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venerdì 31 marzo 2023

The Waking Sleeper Band

THE WAKING SLEEPER BAND – Planetarium
Autoproduzione
Distribuzione: Black Widow Records
Genere: Neo Prog / Prog Metal
Supporto: CD - 2023




Quante volte di notte abbiamo alzato lo sguardo al cielo per meravigliarci di quanto siamo piccoli. Questo accade sin dai tempi dei tempi, ma quando l’uomo ha cominciato a fare un’attenta osservazione dei movimenti stellari per regolarsi sia con il tempo sia per le fasi di semina agra alimentare, il significato cambia radicalmente. L’osservazione della volta celeste è un infinito studio ancora oggi, la differenza è che ai giorni nostri siamo in possesso di una differente tecnologia che ci permette tramite satelliti e telescopi incredibilmente efficaci, di effettuare ricerche scrupolose rispetto al passato. Ma quello che hanno fatto maestri come Pitagora, Aristotele, Archimede e Tolomeo per giungere sino all’età moderna con Copernico, Galileo, Keplero, Newton, Einstein e Hawking, è assolutamente importante oltre che fondamentale. Oggi scopriamo nuove galassie, ma in realtà quello che vediamo potrebbe non essere più, questo perché l’immagine nello spazio viaggia a una velocità ben stabilita e magari compie anche un viaggio di milioni di anni luce e quindi chissà se quel pianeta che ci manda la sua visione oggi in realtà esiste più? In parole povere l’infinito fa parte di noi e della nostra curiosità, ben sanno i The Waking Sleeper Band che con il terzo album da studio intitolato “Planetarium” si addentrano proprio in queste visioni cosmiche attraverso la storia e la vita dei già citati maestri del campo.
La band si forma nel 2012 a Genova ed esordisce lo stesso anno con “The Waking Sleeper”. Nel 2016 è la volta dell’album dedicato a Oscar Wilde, “Form & Appearance”, del quale partono subito spettacoli di presentazione, al Palazzo Imperiale il 15 Aprile, il live al Balera il 20 Maggio, il concerto al Teatro Carignano il 19 Giugno, il live unplugged al Garden dell’Hotel Europa a Rapallo il 16 Luglio ed infine il 9 di dicembre la Waking Sleeper Band in concerto al Teatro Von Pauer.
“Planetarium” è un concept suddiviso in dieci canzoni suonate da Maurizio Antognoli (pianoforte e voce), Marco Fuliano (batteria), Simone Carbone (basso), Andrea Kala (chitarra) e Roberto Ferrari (synth, tastiere).
La musica proposta viaggia attraverso anni di Progressive Rock ma pone un’attenzione particolare agli anni ’80. Maggiore è l’approccio verso le melodie di facile assimilazione piuttosto che su scale tecniche ricercate e impegnative. Ed è la title track “Planetarium” a spedirci immediatamente nel cosmo trattando la visione di Archimede, non a caso creatore del primo rudimentale planetario di cui si abbia traccia documentata. Il Planetarium rappresenta dunque lo strumento che permette di creare un collegamento tra noi e l’infinito.
Inizia la musica, un Rock al limite dell’AOR si supporta di buone vocalità anche femminili nei cori oltre che di efficaci arrangiamenti e un buon assolo di chitarra, seppur breve. Il viaggio è partito e passa attraverso il secondo brano (anche secondo singolo dell’album) intitolato “Astral Mathematics”. Dedicato alla visione cosmologica di Pitagora, il movimento è Hard Prog con un ritornello accattivante, mentre la voce mi ricorda istanti sonori realizzati dalla band Threshold. Immaginate ora di ascoltare gli americani Echolyn cimentarsi in un brano Metal Prog, questo si può fantasticare durante l’ascolto di “The Earth Is The Center”, la band ha davvero un grande bagaglio culturale oltre che tecnico, mentre le scoperte durante gli ascolti non finiscono qui. Ed ecco il Neo Prog affacciarsi all’inizio di “Perception”, qui le tastiere e precisamente il piano, ricopre un ruolo importante, anche se le chitarre distorte non mancano nuovamente. Il brano strumentale è impreziosito da un lavoro chitarristico di notevole fattura, vetrina per le doti tecniche di Andrea Kala. Fra le mie preferite c’è “All Around The Sun” probabilmente perché più legata a certi stilemi che mi ricordano ad esempio gli Yes, anche se confesso che è veramente arduo cercare un brano migliore di un altro, a conferma di una solida uniformità sonora. Il cosmo appare alla vista anche attraverso “Star Watcher”, canzone che fonde perfettamente il genere Prog Rock attraverso il passato ed il presente. I suoni di “Harmonices Mundi” non si discostano poi molto da quanto detto del precedente, anche se qui sono maggiormente palesi le coralità alla Yes. “Falling Eternally” è una splendida ballata, tutta da ascoltare ad occhi chiusi. Un altro singolo tratto dall’album s’intitola “Relative” e mostra una band vigorosa decisamente intenta a giocare con le arie sia melodiche che rozze. La spaziale “Planetarium Reprise” è toccante e sunto di quanto ascoltato, essa ci fa abbassare il capo dal cielo, la perlustrazione giunge quindi al termine.
Tengo a sottolineare la bellezza della voce di Maurizio Antognoli, questo perché in Italia siamo molto spesso carenti sotto quest’aspetto. Un album che si lascia godere nell’interezza e anche dalla spiccata personalità. Complimenti The Waking Sleeper, un passo decisamente in avanti rispetto ai lavori precedenti. MS 





giovedì 30 marzo 2023

POST PROG MODERNO - L'alba Di Una Nuova Era

POST PROG MODERNO

L'Alba Di Una Nuova Era 

(Arcana edizioni)

Di Massimo Salari




Scatta la caccia al mio nuovo libro POST PROG MODERNO - L'Alba Di Una Nuova Era.
La prefazione dell'opera è di Fabio Zuffanti, mentre la copertina è della Bonfili Design Graphic & Advertising.

La musica rappresenta da sempre la società in cui viviamo al momento, ma c’è un genere in particolare che non si piega alle mode: il Progressive Rock. Artisti pionieri vanno alla ricerca di nuove sonorità e soluzioni tanto da divenire nei decenni veri e propri punti di riferimento per la musica del futuro. Il Progressive Rock con il tempo si distanzia fisiologicamente da se stesso e necessita quindi di una nuova collocazione. Gli anni ’60 e ’70 sono stati fondamentali, ma la tecnologia evolve, e così inevitabilmente la nostra vita. Questo viaggio fra passato, presente e futuro narra di una nuova era, e fissa un paletto necessario per non confondere più il significato di Progressive Rock: POST PROG MODERNO. Nel libro segue uno sguardo ai pionieri, a chi ha influenzato i tempi moderni e al mondo sperimentale, quello che osa e muta l’evoluzione del Rock. Per il Progressive Rock inizia una nuova era.

Approfondimenti sulla vita e discografia di band come Porcupine Tree, No Man, Steven Wilson, The Pineapple Thief, Soen, Pain Of Salvation, Riverside, Anathema, Opeth, Anathema e Tool.
Segue uno sguardo alle band italiane e mondiali diviso per nazioni.

Intervista ai RAVEN SAD (Samuele Santanna) e KARMAMOI (Daniele Giovannoni).

Dove sta andando il Prog Rock? Qui la mia disamina, da non perdere.


sabato 25 marzo 2023

RPWL

RPWL - Crime Scene
Gentle Art Of Music
Genere: Neo Prog
Supporto: cd – 2023




Ne è passato di tempo da quando i tedeschi RPWL (sono le iniziali di Risettion-Postl-Wallner-Lung, i membri della band) hanno iniziato come cover band dei Pink Floyd, era il 1997. Ricordo ancora la mia sorpresa durante l’ascolto dell’album d’esordio “God Has Failed” (Tempus Fugit - 2000), una buona pulizia sonora, atmosfere psichedeliche e chitarre alla Gilmour, una bella carta d’identità goduriosa per un fans come me del quartetto di Londra. Ho sempre amato questa musica e le sonorità proposte mi hanno fatto spesso sognare ad occhi aperti, specialmente durante gli assolo. Le melodie sono state la carta vincente dei RPWL, sempre attenti alla canzone, così da poter cantare e ricordare la musica assieme a loro. A seguire tre album che mi sono entrati nel cuore, ossia “Trying To Kiss The Sun” (Tempus Fugit – 2002), “Stock” (Tempus Fugit – 2003” e il grande passo verso il successo “World Through My Eyes” (Inside Out Music – 2005), dopo di che altre buone realizzazioni ma di base abbastanza standard per lo stile RPWL. L’ultimo loro album risale al 2019 e s’intitola “Tales From Outer Space” (Gentle Art Of Music) ma vengono a mancare quei assolo che hanno fatto scaturire in me l’amore nei loro confronti. Come si dice in gergo, solo compiti ben eseguiti. In totale realizzano in studio nove album. Oggi ritroviamo il quartetto con nuovi innesti nella line up, a parte gli storici Yogi Lang (voce, tastiere) e Kalle Wallner (chitarre), subentrano Marc Turiaux alla batteria e Markus Grützner al basso.
“Crime Scene” è un concept album sul comportamento dell’uomo fra male e bene, gettando uno sguardo anche a certi criminali come il necrofilo di Dresda Carl Tanzler e il serial killer di Munsterberg, Karl Denke. Non esula la violenza domestica, un tumore di questa nostra società che sembra soltanto a data essere avanti nei tempi ma che ancora cela all’interno comportamenti atavici. Nonostante le pesanti argomentazioni, il sound della band rimane sempre solare e arioso, come già si può evincere all’ascolto dell’iniziale “Victim Of Desire”, lunga canzone bene arrangiata ed eseguita pur essendo priva di picchi emotivi altisonanti. I nuovi membri sembrano essersi perfettamente inseriti nel contesto rilasciando un’ottima prova strumentale. L’acustica “Red Rose” è una bella ballata semplice basata su buoni arpeggi e un cantato sentito, come spesso Yogi Lang ci ha abituati, tanto da sembrare un brano tratto da un suo album solista. Queste sono atmosfere in cui sanno giocare bene, di certo una loro peculiarità. Si entra con tutti i piedi nel mondo Neo Prog con la successiva “A Cold Spring Day”, gradevole ma niente di speciale perché ricolma di dejà vu, specialmente di certi passaggi già adoperati nei dischi passati. Più ricercata anche nei suoni a effetto “Life In A Cage”, un inizio sornione lascia spazio a un crescendo emotivo funzionale, qui si possono notare le influenze che i Porcupine Tree hanno rilasciato negli anni a tutte le band di Progressive Rock. Il carattere della band però esce fuori in “King Of The World”, mini suite di tredici minuti fra cambi di ritmo, buoni assolo di tastiere seppur senza strafare e di chitarra, che in questo caso non tende a emulare il suddetto Gilmour. Finale più roccioso con “Another Life Beyond Control”, buon episodio della loro carriera.
Questo nuovo album è quindi un compito ben eseguito, buone idee, anche se mancano i già nominati picchi emotivi tuttavia l’ascolto scivola via che è un piacere. Non resta in mente un brano o un motivo in particolare e questo mi suggerisce che il sound si è oramai inflazionato, comunque intendiamoci,  di dischi così ce ne fossero…
Chi non conosce la band troverà un lavoro grandioso, a me che amo da sempre i RPWL mi ha lasciato un poco di amaro in bocca, anche se vedo “Crime Scene” già un passo in avanti rispetto al precedente “Tales From Outer Space”.  Suggerisco alla band di fare una riflessione sulla mancanza di passaggi strumentali importanti come hanno saputo sciorinare nel tempo. MS 





giovedì 23 marzo 2023

Old Rock City Orchestra

OLD ROCK CITY ORCHESTRA – Y (Ipsilon)
M.P. & Records / Edizioni Musicali Micio Poldo
Distribuzione: G.T. Music
Genere: Dark Rock Prog
Supporto: cd – 2023




Uno degli argomenti più cari all'arte nel senso generale è l’eterna lotta fra il bene e il male. Nel corso della vita ci siamo trovati molte volte avanti al bivio di scelte che hanno portato a risultati ben differenti. E’ nella natura dell’uomo. La musica ha trattato l’argomento in svariate sfumature e modalità, come per esempio non ricordare l’opera Rock Progressiva delle Orme “Felona E Sorona”? Il concept è argomento infinito fatto appunto di scelte, dove il mondo e l’uomo sono protagonisti.
Sembrano addentrarsi in questo cammino anche gli orvietani Old Rock City Orchestra, band di cui ho già avuto modo negli anni di tesserne le lodi. In questo quarto lavoro in studio il titolo è “Y”, lettera che simboleggia due possibili percorsi di vita.
Nel disco suonano Cinzia Catalucci (voce, tastiere), Raffaele Spanetta (chitarre, basso, voce, tastiere) e Michele “Mike” Capriolo (batteria) a cui l’opera è dedicata con stima, affetto e riconoscenza alla memoria dopo la prematura dipartita. L’ultimo lavoro risale all’anno 2018, quel “The Magic Park Of Dark Roses” che ha saputo convincere critica e pubblico grazie ad un raffinato Dark Prog e Jazz Rock. Lo stile resta invariato, solo l’esperienza aggiunge un maggiore apporto compositivo e qualitativo e questo grazie anche alla co-produzione di Vannuccio Zanella, figura oramai popolare nel circuito e sinonimo di qualità. L’opera è suddivisa in undici brani per una durata totale di quaranta minuti di musica ben registrata da Raffaele Spanetta e masterizzata da Maxim Goranov ai Max Sound Studios a Sofia in Bulgaria. Da rilevare la durata dei brani che difficilmente superano i quattro minuti, rafforzando la volontà di badare al sodo senza perdersi in passaggi inutili. Tutto l’artwork è elegante e il colore dominante è il bianco il quale esalta al meglio le forme naturali di colore sgocciolate nell’acqua per le foto. Giustamente la prima pagina del libretto è dedicata a Michele “Mike” Capriolo con un immagine che comunque lo ritrae di spalle dietro alla sua batteria. Nell’album c’è solamente un brano completamente strumentale e lo si trova proprio all’inizio dell’ascolto ed è “Y”, con quelle arie psichedeliche che molto spesso hanno fatto rizzare il pelo sulle braccia degli amanti dei Pink Floyd. La voce di Cinzia ha un’estensione malleabile, adatta a tutti i tipi di situazioni che vanno dalle scale medio alte a quelle più basse. Gli anni ’70 si palesano fra le note in “The Warning”, scolpendo nel pentagramma cambi di ritmo e appunto tonalità basse. Queste salgono in “Gypsy’s Prediction”, canzone ipnotica che nella seconda parte richiama il sound arabeggiante degli Area. Il piano batte il ritmo in “Take My Hand” e si alterna all’Hammond per un giro sonoro accattivante impreziosito da un assolo di chitarra coinvolgente ed effettato, sono quei passaggi che prediligo, vorrei non finissero mai. Le atmosfere si fanno più scure in “Preacher”, il Dark si palesa ammiccante grazie ancora una volta alla voce pulita e intonata di Cinzia Catalucci. Scorgo influenze Atomic Rooster e non nascondo il personale piacere, perché questa band è sempre stata a mio modo di vedere troppo sottovalutata dal grande pubblico. Un arpeggio di chitarra apre la spiazzante “No Way” inizialmente dedita a uno stile Orme per poi gettarsi nello Swing. Di certo gli Old Rock City Orchestra non dormono sugli allori costruendo sempre nuove strutture ricche di storia ma anche di novità, quest’ultima apportata dalla loro forte personalità. Sale sempre più in alto la voce in “Daimon”, canzone in modalità Paatos per chi li dovesse conoscere, quelli di Petronella Nettermalm e dei ex Landberk Reine Fiske e Stefan Dimle. Il sound s’indurisce in “The Magic Pathways”, la chitarra elettrica diventa granitica, sciolinante un riff oscuro che solo durante gli interventi delle tastiere coglie il respiro. Qui tornano anche i passaggi arabeggianti. “Stranger” è sorniona ma attenzione al ritornello Hard. Prog Rock in “Fly Away”, composizione fra le mie preferite dell’album, qui c’è di tutto, Moog compreso. E per finire “We’ll Be One”, altra piccola gemma sonora dalle caratteristiche Curved Air.
Mi sento di dire alla fine degli ascolti che questo “Ipsilon” sicuramente si va a collocare fra i migliori album di questo 2023, certo, l’anno è ancora molto lungo, ma se il buongiorno si vede dal mattino qui ci sono forti indizi al riguardo. La mente vola all’ascolto, e come scritto alla fine del libretto che accompagna il CD, “Oltre le colline e molto lontano”, giusto! R.I.P. Mike e grazie per la tua arte. MS 






mercoledì 22 marzo 2023

Juglans Regia

JUGLANS REGIA – Neranotte
Loud ‘N Proud Records
Genere: Heavy Prog
Supporto: cd – 2023




Sono sincero, è bello poter affermare nei riguardi di una formazione progressiva italiana nata nel 1992 che siamo al cospetto di una band storica, non fraintendetemi però, non voglio sottolineare che sia passato inesorabilmente il tempo e basta, bensì voglio elogiare chi ha fatto del Prog Italiano una lunga carriera pur non avendo vissuto artisticamente parlando i mitici anni ’70. Facile esistere e sopravvivere quando c’è la moda che ti spinge, meno quando tutto questo non sussiste più. Qui risiede la grandezza dei Juglans Regia, ossia il deliziarci attraverso cinque dischi in studio e quattro demo tape, il tutto sempre con tenacia e passione.
La Juglans Regia è la noce, così denominata in lingua latina e perfettamente rappresenta l’anima di questa band, dura fuori e croccante dentro dove il mallo rilascia il suo buon sapore. Massimiliano Dionigi (basso), Alessandro Parigi (voce) e David Carretti (batteria) sono l’anima storica della band che per questo nuovo album si avvale di altri due bravi musicisti, Samuele Scandariato (chitarra) e Riccardo Iacono (tastiere), anche nei grandi Domine dal 1999. “Neranotte” ha una lunga gestazione che inizia nel 2020 e finisce oggi, ma la musica resta sempre in bilico fra il Rock Progressivo (in quantità maggiore) e l’Heavy Metal, quest’ultimo sempre meno presente grazie alle idee dei nuovi entrati che contribuiscono in maniera attiva allo sviluppo delle canzoni.
Il disegno della copertina è un’idea di Alessandro Parigi ed è realizzata per mano di Riccardo Iacono, mentre il libretto contiene oltre ai testi scritti, anche alcune foto della band.
I rumori di “Giù” aprono le danze accompagnando al vero primo brano dell’album intitolato “Fragili Equilibri” e subito si apprezza il lavoro vocale da parte di Parigi. Il pezzo cadenzato è colmo di rozza energia pur non entrando dentro il Metal nel vero e proprio senso del termine, un sottile confine fra Rock e Heavy Metal. Buone le coralità dell’ospite Francesca Merli a donare enfasi, altresì interessanti gli assolo di chitarra e delle tastiere. Ad alzare il ritmo ci pensa “Chimera”, una canzone dal ritornello indovinato seppur semplice nell’andamento. I Juglans Regia più progressivi si affacciano attraverso “Oltre Lo Schermo” fra arpeggi e riff metallici, mentre alcuni passaggi possono richiamare certi Litfiba dei tempi passati. Un frangente pacato giunge da “Confine”, canzone con cambi di tempo e d’umore, potrei definirla una robusta semi-ballata. Anche qui un ottimo assolo di chitarra dona dinamicità e forza emotiva all’ascolto. “Guser “ è breve e conduce a “Dentro Il Mare” altro motivo Heavy Prog diretto che si affida a un buon refrain. La title track “Neranotte” ha una lunga gestazione, vede prendere luce nel lontano 2009 per poi non essere registrata ufficialmente. Per fortuna Riccardo Iacono conserva una cassetta con il pezzo provato da una atipica formazione a sei elementi. Il movimento ancora oggi all’ascolto piace ai musicisti che lo rispolverano suonandolo e donandogli quindi nuova vita e vigore. I due minuti psichedelici e strumentali di “Se…”suggellano il tutto.
“Neranotte” è un album diretto, che bada al sodo, un passaggio nel mondo del Rock fatto di buone melodie e semplicità ma attenzione agli assolo, mai banali e sempre supportati da una buona tecnica. Bentornati Juglans Regia. MS





domenica 19 marzo 2023

Live! - Racconti di vita e concerti

 LIVE! - RACCONTI DI VITA E CONCERTI

Arcana Edizioni


È uscito 𝗟𝗶𝘃𝗲! 𝗥𝗮𝗰𝗰𝗼𝗻𝘁𝗶 𝗱𝗶 𝘃𝗶𝘁𝗮 𝗲 𝗰𝗼𝗻𝗰𝗲𝗿𝘁𝗶 a cura di DAVIDE MORRESI.
Ventinove scrittori e scrittrici per ventinove storie in cui i protagonisti sono i concerti.
Ordinabile in tutte le librerie e piattaforme on line.

In questo volume anch'io, Massimo Salari racconto un episodio vissuto durante gli anni '80, l'avventura capitatami per andare a vedere il concerto dei MARILLION.
𝐼 𝑔𝑟𝑎𝑛𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑡𝑖, 𝑖 𝑓𝑒𝑠𝑡𝑖𝑣𝑎𝑙 𝑒 𝑖 𝑙𝑖𝑣𝑒 𝑐𝑙𝑢𝑏 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑛𝑢𝑡𝑟𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑓𝑜𝑛𝑑𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑙’𝑎𝑟𝑡𝑒, 𝑙𝑎 𝑐𝑢𝑙𝑡𝑢𝑟𝑎, 𝑙’𝑎𝑔𝑔𝑟𝑒𝑔𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑒 𝑖𝑙 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑟𝑡𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜. 𝐷𝑜𝑝𝑜 𝑡𝑟𝑒 𝑎𝑛𝑛𝑖 𝑖𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑖 𝑙𝑖𝑣𝑒 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖 𝑟𝑖𝑛𝑐ℎ𝑖𝑢𝑠𝑖 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑔𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑎𝑛𝑑𝑒𝑚𝑖𝑎, 𝑖𝑙 𝑟𝑖𝑡𝑜𝑟𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑢𝑠𝑖𝑐𝑎 𝑑𝑎𝑙 𝑣𝑖𝑣𝑜 𝑒̀ 𝑙𝑖𝑛𝑓𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑛𝑖𝑚𝑎 𝑒 𝑐𝑜𝑟𝑝𝑜. 𝐼𝑛 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑣𝑜𝑙𝑢𝑚𝑒 𝑐𝑜𝑙𝑙𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑜, 𝑠𝑐𝑟𝑖𝑡𝑡𝑜𝑟𝑖 𝑒 𝑠𝑐𝑟𝑖𝑡𝑡𝑟𝑖𝑐𝑖 ℎ𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑐𝑖𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑢𝑛𝑖𝑟𝑒 𝑙𝑒 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑖𝑏𝑢𝑖𝑟𝑒 𝑎𝑙 𝑟𝑖𝑙𝑎𝑛𝑐𝑖𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑢𝑠𝑖𝑐𝑎 𝑙𝑖𝑣𝑒. 𝑂𝑔𝑛𝑢𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑙𝑜𝑟𝑜 ℎ𝑎 𝑖𝑑𝑒𝑎𝑡𝑜 𝑢𝑛𝑎 𝑠𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎 𝑏𝑎𝑠𝑎𝑡𝑎 𝑠𝑢 𝑢𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑡𝑜. 𝐴 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑖𝑙 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑡𝑜 𝑒̀ 𝑙’𝑎𝑚𝑏𝑖𝑒𝑛𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒, 𝑑𝑜𝑣𝑒 𝑖 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑔𝑔𝑖 𝑠𝑖 𝑚𝑢𝑜𝑣𝑜𝑛𝑜 𝑒 𝑡𝑟𝑜𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑙𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑎 𝑠𝑡𝑟𝑎𝑑𝑎, 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑒̀ 𝑖𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑡𝑎𝑔𝑜𝑛𝑖𝑠𝑡𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑟𝑎𝑐𝑐𝑜𝑛𝑡𝑜, 𝑖𝑙 𝑓𝑢𝑙𝑐𝑟𝑜 𝑠𝑢 𝑐𝑢𝑖 𝑟𝑢𝑜𝑡𝑎 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜. 𝐴𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑎𝑛𝑐𝑜𝑟𝑎 𝑒̀ 𝑙’𝑜𝑏𝑖𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑑𝑎 𝑟𝑎𝑔𝑔𝑖𝑢𝑛𝑔𝑒𝑟𝑒, 𝑚𝑜𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑑𝑖 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑒. 𝐼 𝑟𝑎𝑐𝑐𝑜𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝐿𝑖𝑣𝑒! 𝑠𝑖 𝑏𝑎𝑠𝑎𝑛𝑜 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑒 𝑒𝑚𝑜𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑟𝑒𝑡𝑒 𝑣𝑖𝑠𝑠𝑢𝑡𝑒 𝑖𝑛 𝑢𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑡𝑜 𝑒 𝑣𝑜𝑔𝑙𝑖𝑜𝑛𝑜 𝑡𝑟𝑎𝑠𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑙𝑒 𝑎𝑙 𝑙𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒, 𝑐𝑜𝑛 𝑝𝑎𝑟𝑜𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑒𝑠𝑝𝑟𝑖𝑚𝑜𝑛𝑜 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑟𝑑𝑖, 𝑖𝑚𝑚𝑎𝑔𝑖𝑛𝑖, 𝑠𝑒𝑛𝑠𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖, 𝑑𝑒𝑠𝑖𝑑𝑒𝑟𝑖, 𝑣𝑖𝑠𝑠𝑢𝑡𝑖, 𝑎𝑚𝑜𝑟𝑖, 𝑒𝑛𝑒𝑟𝑔𝑖𝑎, 𝑟𝑖𝑠𝑎𝑡𝑒 𝑒 𝑙𝑎𝑐𝑟𝑖𝑚𝑒 𝑙𝑒𝑔𝑎𝑡𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑢𝑠𝑖𝑐𝑎 𝑑𝑎𝑙 𝑣𝑖𝑣𝑜. 𝑆𝑜𝑛𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑟𝑎𝑐𝑐𝑜𝑛𝑡𝑖 𝑎𝑢𝑡𝑜𝑏𝑖𝑜𝑔𝑟𝑎𝑓𝑖𝑐𝑖 𝑚𝑎 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑛𝑜, 𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙’𝑖𝑛𝑠𝑖𝑒𝑚𝑒 𝑒𝑠𝑝𝑟𝑖𝑚𝑜𝑛𝑜 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑟𝑑𝑖 𝑒 𝑟𝑖𝑓𝑙𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑠𝑢 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑡𝑖 𝑟𝑒𝑐𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑒 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑎𝑡𝑖, 𝑑𝑖 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑔𝑒𝑛𝑒𝑟𝑒 𝑚𝑢𝑠𝑖𝑐𝑎𝑙𝑒.
Grazie a Scriptorama Agenzia Letteraria per il prezioso supporto, ad Arcana Edizioni per aver creduto nel progetto, a Luca Pantanetti per gli esperti consigli e a Eleonora Pizzi per l'aiuto e la presenza.

venerdì 17 marzo 2023

Mobili Trignani

MOBILI TRIGNANI – PopArticolare
Music Force / Casetta Records
Genere: Cantautore – Pop - Folk
Supporto: cd – 2023




Ognuno di noi da ragazzo ha avuto un luogo di aggregazione, dove spartire il tempo libero fra giochi, musica, letture e quant’altro. Qui generalmente nascono amicizie forti e anche passioni che se supportate con il tempo possono divenire grandi hobby, se non addirittura nei più fortunati dei casi anche un mestiere. La musica si ascoltava assieme e si criticava su questo o quel passaggio, i generi erano e sono ancora oggi molteplici, ma poco importava, l’importante era la compagnia. Oggi siamo tutti connessi ma più distanti, per fortuna c’è sempre chi fa della musica ancora un vero e proprio divertimento. E’ il caso dei Mobili Trignani, amici che si conoscono in un luogo di aggregazione chiamato “Casetta” ad Arsita (Te). Una storia come tante questa di Nicola Modesti (voce, chitarra, basso, synth, batteria) e di Fabrizio Trignani (voce, chitarra, basso, synth), ricca di vita, passione e legami sia umani sia musicali.
In principio suonano cover dei Red Hot Chili Peppers per poi passare, come nel caso di Fabrizio nel 2012, alla carriera solista. Ed è nel 2017 che giunge l’esordio con l’album "Diario Di Un Menestrello" del quale segue anche un tour. Gli anni appongono esperienza al bagaglio, ed ecco vederli aprire concerti per artisti come Tricarico, Ratti Della Sabina, Duo Bucolico, Lorenzo Kruger, Pan del Diavolo, etc.  Dopo alcuni singoli oggi troviamo il Pop dei Mobili Trignani in questo nuovo album intitolato “PopArticolare”, nomen omen.
In semplice edizione cartonata gialla il disco si presenta con dieci canzoni, tutte dirette ed orecchiabili.
Facili da ricordare e canticchiare assieme a Fabrizio, hanno tutte una loro ben distinta personalità e le tematiche sono quelle tipiche del Pop con ad esempio l’amore trattato nel brano iniziale “Sotto Le Stelle”. Se proprio devo ricercare un punto di riferimento che possa fare da paragone per farvi addentrare in questo mondo sonoro (anche se minimamente), posso dire che alcuni momenti mi ricordano Alex Britti ma anche l’Alberto Fortis più pacato. Maggiormente ricercata la metrica lirica di “Salasso”, per niente scontata. La batteria è quella maggiormente in evidenza assieme alla voce. In “Babbo Natale” Fabrizio spoilera il fatto che non esiste, e qui anche un breve assolo di tastiere a spezzare l’ironico ascolto. In “Lei” risiedono melodie pacate, una semi-ballata che gioca sempre con le parole. Organetto e mandolino aprono l’inattesa “Uatelilive”, folk dialettale con un finale inatteso, a mio avviso il momento più bello dell’album. Ritorna il cantautorato in “Labora”, quello dal profumo anni ’80 ma con un ritornello moderno. Non mancano i buoni arrangiamenti, anche disco, come nel caso di “Climax”, come sapeva fare un certo Pino D’Angiò nei primi anni ’80. Si canta ancora con “Giri A Vuoto”, canzone da fare assieme come dicevo all’inizio della recensione ed un “na na na na na” irresistibile. E poi chi ha detto che il Pop non può essere culturale? Ascoltare “Lazzaro De Tormes” è una conferma, sembra che i Mobili Trignani abbiano mixato Guccini con Vecchioni per un risultato da ascoltare attentamente, specialmente riguardo i testi, chiave importante del progetto. A suggello giunge “Il Mio Talento” altro brano in bilico fra Stefano Rosso e Fabrizio De Andrè, per dirvi che qui la banalità non è proprio di casa. 
Sicuramente dopo pochi ascolti anche voi vi troverete a cantare le canzoni dei Mobili Trignani, questo è il potere della musica, può diventare parte di noi in modo semplice ed immediato. Consigliato agli amanti del Pop simpatico ma anche del cantautorato impegnato, intelligenza musicale. MS





  

martedì 14 marzo 2023

Emil Moonstone & The Anomalies

EMIL MOONSTONE & THE ANOMALIES – Naked Is Man Upon The Earth
Seahorse Recordings
Genere: Alternative – Post Rock
Supporto: cd – 2023




In questo periodo storico mondiale ci stiamo malauguratamente abituando ai scenari apocalittici, vuoi nella realtà che in certi film di fantascienza, il nostro pianeta sta subendo le nostre malefatte. Siamo indiscutibilmente un brutto animale che popola questa terra.  Anche la musica si cimenta in colonne sonore riguardanti l’argomento sempre più in voga. Inizia il Metal che ha fatto della distruzione un vero e proprio credo sin dai suoi albori, ma anche altro Rock si è proposto sul tema, non da meno il Dark e il Post Rock, tutto questo per sensibilizzare la popolazione nel porre fine a questo scempio. L’uomo è sempre più solo con se stesso e cerca di porre rimedio a tutto ciò, ma la riuscita è difficile oltre che lontana.
Cosa attende all’umanità ce lo racconta Emil Moonstone nel suo secondo album “Naked Is Man Upon The Earth”, che prosegue il cammino intrapreso con il precedente “ Disappointed”. Emil è un cantante oltre che compositore della scena Dark Punk bolognese, il suo cammino passa attraverso band come South Breed Out nel 1992 e i Two Moons, gruppo con cui ancora suona realizzando nel corso del tempo un EP e quattro album. Intraprende la carriera solista nel 2018 ed è qui che nasce “Disappointed”, facente parte della scena alternativa italiana. Buona l’attività live che per essere realizzata al meglio vede il formarsi dei  The Anomalies.
Suonano nel disco Emil Moonstone (voce, chitarra, synth, batteria), Mino Adriani (chitarra) e Joshep Rips Asanda (basso in “The Meaning Of Life” e “Men Of Straw”) mentre i The Anomalies sono Mino Andriani (chitarra), Emanuele Laghi (piano) e Ludovico Ingrao (batteria).
L’edizione che accompagna il supporto ottico del CD è cartonata con un bellissimo artwork di Stefano Bonazzi rappresentante la sua opera “The Cemetery Of Umbrellas”, perfetta immagine di un mondo straziato e desolato.
“Naked Is Man Upon The Earth” è composto da nove canzoni a partire da “Safe Me” di cui viene realizzato anche un video a cartone animato. L’esperienza trentennale di Emil nell’ambito si evince subito all’ascolto, dove i particolari vengono ben curati e l’amore per artisti come Iggy Pop e The Stooges lascia alcune tracce all’interno. La voce graffiante descrive i testi in lingua inglese mentre gli anni ’80 aleggiano attorno a noi. Malinconica giunge “I Keep My Crown” grazie soprattutto all’uso del piano che si esalta ulteriormente in “Pain”, qui la voce narra, mentre alcuni richiami a David Sylvian sovvengono alla mente. Chitarre noise si presentano di tanto in tanto e il Dark si da staffetta con la Psichedelia. Tanto mestiere anche in “The Soldier”, un mix d’influenze personalizzate che fanno del pezzo un caleidoscopio sonoro. La title track è più ritmata fra Punk e Eno, scelta che lascia intendere la volontà del musicista di comporre musica decisamente non scontata. “Men Of Straw” lascia entrare un poco di luce fra le note, ma ci pensa “All It’s All Over” a ricondurre l’ascolto in ambientazioni grevi. Un arpeggio di chitarra apre “The Meaning Of My Life” e ancora di più gli anni ’80 sono nel pentagramma. Il brano è effettato e ricco di buone melodie. Il disco si chiude con “Ash” fra suoni synth e ricerca sonora.
“Naked Is Man Upon The Earth” è dunque un disco fuori dai schemi, un grido rivolto a tutti noi che amiamo la musica e che intende sensibilizzare sull'argomento, fra tinte fosche e rabbia. Una bellissima diapositiva sonora inquietante. MS




 

domenica 12 marzo 2023

L'Ira Del Baccano

L’IRA DEL BACCANO – Cosmic Evoked Potentials
Subsound Records / NRV Promotion
Genere: Psichedelia strumentale / Doom
Supporto: CD - 2023




Sulla musica ne abbiamo lette e dette di tutte, che fa stare bene, che emoziona, l’importanza della tecnica, delle melodie, e anche che c’è musica e musica. Ovviamente l’addentrarsi nell’ascolto dipende da molteplici fattori come lo stato d’animo che abbiamo in quel momento, il luogo o la situazione in cui stiamo ascoltando, tutti elementi che hanno la giusta valenza per il raggiungimento del risultato emotivo. Molte canzoni si possono ascoltare distrattamente, magari ci fanno compagnia durante il lavoro oppure in un viaggio in auto, non richiedono un approccio importante e questo va anche bene perché nella vita serve di tutto, mai banalizzare. Ma c’è musica che non lascia scampo a distrazioni, quella che ti ci devi buttare dentro anima e corpo, il classico viaggio mentale che solo un genere come la Psichedelia può donarti, vuoi più o meno lisergico. Maestri del movimento sappiamo bene essere i Pink Floyd, almeno per il lato maggiormente commerciale di esso e poi Grateful Dead, Hawkwind, insomma di nomi da citare ce ne sono molteplici, chi più chi meno famosi.
Anche in Italia abbiamo interessanti artisti che si cimentano al riguardo, un esempio sono i L’Ira Del Baccano. Quando la Psichedelia si fonde assieme al genere Doom allora il risultato è ancor più interessante, e quando da noi si dice Doom, il nome che viene immediatamente alla mente è quello del maestro Paul Chain (ex Death SS, Paolo Catena, Paul Cat, etc.). E’ proprio lui che produce il primo mini cd del gruppo che in origine, a metà degli anni 2.000, si chiama ancora Loosin’o’Frequencies. Il nome L’Ira Del Baccano esce nel 2006 e suonano un genere strumentale che vede mixare sonorità Black Sabbath, Pink Floyd, Rush a quanto detto in precedenza. Ovviamente i brani per poterci condurre in un trip sono necessariamente lunghi e questo si evince anche all’ascolto dei dischi rilasciati negli anni a partire da “Terra 42” del 2014.
“Cosmic Evoked Potentials” è il quarto disco in studio e mi viene subito da sottolineare l’ottimo lavoro fatto in fase di registrazione con una buona pulizia sonora. Il disco si compone di cinque brani e viene aperto dai dieci minuti abbondanti di “The Strange Dream Of My Old Sun”. Un riff semplice da memorizzare fa il buono e il cattivo tempo fra sbalzi umorali e voli pindarici che hanno della Jam improvvisata, come, in effetti, solo questo genere sa regalare. Proprio a proposito d’improvvisazione cade a pennello il secondo brano intitolato “Genziana (Improvisation 42)” il più lungo grazie ai tredici minuti abbondanti che lo compongono. Inizia sottovoce, quasi coccolando l’ascoltatore abbindolandolo a tratti con effetti synth per poi aprirsi nel proseguimento. Questo può interessare molto anche al fans della band Ozric Tentacles.
Tanti effetti in “The Electric Resolution” da far sentire l’ascoltatore come dentro una bolla isolata. Si è al cospetto di musica interamente strumentale e quindi si deve parlare anche di tecnica che in questo caso è buona e mai invasiva o logorroica. Gli assolo scivolano via con piacere mentre la ritmica senza strafare segue il tutto con precisione e pulizia. Inizio maggiormente riflessivo per “Cosmic Evoked Potentials”, qui mi ritrovo veramente ad ascoltare a occhi chiusi per immaginarmi in altri mondi, la melodia ne è ottima colonna sonora. Chiude la breve e quasi acustica “Cosmic Evoked Potentials”, e si ritorna sulla terra.
Questa è musica che esterna, non da sottofondo e L’Ira Del Baccano è un macchinario al riguardo da guerra, oltretutto non fa neppure ostaggi. Siete avvisati. MS





sabato 11 marzo 2023

Malombra

MALOMBRA – T.R.E.S.
Black Widow Records
Genere: Progressive Heavy - Gothic Metal
Supporto: cd – 2023




Nella penombra si aggirano losche immagini che la nostra fantasia riesce a inventare. Non sempre è ciò che pensiamo di vedere e questo ci intimorisce, lascia adito a circostanze ambigue, dove atavici spaventi sono irrefrenabili. Ma diciamo la verità, la paura è un’emozione che in qualche caso non ci dispiace provare, fa sentire vivi, specie se è frutto appunto dell’immaginazione. La musica è portatrice sana di emozioni e come tale non disdegna nemmeno passaggi nell’oscurità, cosa sarebbe stato un film come “Profondo Rosso” senza la colonna sonora dei Goblin? Un altro esempio è il genere Doom, in tal caso consiglio l’ascolto di maestri come ad esempio gli svedesi Candlemass, e se poi ci aggiungiamo del Gothic Metal il risultato di certo ne trae beneficio.
Da noi in Italia abbiamo avuto un grande numero di artisti che hanno approfondito l’argomento, come ad esempio i Death SS e lo stesso Paul Chain per fare solo due nomi, ma gli anni ’80 ci deliziano di queste sonorità in lungo e in largo, e la casa discografica genovese Black Widow Records ne sa qualcosa al riguardo, in quanto maestra nello scoprire e diffondere talenti. Fra i numerosi nomi della scuderia spiccano gli storici Malombra che esordiscono discograficamente nel 1994 con l’album omonimo. Fra le file della band ha militato il bassista Diego Banchero, parte considerevole del circuito, anche fondatore del gruppo Il Segno Del Comando, ma la figura portante dei Malombra è quella del cantante estroso e carismatico Mercy (Renato Carpaneto).
Sono passati ben ventidue anni dall’uscita del loro terzo album “The Dissolution Age” (Black Widow – 2001), potete capire la sorpresa che mi coglie alla vista del logo Malombra sopra una nuova copertina qui per opera di Alessandro Sardino e di Mercy stesso, sapendo poi che in passato la band ha avuto all’interno screzi e quindi un vero e proprio stop. Il disco “T.R.E.S.” esce anche in formato doppio lp contenente sette brani, tutti di media e lunga durata. Oggi suonano nel disco Matteo Ricci (basso, Mellotron, vocoder, chitarra), Fabio Cuomo (batteria, tastiere), Giulio Gaietto (batteria, synth) e Mercy (voce). “T.R.E.S.” è un progetto che ha aspettato anni per vedere la luce, inizialmente intrapreso nel 2002 circa e poi sospeso, ma oggi lo possiamo godere in tutto il suo splendore.
Come in una colonna Sonora suoni inquietanti introducono all’ascolto di “Astarte Syriaca” ma sono registrati molto bassi, e se si alza il volume si resta travolti dall’inizio delle chitarre elettriche che giungono improvvisamente come un pugno allo stomaco.
Il cantato di Mercy in qualche caso al limite dello stonato, fa volare con la memoria agli anni ’80 quando il Rock italiano comincia ad avere una propria personalità anche grazie a band come Litfiba o C.C.C.P solo per fare due nomi.
“Baccanalia” ha una durata superiore ai nove minuti e la nebbia ci avvolge fra le note sempre inquietanti e un organo dona all’ambiente un inquietante scenario ecclesiastico. Mercy recita più che canta, il crescendo ha una cadenza ritmica travolgente da rituale. “Malombra” ha la durata di dodici minuti, scuri come la pece, questa volta l’apertura è affidata al piano e al synth, ma il risultato non cambia, l’angoscia è sempre dietro l’angolo pronta a invaderci. Il Metal è lasciato da parte per dare spazio a un ambiente che potremmo definire maggiormente progressivo, salvo fuoriuscire con tutto il vigore a sua disposizione nella parte finale del brano che ritengo essere il più bello dell’intero album. Parlare delle singole canzoni del disco non è che abbia poi molto senso in quanto tutto va ascoltato come opera unica e quindi nella sua interezza dove morte, oscurità, riti, e tutto quello che si potrebbe aggirare attorno ad una “Malombra” sono protagoniste.
Certamente è un disco indirizzato ad un pubblico di nicchia, ma chi volesse addentrarsi anche per la prima volta nel mondo Malombra “T.R.E.S.” è una buona occasione, l’importante è non avere paura del buio ma soprattutto…Open Mind! MS