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domenica 26 febbraio 2023

Haken

HAKEN – Fauna
Inside Out
Genere: Post Prog Moderno
Supporto: cd – 2023




Ho sempre seguito con curiosità l’evolversi musicale della band londinese Haken, perché sono quelle che piacciono a me, ossia coloro che cambiano disco dopo disco, anche a discapito dei fans stessi. “Fauna” è il settimo album in studio e vede il ritorno del tastierista Pete Jones per una formazione che oggi si presenta così: Ross Jennings (voce), Richard Henshall (chitarra, tastiere), Charlie Griffiths (chitarra), Pete Jones (tastiere), Conner Green (basso) e Ray Hearne (batteria).
A chi non conosce la band, dico che iniziano con un Metal Progressive dalle forti tinte Progressive per poi mutare il suono anche attraverso ritmiche spezzate e incastri sonori come piaceva fare ad esempio a Fripp con i suoi King Crimson. Non credo poi sia un caso stampare due copertine monocromatiche come “Vector” (Rossa come “Discipline”) e “Virus” (Gialla come “Three Of A Perfect Pair”). I tratti ripetitivi, duri e su scale in crescendo in effetti sono comuni alle due band, ma come ho avuto modo di dire, gli Haken cambiano nel tempo più velocemente dei maestri King Crimson stessi. Oggi il ritorno a una copertina tutta colorata. Non nascondo che all’ascolto dell’EP “Taurus” ho avuto molti dubbi sulla bontà di questo nuovo prodotto che ora andiamo ad analizzare.
Il primo brano “Taurus” è uscito settimane fa come singolo per cui conosco bene il suo andamento, quello che poi mi ha preoccupato maggiormente. La voce di Jennings è sempre ottima, così è buona la scelta del ritornello, ma tutto è già sentito sembra un brano aggiuntato con spezzoni di altri fra Tool, Pain Of Salvation e del Nu Metal (Tò, chi si rivede). Poca materia rispetto la personalità di questi inglesi. Gli Haken amano ritmiche sbilenche, come ad esempio suonano nella già nota “Nightingale”, alcune coralità e andamenti sono come quelli che ci hanno insegnato gli americani Echolyn, ma qui risiede oscurità, non a caso sento anche sprazzi di Opeth. Non è colpa mia imporvi tutti questi nomi, le mie orecchie sentono questo. Terzo brano noto, tratto anche lui dall’EP “Lovebit” intitolato “The Alphabet Of Me” qui c’è elettronica, un cambio stilistico notevole rispetto quanto ascoltato.  Ruffiano e ricolmo di dejà vu ha comunque un interessante finale con tromba e atmosfere anni ’80. Vengo ora ai brani non noti a iniziare da “Sempiternal Beings”, premetto che sono un pochino stanco di ascoltare smanate sulle corde della chitarra a battere su ritmiche sempre spezzate e con un cantato che sembra incongruente a quanto suonato (praticamente del Math Rock), lo dico sinceramente, è una formula che alla fine mi ha stancato, magari a un ascoltatore che giunge ora piace e lo definisce una genialata. Tuttavia la band si diverte, questo si percepisce benissimo ed è quindi uno dei pezzi meglio riusciti dell’album. Il copia incolla degli incastri fra ritmi spezzati procede con “Beneath The White Rainbow” dall’incedere greve e …Nulla di nuovo all’orizzonte. Basso, batteria e voce aprono “Island In The Clouds”, brano fra i più Crimsoniani dell’intero album. Nel proseguimento la band dimostra ancora una volta un intesa invidiabile. “Lovebite” è breve ma è una mitragliata di suoni che potremmo definire alla Haken e non manca il solito placamento dove la voce tesse belle melodie, questa volta in stile anni ’70. Il brano che più ho apprezzato è anche il più lungo “Elephants Never Forget” con i suoi undici minuti abbondanti. Qui c’è tanta materia soprattutto il riferimento clamoroso ai Gentle Giant che poi lascia spazio al suono moderno e ai ritornelli gradevoli, tecnica strumentale, intesa, insomma qui c’è del carattere forte che mi ha convinto come nei primi album della loro carriera. Il Math Rock forse è troppo presente fra le note come ad esempio nella malinconica “Eyes Of Ebony”, canzone dedicata alla dipartita del padre di Richard Henshall proprio avvenuta durante le sessioni dell’album. In conclusione il colorato “Fauna” è un mix fra “Vector” e “Virus” con sprazzi di “The Mountain” e “Affinity”, il tutto rivisitato in chiave sonora moderna ma a mio giudizio con troppe ripetizioni che alla lunga tendono a stancare l’ascoltatore. I King Crimson sono punto di riferimento per molte band, ma solo loro sono i King Crimson, quindi…Attenzione. Mi spiace, pensavo fosse un disco migliore, direi più un mezzo passo falso, anche se all’interno per fortuna ci sono alcune chicche da non sottovalutare come quelle descritte. Gli Haken mutano sempre, metto “Fauna” nel limbo dell’ibrido e attendo nuove uscite. MS 






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