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giovedì 25 febbraio 2016

Sintonia Distorta

SINTONIA DISTORTA – Frammenti D’Incanto
Lizard Records / Locanda Del Vento
Genere: Hard Prog
Supporto: cd – 2015


I Sintonia Distorta provengono da Lodi e si formano nell’ottobre del 1995 con l’intento di suonare brani cover che vanno dal Classic Rock al Power, dal Prog al Metal sempre mantenendo un gusto per la melodia. Hanno all'attivo 3 demo di pezzi propri e un demo di cover, mentre la scelta del cantato è in lingua italiana.
Con “Frammenti D’Incanto”  si parla dunque di debutto mentre la formazione è composta da Simone Pesatori (voce), Simone Prestini (chitarre), Giampiero Manenti (tastiere, voce), Fabio Tavazzi (basso) e Matteo Sabbioni (batteria).
Molto bello il libretto che accompagna il prodotto sonoro, realizzato dalla oramai riconoscibilissima grafica di Davide Guidoni, questo è ricco di informazioni, con storie spiegate e testi lirici. I brani contenuti sono dieci e tutti di media e lunga durata, a partire da “Anthemyiees (L’Isola Nel Buio)”, storia di un capitano alla ricerca di una terra sempre sognata. Il rumore del mare e una voce femminile che canticchia una nenia ci accoglie in questo lungo viaggio. Adrenalina scorre fra le imponenti tastiere e le chitarre distorte autrici di riff taglienti sono da partner alla bella voce di Pesatori, che nei momenti più vigorosi mi ricorda un poco quella del maestro Bernardo Lanzetti.
Ogni musicista ed ogni cantante è un cantastorie e l’argomento viene trattato in “Il Cantastorie”, canzone che può piacere anche agli amanti del New Prog anni ’80, pur avendo sempre le chitarre distorte in affidamento. “Menta E Fragole”, la forza di un uomo (la menta) e la dolcezza di una donna (le fragole), il frutto dell’amore e la magia della vita raccontata con toccante intensità in un momento più riflessivo. “Il Mondo Dei Falsi Dei” invece subentra nel sociale e le problematiche che si hanno se si fa uso di droghe. Il ritmo dunque sale visto l’argomento e così la durezza del suono supportato da una buona ritmica. Egoismo, esaltazione dell’ ”io” nel brano “Il Canto Della Fenice”, piacevole sotto molteplici punti di vista, a partire dall’inciso al ritornello, sicuramente piacevole per i più metallari di voi. Melodie in prima linea in “No Seed A Show”, storia di palcoscenici. Il disco è dunque variegato, fra sensazioni di bacio o schiaffo, ma sempre legato alla melodia di facile assimilazione, una carta vincente che viene amplificata dai suoni tastieristici e coralità. Non solo Prog duro, ma anche richiami al Metal vero, come nel caso di “Pioggia Di Vetro”, dove gli Iron Maiden fanno capolino. Si torna a parlare d’amore con “I Ponti Di Budapest”, fra arpeggi e sensazioni sentimentali. Non manca un pensiero per chi vive in situazioni più disagiate in “Clochard”, dove ancora una volta si possono estrapolare gli Iron Maiden. Si finisce con “Il Vento Dei Pensieri”, una storia d’amore e di vecchi pensieri che volano sopra le tastiere di Manenti.

In conclusione “Frammenti D’Incanto” è un lavoro onesto, senza grandissimi picchi qualitativi, magari avrei apprezzato di più se ci fossero stati solo strumentali più lunghi o almeno un brano prettamente strumentale a spezzare l’ascolto, ma va bene anche così, stiamo sempre parlando di debutto e quindi benvenuti Sintonia Distorta e bravi. MS

Posto Blocco 19

POSTO BLOCCO 19 – Motivi Di Sempre
Lizard Records / Locanda Del Vento
Genere: Progressive Rock
Supporto:cd – 2014


Non è la prima volta che la Lizard Records e “La Locanda Del Vento” di Loris Furlan rendono  giustizia al Progressive Italiano. Capita che nella storia della musica molte band e loro canzoni restino avvinghiate alla ragnatela del tempo, senza trovare una visibilità da parte degli addetti ai lavori. Stiamo parlando dei Posto Blocco 19, una band che si forma nel 1972 e si dedica al Rock Progressivo quello vero, caro a band come PFM, Banco Del Mutuo Soccorso, Orme etc. In “Motivi Di Sempre” oggi si ascolta si Prog anni ’70, ma con elementi più freschi, dati ovviamente dai tempi moderni e dall’esperienza comunque accumulata dagli artisti nel tempo. Cominciano a comporre materiale proprio dal 1978, probabilmente questo il motivo per cui non hanno ricevuto la dovuta attenzione da parte degli addetti ai lavori, proprio nel periodo di transizione e cambiamento fra il genere Prog ed il Punk e la musica da discoteca. Il momento sbagliato. Nel 1981 registrano per Pubbliart Bazar il disco omonimo, composto da due canzoni, una delle quali qui è riproposta dal titolo “E La Musica Va”. Nel 2010 li ritroviamo nella raccolta “The Divine Comedy - Part III – Paradiso” per  Musea e la Finlandese Colossus con il brano “canto IX : L'Ultima Acqua” e l’ospite vocale Bernardo Lanzetti (PFM). Sempre la Musea Records chiede loro l’anno successivo anche la partecipazione nell’opera musicale/letteraria “Decameron "Ten Days in 100 Novellas - Part 1", questa volta con la nuova composizione “Scandendo Il Tempo”.
Ma veniamo al disco in questione ed alla formazione, composta da Francesca Campagna (voce), Massimo Casaro (basso), Raimondo Fantuzzi (chitarra, voce), Stefano Savi (percussioni), Graziano De Palma (tastiere) e Vittorio Savi (batteria).
“Motivi Di Sempre” si presenta con cinque brani ed una bonus track, “L’Ultima Acqua”. Colpisce anche il bell’artwork realizzato con l’aiuto del pittore De Palma.
Sin dalle prime note del brano strumentale apripista “Ad Un Passo Dal Cielo (Suite1)” le carte sono scoperte, pelle d’oca per il Prog fans incallito vecchio stile, mentre la chitarra elettrica se la spassa comunicando con le tastiere, un classico. Segue “E La Musica Va”, energia e vintage sotto una buona formula canzone. I giochi si fanno ancora più seri con il brano “All’Alba Del Giorno Dopo”, cantato da Francesca  Campagna, qui cambi di tempo ed umorali che personalmente mi portano alla mente i lavori di band culto come i Raccomandata Ricevuta Ritorno. Ma anche New Prog in stile IQ.
Arpeggi aprono “Scandendo Il Tempo”, altro brano  totale, dove introspezione si alterna a momenti solari ed ariosi. “Ad Un Passo Dal Cielo (Suite 2)” non sfigurerebbe nella discografia delle Orme, la mia preferita, anche per l’enfasi della chitarra elettrica. Chiude la Bonus Track tratta dalla collection del 2010 “The Divine Comedy - Part III – Paradiso”, spettacolo vero assieme a Bernardo Lanzetti al microfono.

Quando il Progressive Italiano gira a questi livelli, si capisce il perché dell’eternità del genere. Un disco che  non può assolutamente mancare nella vostra discografia Prog degna di questo nome! MS

Moorder

MOORDER – Moorder II
Lizard Records / Eclectic Polpo Records
Genere: RIO / Post Rock
Supporto: cd – 2014


I bolognesi Moorder sono il progetto del chitarrista Alessandro Lamborghini. Con lui, in questa seconda fatica suonano Simone Pederzoli (trombone), Alberto Danielli (tuba), Daniel Csaba Dencs (batteria) e Luca Cotti (basso). Tornano dopo l’esordio del 2008 dal titolo “Moorder”, sempre per Lizard Records.
Qui chiariamo subito senza troppi giri di parole che la proposta è variegata e per palati fini, musica mai scontata, ricercata, ben eseguita ed arrangiata come poche volte si riesce a sentire in questo tipo di musica. Si ascolta di tutto, dal Jazz al Post Rock, fino a giungere al Prog schizzato di Fripp ed i suoi King Crimson, questo in generale è il territorio in cui si muovono.
Il disco è composto da dodici tracce suddivise in 37 minuti, questo lascia già intendere la brevità dei brani proposti. E si, perché i bolognesi non si perdono in inutili orpelli, badano al sodo…Alla sostanza.
Il libretto di accompagnamento al cd è ricco di tavole a fumetti che raccontano una storia, quella di una ragazza che fra difficoltà di genere sociale, si innamora  con il classico colpo di fulmine di un giovane ragazzo al quale porta il disco in vinile “Moorder II”. Lui a sua volta gli dona un chupa choops rappresentante la pace, la libertà e appunto l’amore. Le tavole sono ad opera di Simone Cortesi.
“Jesus Zombies Crew” fa intendere immediatamente di che pasta sono fatti i Moorder, pezzo vigoroso ed elettrico, con il trombone che si diverte a giocare fra i riff ruffiani. Come restare impassibili avanti ad un brano come “Flact Kick”, ma soprattutto, come non accostarlo a Jaco Pastorius? E poi avanti con il Funky di “Disco In Ferro”, i ragazzi hanno anche buon senso dell’umorismo. “Pipum” si diverte inizialmente a far ballare, basata su percussioni e ritmiche con il basso, un pezzo che si articola nel suo incedere, ma che lascia anche spiazzati miscelando allegria e tristezza allo stesso tempo. “Moztri” all’inizio è soft ed avvolgente, successivamente la chitarra parte in un micidiale assolo. Sempre e comunque nello stradello crimsoniano.
“Afro Bones” in alcuni istanti è musica per Big Band, ma quando riparte la chitarra elettrica, ci si aggira in territori cari a geni come Frank Zappa, e scusate se è poco.
Non mi piace comunque svelarvi tutto il percorso, in quanto di sorprese ce ne sono all’interno e non mi sembra giusto privarvene la scoperta, in fondo avete già capito di che disco si tratta.
Gli artisti giocano con il pentagramma, rilasciando in conclusione un lavoro divertente e per molti momenti davvero gioioso. Mettono in mostra non solo tecnica esecutiva, ma anche cultura personale riguardo la musica ascoltata.

Davvero godibili, dategli una opportunità. MS

lunedì 22 febbraio 2016

Magni Animi Viri

MAGNI ANIMI VIRI – Heroes Temporis World Edition
Cd Baby – distr. Alliance Entertainment
Genere: Metal Progressive Sinfonico
Supporto: cd – 2015


Sono già passati dieci anni dall’uscita di “Heroes Temporis”, debutto discografico dei salernitani Magni Animi Viri. Un disco di successo che riesce a convogliare Progressive Rock, Metal, sinfonia classica e lirica. Il duo Giancarlo Trotta e Luca Contegiacomo  (musicisti di estrazione Classica e Rock) tornano all’attenzione del pubblico con  l’intento di rispolverare il fortunato disco del 2006, riportando nuova linfa e nuove idee, il cantato in inglese con ospiti importanti come il cantante Russell Allen (Symphony X, Adrenaline Mob, Star One e Allen-Lande) e Amanda Somerville (After Forever, Edguy, Kamelot, Epica, Avantasia), mentre alla voce narrante si incontra Clive Riche.
Di cose ne sono cambiate nel tempo, il chitarrista Marco Sfogli l’anno scorso ha sostituito Mussida nella PFM, mentre purtroppo Randy Coven è scomparso due anni fa. Tuttavia ritroviamo intatta la base musicale, compresa l’orchestra Bugarian Symphony Sif 309 condotta dal maestro Giacomo Simonelli. “Heroes Temporis World Edition” è un concept incentrato sul viaggio di conoscenza e purificazione del protagonista, un itinerario di consapevolezza della realtà come illusione.
Ma il grande intento per cui viene rispolverato “Heroes Temporis” è un altro e nobile:
Il ricavato delle vendite sarà devoluto all'Associazione Heroes Temporis For Autistic Children ONLUS - di cui MAV è il primo testimonial - a favore del costituendo reparto ludico-diagnostico della clinica/centro diagnostico MerClin di Campagna (SA). Il materiale ludico e diagnostico servirà a integrare questo reparto per bambini, nel quale opererà anche un team specializzato in clownterapia. Sarà possibile effettuare le donazioni dal sito http://heroestemporis.org
Tornando alla musica, “Heroes Temporis” già lo sapete è suddiviso in quattordici tracce per un ora spaccata di musica. Il disco si presenta in edizione cartonata contenente il libretto esaustivo di testi e info necessarie.
Oltre che dai componenti prima citati, il disco viene suonato anche da Simone Gianlorenzi (chitarra acustica), Roberto D'Aquino (basso, Stick) e John Macaluso (batteria). Un supergruppo.
Con Russell alla voce al posto del tenore Francesco Napoletano (Fondazione Arena di Verona) e di Amanda Somerville al posto di Ivana Giugliano, il disco prende i connotati di opera Metal Prog epica dalle forti tinte Prog. Sempre d’impatto la canzone “Heroes…”, gloriosa e sinfonica, ma tutto il disco è a voi noto, se non lo dovesse essere, questa è una grandissima occasione per porre rimedio alla mancanza, perché non solo fate del bene alla vostra mente ed alla vostra anima, ma anche a chi ne ha bisogno.
Ora attendo nuove evoluzioni da parte del duo Trotta / Contegiacomo, capsico che scrivere opere e di questa portata non è cosa di tutti i giorni, ma…visto mai? MS


sabato 20 febbraio 2016

Moloch

GIANNI VENTURI / LUCIEN MOREAU – Moloch
Autoproduzione / molochthealbum.badcamp.com
Genere: Sperimentale
Supporto: promo cd – 2016


Un Euro! Niente SIAE, solo un Euro su Badcamp per regalare a tutti un momento di arte  concentrato a nome Moloch. A questo ci pensano Gianni Venturi (poeta, pittore e voce degli Altare Thotemico) e lo scrittore musicista Lucien Moreau. Non ci sono scusanti per non avere questo piccolo gioiello sonoro fatto di luce, ombre, pensieri, cuore, genialità, rabbia, consapevolezza e molto altro a cui lascio a voi il piacere della scoperta. Questo è Moloch.
Conosciamo oramai Venturi per le sue poesie in musica, (non riesco più  a chiamarli semplicemente testi) ed anche per il suo approccio vocale rivolto verso il canto sciamanico. Un artista a volte solo, arrabbiato con il mondo circostante per ciò che accade, mai indifferente e sempre pronto con arguzia e spesso anche con ironia ad abbattere il muro dell’indifferenza e dell’essere necessariamente uno uguale all’altro. Venturi non ci sta e si dimostra nella sua arte individuo unico, a se e pensante!
Per una mosca bianca dell’arte odierna serve conseguentemente un viatico sonoro pari merito, non scontato e graffiante, stridente ed irriverente proprio come  le sue liriche. Come hanno saputo fare gli Area con “Lobotomia” per colpire l’ascoltatore in maniera violenta e farlo risvegliare dal suo torpore mentale, “Moloch” tendenzialmente riesce nello stesso intento solo con l’aggiunta di testi profondi.
Quindici canzoni ad iniziare da “Dorje Phurba”, ingresso granitico di Moloch. L’elettronica in mano a Lucien gioca un ruolo importante, con l'ausilio di Federico Viola, tecnico del suono. “Eindao” alterna ironia a narrazione di fatti attuali, sopra una ritmica martellante e supportata da coralità fonetiche sempre ad opera di Venturi. Base greve, martellante e ruffiana, stato d’animo ben definito. Di “Kaddish” vi consiglio anche la visione del bellissimo video su You Tube, uno dei momenti più alti dell’intero racconto. Sputo sulle guerre. “Senza profitto non c’è conflitto”. Interpretazione drammatica che sfocia in un grido di dolore con il piano che sgocciola note per una musica in contrapposizione…. Geniale. “Tiger Tiger” vede la collaborazione di Chiara Megan Munari alla voce narrata. Ritmo incalzante e synth sinfonici a supporto.
Fa pensare “Il Circo Dei Normali”, siamo tutti invitati al circo ed al suo spettacolo, uno spettacolo amaro, fra banche, razzismo, calcio, padroni dell’acqua, pedofili, qui Venturi è fuori del tendone ad invitare i passanti ad entrare…a guardare…. guardare cosa siamo: Clown. I pensieri possono sfociare in “Rivoluzione”, per utopia o nascosto desiderio? Chissà, ma di sicuro le parole si trasformano in macigni, così la musica di sottofondo. “Satori” vede la partecipazione della melodica voce di Alice Lobo, sopra una ritmica minimale ed un intreccio vorticoso di polifonie.
Quando a Moloch non servono le parole, a suo ausilio giungono le vibrazioni delle corde vocali. Poesia in “Anime Erranti”, malinconia piena di luce, anche in questo caso due componenti  lontani per significato e quindi affascinanti contrasti nell’insieme.
Torna Alice Lobo in “Bambina Di Fragola”, storia dalle parole che scrocchiano come ossa vecchie che danno dolore. Belli gli effetti sonori di eco e voci. Non può mancare l’ ”Urlo” vero e proprio, altro tassello di lucida follia con tanto di voce radiofonica che descrive cosa è Moloch in lingua inglese. Si passa poi a “La Soluzione”, gioco disturbato di elettronica e voce, piccoli frammenti di Area e un Venturi sarcastico ed acido come poche volte mi è capitato di ascoltare. Freddo analizzatore dei tempi moderni.
Un pianoforte apre “Canto Armonico Del Silenzio”, uno dei frangenti più musicali dell’album. Segue “Qohèlet”, altra poesia  sull’ “io” narrata sopra un supporto di voci che rendono tutto molto triste ed oscuro. C’è anche il momento di sfogo spontaneo e liberatorio, “Libera La Follia”, canzone circense ancora una volta tracciata dal pianoforte che funge da ritmica e arricchita dalla voce di Alice. “Moloch” si conclude con il brano ”Lo Sciamano”, questa volta con Chiara Megan Munari.
Dimenticatevi in Moloch la formula canzone, non esiste, esistono suoni, sensazioni, ritmi, voci.
Uscirà anche il cd in edizione limitata. Una preziosa e unica edizione origami, realizzata e piegata a mano, numerata e firmata da Gianni Venturi e Lucien Moreau. Un autentico pezzo da collezione.
Oramai Gianni Venturi per me non è più una sorpresa, anzi, lo aspetto sempre con curiosità ed impazienza, perché a me piace pensare ed essere stupito. Se anche voi siete stanchi della solita musica, con “Moloch” avete di che ascoltare…e sottolineo nuovamente ad un Euro! MS

http://molochthealbum.bandcamp.com


Lagartija

LAGARTIJA – Amore Di Vinile
Lizard Records
Genere: Post Rock / Prog
Supporto: cd – 2014


C’è chi sostiene che il terzo disco per una band sia quello della verità, ossia da qui in poi o sei o non sei. Non so se questa teoria sia fondata su serie basi, tuttavia è a mio avviso da verificare. Invece per chi giunge al terzo disco è sicuramente un buon traguardo. I Piacentini  tornano con “Amore Di Vinile” dopo “Particelle” del 2011, sempre fieri della propria personalità.
Il Progressive Italiano ha moltissime sfaccettature al proprio interno, spesso vetrina e sfoggio delle proprie caratteristiche e soprattutto della propria cultura  musicale. Infatti numerosi sono gli innesti e questi cambiano a seconda di chi ha assimilato gli eventi passati con la propria personalità. Le idee.
Lagartija è a mio avviso presente, passato e futuro, il sound al terzo disco è così definito, un mix di sonorità che  lasciano spazio alla melodia, supportata ancora una volta dalla bella voce di Sara Aliani (anche basso). La formazione viene completata da Michele Molinari (batteria, tromba, cori), Andrea Poggi (chitarra, organo, voce), Marco Libè (chitarre), Cristian Piga (sax) e Alessandro Austoni (chitarra).
“Amore Di Vinile” è un disco che si presenta in una confezione cartonata semplice e con otto canzoni, ad iniziare dalla title track. Brano con suoni pacati, Rock gentile e a tratti psichedelico, ma non uno psichedelico colorato, bensì sbiadito…Tenue.
Ancora più introspettivo “Ferrovia”, tanto da chiedermi se sono ammiratori dei Paatos. Musica  che emoziona e fa chiudere gli occhi per la concentrazione al suono, arricchito dall’ingresso del sax.
“Ottobre” racconta storie di vita quotidiana, cresce con l’incedere, ancora una volta per sfociare in un solo di sax. L’autunno prosegue nel brano successivo dal titolo “E’ Già Da Un Po’ Che Cadono Le Foglie”, cantato da Andrea Poggi.
Stiamo tuttavia parlando sempre di Rock, una evoluzione particolare verso sonorità malinconiche e toccanti, come in “Fermo”, dove il Prog nordico di casa Landberk fuoriesce in tutto il suo splendore. “Psiche” non cambia di una virgola il percorso, invece  “Carnale”, cantata ancora una volta da Poggi, è rilassante e soffice. Chiude l’album “Anomalie” e il tempo sembra essere volato.

I Lagartija sembrano oramai avere trovato la loro dimensione, spregiudicatamente delicata, priva di compromessi, dedita solamente all’anima.

Devo approfondire meglio la storia del terzo disco, potrebbe anche avere una sua valenza. MS

Entity

ENTITY – Il Falso Centro
Lizard Records / Locanda Del Vento
Genere: Progressive Rock Italiano
Supporto: cd – 2013



Gli Entity si formano nel 1994 nella provincia di Nuoro dalla scissione del gruppo I Teatro, da un idea di Mauro Mulas (tastiere) e Gigi Longu (basso, chitarra). Subito nel 1995 registrano un demotape dal titolo “Fantasia”. Dopo svariati cambi di line up si stabilizzano con Mauro Mulas (tastiere), Gigi Longu (basso e chitarra), Marco Panzino (batteria), Marcello Mulas (chitarre) e Sergio Calafiura (voce). Il sound proposto è influenzato dal Prog tipico degli anni ’70 e da qualche reminiscenza Jazz, ma nel debutto “Il Falso Centro” c’è molta altra carne al fuoco. Il cd contiene oltre che sette brani anche una traccia multimediale in PDF con le belle poesie liriche di Yuri P.Deriu.
Il pianoforte apre la strumentale “Davanti Allo Specchio”, atmosfere calde e di classe, lontane dalla banalità e vicine allo studio dello strumento. La qualità tecnica della proposta è certamente elevata,  e molto bello risulta l’ingresso della chitarra elettrica. Le Orme fanno capolino nella suite “Il Desiderio”, per sottolineare poi i crescendo sonori, formula che nel Prog funziona sempre alla perfezione. Le tastiere ricoprono quindi un ruolo importante nell’economia Entity. La prova vocale di Calafiura è buona, sicuramente sopra la media di questo tipo di proposte, sapete bene che la voce nel Prog italiano (salvo i soliti noti) è un problema. Segue la bellissima e poetica “Il Tempo”, qui gli Entity cullano l’ascoltatore  per poi risvegliarlo con enfasi.
“Il Trip Dell’ego” si apre ancora una volta con il piano che gioca ad inseguirsi con la chitarra. Il brano è ricercato nella struttura e nel cantato. Ma è con “Ant” che ho il piacere più elevato nell’ascolto, qui gli Entity si dimostrano maturi e  coscienziosi dei propri mezzi, anche compositivi.
“L’Armatura” è una suite all’inizio vigorosa, fra chitarra elettrica ed Hammond, in quel mondo musicale che si chiama New Prog di stile anni ’80. “La Notte Oscura Dell’Anima” chiude il disco che al suo termine lascia la bella sensazione di appagamento.
Gli Entity hanno lasciato un bel segno con questo debutto, ora spero in una successiva realizzazione, perché le basi per fare ottime cose ci sono tutte.
Se devo proprio cercare il pelo nell’uovo, oltre che magari a qualche soluzione un po’ troppo inflazionata, posso ricercarlo nel suono della batteria, non equilibrato, i piatti poi a volte quasi non si sentono, ma sono gusti personali che non vanno ad intaccare un giudizio che a mio parere è più che sufficiente. Di questi tempi non è poca cosa. MS



giovedì 18 febbraio 2016

Downlouders

DOWNLOUDERS – Arca
Lizard Records
Genere: Rock Psichedelico/ Space Rock
Supporto: cd- 2015


Ce l’abbiamo fatta! Siamo costretti ad abbandonare la terra, non più vivibile per nessuna creatura al mondo. Lo facciamo con una stramba balena /astronave, quella creata dai Downlouders.Il trasporto è popolato da poche centinaia di persone alla ricerca di nuovi mondi abitabili in vista dell’imminente morte della Terra.”, così descrivono nel loro sito ufficiale. Viaggio cosmico nell’universo della Psichedelia dalle influenze anni ’70.
I Downlouders debuttano nel 2009 con “Haustillio” tra sonorità Soul e Rock Psichedelico, Pop, Grunge e Surf. Nel 2012 è la volta del concept album “Asimov”, proprio dedicato allo scrittore fantascientifico.
Nel 2015 scrivono questo “Arca”, altro concept suddiviso in nove canzoni, come nove sono i componenti della squadra che realizzano il disco: Andrea Cajelli (batteria, percussioni), Marco Sessa (sintetizzatori, elettronica), Enrico Mangione (chitarre, sintetizzatori, tromba, voce), Andrea Manenti (basso, voci), Yed Giordano Viganò (chitarre), Matteo Laudati (chitarre), Giandomenico Fraschini (piani elettrici, batteria), Massimo Martinenghi (cetacei, voci), Andrea Tomassini (artwork).
Ci si imbarca in “Bake Kujira”, composizione malinconica aperta ad un ampio Space Rock, familiare anche a gruppi storici come Can od Amon Duul II. Con “Moto Perpetuo” i suoni si dirigono verso la Psichedelia e non si può fare a meno di pensare ai Pink Floyd fine anni ’60. Il crescendo sonoro funziona sempre, è d’impatto ed emotivo.
I giri di basso sono importanti per la causa “Downlouders, “anche “Uno” ne è una prova tangibile. Il sound  è trascinante ed ossessivo, un trip da fare ad occhi chiusi. Gli anni ’70 strabordano da ogni dove. “FTL” ha del futuristico, uno Stargate fra passato e futuro, un suono ampio e spaziale che rende  tutto attorno a noi vuoto.
Ritorna protagonista il basso in “Deriva” ed in questo caso mi vengono alla memoria i primi Porcupine Tree, perché qui l’elettronica “spaziale” viene accantonata a favore di echi e sonorità tirate come Wilson ha ben saputo fare. Con “Metoth” siamo avanti a qualche entità aliena, sperduti nello spazio, la sensazione è questa, magari no, tuttavia  voci grevi, ritmi lenti e cadenzati, chitarre drammatiche questo fanno immaginare all’ascolto. Ma attenzione alle “Tempeste Di Meteoriti”, scampato il pericolo si viaggia alla “Velocità Di Crociera”, canzone più solare dell’intero disco, quasi serena. Il viaggio si conclude con “Spermaceti”…L’inizio di una nuova vita ed umanità? Mi auguro di si, anche perché questa a me non piace, mentre mi piace l’utopia che ho ascoltato e così questa musica che perlomeno ha avuto la gentilezza di farmi estraniare dal mondo anche se solo per pochi istanti. Grazie Downlouders, lasciatemi un posto nella vostra astronave che arrivo. MS

Anacondia

ANACONDIA – L’Orizzonte Degli Eventi
Lizard Records/ La Locanda Del Vento
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2015


Ci voleva la Lizard Records per dare voce ad una band del territorio milanese (Arese) attiva da più di venti anni. Come si dice in gergo, giustizia è fatta!
Per la serie “La Locanda Del Vento”, il disco “L’Orizzonte Degli Eventi” subentra nella cultura di quel Prog caratterizzato da testi riguardanti il sociale ed il relazionarsi. L’evoluzione rappresentata  dalla copertina di Antonio Emanuele Sergi e Massimo Valerio è emblematica, il passaggio da scimmia a scarafaggio, l’unico essere vivente che può sopravvivere nel tempo dopo una ipotetica guerra nucleare.
Gli Anacondia sono Gabriele Ramilli (voce),  Andrea Canonico (piano, tastiere e cori), Antonio Sergi (batteria, percussioni) Walter Marocchi (chitarra elettrica e cori), Vincenzo Valerio (basso) e  Nicoletta Bartola (sax, flauto, cori).
Apre l’Hard Prog di “Eroi Di Solitudine”, canzone che mette in evidenza il lavoro della chitarra e del basso. La successiva e breve “Nel Silenzio” mi piace molto, il flauto è a mio avviso uno strumento che con il Prog si sposa alla perfezione, e la struttura armoniosa che vede come punti di riferimento gruppi come La Maschera Di Cera o Finisterre di Fabio Zuffanti, conferma che anche il Prog moderno comincia a fare finalmente proseliti, esulando i soliti noti degli anni ’70.
Arioso New Prog dalle tinte Folk viene proposto nel brano “Ideale O Verità”, bene arrangiato e bene eseguito. “Come Un Fiume In Piena” lo vedo come singolo del disco (magari non lo è), per la struttura melodica e decisamente più radiofonica. Non sfugge il ritornello ruffiano con il coretto da cantare  assieme a loro.
Ritorna il Prog moderno in “Un Foglio Bianco”, buone le chitarre ritmiche sopra il piano che fa da tappeto alle voci maschili e femminili, una formula che funziona sempre. Il suono si indurisce nel granitico brano “Gerico”, le chitarre offrono passaggi più elettrici e vibrati che si alternano a frangenti più pacati.
Chiude l’album il brano che preferisco di più, “Il Colore Dell’Aria”, poetico, ammaliante e caldo, grazie anche all’uso del sax.

La carta vincente degli Anacondia è la capacità di scrivere canzoni mai uguali, a dimostrazione non solo di cultura musicale, ma anche di saggezza, infatti il risultato è che sono passati quasi 38 minuti in un battibaleno e viene subito la voglia di ripremere Play. MS

Airportman

AIRPORTMAN – David
Lizard Records
Genere:Post Rock, Alternative Ambient
Supporto: cd – 2014


Dodicesimo lavoro per Airportman, progetto di Giovanni Risso e Marco Lamberti, musicisti di Cuneo molto attenti alla scena Post Rock.
Procede anche il sentiero minimale del gruppo, dove la struttura canzone incede solitamente in crescendo sonori a partire da suoni psichedelici. Nenie si intersecano con suoni ricercati, come il piano che sgocciola note lentamente, fra sensazioni di malessere e cori lamentosi su armonie a tratti nervose, dettate dalla chitarra  ficcante ed incalzante.
Chi è “David”? Il caso potrebbe risolversi leggendo le poesie scritte nel libretto interno di accompagnamento, fatto a forma di poster ripiegato. La lettura è apparentemente senza una logica, come fossero quadri di sensazioni random, accompagnati dalle illustrazioni di Chiara Dattola, anche loro oscure ed inquietanti.
Un unico brano suddiviso in sei movimenti, dove appunto l’inquietudine a volte lascia spazio a piccoli raggi di sole. Di certo Steven Wilson potrebbe apprezzare alcuni di questi momenti, non troppo distanti dal suo primordiale esordio. Ma è l’oscurità che vigila sovente.
L’elettronica ha la sua importanza nel contesto compositivo, tuttavia ad uscirne fuori sono sempre gli arpeggi della chitarra e i tocchi del piano, quest’ultimo non visto come mezzo di virtuosismo, piuttosto un viatico per sensazioni ammalianti e minimali. La controprova la potete avere nel movimento numero tre del disco.
Se si vuole ascoltare una ritmica quantomeno insistente bisogna giungere al quarto movimento. Quello che manca a “Davide” a mio modesto avviso, sono i ritornelli, cioè sembra un infinito refrain. Ok, quando una musica emoziona ha raggiunto il proprio scopo, ma deve anche avere almeno un qualcosa che rimanga nella mente, un momento perlomeno che esuli dalla ripetizione degli eventi sonori rappresentati. Anche la musica di ricerca a mio avviso deve avere un attimo di tregua durante l’ascolto, un qualcosa che spezzi, perché qui gli assolo strumentali, intesi come tali non ci sono, e pensare che è musica prettamente strumentale. Altrimenti si rischia di avere a che fare con musica da sottofondo.

Airportman è un progetto interessante, intimistico, valente sotto gli aspetti che ho descritto, ma che è rivolto ad un pubblico preparato, “David” è l’ennesimo tassello Ambient della loro lunga discografia. MS

giovedì 4 febbraio 2016

Steven Wilson

STEVEN WILSON – 4 ½
K Scope
Genere: Post Modern Prog
Support: mLP – 2016


Non posso certo parlare di nuovo album di Steven Wilson, in realtà non è un disco ma un mini disco della durata poco più di mezz'ora. In esso ci sono sei brani, che molti critici di settore ho visto denominare “scarti di altri album".
Non penso sia il termine giusto, non tanto per il valore delle canzoni che possono piacere o meno a seconda dei gusti, ma perché ad esempio un brano live non è lo scarto di nulla! Il brano in questione è “Don’t Hate Me” dei suoi Porcupine Tree (progetto al momento congelato), tratto dall'ottimo “Stupid Dream” del 1999,  qui cantato assieme all'israeliana Ninet Tayeb. In verità  la cantante non mi piace molto, brava per intensità e una bella voce, ma il suo forzato gridolino di “passione” mi disturba un poco, per chi legge e non ascolta posso denominarlo “cigolìo”.
Ma veniamo alla carne. Solo il primo brano “My Book Of  Regrets” vale l’acquisto di questo disco! Esso è stato scritto in due tempi, nel 2013 e nel 2015. La musica ricorda molto l’album “The Raven That Refused To Sing (And Other Stories)”, non a caso proprio del 2013. Influenze crimsoniane e tutto quello che oggi definiamo Post Prog. Sempre dalle stesse sessioni giunge la riflessiva “Year Of The Plague”, qui l’artista si funge da polistrumentista, e si fa accompagnare solo da Adam Holzman al piano. Canzone d’atmosfera, come solitamente ci ha abituato, da far sognare ad occhi aperti.
Dalle registrazioni dell’ultimo album “Hand. Cannot. Erase” giungono due canzoni, la prima dal titolo “Happiness III”, molto orecchiabile, forse troppo, nel senso che è formata da strofe e ritornelli già usati in altri brani, tuttavia molto bella, mentre la seconda si intitola “Sunday Rain Sets In”. Questa canzone è nuovamente d’atmosfera, bello il mellotron e comunque la melodia è oramai rodata, e potremmo definirla alla Wilson. L’ultimo brano del 2013 si intitola “Vermillioncore” e qui fuoriesce  il lato più aggressivo dell’artista. Rasoiate di chitarra e buoni giri di basso, fra King Crimson ed Opeth. La ritmica serrata ricopre un ruolo fondamentale e da meraviglioso sfoggio di se.
“4 1/2” è un album trascurabile della discografia di Steven Wilson? Io non lo trascurerei, come dicevo prima almeno per il brano di apertura, tuttavia se dei cinque album da studio devo scartarne uno, logicamente scarterei questo. Anche lui intelligentemente lo ha intitolato "4 1/2". Devo anche spendere parole di elogio per la produzione? Vengono da se, oramai conoscete la qualità a cui ci ha abituato.

Molti dicono che Wilson si deve prendere un momento di pausa, visto il ritmo incessante di uscite, per me no, è in un momento di grazia, lasciatelo stare, se non vi piace non comperatelo, il mondo è pieno di dischi. Io in realtà mi sono preso anche l’lp…per dire…. MS