Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO

Libri ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 - 2013 - METAL PROGRESSIVE ITALIANO
La storia dei generi enciclopedica

mercoledì 6 novembre 2024

Midas Fall

MIDAS FALL -  Cold Waves Divide Us
Monotreme Records
Genere: Post Prog Moderno
Supporto: cd / 2024




La musica l’ascoltiamo con uno stato d’animo ben specifico, qualche volta vogliamo divagarci, divertirci, altre l’adoperiamo come sottofondo mentre sbrighiamo faccende più o meno lavorative, oppure per estraniarci in un momento di relax, questo è il suo grande potere, la malleabilità. Non mancano di certo le scelte, oggi più che mai, dove i generi si sono a loro volta spaccati come un vetro in altri piccoli sottogeneri dalle nuove sonorità. Bene conosce la situazione il Progressive Rock, il quale è così mutato nel tempo tanto da non poter più essere accostato solo al suo glorioso passato. Esiste un limbo in cui le atmosfere elargite conducono verso un mondo malinconico, quasi spettrale, attraverso suoni elettrici che si alternano a passaggi acustici, questi sposano bene alcuni concetti che l’artista del caso vuole approfondire, come l’isolamento societario a cui l’individuo oggi va incontro a causa di una vita frenetica e fredda relegata a personali egoismi. Musica che fa pensare ed emozionare, mirata a un pubblico specifico, preparato mentalmente ad aperture sonore non convenzionali e disposto ad ascoltare più che a sentire, e credetemi se vi dico che c’è molta differenza.
Nel campo si cimentano da anni gli scozzesi Midas Fall, formazione creata nel 2008 dalla cantante e chitarrista Elisabeth Heaton e dalla sua amica Rowan Burn. L’esordio discografico risale al 2010 con il sorprendente “Eleven. Return And Revert”, nel quale spiccano immediatamente le caratteristiche sonore prossime all’indie e al Post Rock. Seguono negli anni altri tre album in studio, tutti di notevole fattura, sino giungere ai nostri tempi con “Cold Waves Divide Us” e un Gothic style più marcato. Si denota uno sviluppo professionale non indifferente, a partire dalla cura per le melodie e i crescendo sonori che sono la carta vincente per questa band oggi formata da Elizabeth Heaton (voce, chitarra, tastiere, synths, batteria), Rowan Burn (chitarra, tastiere, synths, batteria), e Michael Hamilton (basso, synths, batteria). Con il tempo dunque la band manifesta un approccio progressivo maggiore, il quale dona all’ensemble un fascino aggiunto.
“Cold Waves Divide Us” è formato di dieci canzoni e si presenta con la copertina per mano di Steven Pellatt.
E proprio a proposito dei crescendo, l’iniziale “In The Morning We? Il Be Someone Else” ne è immediatamente portavoce. Lo sgocciolare di note del piano lascia successivamente spazio al ruggente Post Rock delle chitarre elettriche, mentre la voce di Elisabeth si esibisce in una prova straziante e perfetta per il contesto. Le carte sono già in tavola. “I Am Wrong” ha un sentore di pessimismo spalmato su una ritmica insistente di fondo, dove i synth disegnano atmosfere eteree. I Midas Fall solo raramente lasciano lo spazio a un raggio di sole, ma quando lo fanno è un tepore che scalda l’anima, “Salt” ne è una prova. Un movimento malinconico e toccante giunge in “In This Avalanche”, piano e violoncello, dove ancora una volta la voce è splendida interprete. L’album scorre su binari dritti, senza cali di tensione per quarantasette minuti di buona musica.
“Cold Waves Divide Us” è una rosa nera, ma non coglietela, lasciatela ancora crescere per goderne la freschezza e il profumo. MS





Versione Inglese:


MIDAS FALL - Cold Waves Divide Us
Monotreme Records
Genre: Modern Post Prog
Support: cd / 2024


We listen to music with a very specific state of mind, sometimes we want to digress, have fun, others we use it as a background while doing more or less work-related chores, or to estrange ourselves in a moment of relaxation, this is its great power, malleability. There is certainly no shortage of choices, now more than ever, where genres have in turn split like glass into other small subgenres with new sounds. Well acquainted with the situation is Progressive Rock, which has changed so much over time that it can no longer be juxtaposed only with its glorious past. There is a limbo in which the atmospheres bestowed lead toward a melancholic, almost ghostly world, through electric sounds that alternate with acoustic passages, these marry well some concepts that the artist of the case wants to explore, such as the societal isolation to which the individual today goes because of a hectic and cold life relegated to personal selfishness. Music that makes you think and emote, aimed at a specific audience, mentally prepared for unconventional sound openings and willing to listen more than hear, and believe me when I say there is a lot of difference.
The Scots Midas Fall, a lineup created in 2008 by singer and guitarist Elisabeth Heaton and her friend Rowan Burn, have been trying their hand in the field for years. They made their recording debut in 2010 with the stunning "Eleven. Return And Revert", in which the sonic characteristics close to indie and Post Rock immediately stand out. Three more studio albums followed over the years, all of remarkable workmanship, until reaching the present time with "Cold Waves Divide Us" and a more pronounced Gothic style. It denotes a not inconsiderable professional development, starting with the care for melodies and sonic crescendos that are the trump card for this band today formed by Elizabeth Heaton (vocals, guitar, keyboards, synths, drums), Rowan Burn (guitar, keyboards, synths, drums), and Michael Hamilton (bass, synths, drums). Over time, therefore, the band manifests a greater progressive approach, which gives the ensemble added appeal.
"Cold Waves Divide Us" consists of ten songs and features a cover art by the hand of Steven Pellatt.
And just on the subject of crescendos, the opening "In The Morning We? Be Someone Else" is an immediate spokesperson for this. The drip of piano notes later gives way to the roaring Post Rock of electric guitars, while Elisabeth's voice gives a heartbreaking and context-perfect performance. The cards are already on the table. "I Am Wrong" has a hint of pessimism smeared over an insistent background rhythm, where synths draw ethereal atmospheres. Midas Fall only rarely give way to a ray of sunshine, but when they do it is a soul-warming warmth, "Salt" is proof of that. A wistful and touching movement comes in "In This Avalanche", piano and cello, where once again the voice is splendid performer. The album flows on straight tracks, with no slumps for forty-seven minutes of good music.
"Cold Waves Divide Us" is a black rose, but do not pluck it, let it still grow to enjoy its freshness and fragrance. MS

 







lunedì 4 novembre 2024

Melting Clock

MELTING CLOCK - Altrove
Black Widow Records
Genere: Post Prog Moderno
Supporto: cd / digital - 2024




E’ oramai evidente a tutti che la scena del Rock Progressivo odierno, quella che io chiamo Post Prog Moderno, sta prendendo sempre più campo. Essa è generalmente formata da influenze anni ‘70 provenienti da gruppi iconici come Pink Floyd, Genesis, King Crimson, etc. miscelate con il sound moderno portato al successo da band come Porcupine Tree, Riverside e Opeth. Non a caso m’imbatto sempre più frequentemente in dischi come questo dei Genovesi Melting Clock, i quali si lasciano trasportare dalla passione per le buone melodie orecchiabili, ma anche dai passaggi strumentali relativamente vigorosi.
La band composta da Sandro Amadei (tastiere), Stefano Amadei (chitarre, bouzouki irlandese), Alessandro Bosca (basso), Simone Caffè (chitarre), Francesco Fiorito (batteria), e Emanuela Vedana (voce), vede sorgere le proprie origini nell’oramai lontano 2001, al Dipartimento di Fisica dell'Università di Genova con l’intento primordiale di suonare cover. I risultati non erano poi così soddisfacenti, tanto da far dire a Alessandro Bosca “Stiamo perdendo il ritmo, ci stiamo sciogliendo come gli orologi di Salvador Dalì”, da qui l’idea di chiamarsi proprio Melting Clock. Inevitabili nel tempo i cambi di line up, sino giungere al 2019 con sulle spalle una buona esperienza dettata da numerose prove e date live, così è la volta del primo album “Destinazioni” (Black Widow), il quale riceve buone recensioni nel web dagli addetti ai lavori.
“Altrove” è il secondo album del 2024, composto da sette tracce di media e lunga durata, come spesso il genere stesso richiede. E a proposito di arte pittorica, la copertina ha un fascino davvero intrigante, colori sul giallo e marrone infondono un velato senso di malinconia, ma è il rosso a colpire maggiormente, come fosse il vero protagonista. Questo è anche il sunto di questa musica, capace di aprire differenti porte nello stato d’animo di chi ascolta.
Sono i sei minuti di “Vernice” a dare un’indicazione sullo stile della band, con il cantato in italiano (questo in tutto l’album) di Vedana, voce pulita, semplice che non tenta mai il passo più lungo della gamba. Funzionale anche il gioco corale voce maschile/femminile. L’andamento si espande in una sorta di Folk antico che si amplifica strada facendo in un suono moderno su un ritornello facile da ricordare.
Seguono “Altrove Pt.1” e “Altrove Pt.2”, la prima è una ballata dolce come la copertina del disco e calda come il suono del basso di Bosca, la seconda è uno strumentale che mette in luce le qualità sia compositive che esecutive della band. Numerosi i richiami ai Genesis, specialmente negli arpeggi.
Il disco prosegue in crescendo con “Il Mondo Al Suo Risveglio”, così il suono che presenta un approccio chitarristico più elettrico in una staffetta fra schiaffo e bacio. Buoni gli assolo strumentali.
“Città Spenta” porge il fianco alla formula canzone soprattutto nel tratto acustico iniziale voce e chitarra.
“Tramonti Di Cenere” alza il ritmo, qui le emozioni si sviluppano maggiormente su differenti scale e soluzioni, uno dei momenti più Prog nel vero senso del termine. Ma la ciliegina sulla torta giunge dalla conclusiva “Endurance”, nove minuti di ottima musica frastagliata da effetti ventosi e parti strumentali in bilico fra passato e presente, questo soprattutto grazie alle chitarre elettriche.
In conclusione, “Altrove” è un disco che di certo non lascia l’amaro in bocca, e che tenta di entusiasmare su più fronti, a testimonianza di una crescita professionale oramai acquisita.
Musica per tutti i gusti, non solo per Prog fans. MS





Versione Inglese:

MELTING CLOCK - Altrove
Black Widow Records
Genre: Modern Post Prog
Support: cd / digital - 2024


It is now obvious to everyone that today's Progressive Rock scene, what I call Modern Post Prog, is gaining momentum. It generally consists of 1970s influences from iconic bands such as Pink Floyd, Genesis, King Crimson, etc. mixed with the modern sound brought to success by bands such as Porcupine Tree, Riverside and Opeth. It is no coincidence that I increasingly come across records like this one by Genovese band Melting Clock, who are carried away by their passion for good catchy melodies, but also relatively vigorous instrumental passages.
The band, composed of Sandro Amadei (keyboards), Stefano Amadei (guitars, Irish bouzouki), Alessandro Bosca (bass), Simone Caffè (guitars), Francesco Fiorito (drums), and Emanuela Vedana (vocals), sees its origins rise in the now distant 2001, at the Physics Department of the University of Genoa with the primordial intent of playing covers. The results were not so satisfactory, so much so that Alessandro Bosca said, “We are losing the rhythm, we are melting like Salvador Dali's clocks”, hence the idea of calling themselves Melting Clock precisely.
Inevitable over time the line up changes, until arriving in 2019 with on their shoulders a good experience dictated by numerous rehearsals and live dates, so it is the turn of the first album “Destinazioni” (Black Widow), which receives good reviews on the web from insiders.
“Altrove” is the second album from 2024, consisting of seven tracks of medium to long duration, as the genre itself often requires. And speaking of pictorial art, the cover has a truly intriguing charm, colors on yellow and brown instill a veiled sense of melancholy, but it is the red that strikes the most, as if it were the real protagonist. This is also the summary of this music, capable of opening different doors in the listener's state of mind.
It is the six minutes of “Vernice” that give an indication of the band's style, with Vedana's singing in Italian (this throughout the album), a clean, simple voice that never tries to get ahead of itself. The male/female vocal choral interplay is also functional. The trend expands into a kind of ancient Folk that amplifies as it goes along into a modern sound over an easy-to-remember refrain.
This is followed by “Altrove Pt.1” and “Altrove Pt.2,” the former a ballad as sweet as the album cover and as warm as Bosca's bass sound, the latter an instrumental that showcases both the compositional and performance qualities of the band. There are numerous references to Genesis, especially in the arpeggios.
The album continues on a crescendo with “Il Mondo Al Suo Risveglio”, so the sound that features a more electric guitar approach in a relay between slap and kiss. Good instrumental solos.
“Città Spenta” lays side by side with the song formula especially in the initial acoustic vocal and guitar section.
“Tramonti Di Cenere” ups the tempo, here the emotions develop more on different scales and solutions, one of the most Prog moments in the true sense of the word. But the icing on the cake comes from the concluding “Endurance”, nine minutes of excellent music jagged with windy effects and instrumental parts poised between past and present, this mainly thanks to the electric guitars.
In conclusion, “Altrove” is an album that certainly does not leave a bitter taste in the mouth, and one that attempts to excite on several fronts, a testament to a professional growth that has now been acquired.
Music for all tastes, not just Prog fans. MS






sabato 2 novembre 2024

Maverick Persona

MAVERICK PERSONA – In The Name Of
NOS Records / MarraCult / Peyote
Genere: Psichedelico – Krautrock – Jazz - Elettronica
Supporto: cd/dg – 2024





E’ bello in tempi moderni imbattersi con artisti che hanno ancora voglia di ricercare, sperimentare e creare nuove forme di sonorità. Oggi non mancano di certo gli spunti dai quali attingere, ossia delle ramificazioni strutturali che possono essere attuate all’uopo. La musica moderna negli anni ci ha fatto conoscere una sterminata lista di generi e questo potrebbe far pensare che si sia già detto tutto, o quasi. Il duo brindisino Amerigo Verardi e Matteo D’Astore (Deje), invece conferma ciò che ho sempre ribadito, ossia che non c’è limite alla creatività umana se si adoperano i riferimenti del passato amalgamandoli con la propria personalità. Il progetto da loro formato chiamato Maverick Persona, è come un fiume in piena, tanto da fargli realizzare due album in uno stretto lasso di tempo.
“In The Name Of” è il secondo disco da studio dopo “What Tomorrow?”, ed è quasi un concept album in cui si parla di coscienza e di un ragazzo vissuto in una società futuribile quantomeno marcia. Il protagonista tenta di ribellarsi con l’amore ma anche attraverso la violenza che lo porterà inesorabilmente a essere una vittima sacrificale.
Difficile trovare un vero e proprio punto di riferimento stilistico, uno spettro ad ampio raggio che colpisce l’Elettronica, il Pop, il Jazz, il Krautrock, la Psichedelia, Trip-Hop e molto altro ancora! Capita molto spesso in casi analoghi che il prodotto finale sia un’accozzaglia di suoni dai quali se ne esce solo con un nulla di fatto, cioè alla fine dell’ascolto non resta in mente quasi nulla, non è il caso di questo splendido album che inizia con “Complete The Task”, dove il giovane va in rottura con la famiglia. I sei minuti colpiscono per determinazione, suoni elettronici, atmosfere introspettive narrate a due voci in uno stile che potrei definire Punk. Ottimo il cambio umorale e di tempo nella parte finale in cui la pacatezza della Psichedelia supportata da un sax, disegna movimenti delicati su cui lasciare andare la mente.
“Somewhere We Have Landed” richiama i primi Porcupine Tree ma maggiormente arrangiati. La voce si lascia trasportare da effetti eco e dona profondità all’ascolto impreziosito anche da un piano. Il protagonista qui si ritrova come in un pianeta sconosciuto senza punti di riferimento. La phone voice avvicina ulteriormente il contesto al mondo di Steven Wilson nel brano “Underworld Conspiracy”, ma attenzione, nella musica dei Maverick Persona mai dare nulla per scontato, ulteriori mutamenti vi attendono durante l’ascolto.
La title track ha un incedere che potrebbe riportare alla memoria i tempi di Lou Reed, e credetemi se vi dico che unire il passato con queste sonorità moderne non è semplice, non serve coraggio, bensì consapevolezza dei propri mezzi per non cadere nel bizzarro.
“Bite For Freedom” racconta dell’incontro del ragazzo con un nuovo amico, un cane randagio e affamato, e come cantava il grande Mauro Pelosi, “…e insieme, tutti insieme, andare in giro… A mordere!”. Sono tutte canzoni che hanno una melodia di fondo che resta in mente, mentre i suoni rompono con le distanze generazionali. L’elettronica spopola in “Is It Really All Over?” ma non vorrei rovinare tutte le sorprese che vi attenderanno durante l’ascolto, per cui mi fermerei qui.
L’artwork cartonato apribile in tre parti e contenente un succoso libretto, è opera della MTTDRT, mentre le fotografie sono di Enrica Luceri. In conclusione, “In The Name Of” è un film dal quale non sai cosa attenderti, episodio per episodio le emozioni cambiano repentinamente e i colpi di scena sono davvero numerosi. Non a caso Maverick Persona significa “personalità non etichettabile”. Un gran disco professionale! Solo complimenti. MS






Versione Inglese:



MAVERICK PERSONA - In The Name Of
NOS Records / MarraCult / Peyote
Genre: Psychedelic - Krautrock - Jazz - Electronic
Support: cd/dg - 2024


It is nice in modern times to come across artists who still have a desire to research, experiment and create new forms of sound. Today there is certainly no shortage of cues from which to draw, that is, structural ramifications that can be implemented for the purpose. Modern music over the years has introduced us to an endless list of genres, and this might suggest that everything, or almost everything, has already been said. The Brindisi-based duo Amerigo Verardi and Matteo D'Astore (Deje), on the other hand, confirms what I have always reiterated, which is that there is no limit to human creativity if you employ references from the past by blending them with your own personality. The project they formed called Maverick Persona, is like a river in flood, so much so that they made two albums in a narrow span of time.
“In The Name Of” is their second studio album after ‘What Tomorrow?’ and is almost a concept album in which they talk about conscience and a boy living in a futuristic society that is at least rotten. The protagonist attempts to rebel through love but also through violence that will inexorably lead him to be a sacrificial victim.
Difficult to find a real stylistic reference point, a wide-ranging spectrum that hits the Electronic, Pop, Jazz, Krautrock, Psychedelia, Trip-Hop and much more! It happens very often in similar cases that the final product is a jumble of sounds from which one only comes out with nothing, that is, at the end of the listening hardly anything remains in one's mind.This is not the case with this splendid album, which begins with “Complete The Task”, where the young man goes on a break with his family. The six minutes strike for determination, electronic sounds, introspective atmospheres narrated in two voices in a style I could call Punk. Excellent is the mood and tempo change in the final part where the calmness of Psychedelia supported by a sax, draws delicate movements on which to let the mind go.
“Somewhere We Have Landed” recalls early Porcupine Tree but more arranged. The vocals are carried away by echo effects and give depth to the listening also embellished by a piano. The protagonist here finds himself as if on an unfamiliar planet with no points of reference. The phone voice brings the context even closer to the world of Steven Wilson in the track “Underworld Conspiracy”, but beware, in the music of Maverick Persona never take anything for granted, further changes await you during the listening.
The title track has a pacing that might bring back memories of the days of Lou Reed, and believe me when I tell you that combining the past with these modern sounds is not easy, it does not take courage, but rather awareness of one's own means in order not to fall into the bizarre.
“Bite For Freedom” tells of the boy's encounter with a new friend, a stray and hungry dog, and as the great Mauro Pelosi sang, ”...and together, all together, go around... To bite!”. These are all songs that have an underlying melody that lingers in the mind, while the sounds break with generational distances. Electronics pop in “Is It Really All Over?” but I would not want to spoil all the surprises that await you while listening, so I would stop here.
The three-part opening hardback artwork, containing a juicy booklet, is by MTTDRT, while the photographs are by Enrica Luceri. In conclusion, “In The Name Of” is a film from which you do not know what to expect, episode by episode the emotions change abruptly and the twists and turns are really numerous. It is no coincidence that Maverick Persona means “unlabelable personality”. A great professional record! Only kudos. MS






venerdì 1 novembre 2024

Vittorio Nistri - Filippo Panichi

VITTORIO NISTRI – FILIPPO PANICHI - Vittorio Nistri / Filippo Panichi
Snowdonia dischi
Genere: Musica da camera psichedelica / Elettronica sperimentale
Supporto: cd / 2 lp – 2024





Colui che ha l’epiteto d’artista è a mio modo di pensare uno spirito libero, dove la ricerca di un’espressività con cui esporre la propria arte è in continuo mutamento. C’è chi nella musica trova la formula giusta e si ferma li, e chi invece muta secondo quello che sente di esprimere in quel determinato istante. Gli stili, o per meglio dire i generi, non sono importanti quando si hanno le idee chiare. Questo per me è il comportamento di un vero artista.
Se poi nel rafforzare il concetto sonoro ricorre ulteriormente a uno studio dell’artwork quantomeno esaustivo e bello da visionare, allora siamo nel campo della perfezione.
Non ricordo da quanto tempo mi sono imbattuto in un supporto vinilico così particolareggiato e curato come nel caso del duo Vittorio Nistri, Filippo Panichi.
Avrete già conosciuto la professionalità di Nistri messa a disposizione di moltissimi artisti e progetti, fra i quali posso nominare Deadburger Factory, Deadburger, Ossi, Maisie, Claudio Milano, Forbici di Manitù, St.Ride, Danseur Boxeur, Overload, il tutto sguazzando a proprio piacimento in diversi ambienti, anche molto distanti fra di loro. Oggi assieme al chitarrista sperimentatore elettroacustico Filippo Panichi, si getta in una nuova sfida relegata a un sound privo di batteria e basso, in sostanza non prettamente Rock, dove la Psichedelia si sposa con la musica da camera e l’elettronica.
L’artwork è opera di un lavoro collettivo fra Beppe Stasi, autore della copertina e di altri dipinti contenuti all’interno, e Gabriele Menconi, curatore della grafica e del progetto visuale. La foto che ritrae i due protagonisti in suolo alieno (in provincia di Grosseto) è di Panichi stesso, mentre tutte le altre sono realizzate da Lorenzo Desiati, Nistri e Panichi. Inoltre all’interno risiedono tutte le mappature delle strumentazioni brano per brano oltre agli esecutori.  
La genesi dell’album proviene da un resoconto di un periodo oscuro vissuto da entrambi i protagonisti, i quali hanno subito stress oltre che problemi di salute. Il messaggio è: “Nonostante tutto, c’è uno spiraglio di luce e bellezza mentre si sta attraversando una distesa di ghiaccio sottile”.
Nel realizzare i nove brani che compongono l’opera, il duo si avvale della partecipazione di un quintetto cameristico, Silvia Bolognesi (contrabbasso), Giulia Nuti (viola), Enrico Gabrielli (clarinetto, sax), Pietro Horvath (violoncello) e Edoardo Baldini (trombone).
La ricerca strumentale e strutturale a cui si attengono è immediatamente evidente in “Il Faro Di Schrodinger”, musica evocativa realizzata attraverso strumentazioni come il Lyra-8, synth analogico con otto oscillatori. L’approccio mi ricorda l’inizio carriera dell’indimenticato Franco Battiato. Stupisce altresì il suono che “La Risacca Dell’Alba” riesce a realizzare, tutto questo grazie ad un rivelatore di ultrasuoni che Filippo chiama scherzosamente Pipistrellator! Esso capta particolari frequenze prodotte per esempio da un cellophane oppure da un pacchetto di sigarette stropicciato, in più l’Enner, altro synth analogico futurista a forma di tavolozza di pittore con pads incorporati. Il risultato ha un fascino assolutamente unico, dove le atmosfere scaturite si legano perfettamente con l’uso degli archi.
Le sensazioni immaginifiche proseguono con “Maya Deren Blues”, questa volta esiste un andamento cadenzato e una melodia di fondo impreziosita da un arrangiamento creato attraverso un dissipatore di un vecchio computer Pentium II. Questa Psichedelia moderna ha pochi punti di riferimento (a parte qualche ricercatore nel Krautrock), in qualche maniera per dare un punto di riferimento, posso citare alcuni passaggi dei Porcupine Tree periodo anni ’90.
“Pipistrelli Sul Frigorifero” potrebbe soggiornare nella discografia dei Kraftwerk, mentre un suono di tastiere stende una melodia di base nel brano “Segreti”. Qui il corpo diventa musica attraverso le mani dell’esecutore che toccano i pads in maniera simultanea e grazie all’umidità della pelle, la corrente a basso voltaggio attraversa il corpo mutando il suono. Quest’approccio mi ricorda quello che gli Area facevano dal vivo negli anni ’70 stendendo il cavo del synth di Fariselli nelle mani del pubblico durante i concerti. Il risultato è quantomeno affascinante.
“Sheriff In Tiraspol” pur non avendo una ritmica vera, ha un orientamento decisamente Rock, oltre un ottimo arrangiamento di fiati. “La Costante Elastica” riconduce l’ascolto in meandri della mente attraverso suoni creati da Filippo stesso con uno strumento chiamato “Mollofono” dove molle elettrificate elargiscono frequenze poi raggiunte dal suono di percussioni effettuate su una ringhiera in acciaio inox. Tutto questo su una musica da camera di base.
“Giulietta Sotto Spirito” è ipnotica, in bilico fra l’inquietante e il giocoso. A concludere “Prove Tecniche Di Solitudine”, brano malinconico e toccante dove gli archi vibrano assieme all’anima dell’ascoltatore.
L'album esce sia in vinile (doppio inciso su tre lati) che in cd (digipack tre ante), in entrambi i casi, con corposo booklet tipo libro d'arte e tagliando per il download. Qui non c’è AI, ma l’insostituibilità dell’artista, e spero che tutto questo faccia riflettere molti di voi sulla validità di chi ama fare progetti con tutto il proprio cuore e la mente. Mi piace ancora credere che l’uomo moderno sia al centro della propria vita, in un periodo come questo non soffochiamo i sogni, ma supportiamoli! Grazie Nistri e Panichi per questa lezione. MS 






Versione Inglese:



VITTORIO NISTRI - FILIPPO PANICHI - Vittorio Nistri / Filippo Panichi
Snowdonia records
Genre: Psychedelic Chamber Music / Experimental Electronics
Support: cd / 2 lp - 2024


He who has the epithet of artist is to my way of thinking a free spirit, where the search for an expressiveness with which to expose one's art is constantly changing. There are those who find the right formula in music and stop there, and those who change according to what they feel they are expressing at that particular moment. Styles, or rather genres, are not important when one has clear ideas. This to me is the behavior of a true artist.
If then in reinforcing the sonic concept he further resorts to a study of artwork that is at least exhaustive and beautiful to view, then we are in the realm of perfection.
I cannot remember how long it has been since I have come across a vinyl medium as detailed and polished as in the case of the duo Vittorio Nistri, Filippo Panichi.
You will have already known Nistri's professionalism put at the disposal of many artists and projects, among which I can name Deadburger Factory, Deadburger, Ossi, Maisie, Claudio Milano, Forbici di Manitù, St.Ride, Danseur Boxeur, Overload, all wallowing at will in different environments, even very distant from each other. Today together with electroacoustic experimentalist guitarist Filippo Panichi, he throws himself into a new challenge relegated to a sound devoid of drums and bass, in essence not purely Rock, where Psychedelia marries chamber music and electronics.
The artwork is a collective effort between Beppe Stasi, author of the cover and other paintings contained inside, and Gabriele Menconi, curator of the graphics and visual design. The photo depicting the two protagonists in alien soil (in the province of Grosseto) is by Panichi himself, while all others are by Lorenzo Desiati, Nistri and Panichi. Also inside reside all the mappings of the instrumentation track by track as well as the performers.
The genesis of the album comes from an account of a dark period experienced by both protagonists, who suffered stress as well as health problems. The message is, “In spite of everything, there is a glimmer of light and beauty while going through an expanse of thin ice”.
In creating the nine pieces that make up the work, the duo is joined by a chamber quintet, Silvia Bolognesi (double bass), Giulia Nuti (viola), Enrico Gabrielli (clarinet, sax), Pietro Horvath (cello) and Edoardo Baldini (trombone).
The instrumental and structural research they adhere to is immediately evident in “Il Faro Di Schrodinger,” evocative music made through instrumentation such as the Lyra-8, an analog synth with eight oscillators. The approach reminds me of the early career of the unforgettable Franco Battiato. Also astonishing is the sound that “La Risacca Dell'Alba” manages to achieve, all thanks to an ultrasonic detector that Filippo jokingly calls Pipistrellator! It picks up particular frequencies produced by, for example, cellophane or a crumpled cigarette packet, plus the Enner, another futuristic analog synth in the shape of a painter's palette with built-in pads. The result has an utterly unique charm, where the atmospheres sprung tie in perfectly with the use of strings.
The imaginative sensations continue with “Maya Deren Blues”, this time there is a cadenced tempo and an underlying melody embellished by an arrangement created through a heatsink of an old Pentium II computer. This Modern Psychedelia has few points of reference (apart from a few seekers in Krautrock), somehow to give a point of reference, I can mention some passages from the Porcupine Tree 90s period.
“Pipistrelli Sul Frigorifero” could stay in the discography of Kraftwerk, while a keyboard sound lays down a basic melody in the track ”Secrets”. Here, the body becomes music through the performer's hands touching the pads simultaneously, and through the skin's moisture, low-voltage current flows through the body mutating the sound. This approach reminds me of what Area used to do live in the 1970s by stretching Fariselli's synth cable into the hands of the audience during concerts. The result is at least fascinating.
“Sheriff In Tiraspol” while not having a true rhythm, has a decidedly Rock orientation, as well as an excellent wind arrangement. “La Costante Elastica” leads the listener back into meanderings of the mind through sounds created by Philip himself with an instrument called ‘Mollocophone’ where electrified springs bestow frequencies then reached by the sound of percussion made on a stainless steel railing. All this over basic chamber music.
“Giulietta Sotto Spirito” is hypnotic, hovering between the eerie and the playful. To conclude “Prove Tecniche Di Solitudine” a melancholy and touching track where the strings vibrate along with the listener's soul.
The album is released both on vinyl (double-engraved on three sides) and on CD (three-sided digipack), in both cases, with full-bodied art book-like booklet and download coupon. There is no AI here, but the irreplaceability of the artist, and I hope all this makes many of you reflect on the validity of those who like to make projects with all their hearts and minds. I still like to believe that the modern man is at the center of his own life, in a time like this let us not stifle dreams, but support them! Thank you Nistri and Panichi for this lesson. MS

 



lunedì 28 ottobre 2024

White Circle Project

WHITE CIRCLE PROJECT - Close Your Eyes And See Your Ghosts
Autoproduzione
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd / Bandcamp – 2024





La musica intensa ed evocativa è sempre un piacere ascoltarla, qualunque sia il contesto o il genere in cui è catalogata.  Di recente ne ho un ottimo esempio con il debutto della band White Circle Project, ideata dal compositore e tastierista Paolo Pagnani, già attivo nell’ambito musicale attraverso album solisti e colonne sonore.
“Close Your Eyes And See Your Ghosts” è un disco in cui immergere l’animo e lasciarlo trasportare dagli eventi, otto canzoni curate dove viene esaminata la psiche umana attraverso le paure e tutto quello che capita nell’esistenza. Anche i sogni contribuiscono a questa esamina.
La band è formata da Paolo Pagnani (pianoforte), Claudia Liucci (voce), Alfonso Mocerino (batteria), e Raffaele Sorrentino (violoncello). A dare un ulteriore contributo alla riuscita dell’album vengono arruolati special guest che rispondono ai nomi di Roberto Giangrande (basso), Nicoletta Rosellini (voce), Zorama (voce), Alessandro Jacobi (basso), e i Circle Coir: Marisa Portolano, Claudia Liucci, Eric Mormile, Angelo Florio, Paolo Rescigno.
La foto della copertina è di Paolo Liggeri mentre la grafica di Studio 52.
Ho inserito la band White Circle Project nel contesto Progressive Rock e forse questo non è del tutto esatto, perché nell’ascolto si evincono passaggi nel Pop, nella musica classica e nel Dark Rock, il tutto rafforzato dalla splendida voce di Claudia Liucci, bassa quando serve e alta per enfatizzare il contesto.
Un bell’esempio si ha immediatamente all’ascolto del primo brano intitolato “Shadows”, qui il violoncello dona profondità all’ascolto mentre il piano di Pagnani rilascia note che difficilmente non si attaccano all’animo dell’ascoltatore. La sensibilità muta da individuo a individuo, di conseguenza le vibrazioni con cui viviamo, ma quando una melodia è ben costruita diventa un fatto che accomuna tutti.
L’ascolto è vivacizzato da “Cathedral On Fire”, pezzo sostenuto inclusivo di velo malinconico a supporto regalato da Raffaele Sorrentino, qui fanno capolino anche gli anni ’70 e il connubio posso dire con certezza, non guasta per nulla. Un piacere perdersi nelle vocalità di Liucci.
“Tra Il Letto E L’Orologio” è cantata da Zorama, cantautore affermato, non a caso il brano è delegato alla sua voce in quanto qui si è maggiormente prossimi alla classica formula canzone.
“Strange Signal” si avvale di Nicoletta Rosellini, altro brano in cui il pianoforte descrive scale meditative, il tutto a favore di un ritornello che sopraggiunge con buone coralità di fondo. Denoto alcuni richiami ai Porcupine Tree.
“Tulpa’s Dream” con i suoi sei minuti abbondanti è un altro passaggio sofisticato nell’animo umano, canzone malinconica di base con un refrain toccante in crescendo in cui ancora una volta è la voce a dettare le regole. Un altro brano cantato in italiano è “La Maschera”, dove fa nuovamente scena di se il cantautorato degli anni ’70.
“Connect With Me” merita un ascolto a occhi chiusi per poterne assaporare la vera essenza, mentre la chiusura spetta a “Romantic Ending Scene”, nomen omen.
Questo debutto dei White Circle Project è in definitiva una vera e propria coccola sonora, un prodotto altamente professionale e curato in cui godere delle arie sempre ammalianti e delicate. MS 






Versione Inglese:


WHITE CIRCLE PROJECT - Close Your Eyes And See Your Ghosts
Self-production
Genre: Progressive Rock
Support: cd / Bandcamp - 2024


Intense and evocative music is always a pleasure to listen to, no matter what context or genre it is categorized in.  I recently have an excellent example of this with the debut of the band White Circle Project, conceived by composer and keyboardist Paolo Pagnani, who is already active in the musical sphere through solo albums and soundtracks.
“Close Your Eyes And See Your Ghosts” is a record in which to immerse the soul and let it be carried away by events, eight curated songs where the human psyche is examined through fears and everything that happens in existence. Dreams also contribute to this examination.
The band consists of Paolo Pagnani (piano), Claudia Liucci (vocals), Alfonso Mocerino (drums), and Raffaele Sorrentino (cello). Further contributing to the success of the album are enlisted special guests who answer to the names of Roberto Giangrande (bass), Nicoletta Rosellini (vocals), Zorama (vocals), Alessandro Jacobi (bass), and the Circle Coir: Marisa Portolano, Claudia Liucci, Eric Mormile, Angelo Florio, and Paolo Rescigno.
Cover photo is by Paolo Liggeri while graphics by Studio 52.
I have placed the band White Circle Project in the Progressive Rock context and perhaps this is not entirely accurate, because in the listening there are passages in Pop, classical music and Dark Rock, all reinforced by Claudia Liucci's wonderful voice, low when needed and high to emphasize the context.
A fine example is immediately apparent when listening to the first track titled “Shadows”, here the cello lends depth to the listening experience while Pagnani's piano releases notes that hardly fail to stick to the listener's soul. Sensitivities change from individual to individual, consequently the vibrations we live with, but when a melody is well constructed it becomes a commonality.
The listening is enlivened by “Cathedral On Fire”, a sustained piece inclusive of melancholic veil in support given by Raffaele Sorrentino, the 70s also peep here and the combination I can say with certainty, does not spoil at all. A pleasure to get lost in Liucci's vocals.
“Tra Il Letto E L'Orologio” is sung by Zorama, an established singer-songwriter; it is no coincidence that the track is delegated to his voice as here we are closer to the classic song formula.
“Strange Signal” features Nicoletta Rosellini, another track in which the piano describes meditative scales, all in favor of a refrain that comes over with good background choruses. I denote some references to Porcupine Tree.
“Tulpa's Dream” with its full six minutes is another sophisticated passage into the human soul, a basic melancholy song with a touching crescendo refrain in which once again the voice dictates. Another song sung in Italian is “La Maschera”, where the songwriting of the 1970s once again makes a scene.
“Connect With Me” deserves a listen with your eyes closed in order to get a taste of its true essence, while the close falls to ‘Romantic Ending Scene,’ nomen omen.
This White Circle Project debut is ultimately a true sonic pampering, a highly professional and polished product in which to enjoy the always bewitching and delicate tunes. MS

 


 


 

 



sabato 26 ottobre 2024

Raven Sad

RAVEN SAD - Polar Human Circle
AMS Records | BTF Vinyl Magic
Genere: Post Prog Moderno
Supporto: cd / Bandcamp – 2024





La creatura del polistrumentista Samuele Santanna ha nel tempo raggiunto connotati che rasentano la perfezione per quello che concerne il mondo Rock Progressivo influenzato dai suoni moderni psichedelici di matrice Riverside e Porcupine Tree. Ne hanno percorsa di strada dal debutto “Quoth” del 2008 attraverso quattro album che vede il progetto raggiungere nel tempo una vera e propria formazione di base a cinque elementi. La band oggi composta da Samuele Santanna (chitarra elettrica, chitarra acustica), Marco Geri (basso), Fabrizio Trinci (piano, organo, Hammond, synth, voci), Francesco Carnesecchi (batteria), e Gabriele Marconcini (voce), realizza il quinto album in studio intitolato “Polar Human Circle”. Le sette tracce che creano il disco, sono frutto di una maturazione tecnica e artistica notevole, dove il combo sembra aver trovato il proprio habitat stilistico. L’album vede la partecipazione di Morgana Bartolomei (cori), Andrea Benassai (pianoforte), Alessandro Drovandi (tromba), e Karoline Gierymski (speaker).
Il tema trattato nei testi riguarda il lato sociologico dell’essere umano, dove gli autori si auspicano la salvezza del genere umano che ultimamente sta percorrendo un percorso quantomeno preoccupante.
Durante gli ascolti si possono anche notare caratteristiche Hard, in cui il suono della band si approccia a quello dei Queensryche e al Metal Prog in generale, ma soprattutto al Neo Prog, a testimonianza di una cultura musicale di base quantomeno considerevole.
Il pianoforte di “Andenes” immerge immediatamente l’ascoltatore in questo viaggio mentale fatto di armonie delicate e malinconiche. Immaginate i Marillion approcciarsi nell’Hard sound, mentre la voce di Marconcini è perfetta narratrice delle arie. Tuttavia la peculiarità del sound Raven Sad deriva dagli assolo di Santanna, sempre toccanti e prossimi al mondo di David Gilmour (Pink Floyd).
Sale il ritmo attraverso “When The Summer Collapses Into Fall”, più vicina alla formula canzone gradevole nell’incedere, mentre la breve e pianistica “Coda: A Tiny Passage To Outer State” conduce verso atmosfere sognanti infarcite di sinfonia.
Uno dei momenti più alti del disco s’intitola “Point Nemo (Nautilus Last Voyage)” il quale attraverso una ritmica pacata sonda i meandri introspettivi che risiedono dentro ognuno di noi. Toccante il ritornello cantato con molta enfasi, così il solo finale di tromba in sordina. Torna l’elettricità attraverso “The Obsidian Mirror”, brano altalenante in un concetto di mordi e fuggi dove ancora una volta la chitarra di Santanna fa la differenza.
“The Bringer Of Light” mostra i muscoli approcciandosi al mondo dei Queensryche periodo “Promised Land”, anche per quello che concerne il criterio vocale. E si giunge al piatto grosso con la suite finale di quasi ventisette minuti intitolata “Polar Human Circle”, suddivisa in sei movimenti, qui c’è il sunto del DNA Raven Sad di oggi. Una scorpacciata di suoni curati e di cambi umorali che faranno sicuramente la gioia di ogni ascoltatore di Progressive Rock.
Il merito di quest’album risiede nell’aver dato corposità e identità al genere facendone una sorta di riassunto, amalgamando il tutto con personalità e ricerca per la melodia. Un disco da gustare centellinatamene, come un buon bicchiere di vino per assaporarne ogni minima sfumatura. Non preoccupatevi, verrà tutto naturale, tanto è gradevole. MS







Versione Inglese:


RAVEN SAD - Polar Human Circle
AMS Records | BTF Vinyl Magic
Genre: Modern Post Prog
Support: cd / Bandcamp - 2024


The creature of multi-instrumentalist Samuele Santanna has over time achieved connotations bordering on perfection when it comes to Progressive Rock influenced by modern psychedelic sounds of Riverside and Porcupine Tree matrix. They have come a long way since their 2008 debut “Quoth” through four albums that sees the project reach a true five-piece core lineup over time. The band now consisting of Samuele Santanna (electric guitar, acoustic guitar), Marco Geri (bass), Fabrizio Trinci (piano, organ, Hammond, synth, vocals), Francesco Carnesecchi (drums), and Gabriele Marconcini (vocals), makes their fifth studio album entitled “Polar Human Circle.” The seven tracks that create the album, are the result of a remarkable technical and artistic maturation, where the combo seems to have found its stylistic habitat. The album features Morgana Bartolomei (backing vocals), Andrea Benassai (piano), Alessandro Drovandi (trumpet), and Karoline Gierymski (speaker).
The theme dealt with in the lyrics concerns the sociological side of the human being, where the authors hope for the salvation of mankind, which lately has been going down a troubling path to say the least.
During listening one can also notice Hard characteristics, in which the band's sound approaches that of Queensryche and Metal Prog in general, but especially Neo Prog, testifying to a basic musical culture that is at least considerable.
The piano of “Andenes” immediately immerses the listener in this mental journey of delicate and melancholic harmonies. Imagine Marillion approaching in the Hard sound, while Marconcini's voice is perfect narrator of the tunes. However, the peculiarity of the Raven Sad sound comes from Santanna's solos, always touching and close to the world of David Gilmour (Pink Floyd).
The pace picks up through “When The Summer Collapses Into Fall”, closer to the formula song pleasant in its pacing, while the short, piano-driven “Coda: A Tiny Passage To Outer State” leads toward dreamy atmospheres infused with symphony.
One of the album's high points is titled “Point Nemo (Nautilus Last Voyage)” which through a calm rhythmic beat probes the introspective meanderings that reside within each of us. Touching is the chorus sung with much emphasis, so is the muted final trumpet solo. Electricity returns through “The Obsidian Mirror”, a swinging track in a biting concept where once again Santanna's guitar makes the difference.
“The Bringer Of Light” shows its muscles by approaching the world of Queensryche's ‘Promised Land’ period, also in terms of vocal criteria. And we come to the big plate with the final suite of almost twenty-seven minutes entitled “Polar Human Circle”, divided into six movements, here is the summary of today's Raven Sad DNA. A scorcher of curated sounds and mood shifts that will surely delight any Progressive Rock listener.
The merit of this album lies in giving body and identity to the genre by making it a kind of summary, blending it all with personality and a search for melody. An album to be enjoyed sparingly, like a good glass of wine to savor every little nuance. Don't worry, it will come naturally, so pleasant is it. MS








mercoledì 23 ottobre 2024

Blacksmith Tales

BLACKSMITH TALES – Pathway To The Hamlet’s Mill
Immaginifica
Genere: Metal Progressive
Supporto: cd – 2024





In Italia il Metal Progressive prosegue il dignitoso cammino, sempre fra le notorie difficoltà in quanto considerato dai più un genere incongruente, dove resta loro difficile unire le sonorità “colte” con l’Heavy Metal. Personalmente invece la ritengo una musica ricca di colori e colpi di scena, dove le composizioni lasciano adito a vari stili, frangenti vigorosi ed epici intervallati da innesti Folk, classici, acustici e chi più ne ha più ne metta. Qui si entra nel campo dei gusti personali, intendiamoci, questa disamina non ha certo le intenzioni di convincere nessuno di voi, ma resta soltanto una semplice considerazione dei fatti. In poche parole, un ascolto misto in cui trarre molti spunti interessanti.
I friulani Blacksmith Tales conoscono bene il genere, avendo nel proprio background ascolti di band come Rush, Genesis, Pink Floyd, Kansas, Gentle Giant e Dream Theater. Si formano negli anni ’90 da un’idea del tastierista David Del Fabro e rilasciano nel 2021 l’ottimo “The Dark Presence”, un disco che subito mette d’accordo la critica e il pubblico lasciandosi alle spalle numerose attese riguardo alla carriera di questa band a oggi formata da Stefano Sbrignadello (voce), Simone Morettin (batteria), Beatrice Demori (voce), Marco Falanga (chitarre, basso), Luca Zanon (tastiere, synth), e David Del Fabro (pianoforte).
Così narrano le note comunicative di “Pathway To The Hamlet’s Mill”: “Tema e filo conduttore dell'album è il libro Il Mulino di Amleto, che tratta in modo rivoluzionario il mito in quanto forma di perpetuazione delle conoscenze degli antichi e della struttura del tempo.
Un tempo non più lineare e consequenziale ma scandito da cicli e fatalità scritti nel cielo (Dance of the Stars), in un vortice che ritorna su se stesso e macina il tempo (Key to the Temple)”.
L’album inizia attraverso nove minuti abbondanti di enfasi, un mix di Prog e Metal equilibrato, senza che uno prevalici su l’altro. Le tastiere sono in evidenza, anche il piano, da qui si può intuire l’intenzione del titolo “Hamlet’s Mill Ouverture” quantomeno solenne. La voce di Sbrignadello è ottima interprete senza mai cercare il passo più lungo della gamba. Un velo di medioevo aleggia fra le note del pentagramma. In “Key To The Temple”, la voce maschile si alterna a quella di Beatrice Demori e per tornare sul discorso del passato che fu, ci pensa il violino ad arrangiare il brano al meglio. Epico ma in maniera Prog!
Esiste anche una canzone cantata in italiano e si chiama “C’è Casa a 30 Miglia”, qui il Folk è maggiormente presente.
Suono di clavicembalo apre “The Flame Within”, in cui alcuni fraseggi mi richiamano la storica band Shadow Gallery, questo per chi li dovesse già conoscere. Resto piacevolmente colpito dall’assolo centrale di tastiere. L’altalenarsi di movimenti vigorosi con altri riflessivi, mettono in evidenza la buona capacità ritmica della band, rodata e oliata al punto giusto. Se invece volete testare le qualità pianistiche di Del Fabro, allora ascoltatevi i quasi due minuti di “Interlude: A Guide Through The Path”. Uno dei pezzi più completi e interessanti dell’album è “Descent Of God” il cui punto di forza risiede nel mutare il cantato dal maschile al femminile compreso di narrato, e soprattutto nelle trame strumentali, sempre energiche e comunque piene di storia. Splendida “The Pendulum” per poi concludere con il Folk Metal di “Dance Of The Stars” e vi sfido a rimanere fermi durante l’ascolto.
I Blacksmith Tales ci hanno raccontato un'altra fiaba, e noi ci abbiamo creduto, tanto quanto è sembrata reale! MS 





Versione Inglese:


BLACKSMITH TALES - Pathway To The Hamlet's Mill
Immaginifica
Genre: Progressive Metal
Support: cd - 2024


In Italy Progressive Metal continues the decent path, always among the notorious difficulties as it is considered by most an incongruent genre, where it remains their difficult to combine “cultured” sounds with Heavy Metal. Personally, on the other hand, I consider it a music full of colors and twists, where the compositions give way to various styles, vigorous and epic bangs interspersed with Folk, classical, acoustic grafts and you name it. Here we enter the realm of personal taste, mind you, this examination certainly has no intentions of convincing any of you, but it remains only a simple consideration of the facts. In short, a mixed listen in which to draw many interesting insights.
The Friulian Blacksmith Tales know the genre well, having in their background listening to bands such as Rush, Genesis, Pink Floyd, Kansas, Gentle Giant and Dream Theater. They were formed in the 1990s from an idea of keyboardist David Del Fabro and released in 2021 the excellent “The Dark Presence”, a record that immediately agreed with critics and audiences, leaving behind many expectations regarding the career of this band to date consisting of Stefano Sbrignadello (vocals), Simone Morettin (drums), Beatrice Demori (vocals), Marco Falanga (guitars, bass), Luca Zanon (keyboards, synth), and David Del Fabro (piano).
Thus narrate the communicative notes of “Pathway To The Hamlet's Mill”: “The theme and thread of the album is the book Hamlet's Mill, which deals in a revolutionary way with myth as a form of perpetuating the knowledge of the ancients and the structure of time.
A time that is no longer linear and consequential but marked by cycles and fatalities written in the sky (Dance of the Stars), in a vortex that returns upon itself and grinds time (Key to the Temple).”
The album begins through nine full minutes of emphasis, a balanced mix of Prog and Metal, without one overpowering the other. The keyboards are prominent, even the piano, from here one can guess the intention of the title “Hamlet's Mill Overture” at least solemn. Sbrignadello's voice is excellently interpreted without ever trying to go the extra mile. A veil of middle age hovers between the notes on the staff. In “Key To The Temple”, the male voice alternates with that of Beatrice Demori, and to return to the discourse of the past that was, the violin takes care of arranging the song as best it can. Epic but in a Prog way!
There is also a song sung in Italian and it is called “C'è Casa a 30 Miglia”, here the Folk is more present.
Sound of harpsichord opens “The Flame Within”, in which some phrasing reminds me of the historic band Shadow Gallery, this for those who might already know them. I am pleasantly impressed by the central keyboard solo. The alternation of vigorous movements with reflective ones highlights the band's good rhythmic ability, broken-in and oiled to the right degree. If, on the other hand, you want to test Del Fabro's piano qualities, then listen to the nearly two-minute “Interlude: A Guide Through The Path”. One of the most complete and interesting pieces on the album is “Descent Of God”, whose strength lies in the shifting of the singing from male to female including narration, and especially in the instrumental textures, which are always energetic and yet full of story. Splendid “The Pendulum” then concludes with the Folk Metal of “Dance Of The Stars” and I challenge you to stay still while listening.
Blacksmith Tales told us another fairy tale, and we believed it, as much as it felt real! MS






domenica 20 ottobre 2024

The Winstons

THE WINSTONS – Third
Baobab Music
Genere: Post Prog Moderno / Canterbury
Supporto: cd / vinile – 2024







Per nostra fortuna, ancora nel 2024 esistono gruppi non facili da collocare stilisticamente, tanto è variegata la proposta. Solitamente s’inserisce il tutto nel termine Progressive Rock, ed è proprio per questo che negli anni si è generata confusione, perché la moda cambia, la tecnologia cambia (comprese le strumentazioni) dando vita a nuove sonorità, per cui una band odierna che suona qualcosa di tendenzialmente sperimentale non sarà mai uguale per esempio al suono anni ‘70 dei Genesis, o dei Gentle Giant, King Crimson etc. pur magari mantenendone alcune peculiarità. Manca anche il contesto sociale in cui inserirla, quindi ho ritenuto opportuno creare il termine Post Prog Moderno, per tracciare una linea con il passato. Per maggiori approfondimenti potete leggere proprio il mio libro “Post Prog Moderno” (Arcana).
Il trio milanese The Winstons esordisce discograficamente nel 2016 con l’ottimo album “The Winstons”, tendenzialmente avvicinabile al sound della Scuola di Canterbury, per poi realizzare altri due album “The Winstons & EdMsC: ‎Pictures At An Exhibition” (2017) e “Smith” (2019). Un trittico davvero forte in cui si apprezza l’evoluzione artistica affrontata in un arco di pochi anni. Ne servono invece quasi sei per dare alla luce un nuovo disco in studio, ma non che la band in questo lasso di tempo si sia adagiata sugli allori, le date live sono state numerose e proficue, collaborando anche con personaggi importanti del calibro di Afterhours, Calibro 35, Pj Harvey e Iggy Pop, per far capire il livello cui sono giunti. “Third” è proprio il risultato di un grande viaggio realizzato in tappe tra Milano e Londra. Se ascoltate il brano iniziale “Break The Seal”, capirete cosa intendevo con la frase non facili da collocare stilisticamente, un mix incredibile di sonorità, stili, cambi umorali da far sembrare dodici minuti un breve lasso di tempo. Per fare un confronto parossistico potrei nominare questo pezzo il “Bohemian Rhapsody” dei The Winstons. Molte le influenze Beatles, specialmente nel cantato e nell’incedere di alcuni frangenti, e non vi nascondo che per me la recensione potrebbe terminare anche qui, in quanto questo brano da solo vale il prezzo di tutto il disco.
Il Canterbury Sound fa capolino di tanto in tanto, anche nell’allegra “Check It Out”, gli arrangiamenti di fiati oltre alle coralità si sposano alla perfezione con l’incedere cadenzato del movimento base. “Song For Mark” ha reminiscenze Pinkfloydiane anni ’70 durante gli arpeggi della chitarra acustica, una ballata gentile dai riflessi psichedelici, un salto negli anni ’70. La faccenda prende ancora una piega maggiore al riguardo con “Abie”, tanto da sembrare un pezzo uscito dalla discografia di Syd Barrett influenzato dai Beatles.
Roberto Dell'Era (voce, basso, chitarra, piano), Lino Gitto (voce, batteria), ed Enrico Gabrielli (voce, tastiere) alzano ulteriormente il tiro nei dodici minuti di “Vinegar Way”, una composizione che farà la gioia di chi ha amato gli anni ’70 e ’60. Ancora una volta gli arrangiamenti fanno la differenza, flauto compreso. “Never Never Never” tiene la ritmica attraverso il piano in stile Supertramp ed è una canzone davvero molto orecchiabile. Giocosi anche i tre minuti di “Winstonland”, in pieno territorio Beatles, per poi giungere alla breve e conclusiva “Hugging Himself In The Dark Of The Park”, dove la rumoristica descrive in pieno le sensazioni che si provano la notte all’interno di un parco.
Saranno serviti sei anni, ma questo “Third” appaga in pieno la lunga attesa, un disco in cui durante l’ascolto sarà difficile stancarsi. Quando la musica è fatta con professionalità e passione, servono poche parole. MS 





Versione Inglese:


THE WINSTONS - Third
Baobab Music
Genre: Modern Post Prog / Canterbury
Support: cd / vinyl - 2024


Fortunately for us, still in 2024 there are bands that are not easy to place stylistically, so varied is the proposal. Usually it all fits into the term Progressive Rock, and that is precisely why confusion has been generated over the years, because fashion changes, technology changes (including instrumentation) giving rise to new sounds, so a band today that plays something with a tendency to be experimental will never be the same as for example the 70s sound of Genesis, or Gentle Giant, King Crimson etc. while perhaps retaining some peculiarities. It also lacks the social context in which to place it, so I thought it appropriate to create the term Modern Post Prog, to draw a line with the past. For more details you can read just my book “Post Prog Modern” (Arcana).
Milan-based trio The Winstons made their discographic debut in 2016 with the excellent album “The Winstons”, which tended to be close to the Canterbury School sound, and then released two more albums “The Winstons & EdMsC: Pictures At An Exhibition” (2017) and “Smith” (2019). A really strong triptych in which one appreciates the artistic evolution tackled in a span of a few years. On the other hand, it takes almost six to give birth to a new studio album, but not that the band during this time has rested on its laurels, the live dates have been numerous and fruitful, even collaborating with the likes of Afterhours, Calibro 35, Pj Harvey and Iggy Pop, to make you understand the level they have reached. “Third” is precisely the result of a great journey made in stages between Milan and London. If you listen to the opening track “Break The Seal”, you'll understand what I meant by the phrase not easy to place stylistically, an incredible mix of sounds, styles, mood shifts to make twelve minutes seem like a short span of time. To make a paroxysmal comparison I could name this piece the “Bohemian Rhapsody” of The Winstons. There are many Beatles influences, especially in the singing and the pacing of some of the junctures, and I won't hide from you that for me the review could end here as well, as this track alone is worth the price of the whole record.
The Canterbury Sound peeps in from time to time, even in the upbeat “Check It Out”, the wind arrangements in addition to the chorales blend perfectly with the cadenced pacing of the basic movement. “Song For Mark” has 70s Pinkfloydian reminiscences during the acoustic guitar arpeggios, a gentle ballad with psychedelic overtones, a jump back to the 70s. Matters take yet a greater turn in this regard with “Abie,” so much so that it sounds like a piece out of Syd Barrett's Beatles-influenced discography.
Roberto Dell'Era (vocals, bass, guitar, piano), Lino Gitto (vocals, drums), and Enrico Gabrielli (vocals, keyboards) raise the bar even further in the twelve-minute “Vinegar Way”, a composition that will delight those who loved the '70s and '60s. Once again the arrangements make the difference, including flute. “Never Never Never” keeps the rhythm through the piano in Supertramp style and is a very catchy song indeed. Playful, too, is the three-minute “Winstonland,” in full Beatles territory, and then comes the short, closing “Hugging Himself In The Dark Of The Park”, where the noisemaking fully describes the feelings one gets at night inside a park.
It may have taken six years, but this “Third” fully satisfies the long wait, a record in which while listening it will be difficult to get tired. When music is made with professionalism and passion, few words are needed. MS