheres narrated
in two voices in a style I could call Punk. Excellent is the mood and tempo
change in the final part where the calmness of Psychedelia supported by a sax,
draws delicate movements on which to let the mind go. “Somewhere We Have Landed” recalls early Porcupine Tree
but more arranged. The vocals are carried away by echo effects and give depth
to the listening also embellished by a piano. The protagonist here finds
himself as if on an unfamiliar planet with no points of reference. The phone
voice brings the context even closer to the world of Steven Wilson in the track
“Underworld Conspiracy”, but beware, in the music of Maverick Persona never
take anything for granted, further changes await you during the listening. The title track has a pacing that might bring back
memories of the days of Lou Reed, and believe me when I tell you that combining
the past with these modern sounds is not easy, it does not take courage, but
rather awareness of one's own means in order not to fall into the bizarre. “Bite For Freedom” tells of the boy's encounter with a
new friend, a stray and hungry dog, and as the great Mauro Pelosi sang, ”...and
together, all together, go around... To bite!”. These are all songs that have
an underlying melody that lingers in the mind, while the sounds break with
generational distances. Electronics pop in “Is It Really All Over?” but I would
not want to spoil all the surprises that await you while listening, so I would
stop here. The three-part opening hardback artwork, containing a
juicy booklet, is by MTTDRT, while the photographs are by Enrica Luceri. In
conclusion, “In The Name Of” is a film from which you do not know what to
expect, episode by episode the emotions change abruptly and the twists and
turns are really numerous. It is no coincidence that Maverick Persona means
“unlabelable personality”. A great professional record! Only kudos. MS
VITTORIO NISTRI – FILIPPO PANICHI -
Vittorio Nistri / Filippo Panichi Snowdonia dischi Genere: Musica da camera
psichedelica / Elettronica sperimentale Supporto: cd / 2 lp – 2024
Colui
che ha l’epiteto d’artista è a mio modo di pensare uno spirito libero, dove la
ricerca di un’espressività con cui esporre la propria arte è in continuo
mutamento. C’è chi nella musica trova la formula giusta e si ferma li, e chi
invece muta secondo quello che sente di esprimere in quel determinato istante.
Gli stili, o per meglio dire i generi, non sono importanti quando si hanno le
idee chiare. Questo per me è il comportamento di un vero artista. Se
poi nel rafforzare il concetto sonoro ricorre ulteriormente a uno studio
dell’artwork quantomeno esaustivo e bello da visionare, allora siamo nel campo
della perfezione. Non
ricordo da quanto tempo mi sono imbattuto in un supporto vinilico così
particolareggiato e curato come nel caso del duo Vittorio Nistri, Filippo
Panichi. Avrete
già conosciuto la professionalità di Nistri messa a disposizione di moltissimi
artisti e progetti, fra i quali posso nominare Deadburger Factory, Deadburger,
Ossi, Maisie, Claudio Milano, Forbici di Manitù, St.Ride, Danseur Boxeur, Overload,
il tutto sguazzando a proprio piacimento in diversi ambienti, anche molto distanti
fra di loro. Oggi assieme al chitarrista sperimentatore elettroacustico Filippo
Panichi, si getta in una nuova sfida relegata a un sound privo di batteria e
basso, in sostanza non prettamente Rock, dove la Psichedelia si sposa con la
musica da camera e l’elettronica. L’artwork
è opera di un lavoro collettivo fra Beppe Stasi, autore della copertina e di
altri dipinti contenuti all’interno, e Gabriele Menconi, curatore della grafica
e del progetto visuale. La foto che ritrae i due protagonisti in suolo alieno
(in provincia di Grosseto) è di Panichi stesso, mentre tutte le altre sono
realizzate da Lorenzo Desiati, Nistri e Panichi. Inoltre all’interno risiedono
tutte le mappature delle strumentazioni brano per brano oltre agli esecutori. La
genesi dell’album proviene da un resoconto di un periodo oscuro vissuto da
entrambi i protagonisti, i quali hanno subito stress oltre che problemi di
salute. Il messaggio è: “Nonostante tutto, c’è uno spiraglio di luce e bellezza
mentre si sta attraversando una distesa di ghiaccio sottile”. Nel
realizzare i nove brani che compongono l’opera, il duo si avvale della
partecipazione di un quintetto cameristico, Silvia Bolognesi (contrabbasso),
Giulia Nuti (viola), Enrico Gabrielli (clarinetto, sax), Pietro Horvath
(violoncello) e Edoardo Baldini (trombone). La
ricerca strumentale e strutturale a cui si attengono è immediatamente evidente
in “Il Faro Di Schrodinger”, musica evocativa realizzata attraverso
strumentazioni come il Lyra-8, synth analogico con otto oscillatori.
L’approccio mi ricorda l’inizio carriera dell’indimenticato Franco Battiato.
Stupisce altresì il suono che “La Risacca Dell’Alba” riesce a realizzare, tutto
questo grazie ad un rivelatore di ultrasuoni che Filippo chiama scherzosamente
Pipistrellator! Esso capta particolari frequenze prodotte per esempio da un
cellophane oppure da un pacchetto di sigarette stropicciato, in più l’Enner,
altro synth analogico futurista a forma di tavolozza di pittore con pads
incorporati. Il risultato ha un fascino assolutamente unico, dove le atmosfere
scaturite si legano perfettamente con l’uso degli archi. Le
sensazioni immaginifiche proseguono con “Maya Deren Blues”, questa volta esiste
un andamento cadenzato e una melodia di fondo impreziosita da un arrangiamento
creato attraverso un dissipatore di un vecchio computer Pentium II. Questa
Psichedelia moderna ha pochi punti di riferimento (a parte qualche ricercatore
nel Krautrock), in qualche maniera per dare un punto di riferimento, posso
citare alcuni passaggi dei Porcupine Tree periodo anni ’90. “Pipistrelli
Sul Frigorifero” potrebbe soggiornare nella discografia dei Kraftwerk, mentre
un suono di tastiere stende una melodia di base nel brano “Segreti”. Qui il
corpo diventa musica attraverso le mani dell’esecutore che toccano i pads in
maniera simultanea e grazie all’umidità della pelle, la corrente a basso
voltaggio attraversa il corpo mutando il suono. Quest’approccio mi ricorda quello
che gli Area facevano dal vivo negli anni ’70 stendendo il cavo del synth di
Fariselli nelle mani del pubblico durante i concerti. Il risultato è quantomeno
affascinante. “Sheriff
In Tiraspol” pur non avendo una ritmica vera, ha un orientamento decisamente
Rock, oltre un ottimo arrangiamento di fiati. “La Costante Elastica” riconduce
l’ascolto in meandri della mente attraverso suoni creati da Filippo stesso con
uno strumento chiamato “Mollofono” dove molle elettrificate elargiscono
frequenze poi raggiunte dal suono di percussioni effettuate su una ringhiera in
acciaio inox. Tutto questo su una musica da camera di base. “Giulietta
Sotto Spirito” è ipnotica, in bilico fra l’inquietante e il giocoso. A
concludere “Prove Tecniche Di Solitudine”, brano malinconico e toccante dove
gli archi vibrano assieme all’anima dell’ascoltatore. L'album
esce sia in vinile (doppio inciso su tre lati) che in cd (digipack tre ante), in
entrambi i casi, con corposo booklet tipo libro d'arte e tagliando per il
download. Qui non c’è AI, ma l’insostituibilità dell’artista, e spero che tutto
questo faccia riflettere molti di voi sulla validità di chi ama fare progetti
con tutto il proprio cuore e la mente. Mi piace ancora credere che l’uomo
moderno sia al centro della propria vita, in un periodo come questo non
soffochiamo i sogni, ma supportiamoli! Grazie Nistri e Panichi per questa
lezione. MS
Versione Inglese:
VITTORIO
NISTRI - FILIPPO PANICHI - Vittorio Nistri / Filippo Panichi Snowdonia records Genre: Psychedelic Chamber Music / Experimental
Electronics Support: cd / 2 lp - 2024
He who has the epithet of artist is to my way of
thinking a free spirit, where the search for an expressiveness with which to
expose one's art is constantly changing. There are those who find the right formula
in music and stop there, and those who change according to what they feel they
are expressing at that particular moment. Styles, or rather genres, are not
important when one has clear ideas. This to me is the behavior of a true
artist. If then in reinforcing the sonic concept he further
resorts to a study of artwork that is at least exhaustive and beautiful to
view, then we are in the realm of perfection. I cannot remember how long it has been since I have
come across a vinyl medium as detailed and polished as in the case of the duo
Vittorio Nistri, Filippo Panichi. You will have already known Nistri's professionalism
put at the disposal of many artists and projects, among which I can name
Deadburger Factory, Deadburger, Ossi, Maisie, Claudio Milano, Forbici di
Manitù, St.Ride, Danseur Boxeur, Overload, all wallowing at will in different
environments, even very distant from each other. Today together with electroacoustic
experimentalist guitarist Filippo Panichi, he throws himself into a new
challenge relegated to a sound devoid of drums and bass, in essence not purely
Rock, where Psychedelia marries chamber music and electronics. The artwork is a collective effort between Beppe
Stasi, author of the cover and other paintings contained inside, and Gabriele
Menconi, curator of the graphics and visual design. The photo depicting the two
protagonists in alien soil (in the province of Grosseto) is by Panichi himself,
while all others are by Lorenzo Desiati, Nistri and Panichi. Also inside reside
all the mappings of the instrumentation track by track as well as the
performers. The genesis of the album comes from an account of a
dark period experienced by both protagonists, who suffered stress as well as
health problems. The message is, “In spite of everything, there is a glimmer of
light and beauty while going through an expanse of thin ice”. In creating the nine pieces that make up the work, the
duo is joined by a chamber quintet, Silvia Bolognesi (double bass), Giulia Nuti
(viola), Enrico Gabrielli (clarinet, sax), Pietro Horvath (cello) and Edoardo
Baldini (trombone). The instrumental and structural research they adhere
to is immediately evident in “Il Faro Di Schrodinger,” evocative music made
through instrumentation such as the Lyra-8, an analog synth with eight
oscillators. The approach reminds me of the early career of the unforgettable
Franco Battiato. Also astonishing is the sound that “La Risacca Dell'Alba” manages
to achieve, all thanks to an ultrasonic detector that Filippo jokingly calls
Pipistrellator! It picks up particular frequencies produced by, for example,
cellophane or a crumpled cigarette packet, plus the Enner, another futuristic
analog synth in the shape of a painter's palette with built-in pads. The result
has an utterly unique charm, where the atmospheres sprung tie in perfectly with
the use of strings. The imaginative sensations continue with “Maya Deren
Blues”, this time there is a cadenced tempo and an underlying melody
embellished by an arrangement created through a heatsink of an old Pentium II
computer. This Modern Psychedelia has few points of reference (apart from a few
seekers in Krautrock), somehow to give a point of reference, I can mention some
passages from the Porcupine Tree 90s period. “Pipistrelli Sul Frigorifero” could stay in the
discography of Kraftwerk, while a keyboard sound lays down a basic melody in
the track ”Secrets”. Here, the body becomes music through the performer's hands
touching the pads simultaneously, and through the skin's moisture, low-voltage
current flows through the body mutating the sound. This approach reminds me of
what Area used to do live in the 1970s by stretching Fariselli's synth cable
into the hands of the audience during concerts. The result is at least
fascinating. “Sheriff In Tiraspol” while not having a true rhythm,
has a decidedly Rock orientation, as well as an excellent wind arrangement. “La
Costante Elastica” leads the listener back into meanderings of the mind through
sounds created by Philip himself with an instrument called ‘Mollocophone’ where
electrified springs bestow frequencies then reached by the sound of percussion
made on a stainless steel railing. All this over basic chamber music. “Giulietta Sotto Spirito” is hypnotic, hovering
between the eerie and the playful. To conclude “Prove Tecniche Di Solitudine” a
melancholy and touching track where the strings vibrate along with the
listener's soul. The album is released both on vinyl (double-engraved
on three sides) and on CD (three-sided digipack), in both cases, with
full-bodied art book-like booklet and download coupon. There is no AI here, but
the irreplaceability of the artist, and I hope all this makes many of you
reflect on the validity of those who like to make projects with all their
hearts and minds. I still like to believe that the modern man is at the center
of his own life, in a time like this let us not stifle dreams, but support
them! Thank you Nistri and Panichi for this lesson. MS
WHITE
CIRCLE PROJECT - Close Your Eyes And See Your Ghosts Autoproduzione Genere: Progressive Rock Supporto: cd / Bandcamp – 2024
La
musica intensa ed evocativa è sempre un piacere ascoltarla, qualunque sia il
contesto o il genere in cui è catalogata.
Di recente ne ho un ottimo esempio con il debutto della band White
Circle Project, ideata dal compositore e tastierista Paolo Pagnani, già attivo
nell’ambito musicale attraverso album solisti e colonne sonore. “Close
Your Eyes And See Your Ghosts” è un disco in cui immergere l’animo e lasciarlo
trasportare dagli eventi, otto canzoni curate dove viene esaminata la psiche
umana attraverso le paure e tutto quello che capita nell’esistenza. Anche i
sogni contribuiscono a questa esamina. La
band è formata da Paolo Pagnani (pianoforte), Claudia Liucci (voce), Alfonso
Mocerino (batteria), e Raffaele Sorrentino (violoncello). A dare un ulteriore
contributo alla riuscita dell’album vengono arruolati special guest che
rispondono ai nomi di Roberto Giangrande (basso), Nicoletta Rosellini (voce),
Zorama (voce), Alessandro Jacobi (basso), e i Circle Coir: Marisa Portolano,
Claudia Liucci, Eric Mormile, Angelo Florio, Paolo Rescigno. La
foto della copertina è di Paolo Liggeri mentre la grafica di Studio 52. Ho
inserito la band White Circle Project nel contesto Progressive Rock e forse
questo non è del tutto esatto, perché nell’ascolto si evincono passaggi nel
Pop, nella musica classica e nel Dark Rock, il tutto rafforzato dalla splendida
voce di Claudia Liucci, bassa quando serve e alta per enfatizzare il contesto. Un
bell’esempio si ha immediatamente all’ascolto del primo brano intitolato
“Shadows”, qui il violoncello dona profondità all’ascolto mentre il piano di
Pagnani rilascia note che difficilmente non si attaccano all’animo dell’ascoltatore.
La sensibilità muta da individuo a individuo, di conseguenza le vibrazioni con
cui viviamo, ma quando una melodia è ben costruita diventa un fatto che
accomuna tutti. L’ascolto
è vivacizzato da “Cathedral On Fire”, pezzo sostenuto inclusivo di velo
malinconico a supporto regalato da Raffaele Sorrentino, qui fanno capolino
anche gli anni ’70 e il connubio posso dire con certezza, non guasta per nulla.
Un piacere perdersi nelle vocalità di Liucci. “Tra
Il Letto E L’Orologio” è cantata da Zorama, cantautore affermato, non a caso il
brano è delegato alla sua voce in quanto qui si è maggiormente prossimi alla
classica formula canzone. “Strange
Signal” si avvale di Nicoletta Rosellini, altro brano in cui il pianoforte
descrive scale meditative, il tutto a favore di un ritornello che sopraggiunge
con buone coralità di fondo. Denoto alcuni richiami ai Porcupine Tree. “Tulpa’s
Dream” con i suoi sei minuti abbondanti è un altro passaggio sofisticato
nell’animo umano, canzone malinconica di base con un refrain toccante in
crescendo in cui ancora una volta è la voce a dettare le regole. Un altro brano
cantato in italiano è “La Maschera”, dove fa nuovamente scena di se il
cantautorato degli anni ’70. “Connect
With Me” merita un ascolto a occhi chiusi per poterne assaporare la vera
essenza, mentre la chiusura spetta a “Romantic Ending Scene”, nomen omen. Questo
debutto dei White Circle Project è in definitiva una vera e propria coccola
sonora, un prodotto altamente professionale e curato in cui godere delle arie
sempre ammalianti e delicate. MS
Versione Inglese:
WHITE CIRCLE PROJECT - Close Your Eyes And See Your
Ghosts Self-production Genre: Progressive Rock Support: cd / Bandcamp - 2024
Intense and evocative music is always a pleasure to
listen to, no matter what context or genre it is categorized in. I recently have an excellent example of this
with the debut of the band White Circle Project, conceived by composer and
keyboardist Paolo Pagnani, who is already active in the musical sphere through
solo albums and soundtracks. “Close Your Eyes And See Your Ghosts” is a record in
which to immerse the soul and let it be carried away by events, eight curated
songs where the human psyche is examined through fears and everything that
happens in existence. Dreams also contribute to this examination. The band consists of Paolo Pagnani (piano), Claudia
Liucci (vocals), Alfonso Mocerino (drums), and Raffaele Sorrentino (cello).
Further contributing to the success of the album are enlisted special guests
who answer to the names of Roberto Giangrande (bass), Nicoletta Rosellini
(vocals), Zorama (vocals), Alessandro Jacobi (bass), and the Circle Coir:
Marisa Portolano, Claudia Liucci, Eric Mormile, Angelo Florio, and Paolo
Rescigno. Cover photo is by Paolo Liggeri while graphics by
Studio 52. I have placed the band White Circle Project in the
Progressive Rock context and perhaps this is not entirely accurate, because in
the listening there are passages in Pop, classical music and Dark Rock, all
reinforced by Claudia Liucci's wonderful voice, low when needed and high to
emphasize the context. A fine example is immediately apparent when listening
to the first track titled “Shadows”, here the cello lends depth to the
listening experience while Pagnani's piano releases notes that hardly fail to
stick to the listener's soul. Sensitivities change from individual to
individual, consequently the vibrations we live with, but when a melody is well
constructed it becomes a commonality. The listening is enlivened by “Cathedral On Fire”, a
sustained piece inclusive of melancholic veil in support given by Raffaele
Sorrentino, the 70s also peep here and the combination I can say with
certainty, does not spoil at all. A pleasure to get lost in Liucci's vocals. “Tra Il Letto E L'Orologio” is sung by Zorama, an established
singer-songwriter; it is no coincidence that the track is delegated to his
voice as here we are closer to the classic song formula. “Strange Signal” features Nicoletta Rosellini, another
track in which the piano describes meditative scales, all in favor of a refrain
that comes over with good background choruses. I denote some references to
Porcupine Tree. “Tulpa's Dream” with its full six minutes is another
sophisticated passage into the human soul, a basic melancholy song with a
touching crescendo refrain in which once again the voice dictates. Another song
sung in Italian is “La Maschera”, where the songwriting of the 1970s once again
makes a scene. “Connect With Me” deserves a listen with your eyes
closed in order to get a taste of its true essence, while the close falls to
‘Romantic Ending Scene,’ nomen omen. This White Circle Project debut is ultimately a true
sonic pampering, a highly professional and polished product in which to enjoy
the always bewitching and delicate tunes. MS
RAVEN
SAD - Polar Human Circle AMS
Records | BTF Vinyl Magic Genere: Post Prog Moderno Supporto: cd / Bandcamp – 2024
La
creatura del polistrumentista Samuele Santanna ha nel tempo raggiunto connotati
che rasentano la perfezione per quello che concerne il mondo Rock Progressivo
influenzato dai suoni moderni psichedelici di matrice Riverside e Porcupine
Tree. Ne hanno percorsa di strada dal debutto “Quoth” del 2008 attraverso
quattro album che vede il progetto raggiungere nel tempo una vera e propria
formazione di base a cinque elementi. La band oggi composta da Samuele Santanna
(chitarra elettrica, chitarra acustica), Marco Geri (basso), Fabrizio Trinci (piano,
organo, Hammond, synth, voci), Francesco Carnesecchi (batteria), e Gabriele
Marconcini (voce), realizza il quinto album in studio intitolato “Polar Human
Circle”. Le sette tracce che creano il disco, sono frutto di una maturazione
tecnica e artistica notevole, dove il combo sembra aver trovato il proprio
habitat stilistico. L’album vede la partecipazione di Morgana Bartolomei
(cori), Andrea Benassai (pianoforte), Alessandro Drovandi (tromba), e Karoline
Gierymski (speaker). Il
tema trattato nei testi riguarda il lato sociologico dell’essere umano, dove
gli autori si auspicano la salvezza del genere umano che ultimamente sta
percorrendo un percorso quantomeno preoccupante. Durante
gli ascolti si possono anche notare caratteristiche Hard, in cui il suono della
band si approccia a quello dei Queensryche e al Metal Prog in generale, ma soprattutto
al Neo Prog, a testimonianza di una cultura musicale di base quantomeno
considerevole. Il
pianoforte di “Andenes” immerge immediatamente l’ascoltatore in questo viaggio
mentale fatto di armonie delicate e malinconiche. Immaginate i Marillion
approcciarsi nell’Hard sound, mentre la voce di Marconcini è perfetta
narratrice delle arie. Tuttavia la peculiarità del sound Raven Sad deriva dagli
assolo di Santanna, sempre toccanti e prossimi al mondo di David Gilmour (Pink
Floyd). Sale
il ritmo attraverso “When The Summer Collapses Into Fall”, più vicina alla
formula canzone gradevole nell’incedere, mentre la breve e pianistica “Coda: A
Tiny Passage To Outer State” conduce verso atmosfere sognanti infarcite di
sinfonia. Uno
dei momenti più alti del disco s’intitola “Point Nemo (Nautilus Last Voyage)”
il quale attraverso una ritmica pacata sonda i meandri introspettivi che
risiedono dentro ognuno di noi. Toccante il ritornello cantato con molta enfasi,
così il solo finale di tromba in sordina. Torna l’elettricità attraverso “The
Obsidian Mirror”, brano altalenante in un concetto di mordi e fuggi dove ancora
una volta la chitarra di Santanna fa la differenza. “The
Bringer Of Light” mostra i muscoli approcciandosi al mondo dei Queensryche
periodo “Promised Land”, anche per quello che concerne il criterio vocale. E si
giunge al piatto grosso con la suite finale di quasi ventisette minuti
intitolata “Polar Human Circle”, suddivisa in sei movimenti, qui c’è il sunto
del DNA Raven Sad di oggi. Una scorpacciata di suoni curati e di cambi umorali
che faranno sicuramente la gioia di ogni ascoltatore di Progressive Rock. Il
merito di quest’album risiede nell’aver dato corposità e identità al genere
facendone una sorta di riassunto, amalgamando il tutto con personalità e
ricerca per la melodia. Un disco da gustare centellinatamene, come un buon
bicchiere di vino per assaporarne ogni minima sfumatura. Non preoccupatevi,
verrà tutto naturale, tanto è gradevole. MS
Versione Inglese:
RAVEN SAD - Polar Human Circle AMS Records | BTF Vinyl Magic Genre: Modern Post Prog Support: cd / Bandcamp - 2024
The creature of multi-instrumentalist Samuele Santanna
has over time achieved connotations bordering on perfection when it comes to
Progressive Rock influenced by modern psychedelic sounds of Riverside and
Porcupine Tree matrix. They have come a long way since their 2008 debut “Quoth”
through four albums that sees the project reach a true five-piece core lineup
over time. The band now consisting of Samuele Santanna (electric guitar,
acoustic guitar), Marco Geri (bass), Fabrizio Trinci (piano, organ, Hammond,
synth, vocals), Francesco Carnesecchi (drums), and Gabriele Marconcini
(vocals), makes their fifth studio album entitled “Polar Human Circle.” The
seven tracks that create the album, are the result of a remarkable technical
and artistic maturation, where the combo seems to have found its stylistic
habitat. The album features Morgana Bartolomei (backing
vocals), Andrea Benassai (piano), Alessandro Drovandi (trumpet), and Karoline
Gierymski (speaker). The theme dealt with in the lyrics concerns the
sociological side of the human being, where the authors hope for the salvation
of mankind, which lately has been going down a troubling path to say the least. During listening one can also notice Hard
characteristics, in which the band's sound approaches that of Queensryche and
Metal Prog in general, but especially Neo Prog, testifying to a basic musical
culture that is at least considerable. The piano of “Andenes” immediately immerses the
listener in this mental journey of delicate and melancholic harmonies. Imagine
Marillion approaching in the Hard sound, while Marconcini's voice is perfect
narrator of the tunes. However, the peculiarity of the Raven Sad sound comes
from Santanna's solos, always touching and close to the world of David Gilmour
(Pink Floyd). The pace picks up through “When The Summer Collapses
Into Fall”, closer to the formula song pleasant in its pacing, while the short,
piano-driven “Coda: A Tiny Passage To Outer State” leads toward dreamy
atmospheres infused with symphony. One of the album's high points is titled “Point Nemo
(Nautilus Last Voyage)” which through a calm rhythmic beat probes the
introspective meanderings that reside within each of us. Touching is the chorus
sung with much emphasis, so is the muted final trumpet solo. Electricity returns
through “The Obsidian Mirror”, a swinging track in a biting concept where once
again Santanna's guitar makes the difference. “The Bringer Of Light” shows its muscles by
approaching the world of Queensryche's ‘Promised Land’ period, also in terms of
vocal criteria. And we come to the big plate with the final suite of almost
twenty-seven minutes entitled “Polar Human Circle”, divided into six movements,
here is the summary of today's Raven Sad DNA. A scorcher of curated sounds and
mood shifts that will surely delight any Progressive Rock listener. The merit of this album lies in giving body and
identity to the genre by making it a kind of summary, blending it all with
personality and a search for melody. An album to be enjoyed sparingly, like a
good glass of wine to savor every little nuance. Don't worry, it will come
naturally, so pleasant is it. MS
BLACKSMITH
TALES – Pathway To The Hamlet’s Mill Immaginifica Genere: Metal Progressive Supporto: cd – 2024
In
Italia il Metal Progressive prosegue il dignitoso cammino, sempre fra le
notorie difficoltà in quanto considerato dai più un genere incongruente, dove
resta loro difficile unire le sonorità “colte” con l’Heavy Metal. Personalmente
invece la ritengo una musica ricca di colori e colpi di scena, dove le
composizioni lasciano adito a vari stili, frangenti vigorosi ed epici
intervallati da innesti Folk, classici, acustici e chi più ne ha più ne metta.
Qui si entra nel campo dei gusti personali, intendiamoci, questa disamina non
ha certo le intenzioni di convincere nessuno di voi, ma resta soltanto una
semplice considerazione dei fatti. In poche parole, un ascolto misto in cui
trarre molti spunti interessanti. I
friulani Blacksmith Tales conoscono bene il genere, avendo nel proprio
background ascolti di band come Rush, Genesis, Pink Floyd, Kansas, Gentle Giant
e Dream Theater. Si formano negli anni ’90 da un’idea del tastierista David Del
Fabro e rilasciano nel 2021 l’ottimo “The Dark Presence”, un disco che subito
mette d’accordo la critica e il pubblico lasciandosi alle spalle numerose attese
riguardo alla carriera di questa band a oggi formata da Stefano Sbrignadello
(voce), Simone Morettin (batteria), Beatrice Demori (voce), Marco Falanga (chitarre,
basso), Luca Zanon (tastiere, synth), e David Del Fabro (pianoforte). Così
narrano le note comunicative di “Pathway To The Hamlet’s Mill”: “Tema e filo conduttore dell'album è il libro
Il Mulino di Amleto, che tratta in modo rivoluzionario il mito in quanto forma
di perpetuazione delle conoscenze degli antichi e della struttura del tempo. Un tempo non più lineare e
consequenziale ma scandito da cicli e fatalità scritti nel cielo (Dance of the
Stars), in un vortice che ritorna su se stesso e macina il tempo (Key to the
Temple)”. L’album
inizia attraverso nove minuti abbondanti di enfasi, un mix di Prog e Metal
equilibrato, senza che uno prevalici su l’altro. Le tastiere sono in evidenza,
anche il piano, da qui si può intuire l’intenzione del titolo “Hamlet’s Mill
Ouverture” quantomeno solenne. La voce di Sbrignadello è ottima interprete
senza mai cercare il passo più lungo della gamba. Un velo di medioevo aleggia
fra le note del pentagramma. In “Key To The Temple”, la voce maschile si
alterna a quella di Beatrice Demori e per tornare sul discorso del passato che
fu, ci pensa il violino ad arrangiare il brano al meglio. Epico ma in maniera
Prog! Esiste
anche una canzone cantata in italiano e si chiama “C’è Casa a 30 Miglia”, qui
il Folk è maggiormente presente. Suono
di clavicembalo apre “The Flame Within”, in cui alcuni fraseggi mi richiamano
la storica band Shadow Gallery, questo per chi li dovesse già conoscere. Resto
piacevolmente colpito dall’assolo centrale di tastiere. L’altalenarsi di
movimenti vigorosi con altri riflessivi, mettono in evidenza la buona capacità
ritmica della band, rodata e oliata al punto giusto. Se invece volete testare
le qualità pianistiche di Del Fabro, allora ascoltatevi i quasi due minuti di
“Interlude: A Guide Through The Path”. Uno dei pezzi più completi e
interessanti dell’album è “Descent Of God” il cui punto di forza risiede nel
mutare il cantato dal maschile al femminile compreso di narrato, e soprattutto
nelle trame strumentali, sempre energiche e comunque piene di storia. Splendida
“The Pendulum” per poi concludere con il Folk Metal di “Dance Of The Stars” e
vi sfido a rimanere fermi durante l’ascolto. IBlacksmith
Tales ci hanno raccontato un'altra fiaba, e noi ci abbiamo creduto, tanto
quanto è sembrata reale! MS
Versione Inglese:
BLACKSMITH TALES - Pathway To The Hamlet's Mill Immaginifica Genre: Progressive Metal Support: cd - 2024
In Italy Progressive Metal continues the decent path,
always among the notorious difficulties as it is considered by most an
incongruent genre, where it remains their difficult to combine “cultured”
sounds with Heavy Metal. Personally, on the other hand, I consider it a music
full of colors and twists, where the compositions give way to various styles,
vigorous and epic bangs interspersed with Folk, classical, acoustic grafts and
you name it. Here we enter the realm of personal taste, mind you, this examination
certainly has no intentions of convincing any of you, but it remains only a
simple consideration of the facts. In short, a mixed listen in which to draw
many interesting insights. The Friulian Blacksmith Tales know the genre well,
having in their background listening to bands such as Rush, Genesis, Pink
Floyd, Kansas, Gentle Giant and Dream Theater. They were formed in the 1990s
from an idea of keyboardist David Del Fabro and released in 2021 the excellent
“The Dark Presence”, a record that immediately agreed with critics and
audiences, leaving behind many expectations regarding the career of this band
to date consisting of Stefano Sbrignadello (vocals), Simone Morettin (drums),
Beatrice Demori (vocals), Marco Falanga (guitars, bass), Luca Zanon (keyboards,
synth), and David Del Fabro (piano). Thus narrate the communicative notes of “Pathway To The Hamlet's Mill”: “The theme
and thread of the album is the book Hamlet's Mill, which deals in a
revolutionary way with myth as a form of perpetuating the knowledge of the
ancients and the structure of time. A
time that is no longer linear and consequential but marked by cycles and
fatalities written in the sky (Dance of the Stars), in a vortex that returns
upon itself and grinds time (Key to the Temple).” The album begins through nine full minutes of emphasis,
a balanced mix of Prog and Metal, without one overpowering the other. The
keyboards are prominent, even the piano, from here one can guess the intention
of the title “Hamlet's Mill Overture” at least solemn. Sbrignadello's voice is
excellently interpreted without ever trying to go the extra mile. A veil of
middle age hovers between the notes on the staff. In “Key To The Temple”, the
male voice alternates with that of Beatrice Demori, and to return to the
discourse of the past that was, the violin takes care of arranging the song as
best it can. Epic but in a Prog way! There is also a song sung in Italian and it is called
“C'è Casa a 30 Miglia”, here the Folk is more present. Sound of harpsichord opens “The Flame Within”, in
which some phrasing reminds me of the historic band Shadow Gallery, this for
those who might already know them. I am pleasantly impressed by the central
keyboard solo. The alternation of vigorous movements with reflective ones
highlights the band's good rhythmic ability, broken-in and oiled to the right
degree. If, on the other hand, you want to test Del Fabro's piano qualities,
then listen to the nearly two-minute “Interlude: A Guide Through The Path”. One
of the most complete and interesting pieces on the album is “Descent Of God”,
whose strength lies in the shifting of the singing from male to female
including narration, and especially in the instrumental textures, which are
always energetic and yet full of story. Splendid “The Pendulum” then concludes
with the Folk Metal of “Dance Of The Stars” and I challenge you to stay still
while listening. Blacksmith Tales told us another fairy tale, and we
believed it, as much as it felt real! MS
THE
WINSTONS – Third Baobab
Music Genere:
Post Prog Moderno / Canterbury Supporto: cd / vinile – 2024
Per
nostra fortuna, ancora nel 2024 esistono gruppi non facili da collocare stilisticamente,
tanto è variegata la proposta. Solitamente s’inserisce il tutto nel termine
Progressive Rock, ed è proprio per questo che negli anni si è generata
confusione, perché la moda cambia, la tecnologia cambia (comprese le
strumentazioni) dando vita a nuove sonorità, per cui una band odierna che suona
qualcosa di tendenzialmente sperimentale non sarà mai uguale per esempio al
suono anni ‘70 dei Genesis, o dei Gentle Giant, King Crimson etc. pur magari
mantenendone alcune peculiarità. Manca anche il contesto sociale in cui
inserirla, quindi ho ritenuto opportuno creare il termine Post Prog Moderno,
per tracciare una linea con il passato. Per maggiori approfondimenti potete
leggere proprio il mio libro “Post Prog Moderno” (Arcana). Il
trio milanese The Winstons esordisce discograficamente nel 2016 con l’ottimo
album “The Winstons”, tendenzialmente avvicinabile al sound della Scuola di
Canterbury, per poi realizzare altri due album “The Winstons & EdMsC:
Pictures At An Exhibition” (2017) e “Smith” (2019). Un trittico davvero forte
in cui si apprezza l’evoluzione artistica affrontata in un arco di pochi anni.
Ne servono invece quasi sei per dare alla luce un nuovo disco in studio, ma non
che la band in questo lasso di tempo si sia adagiata sugli allori, le date live
sono state numerose e proficue, collaborando anche con personaggi importanti
del calibro di Afterhours, Calibro 35, Pj Harvey e Iggy Pop, per far capire il
livello cui sono giunti. “Third” è proprio il risultato di un grande viaggio
realizzato in tappe tra Milano e Londra. Se ascoltate il brano iniziale “Break
The Seal”, capirete cosa intendevo con la frase non facili da collocare stilisticamente, un mix incredibile di
sonorità, stili, cambi umorali da far sembrare dodici minuti un breve lasso di
tempo. Per fare un confronto parossistico potrei nominare questo pezzo il “Bohemian
Rhapsody” dei The Winstons. Molte le influenze Beatles, specialmente nel
cantato e nell’incedere di alcuni frangenti, e non vi nascondo che per me la
recensione potrebbe terminare anche qui, in quanto questo brano da solo vale il
prezzo di tutto il disco. Il
Canterbury Sound fa capolino di tanto in tanto, anche nell’allegra “Check It
Out”, gli arrangiamenti di fiati oltre alle coralità si sposano alla perfezione
con l’incedere cadenzato del movimento base. “Song For Mark” ha reminiscenze
Pinkfloydiane anni ’70 durante gli arpeggi della chitarra acustica, una ballata
gentile dai riflessi psichedelici, un salto negli anni ’70. La faccenda prende
ancora una piega maggiore al riguardo con “Abie”, tanto da sembrare un pezzo
uscito dalla discografia di Syd Barrett influenzato dai Beatles. Roberto
Dell'Era (voce, basso, chitarra, piano), Lino Gitto (voce, batteria), ed Enrico
Gabrielli (voce, tastiere) alzano ulteriormente il tiro nei dodici minuti di “Vinegar
Way”, una composizione che farà la gioia di chi ha amato gli anni ’70 e ’60.
Ancora una volta gli arrangiamenti fanno la differenza, flauto compreso. “Never
Never Never” tiene la ritmica attraverso il piano in stile Supertramp ed è una
canzone davvero molto orecchiabile. Giocosi anche i tre minuti di “Winstonland”,
in pieno territorio Beatles, per poi giungere alla breve e conclusiva “Hugging Himself
In The Dark Of The Park”, dove la rumoristica descrive in pieno le sensazioni
che si provano la notte all’interno di un parco. Saranno
serviti sei anni, ma questo “Third” appaga in pieno la lunga attesa, un disco
in cui durante l’ascolto sarà difficile stancarsi. Quando la musica è fatta con
professionalità e passione, servono poche parole. MS
Versione Inglese:
THE WINSTONS - Third Baobab Music Genre: Modern Post Prog / Canterbury Support: cd / vinyl - 2024
Fortunately for us, still in 2024 there are bands that
are not easy to place stylistically, so varied is the proposal. Usually it all
fits into the term Progressive Rock, and that is precisely why confusion has
been generated over the years, because fashion changes, technology changes
(including instrumentation) giving rise to new sounds, so a band today that plays
something with a tendency to be experimental will never be the same as for
example the 70s sound of Genesis, or Gentle Giant, King Crimson etc. while
perhaps retaining some peculiarities. It also lacks the social context in which
to place it, so I thought it appropriate to create the term Modern Post Prog,
to draw a line with the past. For more details you can read just my book “Post
Prog Modern” (Arcana). Milan-based trio The Winstons made their discographic
debut in 2016 with the excellent album “The Winstons”, which tended to be close
to the Canterbury School sound, and then released two more albums “The Winstons
& EdMsC: Pictures At An Exhibition” (2017) and “Smith” (2019). A really
strong triptych in which one appreciates the artistic evolution tackled in a
span of a few years. On the other hand, it takes almost six to give birth to a
new studio album, but not that the band during this time has rested on its
laurels, the live dates have been numerous and fruitful, even collaborating
with the likes of Afterhours, Calibro 35, Pj Harvey and Iggy Pop, to make you
understand the level they have reached. “Third” is precisely the result of a
great journey made in stages between Milan and London. If you listen to the
opening track “Break The Seal”, you'll understand what I meant by the phrase
not easy to place stylistically, an incredible mix of sounds, styles, mood
shifts to make twelve minutes seem like a short span of time. To make a
paroxysmal comparison I could name this piece the “Bohemian Rhapsody” of The
Winstons. There are many Beatles influences, especially in the singing and the
pacing of some of the junctures, and I won't hide from you that for me the
review could end here as well, as this track alone is worth the price of the
whole record. The Canterbury Sound peeps in from time to time, even
in the upbeat “Check It Out”, the wind arrangements in addition to the chorales
blend perfectly with the cadenced pacing of the basic movement. “Song For Mark”
has 70s Pinkfloydian reminiscences during the acoustic guitar arpeggios, a
gentle ballad with psychedelic overtones, a jump back to the 70s. Matters take
yet a greater turn in this regard with “Abie,” so much so that it sounds like a
piece out of Syd Barrett's Beatles-influenced discography. Roberto Dell'Era (vocals, bass, guitar, piano), Lino
Gitto (vocals, drums), and Enrico Gabrielli (vocals, keyboards) raise the bar
even further in the twelve-minute “Vinegar Way”, a composition that will
delight those who loved the '70s and '60s. Once again the arrangements make the
difference, including flute. “Never Never Never” keeps the rhythm through the
piano in Supertramp style and is a very catchy song indeed. Playful, too, is the
three-minute “Winstonland,” in full Beatles territory, and then comes the
short, closing “Hugging Himself In The Dark Of The Park”, where the noisemaking
fully describes the feelings one gets at night inside a park. It may have taken six years, but this “Third” fully
satisfies the long wait, a record in which while listening it will be difficult
to get tired. When music is made with professionalism and passion, few words
are needed. MS