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domenica 30 aprile 2023

Nautha

NAUTHA – Metempsychosis
Argonauta Records / PR Grand Sounds Promotion
Genere: Rock Psichedelico / Progressive Doom
Supporto: Bandcamp – 2023




Anche se potrebbe sembrare strano, il genere Rock Psichedelico ha al proprio interno differenti ramificazioni, non tutto è sempre riconducibile al periodo storico dei mitici Hawkwind, tanto per fare un solo esempio. Nel tempo il genere si è evoluto fino giungere ai nostri giorni attraverso innesti di Porcupine Tree (sempre loro), Post Rock, e perché no anche del Doom Metal e del Prog. Il risultato è ovviamente per un pubblico di nicchia che comunque ama lasciarsi trasportare da sonorità spesso ipnotiche.
Un nome nuovo nell’ambito italiano è quello dei romani Nautha, trio che si forma nel 2016 a oggi composto da Antonio Montellanico (voce, basso, chitarra), Pierpaolo Cianca (chitarra) e Giorgio Pinnen (batteria, sintetizzatore). Esordiscono con “Metempsychosis”, quest’album formato da sette canzoni registrate ai Bloom Recording Studios a Montecelio, mixato da Matteo Andolina e masterizzato da Claudio Pisi Gruer Pisi ai Mastering Studio Community Page.
Viste le premesse, posso andare anche nello specifico consigliando l’ascolto di questo lavoro agli amanti oltre che dei Porcupine Tree anche a quelli di Motorpsycho, Riverside e Beardfish, vista la natura delle sonorità espresse.
L’ampiezza dei suoni si contrae fra Psichedelia e Metal sin dall’iniziale “Heracleion” dove in quasi dieci minuti mettono in pratica tutto ciò che si è detto, mentre la voce di Montellanico oltre che gradevole è bene inserita nel contesto che alterna ariosità a ruvidità. Questo genere pone il meglio di se soprattutto durante i trip strumentali, quelli che attendono con ansia gli amanti di questa musica. Il suono ovviamente è elettrico ma ogni tanto si posa su territori pacati rendendo l’ascolto molto fruibile. Proprio arpeggi di chitarra aprono “Laguna” per poi addentrarsi nella psichedelia elettrica attraverso riff dalla facile memorizzazione. “Kteis” mantiene il gusto per le melodie, arma che ritengo vincente per la riuscita, oltre che il gusto per la potenza sonora. Con “Kata Kumbas” il suono si fa improvvisamente introspettivo, morbido, supportato da una ritmica leggera in mid tempo spezzato, un alito sussurrato alle orecchie. Questo stile risulterà familiare agli estimatori dei polacchi Riverside. La breve title track di un minuto e mezzo invece attraverso il pianoforte di Giorgio Pinnen in stile Anathema accompagna all’ascolto di “Cerbero”, altro pezzo studiato nei particolari e non scontato, fatto di cambi di tempo e ruvidità. Breve ma incisivo l’assolo di chitarra a graffiare ulteriormente l’udito. Chiude l’album “Samat”, canzone molto Rock Progressive vetrina per le capacità compositive dei Nautha.
In definitiva “Metempsychosis” è un album pieno di buone idee, scorrevole e già maturo malgrado si tratti di un esordio. Per chi vi scrive, è una bella sorpresa, solo il tempo saprà dire quanto validi siano i Nautha che comunque al momento si presentano già con un asso di briscola nelle mani. MS





Versione Inglese:

NAUTHA – Metempsychosis
Argonauta Records / PR Grand Sounds Promotion
Genere: Rock Psichedelico / Progressive Doom
Supporto: Bandcamp – 2023



Although it might seem strange, the Psychedelic Rock genre has within it different ramifications, not everything can always be traced back to the historical period of the legendary Hawkwind, just to give just one example. Over time the genre has evolved to the present day through grafts of Porcupine Tree (also them), Post Rock, and why not even Doom Metal and Prog. The result is obviously for a niche audience that nonetheless likes to be carried away by often hypnotic sounds.
A new name in the Italian sphere is the Roman Nautha, a trio formed in 2016 to date consisting of Antonio Montellanico (vocals, bass, guitar), Pierpaolo Cianca (guitar) and Giorgio Pinnen (drums, synthesizer). They debut with "Metempsychosis," this album consisting of seven songs recorded at Bloom Recording Studios in Montecelio, mixed by Matteo Andolina and mastered by Claudio Pisi Gruer Pisi at Community Page Mastering Studio.
Given the premises, I can also go into specifics by recommending listening to this work to lovers in addition to Porcupine Tree also those of Motorpsycho, Riverside and Beardfish, given the nature of the sounds expressed.
The breadth of the sounds contracts between Psychedelia and Metal since the opening "Heracleion" where in almost ten minutes they put into practice all that has been said, while Montellanico's voice as well as pleasant is well inserted in the context that alternates airiness and roughness. This genre puts its best foot forward especially during the instrumental trips, the ones that eagerly await lovers of this music. The sound is obviously electric but occasionally settles into quiet territories making it a very enjoyable listen.
Just guitar arpeggios open "Laguna" and then delve into electric psychedelia through easily memorized riffs. "Kteis" retains the taste for melodies, a weapon that I think is a winner for success, as well as a taste for sonic power. With "Kata Kumbas," the sound suddenly becomes introspective, soft, supported by a light rhythm in broken mid tempo, a whispered breath to the ears. This style will be familiar to admirers of Poland's Riverside. The short one-and-a-half minute title track, on the other hand, through Giorgio Pinnen's Anathema-esque piano, accompanies the listening to "Cerberus," another studied in detail and not predictable piece of tempo changes and roughness. Short but incisive guitar solo further scratches the ear. Closing the album is "Samat," a very Rock Progressive song showcasing Nautha's compositional skills.
All in all, "Metempsychosis" is an album full of good ideas, smooth flowing and already mature despite being a debut. For the writer, it is a nice surprise, only time will tell how good Nautha are, who in any case at the moment already present themselves with a trump card in their hands. MS



sabato 29 aprile 2023

Moonmine

MOONMINE – Free.Pop
Autoproduzione / In The Wood Records
Genere: Cantautore – Sperimentale
Supporto: cd – 2023




Oggi non c’è niente di più bello e intelligente che dedicare del tempo a se stessi. Fermarsi ad ascoltare, pensare, creare, il tutto senza fretta perché come si sa, essa è sempre cattiva consigliera. Bisogna stare al passo con i tempi, questo è vero, e loro ci inducono verso l’isteria sociale, aggiungiamo poi che questa corsa verso il niente non porta a risultati importanti, perciò bisogna saper ponderare. Il discorso vale nella vita ma anche per la musica alla quale dedichiamo male il nostro tempo, ossia spesso una veloce e frugale attenzione magari anche con supporti sbagliati che non esaltano il contenuto sonoro. Oggi un cantautore impegnato è in difficoltà, perché soffermarsi a capire cosa ci comunica è quantomeno anacronistico per i motivi già spiegati. Gli anni ’70 per esempio ci hanno donato tanto materiale per la mente, mentre il contesto sociale consentiva l’attenzione e il tempo adeguato per l’ascolto. Oggi corriamo tutti verso un “dove” indefinito mentre la superficialità regna sovrana. Fermarsi è anche dedicare attenzione alla ricerca della purezza e dell’autenticità.
Il cantautore marchigiano Lorenzo Ciavola, in arte Moonmine in questo esordio discografico tratta l’argomento. Si trasferisce da Fabriano a Latina e mette in primo piano sempre la passione per la musica, ma non quella scontata, bensì dall’ampio spettro. I generi che affronta nelle composizioni, infatti, sono molteplici e variano dal Blues al Rock, passando per l’elettronica, il Folk e il Jazz. Moonmine è dunque un cantautore impegnato, oserei definirlo in qualche modo anche sperimentale vista la gamma culturale attorno ai suoi numerosi gusti sonori. Quando è così, si rischia di mettere troppa carne al fuoco, ma questo sta nell’anima di chi crea, cercare la propria identità e affinarla con l’esperienza. Ciavola non è nuovo in questo mondo fatto di file e quant’altro, infatti realizza nel tempo due EP, “Private Conversations” e “My Revolution”, ma l’esordio discografico vero e proprio con tanto di CD è questo “Free.Pop”, nomen omen.
L’artista concretizza il tutto dallo studio di casa, composizioni, incisione, produzione, copertina dell’artwork, compreso il bel libretto che accompagna il disco con i testi, disegni foto e descrizione dell’approccio all’ascolto, ossia cosa ha ispirato Moonmine a scrivere le parole sugli argomenti trattati.
La penna per scrivere questa musica è la chitarra, la voce di certo ha un approccio non convenzionale rispetto a tutto ciò che oggi mediamente si ascolta. Ciavola si diverte a provocare, si prende carico delle responsabilità, eppure è tutto così orecchiabile da lasciare momentaneamente esterrefatti, sin dall’iniziale “Full Love”. Alcune canzoni sono cantate in italiano, la maggior parte in inglese. La breve “A Dio” mostra l’essere umano fragile, prono avanti all’attesa del giudizio divino, il tutto quasi sbeffeggiando. “Drink All Day” ha un ritmo trascinante alternato a fasi maggiormente pacate. L’elettronica giunge a sostegno. Il brano più lungo dell’album con otto minuti di musica s’intitola “A Song For All” suddivisa in più parti. La prima risiede interamente nel sound Folk degli anni ’70, qui la fantasia si scatena e come un frullatore fa dei generi musicali un prodotto unico.  Nel frangente strumentale mi sovvengono alla mente anche le Orme, questo forse a causa della nenia a filastrocca. Il brano sfuma e poi riprende, quindi nulla è scontato durante l’ascolto. Per me questo è il movimento che ho più apprezzato, forse proprio perché maggiormente “Progressivo”. Molte le incongruenze, ma sono proprio queste a tenermi incollato all’ascolto. Geniale “Girotondo”, ottimo l’uso della voce in coralità sovrapposte, una ballata a dir poco particolare. E a proposito di coralità in ”I Just Need” sembra di ascoltare i Queen dopo una bella bevuta alcolica. “War Is Over” ha spunti alla Daniele Silvestri, ma sono solo attimi e poi….  Si va tutta da un'altra parte. Un ulteriore pezzo pregevole s’intitola “In The Dark”, dove ancora una volta l’elettronica svolge il ruolo maestro. Ma ho parlato troppo, qualche sorpresa se siete curiosi la lascio a voi.
“Free.Pop” può sembrare un opera scomoda, questo perché l’autenticità e quindi la sincerità, spesso cozzano con la falsità di questa società odierna basata sui social, finti profili e quant’altro, dove l’apparire è più importante dell’essere. Viva il Pop libero dettato dalla personalità che spinge un autore a fare ciò che pensa, e non quello che desiderano gli altri. Troppa materia dentro? Non fa nulla, come si dice in gergo “a calare viene sempre in tempo”, intanto Moonmine si sta formando il carattere e sono sicuro che in futuro prossimo ne sentiremo ancora delle belle. Non è la pecora nera a essere diversa, sono tutte le altre che purtroppo sono uguali, quindi ascoltate Moonmine per credere. MS






Versione inglese
  

MOONMINE – Free.Pop
Autoproduzione / In The Wood Records
Genere: Cantautore – Sperimentale
Supporto: cd – 2023

Today there is nothing more beautiful and intelligent than taking time for yourself. Stop and listen, think, create, all without rushing because as we know, it is always bad advice. One has to keep up with the times, this is true, and they induce us toward social hysteria, let us then add that this rush toward nothingness does not lead to important results, so one must know how to ponder. The discourse applies in life but also in music to which we devote our time badly, that is, often a quick and frugal attention perhaps even with wrong media that do not enhance the sound content. Today a committed singer-songwriter is in trouble because to pause to understand what he or she is communicating to us is at least anachronistic for the reasons already explained. The 1970s for example gave us so much material for the mind, while the social context allowed for attention and adequate time for listening. Today we all rush to an indefinite "where" while superficiality reigns supreme. To stop is also to devote attention to the search for purity and authenticity.Marche-based singer-songwriter Lorenzo Ciavola, aka Moonmine in this debut record deals with this topic. He moves from Fabriano to Latina and always puts in the foreground the passion for music, but not the obvious one, but from the wide spectrum. The genres he tackles in his compositions, in fact, are multiple and range from Blues to Rock, passing through electronic, Folk and Jazz. Moonmine is thus a committed singer-songwriter, I would dare to call him somewhat even experimental given the cultural range around his many sonic tastes. When that is the case, there is a risk of putting too much meat on the fire, but that lies in the soul of the creator, seeking his own identity and refining it with experience. Ciavola is not new to this world of files and whatnot, in fact he makes in time two EPs, "Private Conversations" and "My Revolution," but the real record debut with lots of CDs is this "Free.Pop," nomen omen. The artist concretizes everything from the home studio, compositions, recording, production, cover artwork, including the beautiful booklet that accompanies the disc with lyrics, photo drawings and description of the approach to listening, i.e. what inspired Moonmine to write the words on the topics covered.The pen to write this music is the guitar, the voice certainly has an unconventional approach compared to everything that is heard on average today. Ciavola revels in provocation, takes responsibility, and yet it is all so catchy as to leave one momentarily stunned, right from the opening "Full Love." Some songs are sung in Italian, most in English. The short "To God" shows the fragile human being, prone ahead of waiting for divine judgment, all almost mocking. "Drink All Day" has a driving rhythm alternating with more sedate phases. Electronics come in support. The longest track on the album with eight minutes of music is titled "A Song For All" divided into several parts. The first resides entirely in the Folk sound of the 1970s, here the imagination runs wild and like a blender makes musical genres into a unique product.  In the instrumental juncture I am also reminded of Orme, this perhaps because of the nursery rhyme-like dirge. The track fades out and then picks up, so nothing is taken for granted while listening. For me this is the movement I enjoyed the most, perhaps precisely because it is more "Progressive." There are many inconsistencies, but it is these that keep me glued to the listening. Brilliant "Girotondo," excellent use of vocals in overlapping chorality, a peculiar ballad to say the least. And speaking of chorality in "I Just Need" it sounds like listening to Queen after a good alcoholic drink. "War Is Over" has Daniele Silvestri-like cues, but they are just moments and then....  It goes a whole other way. Another valuable piece is titled "In The Dark," where once again electronics play the master role. But I've talked too much, some surprises if you are curious I'll leave to you. "Free.Pop" may seem like an uncomfortable work, this is because authenticity and therefore sincerity, often clash with the falsehood of this society today based on social media, fake profiles and whatnot, where appearing is more important than being. Long live the free Pop dictated by personality that drives an author to do what he thinks, and not what others wish. Too much matter inside? That's okay, as they say in the vernacular "dropping always comes on time," in the meantime Moonmine is forming character and I'm sure we'll hear more in the near future. It is not the black sheep that is different, it is all the others that are unfortunately the same, so listen to Moonmine to believe. MS

lunedì 24 aprile 2023

Luciano Basso

LUCIANO BASSO – To Tell
AMS Records / BTF Vinyl Magic
Genere: Classica – Elettronica – Progressive Rock
Supporto: Bandcamp / cd – 2023





Quando si parla di Rock Progressivo italiano degli anni ’70 bisogna non commettere l’errore di accomunare tutte le band.  E’ vero che il termine significa sperimentazione, o perlomeno la volontà di spingere il Rock verso nuove soluzioni, però attenzione, i generi all’interno sono davvero tanti e possono spaziare dall’elettronica, all’Hard Rock, alla classica, al Jazz, al Folk, insomma verso moltissimi stili musicali. Gli innesti portano a nuovi risultati che fanno parte della nostra evoluzione culturale, la ricerca non ha mai fine, anche se molti critici affermano che ci sia rimasto poco da inventare.
Ricordiamo un Battiato elettronico agli inizi del 1970, un sinfonico “Concerto Grosso” dei New Trolls, oppure l’Hard Rock dei Biglietto Per L’inferno tutto ciò per confermare il concetto. Vedere ancora oggi nomi altisonanti all’opera non fanno altro che accrescere la mia passione per questo genere che nel tempo si è modificato inesorabilmente al passo con i tempi ma che ha saputo mantenere la volontà di provare cose nuove. L’esperienza è fondamentale, anche la perizia tecnica che si affina attraverso concerti e tante prove.
Uno dei nomi interessanti del Rock Progressivo Italiano è quello di Luciano Basso, tastierista e pianista veneziano proveniente dalla band Il Mucchio del 1970. Basso amante dell’elettronica e della classica, realizza un disco importante nel 1976 proprio nel debutto solista intitolato “Voci” (Vinyl Magic – 1976). Nel tempo si dedica sempre alla musica con costanza e mai con la fretta, concentrando l’attenzione in ogni nota. Questo porta all’incisione di altri otto album in studio, compreso quest’ultimo “To Tell”.
Lo stile è personale e ben riconoscibile, il pianoforte pone un’impronta ben distinta attraverso una complessa scrittura sonora che porta anche l’ascoltatore a un’attenzione notevole durante l’ascolto. In questo nuovo album assieme a Basso che suona il pianoforte, troviamo Arturo Bertin (pianoforte), Denis Garzotto (flauto) e Jacopo Pisani (violino).
Dodici sono le composizioni che si possono ascoltare, tutte di una durata media di quattro minuti per un totale di quasi cinquantatré di musica.
Le note ponderate del piano si susseguono con quiete già dal primo brano “Un Respiro”, introspezione studiata e malinconica, dove la mente si lascia abbindolare senza porre resistenza.
In “Danzando 4” il discorso non cambia di molto, aperture sonore lasciano entrare raggi di sole nella nostra fantasia pur rimanendo sempre in zone nostalgiche. L’esecuzione è ricercata oltre che perfetta nello stile. Sempre il piano si propone in “Luc-Art”, le dita corrono sulla tastiera avanti e indietro proprio come fanno le onde del mare in una risacca. Ballata morbida e cadenzata è “Remember”, accarezzata dal flauto di Denis Garzotto. Più breve “Free Fly 2”, ma qui si alza il ritmo e il violino di Jacopo Pisani apporta una spinta maggiore. “Folk Song” a differenza del titolo inizialmente ha ben poco di popolare, direi piuttosto d’intimistico per poi invece lasciarsi andare in una giocosa stesura che conduce verso il Vesuvio. La title track “To Tell” si presenta con tutte le strumentazioni, un richiamo alla musica classica quasi alla Rondò Veneziano del maestro Reverberi, ma è solo una immediata sensazione che con l’ascolto nel tempo va a svanire lasciando spazio alla personalità ben definita di Basso. Nel titolo “Suoni Di Pace” c’è tutto il significato di quanto ho descritto in precedenza, ossia del saper ponderare nota per nota.
“’76” è un anno che a Luciano Basso ha portato fortuna e probabilmente il titolo di questo brano vuole essere una dedica ad esso o forse no, chissà, resta il fatto che è musica per la mente, solare e delicata. In “Fandango” è quasi più forte il silenzio del suono dei martelletti del pianoforte, la musica è fatta di pause che a loro volta sono fondamentali tanto quanto i suoni, relegando al pezzo una cura maggiore oltre che spunti di riflessione.  E guarda caso giunge il brano “Riflessioni” ma la malinconia questa volta si scansa per la giovialità e di nuovo tornano le coralità strumentali. Il violino apre “Reverse”, ultima composizione del disco che si lascia ascoltare con piacere com’è accaduto per tutto il tragitto sonoro.
“To Tell” è Prog o musica classica moderna? Poco importa il termine, l’importante è che artisti come Luciano Basso siano sempre presenti e ricchi d’ispirazione come in questo caso, poi sarà il tempo a dire chi o come si collocherà questa musica. Consigliato l’ascolto per un vero momento di relax. MS 



https://lucianobasso.bandcamp.com/album/to-tell






Versione inglese: 

LUCIANO BASSO – To Tell
AMS Records
Genere: Classica – Elettronica – Progressive Rock
Supporto: Bandcamp / cd – 2023




When talking about Italian Progressive Rock of the 1970s we must not make the mistake of lumping all bands together.  It is true that the term means experimentation, or at least the desire to push Rock towards new solutions, but beware, the genres within are really many and can range from electronic, to Hard Rock, to classical, to Jazz, to Folk, in short towards many musical styles. The grafts lead to new results that are part of our cultural evolution, the search is never ending, even if many critics say that there is little left to invent.Recall an electronic Battiato in the early 1970s, a symphonic "Concerto Grosso" by the New Trolls, or the Hard Rock of Biglietto Per L'inferno all to confirm the concept. To still see top names at work today only adds to my passion for this genre that has inexorably changed with the times over time but has maintained a willingness to try new things. Experience is essential, also technical expertise that is honed through concerts and many rehearsals.One of the interesting names in Italian Progressive Rock is Luciano Basso, a Venetian keyboardist and pianist from the 1970 band Il Mucchio. Basso, a lover of electronics and classical music, made an important record in 1976 just in his solo debut entitled "Voci" (Vinyl Magic - 1976). Over time he always devoted himself to music steadily and never in a hurry, focusing his attention on every note. This leads to the recording of eight more studio albums, including this latest one "To Tell".The style is personal and well recognizable, the piano sets a distinct imprint through complex sound writing that also brings the listener to considerable attention while listening. In this new album along with Basso who plays piano, we find Arturo Bertin (piano), Denis Garzotto (flute) and Jacopo Pisani (violin).Twelve are the compositions that can be listened to, all with an average duration of four minutes for a total of almost fifty-three pieces of music.The thoughtful notes of the piano follow each other quietly already from the first track "Un Respiro," a studied and melancholic introspection where the mind allows itself to be captivated without putting up resistance. In "Dancing 4" the subject matter does not change much, sonic openings let rays of sunshine into our imagination while still remaining in nostalgic zones. The execution is refined as well as perfect in style. Again the piano comes up in "Luc-Art," fingers running over the keyboard back and forth just as the waves of the sea do in an undertow. A soft, cadenced ballad is "Remember," caressed by Denis Garzotto's flute. Shorter "Free Fly 2," but here the tempo picks up and Jacopo Pisani's violin brings a greater thrust. "Folk Song" unlike the title initially has little of the popular, I would say rather of the intimate to then instead let loose in a playful drafting that leads toward Vesuvius. The title track "To Tell" comes with all the instrumentation, a call to classical music almost a la Rondò Veneziano by maestro Reverberi, but it is only an immediate sensation that with listening over time fades away leaving room for Basso's well-defined personality. In the title "Suoni Di Pace" there is all the meaning of what I described above, that is, of being able to ponder note by note."'76" is a year that brought Luciano Basso good luck and probably the title of this track is meant to be a dedication to it or maybe not, who knows, the fact remains that it is music for the mind, sunny and delicate. In "Fandango" the silence is almost louder than the sound of piano hammers, the music is made up of pauses that in turn are as fundamental as the sounds, relegating to the piece a greater care as well as food for thought.  And lo and behold, the track "Reflections" arrives, but the melancholy this time shrugs off for joviality and again the instrumental choruses return. The violin opens "Reverse," the last composition on the disc, which is left to be listened to with pleasure as it has been throughout the sonic journey. "To Tell" is it Prog or modern classical music? Little does the term matter, the important thing is that artists like Luciano Basso are always present and rich in inspiration as in this case, then time will tell who or how this music will be placed. Recommended listening for a true moment of relaxation. MS


domenica 23 aprile 2023

STEFANO PANUNZI

STEFANO PANUNZI – Pages From The Sea
SP Music / Burning Shed
Genere: Crossover Prog
Supporto: digitale – 2023




E’ sorprendente come nel 2023 puntualmente ci siano ancora persone nei social recriminanti il fatto che il Progressive Rock in Italia sia morto. Oggi abbiamo internet che ci aiuta a scoprire avendo il mondo in casa quante persone si dedichino ancora a questo genere. L’editoria poi ne è piena, escono addirittura riviste dedicate all’argomento come ad esempio “Prog”, cosa che da noi non accadeva neppure negli anni ’70 quando il genere spopolava in tutte le classifiche, oppure in libreria. Personalmente ho scritto quattro libri per Arcana sull’argomento post anni ’70. Eppure è così. Certo è che le vendite non sono molte, il disco a parte qualche ritorno di fiamma vinilico, sono sconfortanti, se non si suona dal vivo il guadagno per un musicista è vicino allo zero. Eppure malgrado mille difficoltà l’amore per questa musica è grande e non si ferma mai. Bene lo sa anche il tastierista romano Stefano Panunzi, il quale esce con la sua quarta fatica in studio intitolata “Pages From The Sea”.
Chi segue il Prog conosce già il nome di Panunzi in quanto presente nel progetto Fijeri, vero e proprio supergruppo fondato nel 1997 e autore di due dischi di notevole fattura intitolati “Endless” (2009) e “Words Are All We Have” (2015), mentre l’ultimo disco della sua carriera solista s’intitola “Beyond The Illusion” (2021) e consegue un buon successo di critica.
Promuove musica raffinata, comparabile a uno stile come quello dei No Man, oppure al David Sylvian, il tutto con un tocco moderno di Porcupine Tree, gruppo inglese preso negli ultimi anni come riferimento per nuovi innesti nel Prog. Nelle realizzazioni si avvale spesso della presenza di numerosi special guest, nel caso di “Pages From The Sea” i nomi sono: Jakko M Jakszyk (King Crimson), Robby Aceto, Pat Mastellotto (King Crimson, ORk), Mike Applebaum (Ennio Morricone, Jovanotti, Zucchero, Tiromancino), Markus Reuter (The Crimson ProjeKct), Sirenée, Sunao Inami, Peter Goddard (The Mousetrap Factory), Peter Dodge, Giacomo Anselmi (Goblin Rebirth), Fabio Fraschini (Novembre, Il Volo, Marina Rei), Fabio Trentini, Stefano Petrocco, Cristiano Capobianco, Luca Fareri, Alessandro Inolti e Nicola Lori (Fijeri). Come avete avuto modo di constatare sono tutti artisti di elevata capacità balistica oltre che di fama, tutto questo apporta all’intero lavoro inevitabilmente una marcia in più e delle alte attese.
Il disco è formato da dodici brani, mentre la bella copertina è di Bernd Webler.
In un movimento di stile King Crimson il disco si apre con “Which Trust?” dal suono caldo e avvolgente grazie al basso di Fabio Fraschini. Non esulano passaggi nel Jazz anche attraverso una tromba. Lo strumentale è bene arrangiato e dimostra stile oltre che la consapevolezza di avere una ragguardevole cultura musicale racimolata negli anni.
Il mondo di Steven Wilson e dei No Man si evince maggiormente in “Not Waiving, But Drowning” dove anche la voce di Jakko M Jakszyk ricorda quella di Tim Bowness o di Giancarlo Erra (No Sound). Il pezzo etereo e sognante lascia poi il passo a “The Secret”, qui il ritmo sale e comunque siamo sempre nei pressi del contesto, questa volta leggermente più incline verso i Porcupine Tree. Con questi nomi non voglio dire che “Pages From The Sea” sia un album derivativo, perché Stefano Panunzi ha una sua netta personalità, dettata dall’animo morbido e gentile riflesso in maniera inequivocabile nelle composizioni realizzate. Con “The Sea” le tastiere fanno sognare ad occhi aperti, qui la musica diventa una telecamera. Nuovi interventi Jazzy si palesano in “You And I”, sempre sognante nell’incedere ma non scontata nella stesura armonica. “Steel Wave” ha frangenti elettrici oltre che elettronici, mentre “Every Drop Of Your Love” è una ballata dotata di autorevole personalità. Il mare, vero protagonista dell’album da come si evince dalla copertina, si quieta e lascia la calma piatta in “Swimming To Sea” dove a tratti il duca bianco David Bowie fa capolino.
“I'm Feeling So Blue” nonostante il titolo non rilascia tristezza, il ritmo è abbastanza alto mentre l’elettronica disegna andamenti orecchiabili che fanno da supporto alla struttura ricercata e soave. Altra quiete con “Those Words (Words are All We Have)”, ennesimo fotogramma sonoro. Fra i passaggi più vigorosi (se così vogliamo chiamarli) troviamo “An Autumn Day”, addolciti dalla voce femminile di Sirenée. E la figura femminile è anche la protagonista di “The Sea Woman”, altra perla sonora di delicata fattura.
La musica di Stefano Panunzi è questa, rispettosa dell’ascoltatore e specchio dell’anima. Non c’è bisogno di spingere sull’acceleratore per correre quando a volte basta semplicemente chiudere gli occhi addirittura per volare. MS

 

 


  Versione Inglese: 


STEFANO PANUNZI – Pages From The Sea
SP Music / Burning Shed
Genere: Crossover Prog
Supporto: digitale – 2023

It is amazing how in 2023 punctually there are still people in social recriminating that Progressive Rock in Italy is dead. Today we have the Internet that helps us find out by having the world at home how many people are still dedicated to this genre. Publishing then is full of it, there are even magazines coming out dedicated to the subject such as "Prog," something that didn't even happen here in the 1970s when the genre was all the rage in the charts, or in bookstores. Personally, I have written four books for Arcana on the topic post 1970s. And yet it is. Of course it is that sales are not many, the record aside from a few vinyl comebacks are discouraging, if you don't play live the income for a musician is close to zero. Yet despite a thousand difficulties the love for this music is great and never stops. Roman keyboardist Stefano Panunzi, who comes out with his fourth studio effort entitled "Pages From The Sea," knows this well.
Those who follow Prog already know Panunzi's name as he is present in the Fijeri project, a real supergroup founded in 1997 and author of two remarkable records titled "Endless" (2009) and "Words Are All We Have" (2015), while the last record of his solo career is titled "Beyond The Illusion" (2021) and achieves good critical success.
He promotes refined music, comparable to a style like that of No Man, or to David Sylvian, all with a modern touch of Porcupine Tree, an English group taken in recent years as a reference for new graft in Prog. In the releases he often makes use of the presence of numerous special guests, in the case of "Pages From The Sea" the names are: Jakko M Jakszyk (King Crimson), Robby Aceto, Pat Mastellotto (King Crimson, ORk), Mike Applebaum (Ennio Morricone, Jovanotti, Zucchero, Tiromancino), Markus Reuter (The Crimson ProjeKct), Sirenée, Sunao Inami, Peter Goddard (The Mousetrap Factory), Peter Dodge, Giacomo Anselmi (Goblin Rebirth), Fabio Fraschini (Novembre, Il Volo, Marina Rei), Fabio Trentini, Stefano Petrocco, Cristiano Capobianco, Luca Fareri, Alessandro Inolti and Nicola Lori (Fijeri). As you have been able to ascertain they are all artists of high ballistic ability as well as reputation, all of which inevitably brings to the whole work a high gear and high expectations.
The record consists of twelve tracks, while the beautiful cover art is by Bernd Webler.
In a King Crimson-style movement, the disc opens with "Which Trust?" with a warm, enveloping sound thanks to Fabio Fraschini's bass. Passages into jazz also through a trumpet do not exude. The instrumental is well arranged and demonstrates style as well as an awareness of a considerable musical culture gleaned over the years.
The world of Steven Wilson and No Man is most evident in "Not Waiving, But Drowning" where Jakko M Jakszyk's voice is also reminiscent of Tim Bowness or Giancarlo Erra (No Sound). The ethereal, dreamy piece then gives way to "The Secret," here the pace picks up and still we are always near the context, this time leaning slightly more toward Porcupine Tree. By these names I do not mean to say that "Pages From The Sea" is a derivative album, because Stefano Panunzi has his own distinct personality, dictated by the soft and gentle soul unmistakably reflected in the compositions made. With "The Sea" the keyboards make one daydream, here the music becomes a camera. New Jazzy interventions become apparent in "You And I," always dreamy in its procession but not predictable in its harmonic drafting. "Steel Wave" has electric as well as electronic bangs, while "Every Drop Of Your Love" is a ballad with authoritative personality. The sea, the real protagonist of the album from as the cover suggests, quiets down and leaves a flat calm in "Swimming To Sea" where at times the white duke David Bowie peeps out.
"I'm Feeling So Blue" despite its title doesn't release sadness, the beat is quite high while the electronics draw catchy gaits that back up the refined and suave structure. More stillness with "Those Words (Words are All We Have)," yet another sonic frame. Among the more vigorous passages (if we want to call them that) we find "An Autumn Day," softened by Sirenée's female voice. And the female figure is also the protagonist of "The Sea Woman," another delicately crafted sonic gem.
Stefano Panunzi's music is this, respectful of the listener and a mirror of the soul. There is no need to push on the accelerator to run when sometimes you simply need to close your eyes even to fly. MS

sabato 22 aprile 2023

Thomas Lassar

THOMAS LASSAR – From Now On
Art Of Melody Music / Burning Minds Music Group
Genere: AOR
Supporto: cd – 2023




La storia del genere musicale A.O.R. ha radici lontane, piantate negli anni ’60 in America quando certi brani cominciano ad avere una durata maggiore rispetto ai 45 giri in voga in quel periodo. E’ un formato prettamente radiofonico e da qui deriva l’abbreviazione in A.O.R. (Album Oriented Radio). Generalmente queste canzoni stazionano dunque nei più capienti 33 giri e in concomitanza con l’uso sempre maggiore della FM radiofonica al posto dell’AM, in America prende piede in maniera importante. Con il passare degli anni sempre nel grande continente, band come Toto, Journey, Rush, Boston prendono maggiormente campo miscelando l’Hard Rock con il Progressive, ed ecco che il Rock diventa sempre più elegante, anche con una punta di Glam. Ed è per questo che il termine A.O.R. può anche significare Adult Oriented Rock. Resta il fatto che la musica proposta generalmente è tanto orecchiabile, seppure dotata di buona tecnica da parte degli strumentisti in azione. Non a caso c’è chi definisce il genere “Hard Pop”.
Anche nel 2023 escono buone realizzazioni da parte di chi comunque nella musica ha militato con professionalità, come nel caso dello svedese Thomas Lassar. Amante ed esecutore delle tastiere sin da bambino Lassar vive la scena svedese facendo parte di alcune band locali, per poi approdare a una delle formazioni più interessanti dell’A.O.R., i Crystal Blue. Purtroppo la band si scioglie presto, e il nostro cantante e tastierista inizia la carriera di turnista collaborando con band anche famose nel panorama in questione come per esempio i Last Autumn’s Dream e i Charming Grace. Con la concomitanza della pandemia, l’artista si chiude in studio per creare il suo primo risultato da solista: “From Now On”.
Il disco contiene un bel libretto per opera di Antonella “Aeglos” Astori con fotografie di Pavel Koubek, mentre le note introduttive sono scritte da Jörg Bonszkowski (Rock It! Magazine, Rock Avenue Radio Show). In esso sono contenuti i testi oltre che i credits brano per brano. Dieci le canzoni e il singolo apripista s’intitola “Whatever I Do”, un pezzo che mostra tutto lo splendore di questo genere, sonorità ampie esaltate da una buona registrazione effettuata al Basement Studio di Orebro in Svezia. Le tastiere ricoprono ovviamente il ruolo di prima donna oltre alla bella voce di Lassar, tuttavia non possono mancare i brevi assolo di chitarra elettrica prerogativa dell’A.O.R. in questo caso effettuato da Rob Marcello. Con l’artista suonano il batterista dei Crystal Blue Fredrik Akermo, il chitarrista degli AMOK Fredrik Fernlund, il bassista Ake Jennstig e il chitarrista ospite Rob Marcello (Defiants) che appunto dona la sua arte in tre tracce.
Non mancano ripetutamente i deja vu, ma poco interessa quando l’energia elargita è pulita oltre che corroborante, “When My Ship Comes In” la sa lunga al riguardo. “Losing Faith” rallenta il ritmo ma non l’intensità, le coralità con cui è composta tendono infatti a farci cantare assieme a loro.
Altra caratteristica dell’A.O.R. sono le ballate, quelle dritte al cuore, senza fare ostaggi come nel caso di “Back Where I Started” o della conclusiva e pianistica “From Now On”. Esistono brani più ricercati ad esempio “In Control”, una semi ballata aperta dalla chitarra acustica oppure “Turn Back Time”, fra le mie preferite. Per il resto tutto gradevole, ben arrangiato e nella norma.
Thomas Lassar rilascia un debutto elegante fatto per chi sa apprezzare la musica in tutte le sue sfaccettature, ma soprattutto tengo a sottolineare che è scritto con il cuore, e si sente! MS 






Versione inglese:




THOMAS LASSAR - From Now On
Art Of Melody Music / Burning Minds Music Group
Genre: AOR
Support: CD-2023


The history of the A.O.R. music genre has distant roots, planted in the 1960s in America when certain tracks began to be longer than the 45 rpm records in vogue at the time. It is a purely radio format and hence the abbreviation in A.O.R. (Album Oriented Radio). Generally, these songs therefore stayed in the larger 33 rpm's and in conjunction with the increasing use of FM radio in place of AM, in America it took off in a big way. As the years went by, still on the great continent, bands like Toto, Journey, Rush, Boston took the field more, mixing Hard Rock with Progressive, and Rock became more and more elegant, even with a hint of Glam. And that is why the term A.O.R. can also stand for Adult Oriented Rock. The fact remains that the music on offer is generally very catchy, albeit with good technique on the part of the instrumentalists in action. It is no coincidence that some call the genre Hard Pop'.
Even in 2023, good achievements come out from those who have been professionally involved in music, as in the case of Swede Thomas Lassar. A lover and performer of keyboards since childhood, Lassar experienced the Swedish scene by being part of a few local bands, before joining one of the most interesting A.O.R. formations, the Crystal Blue. Unfortunately, the band soon broke up, and our singer and keyboard player began a career as a session player, collaborating with bands that were also famous in the scene in question, such as Last Autumn's Dream and Charming Grace. With the concomitance of the pandemic, the artist closes himself in the studio to create his first solo output “From Now On”.
The disc contains a beautiful booklet by Antonella “Aeglos” Astori with photographs by Pavel Koubek, while the introductory notes are written by Jörg Bonszkowski (Rock It! Magazine, Rock Avenue Radio Show). It contains the lyrics as well as track-by-track credits. There are ten songs and the lead single is entitled Whatever I Do', a track that shows all the splendour of this genre, wide sounds enhanced by a good recording made at the Basement Studio in Orebro, Sweden. The keyboards obviously play the role of prima donna in addition to Lassar's beautiful voice, but there is no shortage of short electric guitar solos prerogative of A.OR. in this case performed by Rob Marcello. Playing with the artist are Crystal Blue drummer Fredrik Akermo, AMOK guitarist Fredrik Fernlund, bassist Ake Jenn stig and guest guitarist Rob Marcello (Defiants), who lends his artistry on three tracks.
There is no shortage of deja vu repeatedly, but it matters little when the energy bestowed is clean as well as invigorating. When My Ship Comes In' knows a lot about that. "Losing Faith" slows the pace but not the intensity, the chorality with which it is composed tends to make us sing along. Another characteristic of A.O.R. are the ballads, those straight to the heart, without making hostages as in the case of Back Where I Started or the concluding, piano-driven From Now On'. There are more sophisticated tracks such as In Control, a semi-ballad opened by the acoustic guitar, or Tum Back Time, one of my favourites. Otherwise everything is pleasant, well arranged and within the norm. MS
Thomas Lasser releases an elegant debut made for those who know how to appreciate music in all its facets, but above all I would like to emphasise that it is written from the heart, and it can be heard! MS

Supercanifradiciadespiaredosi

SUPERCANIFRADICIADESPIAREDOSI – Aggiovaggio
Aramis Records/Lizard Records
Genere: Progressive Rock – Rock
Supporto: vinile 12” – Digital – 2023




Leggere e ascoltare, quanto è mancato! Un balzo indietro nel tempo con un supporto vinilico in mano e tanto di fumetto allegato di sedici pagine, con testi e quant’altro, una vera goduria. Sembra di tornare negli anni ’70, seduto avanti ad un buon stereo, un’incisione fatta a regola d’arte e un concept da seguire per una suite dove il viaggio verso Giove tiene alta la tensione.
Il trio trentino Supercanifradiciadespiaredosi ritorna così dopo ben cinque anni dall’ottimo “Geni Compresi” (Lizard Records – 2017), con un innesto nuovo nella line up, Nestor Fasteedio al secondo basso. Avete letto bene, trattasi di formazione decisamente anomala con due bassi e una batteria, l’altro basso è suonato da Brodolfo Sgangan (Boris Saracco) mentre dietro alle pelli siede Randy Molesto. La musica non è di certo convenzionale, rispecchia il gusto per la satira che si spalma fra le note e il cantato, tuttavia essendo una suite di dodici minuti suddivisa in otto parti nel lato A e una performance live nel lato B, porta a inserirla nel contesto sperimentale grazie anche ai riferimenti nei confronti di King Crimson, Magma, Rush e Yes.
“Aggiovaggio” è quindi una mini opera Rock a tutti gli effetti, formata da riferimenti come già detto verso il passato ma con uno sguardo dritto al futuro.
Il viaggio cosmico non può partire che con il “Decollo”. La navicella si chiama Bautilus ed è costruita dalla NASO (sì, avete letto bene, perchè è fatta a forma di naso). I bassi pulsano come propulsori e sputano i nostri tre eroi fuori dell’atmosfera, dove ad attenderli c’è la quiete. Musica senza chitarre e tastiere, eppure non si patisce la mancanza, perché i musicisti affrontano le melodie con ricercatezza ma anche nuove soluzioni supportate dalla graffiante voce di Brodolfo. I cambi di ritmo sono ovviamente annessi al viaggio, essi descrivono le varie fasi della storia. La velocità del Bautilus si stabilizza, tutto sembra procedere secondo i piani mirando verso Giove. Un Blues accompagna il movimento, ma improvvisamente un ritmo serrato di batteria fa da colonna sonora a ciò che accade, una navicella aliena colpisce il trio con un vortice magnetico che fonde le tre menti dei passeggeri cancellandogli i ricordi, l’attimo si chiama “Attacco Alieno”. Storditi in una sorte di lobotomia cerebrale, si spingono verso un “Buco Nero” ma fortunatamente ne escono illesi. La rotta però è cambiata, sono ora diretti verso l’enorme satellite “Ganimede” mentre la musica richiama materiale King Crimson. Durante il percorso fuori il buco nero avviene imminente l’incontro con “Nautilo”, un enorme essere portatore di vita sulla terra. Esso inocula nelle menti dei tre passeggeri il seme del ricordo, così la missione di scendere sul pianeta gassoso è ripristinata. Con un “Aggiovaggio” perfetto, il trio apre lo sportellone del Bautilus apportando in questo mondo ossigeno che mischiandosi all’idrogeno esistente nell’atmosfera come un liquido seminale, dona la vita all’enorme pianeta facendo nascere anche la fauna. La musica diviene gioiosa mentre i testi dell’atto conclusivo “Vita”, composta da primitivi canti sciamani rifatti in verso, decantano: “Eccoci, siamo il loro Dio, ma chi è il Dio del Nautilo? Di chi è Dio Giove?”. Probabilmente è l’inizio di una nuova storia, di certo non la fine.
“Ognuno è il Dio di qualcun altro”.
Tante idee, in “Aggiovaggio”, buona tecnica, suoni, armonie, energia, psichedelia, un trip da affrontare con il libretto in mano per gustarla a pieno nella sua interezza. Vista la formazione strumentale è ovvio che il ritmo faccia da padrone, e quindi resterà anche difficile rimanere fermi durante l’ascolto. I Supercanifradiciadespiaredosi sono davvero coinvolgenti!
I disegni fatti a mano del libretto sono di Brodolfo Sgangan.
Finalmente qualcuno che esalta l’artwork, perché negli ultimi decenni la musica liquida ha fatto perdere questo rapporto fisico fra musica e supporto, probabilmente qualche neofita si innamorerà oggi di questo connubio, mentre i più attempati come me non possono che godere di questo ritorno.
Dell’album che viaggia alla velocità di un 45 giri per una migliore qualità sonora, sono state stampate 300 copie, cosa aspettate ad acquistarne una? Almeno per curiosità o per ricordare i bei tempi che furono. MS

  



Versione Inglese: 



SUPERCANIFRADICIADESPIAREDOSI – Aggiovaggio
Aramis Records/Lizard Records
Genere: Progressive Rock – Rock
Supporto: vinile 12” – Digital – 2023


Reading and listening, how much it has been missed! A leap back in time with a vinyl stand in hand and lots of attached sixteen-page comic book, with lyrics and whatnot, a real treat. It feels like going back to the 1970s, sitting in front of a good stereo, a professionally made recording and a concept to follow for a suite where the journey to Jupiter keeps the tension high.The Trentino trio Supercanifradiciadespiaredosi thus returns after a good five years since the excellent "Geni Compresi" (Lizard Records - 2017), with a new graft in the line up, Nestor Fasteedio on second bass. You read that right, this is definitely an anomalous lineup with two basses and one drum set, the other bass is played by Brodolfo Sgangan (Boris Saracco) while behind the skins sits Randy Molesto. The music is certainly unconventional, reflecting the taste for satire that is smeared between the notes and the singing, however being a twelve-minute suite divided into eight parts on side A and a live performance on side B, leads one to place it in the experimental context thanks also to the references towards King Crimson, Magma, Rush and Yes. "Aggiovaggio" is thus a mini Rock opera in its own right, formed by references as already mentioned toward the past but with a straight look to the future.The cosmic journey can only start with "Takeoff." The spacecraft is called Bautilus and is built by NASO (yes, you read that right, because it is made in the shape of a nose). The bass pulses like thrusters and spits our three heroes out of the atmosphere, where quiet awaits them. Music without guitars and keyboards, yet one does not suffer the lack, as the musicians tackle the melodies with sophistication but also new solutions supported by Brodolfo's scratchy voice. Changes of rhythm are obviously attached to the journey; they describe the various stages of the story. The speed of Bautilus stabilizes, everything seems to proceed according to plan aiming toward Jupiter. A Blues accompanies the movement, but suddenly a tight drum beat acts as a soundtrack to what is happening, an alien spacecraft hits the trio with a magnetic vortex that merges the three minds of the passengers erasing their memories, the moment is called "Alien Attack." Stunned in a kind of cerebral lobotomy, they drive into a "Black Hole" but fortunately emerge unharmed. The course, however, has changed; they are now headed toward the huge satellite "Ganymede" while the music recalls King Crimson material. On the way out of the black hole an encounter with "Nautilo," a huge life-bearing being on earth, occurs imminently. It inoculates in the minds of the three passengers the seed of remembrance, so the mission to descend to the gaseous planet is restored. With a perfect "Aggiovaggio," the trio opens the hatch of the Bautilus bringing oxygen into this world, which, mixing with the hydrogen existing in the atmosphere as a seminal liquid, gives life to the huge planet while also giving birth to fauna. The music becomes joyful as the lyrics of the closing act "Life," composed of primitive shaman chants remade into verse, decant, "Here we are, we are their God, but who is the God of Nautilus? Whose God is Jupiter?" It is probably the beginning of a new story, certainly not the end.
"Everyone is someone else's God."
Lots of ideas, in "Aggiovaggio," good technique, sounds, harmonies, energy, psychedelia, a trip to be approached with the booklet in hand to fully enjoy it in its entirety. Given the instrumental lineup, it is obvious that the rhythm plays the lead, and so it will also remain difficult to stay still while listening. Supercanifradiciadespiaredosi are truly engaging!
The handmade drawings in the booklet are by Brodolfo Sgangan.
At last someone extolling the artwork, because in the last decades liquid music has caused this physical relationship between music and medium to be lost, probably some neophytes will fall in love with this union today, while the older ones like me can only enjoy this comeback.
Of the album that travels at the speed of a 45 rpm for better sound quality, 300 copies were printed, so what are you waiting for to buy one? At least out of curiosity or to remember the good old days. MS

domenica 9 aprile 2023

Ricochet

RICOCHET – Kazakhstan
Timzone Distribution
Genere: Metal Progressive
Supporto: digitale – 2023



Quando l’esperienza è annosa, e quindi la band fra gli elementi si conosce da anni, il risultato sonoro è generalmente buono. Lo si è costatato in migliaia di band che hanno realizzato nel tempo dischi di buona fattura, il genere Metal Progressive non si discosta da quest’atteggiamento il quale potrebbe addirittura avvicinare nuovi proseliti al genere.
Ascoltare oggi un disco come questo dei tedeschi Ricochet è piacevole perché si possono estrapolare diverse sensazioni e intuizioni che fanno presagire a un approccio sia vintage sia moderno fra le note. Ecco dunque l’esperienza a cui faccio fede, unire differenti sonorità sotto la bandiera della formula canzone dalla facile assimilazione, porta spesso a risultati piacevoli.
La band di Amburgo si compone nei primi anni ’90 e realizza il debutto “Among The Elements” nel 1996. Sin dall’esordio s’intuisce a dovere il piacere che hanno nel proporre Metal Progressive melodico, tanto da farli entrare immediatamente nei cuori degli estimatori del genere. Restando su elevati criteri di produzione, i Ricochet danno vita a “Zarah - A Teartown Story” nel 2005 dopo un lungo stop. Oggi la band è composta da Michael Keuter (voce), Heiko Holler (chitarra), Hans Strenge (basso), Björn Tiemann (tastiere), e Jan Keimer (batteria).
Il disco “Kazakhstan” è registrato nei studio Art Of Music sotto le dita e le orecchie esperte di Jens Lück (Single Celled Organism) ed è formato da nove canzoni tutte della media durata di sei minuti, poco più o poco meno. Lo stile della band è riconoscibile in quanto riesce a fondere facili melodie ad assoli di buona tecnica strumentale, il tutto questa volta sotto una sfumatura psichedelica e in ambientazioni alquanto oscure. Non che il disco sia triste, anzi, tempi ritmati sono la maggioranza, vedi “King Of The Tales”, anche l’iniziale “The Custodians” ci mette in guardia sull’andamento del disco. La voce del nuovo cantante Keuter è quantomeno ottima, un mix di stili fra i quali nei frangenti più alti ricorda quella di Bruce Dickinson (Iron Maiden). Il vocalist ha militato nella band cover dei Uriah Heep, Easy Livin’ e ha partecipato a dischi di componenti della band sempre tedesca e storica Helloween. Fra rassegnazione e speranza, i testi narrano di comportamenti umani alquanto discutibili in questa era, ciò però non compone un vero e proprio album concept.
“Farewell” della durata di nove minuti abbondanti, alza il tiro e ci fa entrare con i piedi e tutto nel mondo Progressive dei Ricochet, fatto appunto di strumentali tecnici e sorprese melodiche. Qui risiede tutto il piacere di ascoltare Metal Progressive.
Altro pezzo che mi convince molto s’intitola “Waiting From The Storm” tanto per rimanere su certi livelli emotivi. Nei movimenti più pacati emergono riferimenti a band storiche come ad esempio gli americani Queensryche, il tutto senza fare il verso alla band di Seattle, bensì con la suddetta personalità che li contraddistingue.
Non voglio questa volta privare le sorprese dell’ascolto spoilerando tutto l’album, tuttavia tengo a sottolineare la conclusiva title track “Kazakhstan” che ha incorporata in se le radici di certa musica del luogo, fascino annesso.
Per dirla tutta è un disco che consiglio a tutti, non solamente a chi ascolta Metal Progressive, questo è un buon anello mancante fra Prog e Metal Prog, realizzato con indiscutibile professionalità. Ascoltatelo, non ve ne pentirete. MS









Versione Inglese: 


RICOCHET - Kazakhstan
Timzone Distribution
Genre: Progressive Metal
Support: digital - 2023


When the experience is long-standing, and thus the band among the elements has known each other for years, the sonic result is generally good. This has been observed in thousands of bands that have made good records over time, the Metal Progressive genre does not deviate from this attitude which may even bring new proselytes to the genre.
Listening today to a record such as this one by the Germans Ricochet is enjoyable because one can extrapolate various sensations and insights that hint at both a vintage and modern approach among the notes. Here, then, is the experience to which I put my faith, uniting different sounds under the banner of the easily assimilated song formula often leads to pleasing results.
The Hamburg-based band was formed in the early 1990s and released their debut "Among The Elements" in 1996. Right from the debut, one can properly sense the pleasure they have in offering melodic Progressive Metal, so much so that they immediately enter the hearts of admirers of the genre. Remaining on high production standards, Ricochet gave birth to "Zarah - A Teartown Story" in 2005 after a long stop. Today the band consists of Michael Keuter (vocals), Heiko Holler (guitar), Hans Strenge (bass), Björn Tiemann (keyboards), and Jan Keimer (drums).
The album "Kazakhstan" is recorded in the Art Of Music studios under the expert fingers and ears of Jens Lück (Single Celled Organism) and consists of nine songs all averaging six minutes in length, a little more or a little less. The band's style is recognizable in that it manages to blend easy melodies with solos of good instrumental technique, all this time under a psychedelic tinge and in rather dark settings. Not that the record is gloomy, on the contrary, rhythmic tempos are the majority, see "King Of The Tales," even the opening "The Custodians" warns us about the record's progression. New vocalist Keuter's voice is at the very least excellent, a mix of styles among which in the highest bangs is reminiscent of that of Bruce Dickinson (Iron Maiden). The vocalist played in Uriah Heep's cover band, Easy Livin', and has participated in records by members of the also German and historical band Helloween. Between resignation and hope, the lyrics tell of rather questionable human behavior in this era, this however does not compose a true concept album.
"Farewell" lasting a good nine minutes, raises the bar and makes us enter with feet and all into the Progressive world of Ricochet, made precisely of technical instrumentals and melodic surprises. Herein lies the whole pleasure of listening to Progressive Metal.
Another piece that really convinces me is entitled "Waiting From The Storm" just to stay on certain emotional levels. In the more sedate movements, references to historical bands such as the American Queensryche emerge, all without making the Seattle band sound like that, but rather with the aforementioned personality that sets them apart.
I do not want to deprive listening surprises this time by spoiling the whole album, however I would like to emphasize the concluding title track "Kazakhstan" which has embedded in it the roots of certain local music, charm attached.
To put it bluntly, this is an album I recommend to everyone, not only to Progressive Metal listeners, this is a good missing link between Prog and Metal Prog, made with unquestionable professionalism. Give it a listen, you will not regret it. MS

sabato 8 aprile 2023

Ascher

ASCHER – Beginnings
https://ascher1.bandcamp.com/album/beginnings
Genere: Progressive Rock
Supporto: digitale




Non è mai troppo tardi per un inizio. La natura dell’uomo lo porta a essere sempre propositivo per il futuro, ci spinge anche la curiosità e la voglia di migliorare la nostra vita. In fondo è anche un rimandare la fine, questa destinazione che vorremmo sempre evitare. La musica poi non ha età, la voglia di scoprire, provare, confrontarsi, interagire prevarica ogni giorno del nostro calendario. Ed è bello imbattersi in nuovi progetti, quelli che non conosci e incontri per caso. Navigando su internet, come spesso mi capita di fare alla ricerca di nuove emozioni. Qui vado a conoscere gli americani Ascher. La band comprende Doug Bowers (chitarra, basso, tastiere, voce), Blake Dickeson (chitarre ritmiche), Rob Perez (chitarra solista) e Kyle Graves (voce solista). Potremmo anche definirlo un super gruppo, perché Doug Bowers milita negli Ad Astra, KDB3, Vertical Alignment e Rob Perez nei Visual Cliff, Bluesyndrome.
Fatte le presentazioni, veniamo al disco, il quale ha una bella copertina che esprime al meglio il concetto di “inizio”, peccato solamente che sono in possesso di file e non del supporto fisico, per cui riguardo all’artwork, che ritengo parte integrante di un lavoro, la faccenda finisce qui. Non  ho neppure un buon supporto sonoro per cui mi accontento di quello che viene, ma tanto basta per farmi incuriosire.
L’ipotetico disco è composto di nove brani strumentali per una durata totale di cinquantasette minuti di musica.
Quello che si ascolta in “Beginnings” è un Progressive Rock scorrevole, maggiormente tendente agli anni ’80 spesso carico di energia, proprio come nell’iniziale e strumentale “Beginnings” dove alcuni riferimenti ai canadesi Rush mi vengono alla memoria. Come spesso succede, la musica americana si lascia ascoltare con piacere in quanto attenta all’eleganza di certe armonie, uno stile che rende sicuramente l’ascolto scorrevole. Dunque in questi sei minuti di musica si denota la spina dorsale della band, la quale è sostenuta da un’ottima ritmica oltre che da una chitarra malleabile a tutte le situazioni. Energia anche nella successiva “In The Clear Distance” sull’orlo dell’AOR, qui la voce di Kyle Graves si presenta senza mai strafare, resta su tonalità medie e probabilmente fa anche bene. Quello che gradisco molto nell’approccio sonoro degli Ascher è l’utilizzo degli assolo strumentali, messi al momento giusto e mai invadenti o logorroici a favore della struttura “canzone” la quale sicuramente ci guadagna in fluidità.
Ed ecco una sorpresa, dopo quanto narrato giunge un’inattesa inversione di marcia verso il sound malinconico dei Marillion anni ’80, questo non per la voce distante da quella del grande Fish o di Hogarth, ma per le tastiere e le melodie. Il brano s’intitola “The Great Divide” e nei sette minuti abbondanti mi convince a eleggerlo il migliore di tutto il lavoro. Ritorna il ruggire della chitarra elettrica in un brano mix fra Funky e Hard Rock, “Ransom For The Righteous”, qui i componenti si divertono a farci saltellare sul posto durante l’ascolto, trascinante e diretto. Ma improvvisamente ecco calare il buio attraverso la criptica “De Profundis”. Per fortuna arriva la chitarra a squarciare il cielo e offrirci un raggio di luce, metafora della vita, anche se malauguratamente ci troviamo spesso in situazioni avverse, prima o poi arriva sempre il sole. Un altro strumentale notevole è “Nail Soup”, qui ritorna il divertimento che hanno i musicisti a suonare la loro musica. In quanto ad intensità ci pensa la successiva “What The World Can't Give”, una carica di adrenalina travolge durante l’ascolto, ottimo Prog. “Wheels Turning Now” chiude con eleganza. Esiste anche una bonus track intitolata “The Instrumental Divide”, vetrina per le chitarre elettriche oltre che di tecnica.
Con “Beginnings” non ci si trova avanti ad un capolavoro, sia ben chiaro, ma semplicemente si ascolta bella musica, arrangiata e melodica. Di tanto in tanto ci sono impennate di stile e di tecnica che non guastano mai. Molte volte ho detto che la semplicità paga e se poi è supportata dall’esperienza, può anche divenire contagiosa, come si dice… Chi si accontenta gode, ma sappiamo bene che il progghettaro è esigente, ebbene anche lui qui troverà spunti interessanti per il suo inappagabile palato. MS





 


Versione Inglese:



ASCHER - Beginnings
https://ascher1.bandcamp.com/album/beginnings
Genre: Progressive Rock
Support: digital


It is never too late for a beginning. Man's nature leads him to always be purposeful for the future, curiosity and the desire to improve our lives also drives us. After all, it is also a postponement of the end, this destination that we would always like to avoid. Music then is ageless, the desire to discover, to try, to compare, to interact overrides every day of our calendar. And it is nice to come across new projects, those you do not know and meet by chance. Surfing the Internet, as I often do in search of new excitement. Here I go to meet the Americans Ascher. The band includes Doug Bowers (guitar, bass, keyboards, vocals), Blake Dickeson (rhythm guitars), Rob Perez (lead guitar) and Kyle Graves (lead vocals). We could also call it a super group, because Doug Bowers is in Ad Astra, KDB3, Vertical Alignment and Rob Perez in Visual Cliff, Bluesyndrome.
Having made the introductions, let us come to the record, which has a beautiful cover that best expresses the concept of "beginning," too bad only that I am in possession of files and not the physical support, so regarding the artwork, which I consider an integral part of a work, that's the end of the matter. I don't even have a good sound carrier so I'm content with what comes, but it's enough to make me curious.
The hypothetical record consists of nine instrumental tracks with a total duration of fifty-seven minutes of music.
What one hears in "Beginnings" is smooth Progressive Rock, more tending toward the 1980s often charged with energy, just as in the opening and instrumental "Beginnings" where some references to Canadian Rush come to mind. As is often the case, American music is a pleasure to listen to as it pays attention to the elegance of certain harmonies, a style that certainly makes for a smooth listening experience. So in these six minutes of music one denotes the backbone of the band, which is supported by excellent rhythmics as well as a guitar malleable to all situations. Energy also in the following "In The Clear Distance" on the brink of AOR, here Kyle Graves' vocals show up without ever overdoing it, he stays on medium tones and probably does well too. What I really like in Ascher's sonic approach is the use of instrumental solos, placed at the right time and never intrusive or logorrhoeic in favor of the "song" structure which certainly gains in fluidity. And here comes a surprise, after what has been narrated comes an unexpected turn toward the melancholy sound of 80s Marillion, this not because of the distant vocals from the great Fish or Hogarth, but because of the keyboards and melodies. The song is titled "The Great Divide," and in its seven-plus minutes convinces me to elect it the best of the whole work. The roaring of the electric guitar returns in a mix track between Funky and Hard Rock, "Ransom For The Righteous," here the components enjoy making us jump on the spot while listening, dragging and direct. But suddenly here darkness falls through the cryptic "De Profundis." Fortunately, the guitar arrives to rip open the sky and offer us a ray of light, a metaphor for life, even if we are unfortunately often in adverse situations, sooner or later the sun always comes. Another remarkable instrumental is "Nail Soup," here the fun the musicians have playing their music returns. In terms of intensity we are taken care of by the following "What The World Can't Give," a charge of adrenaline overwhelms while listening, excellent Prog. "Wheels Turning Now" closes with elegance. There is also a bonus track entitled "The Instrumental Divide," a showcase for electric guitars as well as technique.
With "Beginnings" one is not standing before a masterpiece, let me be clear, but simply listening to beautiful music, arranged and melodic. Occasionally there are surges of style and technique that never hurt. Many times I have said that simplicity pays off, and if it is then supported by experience, it can even become contagious, as they say... He who is content enjoys it, but we know that the proggeteer is demanding, well he too will find interesting cues for his unquenchable palate here. MS