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domenica 26 febbraio 2023
sabato 25 febbraio 2023
Lorenzo Venza
LORENZO VENZA – Mind Atlas
Autoproduzione
Genere: Virtuoso – Fusion
Formato:
cd / Shining Thoughts Land / Spotify – 2022
Parlare
di un disco strumentale scritto da un musicista e compositore virtuoso non è
mai semplice, perché se ti addentri nella tecnica, potresti spaventare il
lettore il quale si ritroverebbe avanti ad una selva di termini che non conosce,
se invece ne parli in maniera superficiale, potresti rendere addirittura banale
un lavoro che magari così non è. Come comportarsi in maniera corretta è una via
di mezzo, ma l’importante è che passi il messaggio di cosa c’è all’interno di un’opera,
poi sarà la vostra curiosità, magari navigando in internet, a colmare il resto.
Questo
piccolo preambolo per introdurci nel mondo di Lorenzo Venza, così spiega la sua
biografia: “Suona dall’età di quattordici anni: studia privatamente chitarra a
Siena. Nel 1999 consegue il Diploma di Maturità Classica presso il Liceo
Ginnasio “E.S. Piccolomini “ di Siena. Nel 1999 frequenta i seminari teorici di
“Siena jazz” al secondo livello. Nel settembre del 1999 si trasferisce a Roma,
dove si iscrive all’UM (Università della Musica) alla facoltà di Chitarra; nel
2000 prosegue gli studi presso “Percentomusica”, dove si diploma nel 2004,
sotto la guida di Massimiliano Rosati, Stefano Micarelli, Franco Ventura,
Umberto Fiorentino, Maurizio Lazzaro, Fabio Zeppetella. Al
momento è impegnato con gli Utòpia nella promozione del fortunato disco “Ice And
Knives”(Anteo Records) e con la band elettro-funk-acustica “Acoustic Axe Hit”,
mentre continua collaborazioni didattiche in varie scuole e centri
specializzati, proponendo una didattica personale e personalizzata, inerente
alla chitarra moderna.
Vede
anche l’uscita del disco “Yonaguni” (Terre Sommerse) della band progressive
strumentale “Portal Way”, band alla quale ha prestato il proprio lavoro
chitarristico.”.
La
sua carriera da solista incomincia nel 2017 grazie all’album autoprodotto e
digitale “Liquid Sky” e oggi ritroviamo il chitarrista con questo nuovo album intitolato
“Mind Atlas” composto di dieci brani. Assieme a Venza suonano Gabriele
Sorrentino (chitarra in brano 10), Alessandro Patti (basso), Iacopo Volpini
(batteria), Oz Noy (chitarra elettrica in brano 8), Rocco Zifarelli (chitarra
elettrica in brano 3), Lorenzo Antonelli (tastiere), e Riccardo Fernaroli (voce
in brani 2, 10).
Il
suono della chitarra è nitido, la musica mette immediatamente in cattedra il
compositore il quale alterna buone melodie a passaggi tecnici di buona fattura,
a partire da “Are We Real?”. Molti di voi tireranno fuori immediatamente nomi
quali Steve Vai, oppure Joe Satriani, quello che sicuramente hanno in comune i
tre sono l’amplificazione MZero, testata prodotta dalla Mezzabarba Custom
Amplification. Il brano “Shining Thoughts Land” intonato da Riccardo Fernaroli
spazia dal Progressive Rock a una Fusion dai caratteri forti dove ovviamente
non possono mancare scale inebrianti. Un buon esempio di Jazz Rock orecchiabile
e allo stesso tempo moderno arriva da “Cosmic Wave” con Rocco Zifarelli alla
chitarra. Fra i frangenti migliori c’è la title track “Mind Atlas” dove arpeggi
delicati si affacciano anche nel mondo sonoro del passato. Più vigorosa “The
Wonder” dove un Venza roccioso sciorina assolo accattivanti mentre la tecnica
fa staffetta con una buona melodia di base. “Hey Boo” è una ballata di classe,
qui l’anima del chitarrista s’intreccia con le note arpeggiate in un movimento
mai troppo melenso e allo stesso tempo toccante. “Maybe Tomorrow” invece mi
riporta agli anni ’80, quando i canadesi Uzeb facevano centro con brani si
strumentali, ma anche da canticchiare. Altra vetrina per le scale sonore è “It
Was A Joke” un gioco praticato assieme al chitarrista Oz Noy. E a proposito di
Uzeb ecco a noi “Young Man's Journey”, mentre il disco si chiude in maniera
solare con “Agni's Breath” dove Agni è il nome di un'antica divinità del fuoco.
In
Italia abbiamo tanti artisti e altrettanti musicisti che non soltanto hanno
studiato musica, ma che mettono l’anima mediterranea innata in noi nella
propria musica, ascoltiamoli perché in giro nel mondo c’è molto di peggio e
spesso valutiamo questo peggio più del dovuto, mentre qui abbiamo l’oro. Non è
polemica, ma la semplice verità. MS
L' Estate Di San Martino
L’ESTATE DI SAN MARTINO – Kim
AMS Records / BTF
Genere: Rock progressivo
Supporto: cd – 2022
Il
mondo musicale underground italiano è davvero vasto e ricco di storie da
raccontare, se poi andiamo a sezionare a sua volta questo sottosuolo e ci
imbattiamo in band di Rock Progressivo, le storie diventano ancora più particolari.
Molti i complessi (come si chiamavano allora) che negli anni ’70 hanno
registrato musica senza renderla pubblica per svariati motivi, altri sono stati
da un disco e via, molti quindi i lavori non conosciuti e fra questi chissà
quanti piccoli gioielli si sono persi nel tempo. Un esempio di vita combattuta lo
portano gli umbri L’Estate Di San Martino, del polistrumentista Marco
Pentiricci (flauto, sax, arpa).
Formatisi
nel 1975 a Perugia, non registrano al momento nulla in studio ma hanno un’intensa
attività live, tanto che nel 1978 partecipano al concorso Centocittà dove
vincono la possibilità di registrare un 45 giri per la prestigiosa RCA. Il risultato porta il titolo di “Il Bimbo E
L’Eroe” ma purtroppo non avendo avuto una buona distribuzione finisce presto
nel dimenticatoio. Comunque la band non si perde d’animo e fra cambi di
formazione proseguono l’attività concertistica sino ai primi anni ’90 con
lunghi brani concept e tante tastiere, fino al primo stop che avviene nel 1993.
Alcuni componenti restano nell’ambito musicale, mentre Adolfo Broegg facente
parte nel gruppo di musica medievale Ensemble Micrologus purtroppo muore nel
2006. Nel 1983 registrano uno spettacolo musicale a Perugia, il quale viene
edito in CD solamente nel 2006 con il titolo “Elder”. Nel 2007 è la volta di “Febo”
(AMS/BTF), altro concept-album ideato nei primi anni '90 e registrato per
l'occasione. Esiste anche un DVD con un concerto in cui partecipano anche Francesco
Di Giacomo e Rodolfo Maltese del Banco Del Mutuo Soccorso, questo accade nel
2008 grazie a “Io Ti Canto, Io Ti Racconto”. Ma è nel 2012 che la band sfoggia
il meglio di se grazie all’album “Talsete Di Marsantino” (AMS/BTF) con il
contributo di ospiti importanti come Steve Hackett, Francesco Di Giacomo e
Bernardo Lanzetti.
Oggi
è la volta di “Kim”, un concept album che narra la triste e reale storia di una
giovane ragazza malata di cancro che tenta l’ibernazione per giungere in un ipotetico
futuro dove la malattia potrebbe essere debellata. Un disco drammatico
suddiviso in dieci tracce suonate da Massimo Baracchi (basso), Luca Castellani (chitarra),
Marco Pentiricci (flauto, sax, arpa), Andrea Pieroni (voce), Riccardo Regi (chitarre),
Sergio Servadio (batteria), Stefano Tofi (tastiere) e Mauro Formica (basso).
La
musica dei L’Estate Di San Martino è colta, ricca di riferimenti e anche di
passaggi contenenti buona tecnica individuale, tuttavia denotano un piccolo
distacco con il passato arricchendo il proprio sound con movimenti maggiormente
moderni fatti di elettronica. Molta sostanza sin da “Cretto”, uno strumentale
che rimanda addirittura al Battisti più sperimentale. Le tastiere e il flauto
si fanno immediatamente valere creando atmosfere sia lisergiche che toccanti. Ma
come dicevo il passato è comunque dietro l’angolo, la bellissima voce di
Pieroni conduce l’ascolto presso il mondo dei Genesis e della PFM in “Sul
Prato”. Arpeggi di chitarra coccolano l’anima e il flauto rende tutto ancora
più leggero. Ci sono passaggi nella World Music (Inanna), nel cantautorato
(Gocce) e nel Canterbury style (Libera). Vetrina per le doti chitarristiche è
la breve e toccante “Ciclope” mentre il Rock si presenta nel pieno del suo
splendore attraverso “Il Monaco Pierre”, qui mi ricordano i siculi Fiaba. E
come nei fuochi d’artificio il meglio arriva nel finale, “Immaginami”,
“Caleidoscopio” e la conclusiva contenente anche una ghost track “Tewar”,
valgono da sole il prezzo del disco.
Parola
d’ordine, molteplicità di suoni e stili.
Per
chi ama il Prog sono sicuro che questa musica è addirittura terapeutica tanto
fa stare bene con la mente. Ovviamente “Kim” è un disco per tutti, non solo
rivolto a un singolo pubblico. Il tempo passa, certa musica resta e i L’Estate
Di San Martino sono un altro gruppo che rende noi italiani orgogliosi. MS
domenica 19 febbraio 2023
Hermetique Garage
HERMETIQUE GARAGE - Hermetique
Garage
Autoproduzione
Genere: Rock/Psichedelia/
Progressive Rock
Supporto: Bandcamp – 2022
Per
un tipo attempato come me leggere certi nomi è un ripercorrere dentro
bellissime sensazioni e ricordi. Hermetique Garage era il titolo di una storia
a fumetti di fantascienza di Moebius. Fu pubblicato in Francia in episodi da
due-quattro pagine sulla rivista Métal Hurlant tra il 1976 e il 1980. Un
disegnatore che se non conoscete già vi consiglio la visione e la lettura. Con quest’appellativo
si ritrovano Alessandro Niero (pianoforte e tastiere, synth e voce), Nicola
Boer (chitarre), Giacomo Bertoldi (basso) e Giulio Maria Genovesi (batteria),
esordienti veneziani che approcciano al mondo musicale con inattesa personalità
e aggiungo anche veemenza. Sì, perché la musica proposta ha al proprio interno
diversi mondi sonori che partono dal Rock degli anni ’70 alla Psichedelia
passando per il Progressive Rock.
Il
disco s’intitola proprio “Hermetique Garage” ed è un’opera Rock con tematiche
sociali introspettive, poi l’amore e quelle sensazioni di sofferenza che spesso
portano dietro con sé. Il lavoro potrebbe uscire benissimo come doppio lp in
quanto la durata totale è di settanta minuti, il che impegna molto l’ascoltatore.
Per fortuna questo impegno è ripagato da una musica che lascia spazio a diverse
interpretazioni, un disco che sicuramente fa riflettere e quindi impiegare bene
il tempo dedicato.
Mi
resta difficile trovare un brano su tutti che mi colpisca di più, il livello è
mediamente buono. Il cantato è in inglese sin dall’iniziale “Short Story Of A
Failed Assasination”, qui già c’è il sunto del carattere “Hermetique Garage” e
gli anni ’70 aleggiano nella stanza compresi certi Van Der Graaf Generator. Le
parti strumentali sono ottime in senso generale, la band s’intende a memoria,
si sente che sono passati anni di prove, infatti si formano nel 2009.
Ci
sono brani strumentali, ballate come ad esempio l’arpeggiata ”Fall Down” o la
pianistica “The Choice” il tutto a spezzare il lungo percorso rendendolo meno
impegnativo.
Ritmo
irresistibile per “We Wan’t”, più sorniona e ruffiana “Light” con coralità
Echolyn, mentre “Deadalus” sperimenta. Grunge Stoner e del Post Rock degli anni
'90 aleggiano di tanto in tanto nelle canzoni a testimonianza di un insieme di
generi proposti davvero importante.
In
questo periodo storico il Progressive Rock Italiano vede nascere molteplici
band e tante di loro esordiscono con un disco importante che tutto fa pensare
tranne a una band al suo primo lavoro. Carattere, questa sembra la parola d’ordine
d’oggi e aggiungo io per fortuna, perché i media ci mostrano un’Italia musicale
decisamente differente, fatta di copia incolla imbarazzanti. Se vi piace
impegnarvi seriamente all’ascolto della musica i veneziani Hermetique Garage vi
offrono davvero molti spunti. La copertina dell’album di Benedetto Mineo bene
rappresenta con i colori il contenuto sonoro. Buon ascolto. MS
sabato 18 febbraio 2023
Ephemeral
EPHEMERAL
– Guiding Ghost
Elevate
Records
Genere:
Progressive Rock
Supporto: cd – 2022
Quanto
sia importante lo studio della musica, si può ascoltare anche in un album di
debutto, quando le capacità esecutive rendono tutto apparentemente semplice,
anche le composizioni articolate.
Si
resta colpiti dal potere del suono, sembra quasi trovarsi al cospetto di una
magia, come può una cosa che non si vede, non toccare, senza odore e neppure
sapore scatenare in noi sensazioni emotive di forte valenza. Eppure la musica
ha questo potere e se poi è in mano a chi sa manipolarla allora il risultato è maggiore.
Questo
è il caso dei giovanissimi romani Ephemeral, freschi di studio al conservatorio
si uniscono prima nel 2018 con il nome Floating Minds per poi cambiare nel 2021
in Ephemeral.
Il
gruppo è composto da Arianna De Lucrezia (voce, basso), Gabriele Catania (tastiere),
Francesco Ciancio (chitarra) e Matteo Morini (batteria). Come avrete avuto modo
di capire il disco di debutto “Guiding Ghost” mi è piaciuto molto, ma non tanto
per chissà quale astrusa fantasia contenuta all’interno, chiaramente stiamo
parlando di Rock Progressivo, ma mi ha convinto per un insieme di fattori che
vanno dalla composizione a tratti articolata ma vicina anche al Pop soprattutto
nelle parti vocali, e per la storia che aleggia all’interno di queste sette
canzoni. E’ evidente che i ragazzi non sono sprovveduti neppure al riguardo del
passato, qui c’è materia per il Prog fans incallito e pure tanta.
“Deep
Blue” sin dall’apertura del basso prende la scena per il collo, crescendo nel
suono e quindi nell’intensità per poi gettarsi in scorribande sonore mai fine a
se stesse. Un equilibrio di elementi che solo chi già è in possesso di
esperienza può permettersi, ecco l’importanza degli studi cui mi riferivo.
Bello anche l’assolo di chitarra elettrica seppur breve che mi rimanda al Neo Prog
degli anni ’80. Il cantato è in lingua
inglese.
“Lock'em
Out” dimostra che i ragazzi sanno da dove proviene questa musica, ossia dal
Blues per poi passare sempre all’interno al Rock coinvolgente e ruffiano ben
cantato da Arianna, molto coinvolta in questo contesto. Le tastiere ricoprono
un ruolo importante in tutti i brani di “Guiding Ghost” e si gode quando gli
strumentisti si mettono in vetrina.
Ancora
un inizio Neo Prog, quasi Marillioniano per “Inky Eyes” ma attenzione, il seguito
stupirà tutti, fra chitarra spagnoleggiante e suoni da videogioco a
testimonianza di una creatività di base innata. Alla cantante e bassista De
Lucrezia piace il Funky, questo traspare di tanto in tanto nel suo modo di
suonare, anche in “Freddy” ci sono accenni e il pezzo strumentale mette alla
luce del sole le capacità tecniche di ogni singolo elemento.
“Into
The Ether” apre una suite composta in totale di tre brani. Il pianoforte regala
passaggi storici che mi fanno ritornare alla memoria certe nostrane Orme degli
anni ’70 e non soltanto loro. L’emozione è molta, il cammino è ricco di
sorprese, un sentiero come un safari, dove si ha la possibilità di incontrare
qualsiasi cosa. I brani s’intitolano “Guiding Ghost Part I” e “Guiding Ghost
Part II”.
Faccio
i miei più sinceri complimenti a questi ragazzi che sono certo, sapranno
stupirci sempre più nel futuro, quando l’esperienza accrescerà ulteriormente,
al momento resto piacevolmente colpito da questo debutto che consiglio a tutti
gli amanti della musica, nessuno escluso. MS
Rick Miller
RICK MILLER – Altered States
Progressive Promotion Records
Distribuzione G.T. Music
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2023
Fare musica è una necessità per chi ha passione e sensibilità nell’animo, non sempre uno si può tenere tutto dentro. Non è questione di voglia di notorietà, ma è una vera e propria valvola di sfogo. Chi suona Progressive Rock sa bene a cosa va incontro, ossia a un pubblico di nicchia e molto critico, tuttavia è il linguaggio più appropriato per esprimere mille sensazioni e stati d’animo. E’ una musica che permette perché, quasi priva di regole in quanto sperimentale, e quindi ricca di cambi d’umore. Appagante.
Chi suona Prog Rock di ciò ne è consapevole. Una nazione che stupisce nell’ambito per eterogeneità è il Canada, qui diversi artisti contribuiscono a creare un nuovo stile a testimonianza di quanto detto. Un esempio su tutti è quello dei Rush che nella fine degli anni ’70 gettano le basi del Metal Progressive in largo anticipo rispetto ai più fortunati Dream Theater (e Queensryche). Libertà d’espressione sembra la parola d’ordine anche per Rick Miller, noto polistrumentista, compositore e produttore di Progressive Rock sinfonico. Una carriera incredibile che inizia nei primi anni ’80 per giungere ai nostri giorni attraverso una discografia alle spalle formata da sedici album in studio.
Miller ritorna oggi dopo il buon “Old Souls” del 2022 a sigillare il diciassettesimo album intitolato “Altered States”. L’esperienza insegna e Miller sembra un fiume in piena grazie ad una vena creativa impetuosa e irrefrenabile. La musica proposta è poco derivativa, ovviamente tutti gli artisti hanno un punto o più punti di riferimento, ma in questo caso possiamo parlare di forte personalità, quella che ho rilevato portando l’esempio del singolare mondo sonoro canadese.
In questo nuovo progetto suonano con lui Sarah Young (flauto), Giulia Cacciavillian (flauto), Mateusz Swoboda (violoncello), Barry Haggarty (chitarra), Kane Miller (violino) e Will (batteria, percussioni).
Veniamo all’artwork del disco, questa volta molto colorato rispetto ai più cupi album del passato, anche se all’interno ritornano i disegni fantasiosi, grotteschi e inquietanti che solitamente ci hanno introdotto nel mondo di Miller. Animali, ombre e personaggi oscuri fanno da Caronte all’ascolto mentre le influenze sonore sono di base ispirate da artisti quali Pink Floyd, The Moody Blues e Steve Hackett.
Nove le tracce del disco a iniziare dalla title track con i suoi dieci minuti abbondanti di musica. Un intro psichedelico di stampo “Shine On You Crazy Diamond” accompagna attraverso la chitarra elettrica all’evolversi del brano cantato, o per meglio dire abbastanza sussurrato, dove gli assolo fanno volare alto con la fantasia. Già in pochi minuti si può evincere l’esperienza del compositore nel campo, tanta materia messa in poche note dirette e bene arrangiate. Ovviamente la mini suite ha all’interno i suoi bei cambi come il Prog fans desidera, orchestrazioni annesse. Un flauto inizia “New Moon Prelude” accompagnando l’ascoltatore verso un nuovo mondo dalle caratteristiche africane, la savana sembra essere la vera protagonista, invece trattasi di una nuova luna, breve strumentale affascinante oltre che ammaliante. Ed è la volta di “Wolf Moon”, spazio alle note sostenute e al ritmo quasi doom. Gli animali sono i veri protagonisti oltre che gli ispiratori di questa musica. Splendido l’inizio fra canti d’uccelli, cori Mellotron, archi, tastiere e flauto di “Borrowed Time”, composizione riuscita fra le mie preferite dell’album. La voce ben si sposa con le armonie, anche se sarebbe bene qualche volta osare di più, oltrepassare il sussurrato giusto per rendere tutto più variegato, anche se capisco che questa è la caratteristica base della musica di Rick Miller. La strumentale “The Trap” rapisce fra psichedelia e Folk dal sapore antico. Commovente ballata è “Old Secrets” per poi passare al Prog strumentale intenso di “Half Moon” con ancora una volta tante carte in tavola. Altra ballata dal sapore vintage è “A Dream Within”, immaginate Simon & Garfunkel fare del Prog. In effetti, il disco si conclude qui, anche se il finale è lasciato dal vento e dal violoncello di “Full Moon Rising”. Il viaggio su questa fantastica luna dallo stato alterato è terminato.
Ogni disco di Rick Miller ha un suo perché, la maturità del compositore aggiunge ulteriori finezze ed io non posso fare altro che apprezzare, anche perché vibro con le stesse frequenze, quelle generate da un Prog in bilico fra passato e presente, connubio a mio modo di vedere semplicemente perfetto. MS
giovedì 16 febbraio 2023
Sacromud
SACROMUD – Sacromud
Labilia
Genere: Blues
Formato: cd – 2022
Il
Blues è alla base di tutta la musica moderna, un’evoluzione che incomincia dai
canti dei neri afro americani nei campi di cotone verso la fine del 1800, per
poi evolversi nei decenni in Rithm'n Blues del dopoguerra (vedi Fats Domino), e
successivamente nel Rock And Roll. Se fosse cibo, per intenderci sarebbe farina
e acqua, la base di tutto, pane, pizze, pasta etc.
E
sì, il Blues è un amico che mai ci ha tradito, si è evoluto, però sempre
presente in molti generi che ascoltiamo anche oggi. Fu denominata musica del
diavolo perché uno dei padri del Blues, ossia Robert Johnson, imparò a suonare
la chitarra molto velocemente tanto da far pensare a coloro che lo conoscevano
che avesse fatto un patto con il diavolo. Ma la musica di per se è molto
semplice, nulla di dannato o esoterico, piuttosto un viatico di protesta per chi
trovava la propria vita un disagio, proprio come accadde successivamente con il
Rock, come già detto parte evoluta del Blues. Per me il Blues è colore, anche
oggi una musica senza tempo, quella che ti scalda l’anima e ti fa socchiudere
spesso gli occhi durante l’ascolto.
Conoscono
molto bene la materia Raffo Barbi (voce), Maurizio Pugno (chitarra), Frank
Piombino (basso), Alex Fiorucci (tastiere), e Riccardo Fiorucci (batteria,
percussioni), ossia gli eugubini
Sacromud che vengono anche premiati come migliore band e migliore album
italiano del 2022 da ADMR Rock Web Radio.
E’
anche per me un vero piacere ascoltare il blues nel 2022, una sorta di ritorno
alla fonte, un cotton fioc per le orecchie oggi bombardate da milioni di suoni
e di generi. In un’elegante confezione cartonata e gatefuld l’album si presenta
con un libretto ben strutturato contenente testi e info, mentre il disco è
composto da dodici brani ben registrati ai Pobmusic Recording Studio di
Maurizio Pugno, mixati da Walter Lanzara al Fondino Recording Studio di Gubbio
e masterizzati nei mitici Abbey Road Studios di Londra (vi dice qualcosa?).
Fatti
i convenevoli passiamo alla carne, a iniziare da “The Hider &The Seeker” e
la musica da subito voce a suggestioni, ma quello che trapela maggiormente è la
capacità compositiva di Maurizio Pugno, altresì palese è la sua annuale
esperienza in campo. L’America è avanti i nostri occhi, e per la precisione New
Orleans, mentre la voce di Barbi sperimenta e gioca su un riff ruffiano
interrotto a metà da un assolo di chitarra di gran classe. Che molta musica
provenga dai neri è un fatto inopinabile, non solo il Blues, ma anche il Jazz,
il Funk, il Reggae e ancora altri stili, molti di questi sono racchiusi in
“Ordinary Day” canzone di base decisamente Reggae. L’accoppiata Pugno/Barbi
prosegue il cammino con “Carousel”, ammaliante in maniera ipnotica
nell’incedere capace di spolverare certi passaggi che sono alla base del Blues anni
’30. Mai banali gli assolo i quali non fanno altro che impreziosire e staccare
l’ascolto rendendolo scorrevole. Una parte del merito va tuttavia anche alla
produzione. “The Merchant Of Soul” è arrangiata bene e gioca con le voci fra
canto e cori, pezzo caleidoscopico senza tempo. Del vento apre “Exodus” assieme
a canti atavici femminili e questa volta si vola in Africa.
Ma
siamo sicuri che i Sacromud siano umbri? Non si direbbe proprio, in questo
progetto c’è tanto di quel Groove e storia che si resta colpiti, come in “The Mule”,
DNA americano. Una menzione anche alla ritmica sempre pulita e mai invadente,
la coppia basso e batteria s’intendono all’unisono regalando un tappeto
perfetto su cui cucire orpelli sonori. Archi per “Rag Doll Crying”, ballata
toccante e vetrina per le qualità canore di Barbi qui vicine a quelle di Roland
Gift degli inglesi Fine Young Cannibals. Quando ho detto di musica da ascoltare
a occhi chiusi ecco cosa intendevo.
E
poi arriva l’Hammond, la voce modificata, e tutto il mondo di Frank Zappa in un
solo titolo: “Symmetry”. Il gruppo si diverte e il risultato è contagioso. In
“You’re Ready To Laugh” siamo al cospetto di un polveroso Blues, lento e
ruffiano al punto giusto. Sale il ritmo nella ballabile “Apple Slice”, canzone
dall’inconfondibile suono anni ’70 per poi aumentare ulteriormente in “Dark
Clouds”. Per finire ecco il puro Blues, quello che ha segnato tante
generazioni, “The Woman’s Trouble Is Me” ha alle spalle Robert Johnson e
migliore chiusura non poteva esserci.
“Sacromud”
è un disco diverso, un lavoro meticoloso e particolareggiato che esula dalla
maggioranza dei prodotti odierni, una bella finestra aperta per arieggiare la
nostra mente oggi consumata da tanta spazzatura sonora… E non soltanto quella.
MS
domenica 12 febbraio 2023
Barbara Rubin e Elisa Montaldo
BARBARA RUBIN e ELISA MONTALDO live
Possiamo considerare l’incontro fra le due artiste BARBARA RUBIN (voce, viola e violino) e ELISA MONTALDO (voce, tastiere e strumenti etnici) un vero e proprio supergruppo. Questa collaborazione ha tanta energia da elargire, Montaldo è fondatrice del gruppo italiano IL TEMPIO DELLE CLESSIDRE oltre che collaboratrice di numerosissimi progetti, mentre Rubin oltre che autrice di album solisti quali “Under The Ice”, “Luna Nuova” e “The Shadows Playground”, ha militato in band del calibro storico di Arcansiel e nei più recenti Loreweaver.
Il 3 dicembre 2022 al Teatro La Claque di Genova aprono
il concerto alla storica band italiana LATTE E MIELE e realizzano due estratti
da "A Fistful Of Planets And Other Galaxies":
"La Stanza Nascosta", un remake della
canzone scritta da Elisa Montaldo per la sua band: IL TEMPIO DELLE CLESSIDRE, e
"Moonchild", una personale interpretazione del brano dei King Crimson's,
tratta dall'album "In The Court Of The Crimson King".
Registrato da - Andrea Torretta & Teatro La
Claque
Mix & master - Barbara Rubin
Fotografia -
Daniel Nervi
Artwork e Grafica - Elisa Montaldo
Pubblicato il 3 Febbraio 2023
Buon ascolto:
https://barbararubin.bandcamp.com/
https://elisamontaldo.bandcamp.com/
sabato 11 febbraio 2023
Anabasi Road
ANABASI ROAD – Anabasi Road
Autoproduzione
Genere: Progressive Rock Italiano
Supporto: cd – 2014
Con
l’esperienza passata abbiamo evinto che la scena progressiva degli anni ’70 della
nostra nazione ha avuto band e dischi di ottima fattura celati nell’oblio. Piccole
band che hanno prodotto solo un album di difficile reperimento ma ricco di
tante emozioni al proprio interno, snobbato da molti, media compresi, questo
vuoi per poche stampe dello stesso, oppure per poca divulgazione pubblicitaria.
Non è un caso che ancora oggi ogni tanto scopriamo piccole gemme. Questo accade
anche per band post anni 2000, ogni tanto fuoriescono piccole gemme, anche se attualmente
siamo aiutati fortemente nella ricerca dalla rete internet. Ciò che mi spiego
meno è come sia possibile che alcuni album molto belli passino ancora in
sordina, proprio per questo mi sento di dare vetrina (nel mio piccolo) alla
band emiliana Anabasi Road.
Si
formano nel 2009 a Reggio Emilia e rilasciano solo un album, questo “Anabasi
Road” e un EP intitolato “Ages” nel 2016. Il genere proposto potrebbe
sintetizzarsi in un Blues dalle contaminazioni Hard Prog vintage, immaginate di
miscelare i Nomadi con i Reale Accademia Di Musica e i Biglietto per L’Inferno,
tanto per fare un esempio. Anche la voce del cantante Andrea
Gilberti (voce, armonica, synth) si avvicina di molto a quella di Augusto Daolio
in alcuni frangenti. Dopo alcuni cambi di formazione negli anni si stabilizzano
con Massimiliano Braglia (chitarra, batteria), Alessio Gambarelli (chitarra), Riccardo
Vecchi (basso), Luca Orlandini (tastiere, organo, pianoforte e synth), Nicholas
Corradini (batteria, chitarra) e appunto Andrea Gilberti. Hanno
partecipato a concorsi musicali come il “Concorso Liber@mente” di Quattro
Castella (RE) arrivando secondi nell’edizione del 2012 e secondi al “Krisis
Band Contest” di Carpi nel 2015. Inizialmente hanno un buon riscontro di
pubblico vendendo 500 copie dell’album per poi perdersi nel vasto mondo
musicale forse per i motivi sopra citati.
“Anabasi
Road” è formato da otto canzoni a iniziare da “Pleasure In Me”, un Hard Prog
basato molto sulle tastiere di Orlandini, generalmente protagoniste di ogni
brano. All’interno anche un ottimo assolo di chitarra. Mi ritornano in mente
gli Atomic Rooster, ma qui ci sono richiami decisamente più Prog. Tutti i brani
sono cantati in inglese escluso “Guerra Mondiale”, vero e proprio gioiello
sonoro di rara bellezza nel campo di competenza. Ritornando al brano di
apertura, qui tanta storia aleggia fra le note e i nutriti assolo strumentali
che palesano le indubbie capacità tecniche della band. Più breve “Clashing
Stars”, ma sempre impelagata nell’ambito e bene interpretata dalla grintosa
voce di Gilberti. Un momento di pausa ritmica giunge attraverso “Dreaming For
You”, canzone comunque ricca di variazioni e con un basso ben presente, musica
dalle fosche tinte con qualche spennellata di Black Widow all’interno. Un’armonica
a bocca apre “Say Man” e all’improvviso ci si trova in America con un
irresistibile Blues trascinante e storico.
Ora
è la volta della pianistica e già citata “Guerra Mondiale”, dove tutto è magia,
incantevoli passaggi alla Reale Accademia Di Musica danno staffetta ai Nomadi e
il livello sale di molto, pezzo che da solo vale il prezzo del disco. “Maybe
Tomorrow” mostra ancora una volta il carattere della band con lanci di chitarra
elettrica davvero toccanti e allo stesso tempo ficcanti. Ancora più dura “I
Walk Alone”, canzone trascinante e monolitica. Chiude “Requiem” e il Blues si
riaffaccia prepotentemente.
“Anabasi
Road” è un album da riscoprire, peccato lasciarlo così nel suo limbo, perché questa
musica non ha tempo e riempie il cuore e la mente. MS
domenica 5 febbraio 2023
Haken
HAKEN
– Taurus
Inside Out Music
Genere:
Post Prog Moderno / Hard Prog
Supporto EP – 2023
Sono
contento per la band Haken che molta strada ha fatto negli anni passando
attraverso dischi molto interessanti e tecnici supportati dall'ambita casa
discografica Inside Out. Ricordo che si formano nel 2007 a
Londra. Lo meritano per tutte le fatiche espresse, sei per l’esattezza in
attesa del settimo sigillo intitolato “Fauna” previsto per il 3 marzo 2023.
Sono oggi formati da Charlie Griffiths (chitarra), Ray Hearne (batteria), Richard
Henshall (chitarre, tastiere), Ross Jennings (voce), Peter Jones (tastiere), e
Conner Green (basso).
Questo
EP “Taurus” contenente tre brani espone la band com’è diventata oggi, passando
attraverso l’Hard Prog, e tutto quello che sono sonorità di questo periodo, ma
se i preliminari sono codesti, non nascondo una certa preoccupazione.
Gli
Haken sembrano snaturare ulteriormente il proprio stile avvicinandosi sempre di
più a quello dei Pain Of Salvation con alcune influenze Grunge. I maestri Pain
Of Salvation non hanno di certo bisogno di presentazione, hanno un carattere
ben definito e riconducibile a un suono nervoso e spesso malinconico, così gli
Haken stanno approcciando nel loro nuovo sound. Apprezzo molto gli artisti che
non si fermano mai e che mutano sempre pelle, non avrei scritto altrimenti POST
PROG MODERNO – L’Alba Di Una Nuova Era (Arcana), perdono fans del passato ma ne
acquistano di nuovi, però non sempre il passo riesce bene. Gli Haken non sono i
Pain Of Salvation, e neppure una band Metal Grunge, hanno un loro stile che qui
in Taurus sembra essere violentato. Un cambio repentino che mi lascia sgomento,
non per il coraggio, ma per il risultato. “Taurus” è un brano banale, sembra
messo su con il nastro isolante pezzo per pezzo e questo dall’estro di questi
campioni di certo non me lo sarei mai atteso.
“The
Alphabet Of Me” ha un inizio minimale ed elettronico sulla sempre bella voce di
Jennings. La parte centrale è Metal per darsi staffetta con le parti pacate
immancabili in un brano di Post Prog Moderno. Un piccolo passo in più rispetto “Taurus”
ma ancora una volta nulla di trascendentale e aggiungerei già sentito, compresi
gli “Oh, Oh, Oh”. Apprezzo invece l’inserimento della tromba nel finale che
alza il tono del brano.
“Nightingale”
ruggisce bene, ma ricade nuovamente nel dejà vu e questo è un vero peccato perché
ha potenzialità e ottimi frangenti emotivi negli assolo oltre che nelle buone
coralità.
Questo
EP mi preoccupa un pochino per l’uscita imminente di “Fauna”, spero di
sbagliarmi e comunque faccio i complimenti alla band per il balzo di notorietà
comunque meritata. Al momento boccio, ma attendo l’ascolto totale, perché l’abito
non fa il monaco ma a proposito di detti… Il buongiorno si vede dal mattino,
quale dei due avrà ragione? MS
sabato 4 febbraio 2023
We Came From Space
WE
CAME FROM SPACE – Overlords
Radiant
Records
Genere: Crossover Prog
Supporto: cd – 2023
Esiste
un forte legame fra Beatles e Progressive Rock anche perché un’importante
spinta verso la sinfonizzazione del Rock è data alle origini proprio dai fab
four nel dal brano “Eleanor Rigby”, solo archi e voci, non più la chitarra
elettrica come nel 100% delle band Rock del periodo. Insomma, i Beatles hanno la loro valenza e
anche oggi hanno molti proseliti, vogliamo ricordare ad esempio gli Oasis?
Oppure venendo proprio al Progressive Rock a Neal Morse e ai suoi primi Spock’s
Beard? Guarda caso il tastierista Bill
Hubauer ha militato nella formazione della Neal Morse Band. Sto quindi parlando
degli americani We Came From Space che dopo un EP e due album ritornano oggi
con “Overlords”. La band composta da Bill Hubauer (tastiere, chitarra, voce), Dave
Buzard (chitarra, voce), Dave Hawk (basso) e Tim Malone (batteria e percussioni)
proseguono il cammino intrapreso con “While
You Were Away” nel 2018 ossia fra influenze Beatles, Styx, Kansas ed ELO.
L’album
è tipicamente sinfonico con tematiche sociali, sulla tecnologia che oggi
accompagna le nostre vite, le forzature politiche e l’intelligenza artificiale,
ma attenzione non trattasi di concept album.
Il
brano di apertura “Overlord” sembra in alcuni frangenti uscire da quel “Sgt.
Pepper's Lonely Hearts Club Band” che ha fatto storia e poi cambi di tempo, di
armonie, proprio come gli Spock’s Beard hanno incantato negli anni. Direte voi,
e la personalità? Si, rispondo io, essa si palesa maggiormente nei tecnici
assolo strumentali, qui la band dimostra di avere un preciso carattere. Il
pezzo è una mini suite che come genere vuole si apre con una bella melodia da
ricordare, per poi svisare in altri lidi e nel finale riproporsi prepotentemente
con tanto di coralità annesse e chitarra elettrica sostenuta in un galante
assolo.
“On
The Radio” fa ancor più seriamente, mettendo sul tavolo le caratteristiche del
Progressive Rock con polso, come a voler dimostrare che non solo sanno suonare
e comporre, ma anche il percorso storico del genere è preso in analisi e
conosciuto. Il brano è trascinante con tanto di clap hands, altresì buoni gli
effetti stereo, gli arrangiamenti e l’incisione. “Empty Space” è una ballata
incentrata sul bel piano di Hubauer, tratti Reggae-Pop rendono le atmosfere ruffiane
e di casa Neal Morse. Eppure ancora una volta si resta colpiti dalle coralità
sempre bene strutturate. Ed è la volta dell’irresistibile “She’s The Bomb
Atomic Blues”, gioiellino sonoro trascinante, dove restare fermi durante l’ascolto
diventa quasi impossibile. Lo svolgersi del brano presenta assolo imponenti di
rara bellezza. Non manca neppure un bel salto negli anni ’70 ciò avviene con “Reputation”,
in territori Styx e Hard Rock. Altra ballata dalle buone melodie è “Silent
Letters” e la voce di Hubauer diviene protagonista di una bella
interpretazione. Ma il gioiello dell’album a mio parere resta “Facade”, già presente
nell’EP “Reasons In The Rhyme” del 2020. Tanti Kansas ma qui di materia all’interno
ce n’è davvero tanta, il connubio è piacevole. I nove minuti abbondanti di “Seize
The Day” chiudono al meglio l’ascolto.
Hubauer
è un vero e proprio maestro della materia, chi ama le band ora citate non può
fare a meno di acquistare questo nuovo album ricco di grande musica, gli altri
che non conoscono possono tranquillamente approcciarsi con sicurezza, perché questa
è musica per tutti i padiglioni auricolari, nessuno escluso. MS
La Stazione Delle Frequenze
LA STAZIONE DELLE FREQUENZE –
Chirale
Autoproduzione
Genere: Metal Progressive
Supporto: Bandcamp-Spotify – 2023
Non
è che poi si parli molto di Metal Progressive in Italia, e se si fa, è
solamente riguardo alle band straniere e questo è un peccato perché come ho
dimostrato nel mio secondo libro METAL PROGRESSIVE ITALIANO (Arcana) anche da noi,
ci sono artisti che hanno idee e tecnica da vendere.
E
sì, perché per suonare Metal Progressive serve anche quella, la tecnica è
importante come ci hanno insegnato i padri Dream Theater, poi noi abbiamo una
capacità intrinseca che ci contraddistingue, la solarità mediterranea. Nel
sottosuolo musicale metallico italiano dunque si muove un nuvolo di artisti
sparsi per tutto lo stivale, oggi ci soffermiamo a Benevento con l’apporto del
nuovo album dei La Stazione Delle Frequenze intitolato “Chirale”. Non è un
debutto, esso viene dopo "Physis" del 2019, un approccio non
convenzionale per stile nei confronti del genere. I giovani musicisti, infatti,
s’impegnano a rispettare atmosfere spesso velate e malinconiche, pur ruggendo
con gli strumenti e intercalando le composizioni a frangenti più pacati. Un
risultato che di sicuro non lascia l’ascoltatore indifferente. Il gruppo è
formato da Alberto Cervone (voce), Angelantonio Donisi (chitarre),
Pierfrancesco Corbo (chitarre), Luca Lorio (basso) e Andrea Passaro (batteria).
“Chirale”
è composto di sei canzoni ed è aperto da “Inerte”, qui si rileva già il
carattere della musica che fra alti e bassi tesse una struttura dalla facile
memorizzazione. Buona la prova vocale di Cervone che mai comunque tenta vette
altissime come spesso capita di ascoltare nelle band di questo genere. Effetti
elettronici aprono “Opposte Realtà”, canzone vigorosa dal ritmo inizialmente
spezzato e coinvolgente. La melodia italica prende successivamente il
sopravvento, a testimoniare la volontà di rendere tutto sempre e comunque molto
fruibile.
“Le
Mie Catene” non si discosta da quanto ascoltato sino ad ora mentre i testi
narrano di episodi di vita quotidiana e riflessioni umane. Il ritornello è
funzionale, anche se qualche dejà vu si palesa. Ancora belle melodie in
“Disordine”, una semi ballata dal velo malinconico che parla d’amore, molto
radiofonica e popolare, è anche quella che più mi ha convinto. La title track
“Chirale” è un breve strumentale che gioca con i suoni degli strumenti e ha un
anima leggermente psichedelica, essa lascia spazio alla conclusiva
“Chiaroscuro”. Qui di nuovo la personalità dei musicisti è espressa con idee
melodiche anche rassicuranti per certi versi.
L’energia
che i La Stazione Delle Frequenze riescono a sprigionare è tanta, Metal
Progressive Italiano in tutti i sensi con un forte ammiccamento alla formula
canzone. Mi sento di dover rimpiangere la mancanza di qualche assolo importante
che farebbe di un brano un valore aggiunto, ma questo non sempre è
fondamentale, anche se l’ascolto ci guadagnerebbe in fluidità.
Sintonizzatevi
se avete la voglia di addentrarvi nel mondo Metal Progressive Italiano, La
Stazione Delle Frequenze è aperta. MS
mercoledì 1 febbraio 2023
Presentazione POST PROG MODERNO e Dintorni
Presentazione POST PROG MODERNO e dintorni
Vi aspetto al VOX LIVE CLUB di Jesi (AN) per un viaggio nel mondo del Progressive Rock attraverso i miei libri.
Ospiti, letture, video e le vostre domande.
Evento Read And Play