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domenica 30 dicembre 2012

BUON 2013

                       FELICE 2013

Un anno di speranze giunte a buon termine e felicità per tutto il 2013 da parte di Nonsolo Progrock!!!

venerdì 28 dicembre 2012

Retrospective

RETROSPECTIVE - Lost in Perception
Progressive Promotion Records
Distribuzione italiana: G.T. Music
Genere: Prog Metal
Support: CD - 2012




L'ho già detto molte volte, in altre occasioni e qui lo ribadisco nuovamente che negli ultimi anni la Polonia in ambito Progressive Rock e Metal Prog sta crescendo in maniera esponenziale. Ci tengo a ribadirlo perché quando una nazione comincia a fare seriamente con la musica più ricercata (anche se sempre di Rock si tratta, per molti erroneamente considerato nulla di colto), è giusto che goda delle luci della ribalta.
La tedesca Progressive Promotion Records è una label che sta a sua volta crescendo e da questo sodalizio di intenti non può che scaturirne un prodotto interessante. C'è volontà di scoprire nuove strade e di supportarle, anche se in questo ambito i Dream Theater hanno segnato un solco a dir poco voraginoso. Il sestetto polacco con "Lost In Perception" giunge al secondo cd da studio, terzo se andiamo a considerare anche l'EP "Spectrum Of The Green Morning", autoproduzione del 2007.
Il vero primo cd risale dunque al 2008, il buon "Stolen Thoughts" (Just For Kicks), un connubio fra Dream Theater, King Crimson e Pink Floyd, il tutto con le dovute attenuanti del caso. Oggi invece i Retrospective cercano di aprire una nuova porta nella loro carriera, forse anche una naturale evoluzione dettata dall'esperienza maturata negli anni, immaginate ora i Marillion, i Van Der Graaf Generator (per la voce a volte simile a quella di Petere Hammill) ed i Pink Floyd che si mettono a picchiare duro sugli strumenti, un bilanciamento fra arie romantiche ed Heavy Metal molto vicino ai connazionali Riverside. Il lavoro vocale di Jakub Roszak è dunque profondo, interpretativo, perfetto viatico dei testi introspettivi narranti l'ego umano, di situazioni oniriche e comunque sempre velate di un filo di oscurità nostalgica. Tutto questo lo si può già ascoltare nell'iniziale "The End Of The Winter Lethargy".
La sezione ritmica composta da Robert Kusik (batteria) e da Lukasz Marszalek (basso) esegue il proprio lavoro in maniera ineccepibile, senza strafare, così le chitarre di Maciej Klimek ed Alan Szczepaniak ogni tanto lanciate in buoni, seppur brevi, assolo. Fondamentale il supporto spesso soave delle tastiere di Beata Lagoda.
"Huge Black Hour" racconta che si può essere coinvolgenti e duri allo stesso momento, semplice da memorizzare. Ma i giochi cominciano a farsi seri quando giunge "Egoist", la band entra nel proprio stato d'animo quando i ritmi scemano, mostrando un anima nera malleabile alla sensibilità, elevata alla potenza dal lavoro fondamentale delle tastiere che sgocciolano note di sensibilità.
Con "Lunch" si cambia ritmo, un raggio di sole che riporta alla mente il periodo d'oro del Rock, quello sostenuto dalle chitarre dei Pink Floyd in primis. L'ingresso vocale di Lagoda è valore aggiunto, sicuramente uno dei frangenti più alti di tutto "Lost In Perception". Ancora una volta si percorrono strade introspettive nella lenta "Our Story Is Beginning Now", da sottolineare che le ballate della band non sono mai melense, richiedono sempre uno stato d'animo preparato in quanto dedite ad un modo di comporre poco scontato. Cardine della personalità odierna dei Retrospective è "Tomorrow Will Change", in essa si aggirano tutti gli ingredienti del loro composto. Riescono anche a giocare con "Musical Land", qui si avvicinano fortemente ai Porcupine Tree e comunque ci deliziano con un solo di chitarra finalmente incisivo. "Ocean Of A Little Thoughts" è leggera, melodicamente orecchiabile, sostenuta del buon duetto voce maschile-femminile. E l'album si chiude in maniera eccellente con la mini suite "Swallow The Green Tones", qui la band spara tutte le cartucce a disposizione.
Un disco che ha la capacità di non stancare nel corso dei suoi cinquanta minuti, spesso emoziona e denota fra le righe una fase di mutamento da parte della band, il classico passaggio da crisalide a farfalla, e come una vecchia ma sempre funzionante regola, sarà il terzo disco a dirci chi sono veramente i Retrospective. Intanto "Lost In Perception" lo consiglio agli amanti delle atmosfere nostalgiche e del Metal Prog non logorroico, ma anche a chi non fa del Rock un punto statico. MS

sabato 22 dicembre 2012

Gio Gentile

GIO GENTILE – Atlantide
Videoradio
Genere: Fusion Rock
Supporto: cd – 2009




Gio Gentile è un giovane talentuoso chitarrista e compositore. Nativo di Procida (NA) partecipa nella sua carriera artistica a diversi seminari per chitarra, fra i quali quelli con Andy Stern, Frank Gambale , Andy Timmons, Paul Gilbert e Steve Vai.
Nel 2003 incide il primo lavoro da solista dal titolo “Makaria” (Idyllium) ed in seguito partecipa anche al progetto “Guitar Dancing In The Light- A Tribute To Santana”, dove suona il brano “Europa”. In oltre Gio si esibisce anche nelle band No Way Out di Francesco Rinaldi (sosia di E. Bennato), Acustic Trio e nel suo fido Quartetto Jazz- Rock.
Tutto questo per inquadrare il personaggio Gentile, si giovane, ma con alle spalle una buona gavetta e referenza artistica. Oggi torna all’attenzione del pubblico con questo nuovo album dal titolo “Atlantide”, edito dalla sempre attenta Videoradio di Beppe Aleo.
La musica che Gio Gentile ci propone rappresenta a pieno lo stile mediterraneo, un anima calda e solare che si manifesta con semplicità in ogni singolo brano. Un Rock sopraffino, delicato , in alcuni versi proprio come Santana ce lo ha presentato in molte sue composizioni.
Tengo a sottolineare il fatto che Gio è coadiuvato dalle tastiere di Gianluca Grasso, anche lui oggi artefice di un disco dal titolo “Vortex”. Il Grasso lascia solo i tasti d’avorio nel brano “Utopeace”, dove vengono usati da uno dei nostri migliori artisti dello strumento, Joe Amoruso, molti di voi lo ricorderanno al seguito di Pino Daniele.
“Atlantide” offre una musica rotonda, avvolgente, ovviamente eseguita in primo modo alla chitarra, dove il Rock soffice si sposa alla perfezione anche con l’etnica oltre che con la fusion. Rappresentativa proprio la title track ad apertura di disco, con un solo finale ad alta emotività.
“Anime” è specchio dell’anima più Rock dell’artista, o perlomeno più spensierata e solare, grazie anche ai simpatici interventi Reagge  dal gusto Giamaicano. Tuttavia nel momento centrale riesce nuovamente a far vibrare le corde del cuore.
Uno stile pulito, energico, mai aggressivo, questo è il tocco di Gio ed il brano “Mike Day 2” è un gioiello sonoro, arricchito ulteriormente dalla tromba di Luca Aquino. Il pezzo è lungo più di sette minuti ed è dedicato al padre di Gio.
“Guardiano Di Nuvole” sicuramente piacerà anche a chi ama gli interventi Jazz, e le mani corrono più veloci sulla tastiera dello strumento a corde. Atmosfere pacate in “Leukos” lasciano spazio al brano più interessante di tutto l’album, quel “Utopeace” a cui mi riferivo in precedenza.
Attenzione per le melodie semplici dunque, come ad esempio in “Nettuno”, dove la musica è protagonista, più della chitarra.
“Atlantide” è un ottimo disco da sottofondo per una serata rilassante, i classici dischi che scivolano via che è un piacere, lasciandoti dentro come una sensazione di benessere.
Consigliato (MS)


giovedì 20 dicembre 2012

BUON NATALE!

         Buon Natale 2012
             Da NONSOLO PROGROCK



mercoledì 19 dicembre 2012

HALF PAST FOUR

HALF PAST FOUR - Rabbit in the Vestibule
Selfproduced

Distribuzione italiana: -
Genere: New Prog
Support: CD 2008


 

Il Canada in ambito Rock, ci ha stupito spesso e volentieri, uscendo con band di elevata caratura ed in singoli casi perfino padri di nuovi generi. Ovviamente mi riferisco al Metal Prog ed ai Rush, ma in questo caso voglio parlarvi di una band che non ha inventato nulla e che è al proprio debutto nel Prog. Questi si chiamano Half Past Four ed il genere proposto è un New Prog misto ad influenze Jazz.
La band è composta da Constantin Necrasov (chitarre), Dmitry Lesov (basso), Igor Kurtzman (tastiere) e Kyree Vibrant (voce). Si formano nel 2005 e le influenze che manifestano nel proprio sound oscillano fra Frank Zappa, King Crimson, Jethro Tull, Marillion ed altri ancora. Tutto questo fa si che gli Half Past Four siano di difficile ubicazione, tuttavia il Progressive Rock che propongono è di facile memorizzazione.
L’affascinante copertina colpisce immediatamente l’attenzione di colui che ama il genere, classico disegno fantasioso, psicologico e particolareggiato. L’uomo che si affaccia nel mondo del coniglio ed il coniglio che si affaccia in quello dell’uomo. Due punti di visione differenti ma che si incontrano e che hanno delle analogie. La tecnica a disposizione della band è notevole e fuoriesce immediatamente nella breve iniziale “Missing Sevenths”, compreso Zappa, un buon lavoro chitarristico ed un garbato uso delle coralità vocali. Più Jazzata e sofisticata è “Johnny”, dove l’uso delle tastiere è un perfetto tassello nel puzzle sonoro. Quello che colpisce è l’insieme del suono, una macchina che si muove all’unisono, agile e frizzante, tanto da rendere difficile il credere che siano al proprio debutto. Il disco supera i sessantatre minuti ed è suddiviso in tredici brani. Manca la suite di turno, come in ogni disco Prog che si rispetti e “Poisoned Tune” con i suoi otto minuti, è il pezzo più lungo dell’album. Questo è molto vicino al New Prog dei Marillion e di Clive Nolan in generale. Bella la voce di Kyree e giusta la scelta del non strafare, ma di adoperarsi nell’interpretazione, concentrandosi sulle emozioni piuttosto che sulle scale elevate, che pur non mancano. Blues, Jazz, New Prog e molto altro nel fantastico mondo che è al confine fra l’uomo ed il coniglio, un interessante connubio che farà la gioia di molti amanti della musica in generale. Personalmente ho goduto molto durante l’ascolto dell’assolo di sax in “Southern Bolgie” ed in “Salome”, quello fatto dallo special guest Ashot Grigorian.
Un debutto interessante che lascia pienamente soddisfatti e perfino presagire un buon futuro per questa band dai gusti assolutamente raffinati. Complimenti, aspettiamo vostre nuove con curiosità e magari con una distribuzione migliore. MS


martedì 18 dicembre 2012

Alma Sideris

ALMA SIDERIS - Il Sole Oltre le Sbarre
Selfproduced
Distribuzione italiana: -
Genere: Prog
Support: CD - 2009



Il progetto Alma Sideris gira attorno all’artista Gustavo Pasini. In realtà, da buon navigatore del Prog italiano, questo nome non mi suona nuovo, ma non ricordo con chiarezza dove l’ho letto. Mi documento ed ecco avanti a me una delle band che mi hanno deliziato con musica eccellente: Pasini è il batterista dei Notabene. Ha fatto anche parte di altre buone band, quali Lithos e Corte Aulica. In Alma Sideris si circonda di amici, come Gianluca Avanzati al basso (Notabene), Giampietro Maccabiani alla chitarra (Notabene), Michele Savoldi alla voce (The Mugshot), Paula Kat alla narrazione introduttiva dell’artwork, Flavio Corvi al sax, Anna Paterni al flauto e di altri ancora. Tutto mi fa presagire ad un disco di Progressive Rock, in realtà alla fine dell’ascolto non sono proprio sicuro se questo sia il termine più adatto.
Non ci sono King Crimson, o altre influenze simili, neppure cambi di tempo repentini, ma solo tanta buona musica leggera. Attenzione, non dico leggera per riferirmi al cantautoriale o ad altro, intendo proprio il termine della parola. Passaggi morbidi, raffinati, come il bellissimo artwork che lo rappresenta. “Il sole oltre le sbarre” è atroce solo al pensiero, essere racchiusi e vedere che fuori c’è la vita, è una tortura. Lo stato d’animo viene raccontato in musica, anche con angoscia e se proprio vogliamo far entrare questo lavoro nel Progressive italiano, dico che a volte si possono incontrare stralci sonori stile Le Orme. Sono le tastiere di Pasini le vere protagoniste e non riesco proprio ad estrarre dall’album un brano preferito, in quanto la qualità contenuta viaggia costantemente sempre sullo stesso binario. “Senza Tregua” mi riallaccia al periodo degli anni ’70, ho questa sensazione che gradisco piacevolmente. In qualche antro della mente si aprono cassetti impolverati, nel quale si nascondono emotività seppellite dal tempo, quelle che negli anni ’70 elargivano certi passaggi nostalgici delle tastiere di Tony Banks. Nel disco non si grida mai, si ascolta con pacatezza e ci si lascia trasportare dal suono.
“Il Sole Oltre Le Sbarre” non è un disco trascendentale, ma è un mix di musica per la mente, tranquilla e senza fronzoli, gustosa e leggiadra. Forse ai fans del Prog più sperimentale questo disco non piacerà, ma io con questa recensione li ho avvisati. A tutti gli altri dico “buon ascolto”. MS

sabato 15 dicembre 2012

Recensioni Brevi 7

RECENSIONI BREVI 7


MANGALA VALLIS - Microsolco
New Progressive Rock - 2012



Terzo capitolo per la band emiliana e questa volta orfana dell'ex PFM Bernardo Lanzetti. Una sorpresa. La scrittura dei brani è maturata, dando spazio all'importanza della melodia anche semplice, oltre che spaziare nel mondo Genesiano e similia. Aperto uno spiraglio anche ai Gentle Giant, in parole povere un disco maturo, intelligente che farà la gioia degli estimatori del caso.
VOTO: 8

THE REASONING - Adventures In Neverland
Crossover prog - 2012



Usciti da una costola dei Magenta nel 2005 , i prolissi inglesi The Reasoning ritornano per la quinta volta in studio per realizzare l'ennesimo disco di buon Crossover Prog. Le distanze dai Marillion sono oramai abissali, la musica è sempre piacevole così come è bella la voce di Rachel Cohen. Niente suite, ma ampio spazio alla formula canzone e lo stile rimane grosso modo lo stesso dei precedenti lavori. Un disco che può passare inosservato, ma che se si ascolta con cura, nasconde buone idee. Consigliato agli amanti delle band citate.
VOTO: 7.0

JADIS - See Right Through You
Neo Progressive Rock - 2012


Escluso in qualche sporadico frangente, gli inglesi Jadis non mi hanno mai coinvolto più di tanto, anzi, spesso mi hanno annoiato. Nascono come un mix di IQ, Pendragon e Marillion, hanno la tecnica adeguata, ma non lo stesso songwriting. Molto spesso copia incollano e si rifanno negli anni a loro stessi autoclonandosi. Ho tutta la loro discografia e ho notato questo evolversi, un proseguire stanco verso la stessa strada. Bisognava giungere a questo settimo sigillo da studio per poter ascoltare un disco dall'aria nuova, motivazioni differenti e un poco di coraggio in più. Non un capolavoro, ma neppure la stessa minestra, uno sforzo che comunque va premiato con un ascolto.
VOTO: 6,5

MYSTERY - The World Is A Game
Neo Prog - 2012


Ho finito le parole nei confronti di questa band Canadese! Ogni disco un passo avanti. Nella loro musica c'è tutto, a dimostrazione di una grande cultura musicale da parte dei componenti. La tecnica è al servizio della scrittura e finalmente ecco un esempio di band che sa sempre come rinnovarsi pur restando sempre nello stesso recinto. Davvero non capisco come non possano aver ancora sfondato nei cuori dei Progmaniacs....Nomen omen...mistero!
VOTO: 8,5

THRESOLD - March Of Progress
Metal Prog - 2012


Altro strano fenomeno del mondo musicale,  gli inglesi Threshold pur essendo una super band, pur avendo sfornato capolavori e una miriade di dischi decenti (ben nove!), non hanno mai raccolto quanto seminato. Io ed un mio amico cultore del genere (ciao Massimo) siamo giunti alla conclusione che la sfortuna ha voluto che non abbiano mai composto un brano commerciale, quello da abbinare alla memoria della band. Eppure loro imperterriti, passando per abum più o meno Metal a seconda dell'ispirazione, hanno proseguito un cammino sempre decoroso. "March Of Progress" è un ulteriore conferma e Karl Groom prosegue il suo stile fra Pendragon. Landmarq e Shadowland, altri progetti in cui è orgogliosamente coinvolto.
VOTO: 7,5

NEAL MORSE - Momentum
Symphonic Prog - 2012


Se non conoscete l'americano Morse, necessitate di anni di ascolto e un portafoglio alto mezzo metro! A parte gli scherzi, l'ex Spock's Beard è sempre stato uno spartiacque del Prog,  chi lo ama e chi lo detesta. Intelligente autore dotato di un songwriting delizioso e di gusto, Neal si è sempre ispirato a band quali Beatles, Pink Floyd, Genesis, Gentle Giant su tutte. Amante delle lunghissime suite, l'autore ci ha sempre proposto lavori logorroici, ultimamente sempre supportati dall'ex batterista dei Dream Teather, Portnoy. Eppure mi aveva stancato, nella sua musica negli ultimi due anni la scintilla sembrava spenta. Era in balia anche lui del delirio di autoclonazione, dicamo pure della formulina trovata. Eppure con "Momentum" mi ha stupito, sapete perchè? Perchè pur restando nel riassunto delle puntate precedenti, Neal riaccende la fiammella e gode di una inattesa ispirazione. Sembra un album dei migliori Spock's Beard! Qualcuno di voi dirà finalmente e gli altri ...che lagna! Allora per questo pongo due voti, il primo per gli amanti ed il secondo per i cultori di altro Prog. A me comunque è piaciuto.
VOTO: 8
VOTO: 4

venerdì 14 dicembre 2012

Raven Sad

RAVEN SAD - Layers Of Stratosphere
Lizard / Prog Land
Genere: Rock Psichedelico e Progressivo
Supporto: Cd - 2011



Terzo capitolo sonoro per il sensibile artista di Prato, Samuele Santanna. Partito il progetto Raven Sad nel 2005 come one man band, si evolve oggi in forma di vera e propria band, grosso modo come il percorso evolutivo di Steven Wilson e dei suoi Porcupine Tree. Un passo che nel corso del tempo mi sarei anche atteso, in quanto la musica di questo artista ha bisogno di un supporto sonoro più caloroso ed è anche il genere che lo esige nei propri crescendo. Suoni delicati, Psichedelìa, Elettronica, Space Rock, fanno parte di quel pacchetto che spesso andiamo ad annoverare come Progressive Rock. Non a caso ho portato l’esempio di Steven Wilson. E come ho detto, finalmente è band! Il suono si arricchisce e comincia a prendere più spazio attorno alla mente di chi ascolta.
Giulio Bizzarri al basso, Simone Borsi alla batteria e Fabrizio Trinci alle tastiere, completano il gruppo.
"Layers Of Stratosphere" è composto da sette episodi morbidi e lucidi nella loro malinconia, Samuele sussurra la musica come se non volesse disturbare, in realtà sta entrando lentamente e sinuosamente nella nostra anima. Le sensazioni oniriche dunque sono quelle che prendono adito più frequentemente, ossia non si tratta di musica da ballare, ma per pensare e volare, anche se "Door Almost Closed" apre il disco con vigore e personalità. Elettronica si interseca con gli assolo ad ampio respiro della chitarra di Samuele, facendo riaffiorare alla memoria vecchi stralci di Psichedelìa, quella meno invasiva e più melodica, cara ai grandi Pink Floyd. Pezzo fenomenale che piacerà a tutti voi, perchè ricco di phatos.
"Lies In The Sand" è la suite dell'album, quasi 17 minuti di cambi di ritmo, uno dei frangenti più Prog del disco nel senso antico del termine, grazie soprattutto alle tastiere di Trinci. Non si può fare a meno di paragonarle per sonorità a quelle dell'indimenticato maestro Richard Wright (Pink Floyd).
La musica Raven Sad è questo, isolare e staccare dalla realtà.
"First Layer" è malinconicamente gotica ed avvolgente, con un refrain che rimane stampato alla mente, per non dire del solo di chitarra. Brano semplice e diretto a dimostrazione che non serve gridare per farsi ascoltare.
"Mind Flies" dice tutto nel titolo, strumentale di sette minuti per lasciarsi andare.
"The Highest Cliff" suggerisce paesaggi di Pinkfloydiana memoria, ma di quelli più recenti, a cavallo fra "The Final Cut" e "The Division Bell".
"Second Layer" è un altro strumentale dove la chitarra è protagonista con note sostenute e sensazioni leggiadre. Uno dei momenti più belli del disco, ammesso che ce ne potesse essere soltanto uno. Il disco si chiude come meglio non potrebbe con "Lullaby For A Son", piccola gemma che non scalfisce nulla di quanto narrato, c'è da sottolineare soltanto un assolo di sax da parte di Claudio Carboni davvero superbo.
Voglio ringraziare Samuele Santanna e lo staff di Lizard Record per aver messo all'interno del cd una mia citazione dalla quale vi estrapolo soltanto il finale:
"Vita o sogno...chi in verità è predominante? Raven Sad ti accompagna nel cosmo immenso dell'esistenza....basta ascoltare e lasciarsi andare....Allora sapremo".
Questo è Raven Sad, questo è "Layers Of Stratosphere", un disco in cui si va in overdose emotiva, consigliato agli amanti dei Pink Floyd e non solo, cioè anche a tutti coloro che amano la buona musica.
Terzo suggello, il salto di qualità è davvero elevato, servono più artisti così in Italia, ma anche un pubblico più attento…. (MS)

giovedì 13 dicembre 2012

Orchestra Panica

ORCHESTRA PANICA - Journey To Devotion
Lizard Records
Genere: Sperimentale
Supporto: cd - 2010




Gli Zita Ensemble sono la band di Luca Vicenzi, autore di una musica alquanto sperimentale, a cavallo fra la Psichedelìa ed il Prog Rock. Proprio durante le registrazioni di “Volume 2” che il progetto“Orchestra Panica”  prende forma per diventare band a se, con l’ingresso di Francesco Agostoni (tastiere e Programmazioni). In definitiva Orchestra Panica è una costola degli Zita Ensemble.
Miles Davis, Steve Reich e Terry Riley sembrano essere i punti focali della loro ispirazione, oltre che l’arte surrealista di Alejandre Jodorowsky, come ci suggerisce lo stesso Luca.
Registrato a cavallo fra ottobre 2007 e marzo 2009, “Journey To Devotion” vede fra i due strumentisti citati degli special guest, Michele Falotico alla tromba, Giuseppe Gagliardi al vibrafono, Marco Ferrara al contrabbasso, Moreno Meroni al basso e Luca Urbani alla batteria, gia Zita Ensemble.
Apre il disco “Tappeti Cellulari Pt1”, lasciando ampio spazio alla fantasia, aprendo nella mente di chi ascolta vasti scenari, trascinati da un riff di chitarra stile King Crimson, immerso in sonorità psichedeliche ed eteree. E’ la tromba a spezzare di tanto in tanto l’atmosfera martellante del brano, il tutto con leggerezza. Con “Parco” il sound diventa più greve, riportando alla mente i Pink Floyd più sperimentali, quelli a cavallo fra gli anni ’60 e ’70. E’ evidente il tentativo degli artisti di comunicare con le sensazioni relegate a vibrazioni sonore, piuttosto che con classici brani strutturati con il solito refrain e ritornello.
“Tappeti Cellulari Pt2” riprende la forma della prima parte, con chitarre ancora una volta nervose e ripetitive, come spesso Fripp ci ha insegnato. Gli strumenti nell’insieme non comunicano fra di loro in maniera reale, piuttosto si susseguono e si alternano in repentini interventi su di un tappeto sonoro di tastiere, sopra le quali per la prima volta fa l’ingresso la batteria. Tutto ciò è un crescendo emotivo ed alienante, dove la psiche ne resta alquanto colpita e parte per un viaggio onirico.
“Liscio Come Olio” potrebbe far scaturire alla memoria lavori dei Porcupine Tree di vecchia data, quelli più sperimentali e psichedelici periodo “Metanoia”. Le minisuite “Tangenziali” e “Coda” proseguono la ricerca sonora con caparbietà e consapevolezza, quella che un artista vero deve saper tirare fuori da se stesso.
“Journey” To Devotion” è un disco difficile, mentale e paradossalmente anche viscerale, che viene da dentro, ottimo mediatico per una repentina fuga dalla realtà. Non ci sono ritornelli, ne motivi da fischiettare, solo sensazioni e nessuna ritmica, per cui il prodotto è indicato esclusivamente ad un pubblico preparato e che pretende dalla musica sensazioni lisergiche.(MS)

mercoledì 12 dicembre 2012

Alex Carpani

ALEX CARPANI - Waterline
Cypher Arts

Distribuzione italiana: -
Genere: Prog
Support: CD - 2007
Esiste un sottile confine fra il Rock canonico, dove tutto è familiare ed il Rock Progressivo, dove si esula dalle regole e si resta destabilizzati nei confronti dell’inesplorato. Questo sottile confine è come un velo ed Alex Carpani, con il suo concept, lo analizza attentamente.
In “Waterline” però non si parla di musica, lo stesso velo si presenta alla soglia di due mondi, il terrestre a noi conosciuto e quello sommerso, inquietantemente ignoto. Una linea sottile, un confine effimero, misterioso se vogliamo, ma inevitabilmente importante. Un concept che trascina l’animo fra le onde del mare, fra sirene e scogli per poi sconfinare nell’infinito.
Carpani per raccontarci la storia si circonda di molti artisti, fra i nomi più altisonanti citiamo Aldo Tagliapietra (Orme) al microfono e Dan Shapiro al basso. Completa la formazione base Marco Fabbri alla batteria, Ettore Salati (The Watch) alla chitarra e Fabiano Spiga al basso, il tutto ovviamente sotto le veci delle numerose tastiere di Alex.
Ma le sorprese non finiscono qui, chi segue il Progressive Rock non può non rimanere colpito dall’artwork, stranamente familiare. Ebbene si, Paul Whitehead (Genesis, VDGG, Orme) è l’autore dei disegni e non solo, anche coadiutore nei testi, per la gioia di tutti gli estimatori di quest’arte. Ecco, questo è il termine giusto per descrivere “Waterline”, “Arte” e racchiude in se tutto ciò che aggrada la mente. Orecchie ed occhi godono di questi espedienti.
Non ci sono suite, al massimo si raggiungono i cinque minuti e mezzo per un brano, undici piccole gemme sapientemente curate dalla produzione discografica dell’americana Cypher Arts. La musica è interprete madre, “Waterline” nasce strumentale nella mente del nostro artista nel 2003 e solo oggi, con il tempo, diventa progetto effettivo. L’ascolto di “The Siren And The Mariner” ci presenta un suono pieno, con un piede nel passato ed uno nel presente. La voce di Tagliapietra la conosciamo tutti, enfatica e splendida interprete di questi acquarelli sonori a lui molto cari, ma nel brano c’è anche una presenza femminile, quella di Beatrice Casagrande, la sirena. Tastiere e chitarre si alternano in brevi assolo, spezzati solamente dai cambi di tempo della ritmica. C’è spazio per il New Prog, IQ in primis, un suono lievemente nostalgico e carezzevole, quello della strumentale “The Levees’ Break”, che farà sicuramente la gioia di tutti gli estimatori del genere. Dolcissimo il flauto di Cory Wright. Ovviamente a farla da padrona sono le tastiere, oltre che i cambi umorali. “In The Rocks” si concede puntate sottili nel Jazz, lievemente accennate dal Sax di Wright, un piccolo sguardo verso i Van Der Graaf Generator. L’onda del pianoforte ci trascina alla riva del Prog. Per i nostalgici dei Genesis c’è “Reclaimed” con il suo intro pianistico dei tempi che furono, ma quando la chitarra si lancia è un piacere adrenalinico a parte.
Ma non stiamo qui a parlare di un disco per passatisti, non ci sono solo richiami ai vecchi “dinosauri” del Rock, c’è anche personalità ed un gusto per la melodia decisamente sopra la norma. Ecco la linea sottile che divide il Rock e ad Alex sembra piacere essere funambolo.
Strambata verso gli Emerson lake & Palmer con “Agua Claro”, tanto per non fare torti a nessuno, mentre in “Starcurrents” è il Banco Del Mutuo Soccorso a presentarsi nella mente. Questo ricercare gruppi di riferimento non è accanimento critico, semmai un sottolineare la grande cultura storica presentata da Carpani. L’ascolto scivola via come sabbia fra le dita, personalmente rimango affascinato dai momenti più Canterburiani di “Song Of The Pond”, brividi sulla pelle che scorrono anche grazie al flauto. Il brano più ritmato si intitola “A Gathering Storm”, impossibile resistere al ritmo della chitarra, del basso e del sax!
Il disco si conclude in un crescendo emozionale, passando per “The Waterfall” (Goblin in cattedra) e “Catch The Wave”, per terminare con il “Prelude in C Min. (BWV847)” di J.S. Bach.
Ora gridare al capolavoro è francamente eccessivo, anche se non distante, ma di una cosa sono sicuro, “Waterline” girerà molto spesso nel mio lettore cd. Quando l’arte chiama, il cuore risponde. MS

martedì 11 dicembre 2012

Paolo Baltaro

PAOLO BALTARO - Low Fare Flight to the Earth
Musea
Distribuzione italiana: Frontiers
Genere: Prog
Support: Lp / CD - 2009




Il movimento Progressivo italiano vive nel 2009 un buon momento di germogliazione. Fra reunion di band dei tempi che furono, alle nuove leve (sempre più interessate a fare un genere che si basa molto più sulla mente più che non sul corpo), c’è tutto un fiorire alquanto intenso. In questo caso, siamo al cospetto di un nome che non suona nuovo a chi di questo genere ne fa un uso quotidiano, Paolo Baltaro è il tastierista cantante degli alessandrini Arcansiel. Custodisco ancora oggi con gelosia il loro primo lavoro “Four Daisies” del 1988 e di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta. Baltaro non era nella band, si è aggiunto subito dopo, ma ha preso ottimamente il timone della nave, rendendosi autore di buoni dischi nel tempo. Ma questo “Low Fare Flight To The Earth” è il disco di debutto solista. Quindi è chiaro che stiamo parlando di un artista che conosce il fatto suo, l’esperienza accumulata negli anni è utile per fare si che ne venga fuori un lavoro davvero professionale. La casa discografica francese Musea ci punta e addirittura mette in circolazione anche la versione in vinile. Di questo ultimamente ne stiamo vedendo un cospicuo ritorno, anche confortato dalle ottime vendite nel mondo. Un ritorno al vinile e alla sostanza, che finalmente la musica stia riprendendo il vero significato di arte? Baltaro contribuisce al rilancio e ci propone un buon artwork.
Altra considerazione dalla quale non posso fare a meno di esimermi, ho assistito in questi ultimi anni ad un nutritissimo nugolo di artisti che hanno sposato alcune soluzioni che Steven Wilson ha proferito per anni assieme ai suoi Porcupine Tree e questo mi fa anche piacere, visto la qualità dei suoi prodotti.
“Good Care” apre il disco e si presenta proprio così, uno stupendo pezzo Rock a cavallo con la Psichedelia ed un piccolo tocco alla RPWL, altra band tedesca che ha saputo fare dei Pink Floyd una vera bandiera. “Sunny Days” è altrettanto commerciale e ancora più Rock, con una melodia gradevolissima, una ricerca sonora ridotta al lumicino a favore dell’anima, a volte questo modo di fare porta a creare anche dei buonissimi dischi. Perché Progressive non è per forza fare sempre sperimentazione estrema oppure sfoderare tecnica asfissiante, a volte basta lasciare andare il cuore. Questo è quello che accade anche in “I’m Checking Out”, assieme alle coralità di Barbara Rubin e di Liana Attimonelli. Lascia stesi anche l’assolo di chitarra che consiglio a tutti gli amanti dei Pink Floyd ed affini. Chiude il lato A del vinile (che bello, era tanto che non lo dicevo!) la spensierata “Nowhere Street”. Si ricomincia con “Manchester” e ancora una volta incontro le sonorità che più amo, quelle dei Porcupine Tree, ma attenzione, non quelli psichedelici ed estremi, ma quelli più delicati e commerciali. Invece il ritornello è ancora una volta stile RPWL. Paolo ha un enorme pregio, quello di aver assorbito queste soluzioni ed averle fatte sue con buona personalità e quel tocco che solo i nostri artisti italiani hanno, ossia il caldo dell’anima mediterranea. Alza il tiro ed il volume “You’ll Never Die On Me” , uno dei pezzi più interessanti del disco, qui l’artista si libera a pieno e da sfogo a tutta la sua musicalità. Rock di grande fattura. “Low Fare Flight To The Earth” è la title track e rappresenta al meglio l’universo di Baltaro, in essa ci sono racchiuse tutte quelle soluzioni che hanno dato vita a questo ottimo lavoro. Ancora Rock energico con “Get Home”, ma un ritornello che potrebbe essere familiare anche ai Radiohead. Chiude “Goodnight Paris”, frangente psichedelico con tanto di Sitar.
Quello che ci ha proposto Paolo Baltaro è un disco che ci spiega alla perfezione come si può essere commerciali nel più bel senso del termine, senza cadere nel banale. La musica Progressive ha anche bisogno di essere cantata e vissuta in maniera più serena. Concludendo un lavoro che da una botta al cerchio ed una alla botte, io vi consiglio di ascoltarlo. (MS)



lunedì 10 dicembre 2012

Garamond

GARAMOND - Quant'Altro
Lizard
Distribuzione italiana: Pickup Records
Genere: Prog
Support: CD - 2007




La scena Progressiva Italiana nel 2007 vive un periodo di fervore, non tanto per la quantità di uscite, ma per la qualità. Garamond è una creatura di Danilo Orlandini, un contenitore sonoro , di quadri musicali sperimentali e pittoreschi. In “Quant’Altro” ci sono brani composti nel periodo 2001-2005, sostenuti dalla prova vocale superba di Laura Agostinelli, anche autrice dell’artwork. Gli esercizi canori, non possono farci che tornare inevitabilmente alla mente quelli del mai troppo compianto Demetrio Stratos, degli Area. La musica si interseca alla perfezione con le interpretazioni astratte di Laura, fughe pianistiche sfiorano il Jazz, il violino di Cristiano Giuseppetti è perfetto legante fra le strumentazioni. Orlandini si coadiuva nel progetto con Elena Montali al piano, Maurizio Santini alla voce e drum Machine, Simone Giorgini al basso e Luca Vannicola allo scacciapensieri tibetano.
Situazioni assurde ed astratte anche per quello che concerne le liriche ed i titoli dei brani, prettamente dal profumo “Progressivo”. Più colorito il titolo “La (proverbiale) Fine Del Ca’ De Luzzi”, per chi è marchigiano come me e loro (sono di Ancona), ha un senso di crudele esistenza, ma non vorrei scoprire troppo l’arcano… Scherzi a parte, le parti strumentali che compongono i singoli brani sono tutti dei piccoli gioielli sonori, da ascoltare con il giusto stato d’animo ed una apertura mentale a 360 gradi. Il Sax è lo strumento principale e si diverte a cucire trame a volte ridanciane, allegre, quasi clownesche ad altri frangenti più vicini al Jazz. Il disco si articola in nove momenti, tutti allo stesso livello d’interesse. Non ci sono gravi stasi, “Quant’Altro” scorre via con piacere. Alcuni brani hanno il profumo degli anni ’70 e degli Area, come ad esempio il piccolo capolavoro “Il Gesuita Millantatore”, davvero un piacere per le orecchie. La personalità dei Garamond è grande, avrete capito che lo stile è davvero unico, musica per cultori, di non immediata assimilazione, malgrado ciò sono sicuro che può colpire anche i non addetti ai lavori.
Interpretazioni interessanti, arrangiamenti sopra le righe, sembra di assistere ad uno spettacolo teatrale, con personaggi buffi, come il Dottor Zoidberg, Drazil, Ofton Brunzig ed i suoi sogni. L’album è stato registrato in due studi differenti, a la Contradamerla di Castelfidardo ed allo Studio Fabj di Jesi. Ancora una volta la casa discografica Lizard ci sorprende per la sua attenzione verso certe proposte, piccole realtà che vivono nel nostro sottosuolo che senza questo apporto rimarrebbero ingiustamente ignorate.
E’ già difficile in questa sociètà odierna “Life Is Now…” poter dire qualche cosa che non sia scontato e vuoto, l’interesse nei confronti delle proposte difficili è pressoché vicino allo zero, per questo un encomio in più ad Orlandini e company. Il Progressive in realtà è un genere che non muore mai, anche se in verità sta passando davvero un brutto momento e bravi dunque i Garamond, per il coraggio e l’amore per l’arte, perché ci tengo a ricordarlo, visto che il significato è andato nell’oblio, la musica è arte! Art Prog. MS


domenica 9 dicembre 2012

Habitat

HABITAT - Tratando De Respirar En La Furia
Lizard Record
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd - 2010



Il Sud America è sempre stato ricettivo al movimento Progressive Rock. Non che abbia una grandissima tradizione, ma certamente è al di sopra di molti altri continenti. L’Argentina ne è degna rappresentante. La nostrana Lizard Record pubblica questo cd degli Habitat, autori di un Rock che nulla ha da spartire con lo sperimentale, ma che invece investe tutta la propria creatività in belle melodie, spesso acustiche e tipicamente folcloristiche.
Questo genere è per intenderci molto vicino a quello della fine anni ’70, quando Neuschwanstein, Rousseau ed altri mostravano tutto il proprio talento. C’è molto buon gusto fra i dieci brani di “Tratando De Respirar En La Furia”, scritti da Aldo Pinelli, polistrumentista del progetto coadiuvato da Roberto Sambrizzi alla batteria.
Nel quarto disco degli Habitat si alternano differenti sensazioni, palesando la cultura di Aldo, sapendo cogliere l’essenza di band come King Crimson e perfino di Progressive italiano, non a caso viene riproposto “Gioco Di Bimba” delle Orme. Prog Sinfonico ispirato in molti passaggi tastieristici anche dai Genesis periodo Peter Gabriel. Sicuramente è uno dei dischi più interessanti del 2010 in ambito New Prog, anche se il cantato in spagnolo probabilmente non aiuta molto l’assimilazione. Bene quando si tratta di musica tipicamente caliente in stile Argentino, meno graffiante quando si addentra nei classici passaggi del genere, praticamente tipici dell’Inghilterra.
L’opera di per se è un concept, tanto per rimanere al 100% in ambito Prog Rock. Spesso la chitarra si esibisce in passaggi noti, editi dalle dita di Steve Hackett (Genesis), ascoltatela ad esempio in “Torres”. Non c’è un brano portante in tutto il concept, anche se l’iniziale “La Luna Roya Y La Montana Negra”, con il flauto di Paula Dolcera e la finale “Pastores De Renos”, hanno una marcia in più. Quello che voglio dire ora per concludere il discorso, non voglio che possa sembrare una smanceria o chissà cosa, mi viene direttamente dal cuore, cioè investire oggi in band Prog è di per se un suicidio, ancora più difficoltoso se si vanno a pescare band radicate al passato. Per questo mi sento in dovere di sottolineare l’amore che ha Loris Furlan (Lizard record) per questa musica, soprattutto la competenza e la professionalità.
Signori, sono poche le candele accese, per questo il genere gode di fioca luce….non facciamo spegnere le poche rimaste. (MS)    

venerdì 7 dicembre 2012

PROG - Una Suite Lunga Mezzo Secolo

PROG  “Una Suite Lunga Mezzo Secolo”
(Arcana)
Autore: Donato Zoppo
VOTO: 9.0



Per chi legge: Rock Progressivo e cerca  consigli al riguardo

A volte leggere un bel libro di musica equivale al piacere di ascoltare dischi di proprio gradimento. Sono comunque sensazioni ben distinte, ma che portano in comune il fattore sorpresa, ossia quella voglia di ascoltare nuove nozioni.
Si è spesso parlato di Rock, sin dai tempi del successo musicale in questione, ma per informare il lettore servono al riguardo, competenza, preparazione, aggiornamento e sagacia. Il Rock gode di un pubblico molto vasto, mediamente interessato, per cui scriverne è un bel impegno, ma attenzione, parlare di Progressive Rock è impresa ben più ardua! Presto spiegato, il genere è rivolto ad un pubblico di nicchia, troppo spesso anche feroce con il proprio simile. Una sorta di competizione interna fra fans, porta ad una astrusa gara a chi conosce più profondamente la materia. Per chi non lo sapesse, il Progressive Rock è un genere musicale di per se "colto", sarebbe quella musica che unisce al Rock la sinfonia, il Jazz e tutto quello che porta il suono verso nuovi lidi e che ghettizza il Prog ad un pubblico estremamente preparato e con molta voglia di essere stupito.
Al riguardo sono stati scritti svariati libri, ma tutti criticati, come se il lettore fosse più informato e competente dello scrittore stesso (strano fenomeno che si presenta solamente con il Prog). Ebbene nel Prog Rock esistono numerose verità, miticizzazioni e leggende, ma tutte focalizzano nel centro dell'interesse e dell'amore per questo stile sonoro che nasce negli anni '60.
Donato Zoppo è autore di un lungo percorso, dettagliato e competente, attento persino alle sfumature degli aneddoti, per questo degno di nota e di credibilità, basata sulla ricerca e lo studio approfondito. L'autore giustamente ripercorre la lunga storia dai tempi dei Beatles, band fondamentale per l'evoluzione del Rock, per buona pace dei fans dei Rolling Stones che non si rassegneranno mai a questa cosa.
Intelligente la scelta di spiegare anche l'utilità delle strumentazioni, soprattutto quelle tastieristiche, visto che stiamo trattando il Rock sinfonico. Dunque spiegazione sul Mellotron ed altro, in definitiva sono quei dettagli a cui mi riferivo in precedenza.
La profondità della ricerca storica è palese persino nelle citazioni delle band di nicchia, per trattare persino band sconosciute ai non fans incalliti, ma la cosa che più interessa è che a differenza di libri storici precedenti, qui in "Prog" si giunge fino alle band dei giorni nostri, passando per gli anni '80 e '90, quelli più rivolti alle band del nord Europa. Si narrano immancabilmente persino le vicissitudini delle band nostrane, punto determinante del genere, soltanto non valorizzato dal pubblico della nostra nazione, in una sorta di masochismo davvero inspiegabile.
Si procede focalizzando sul Kraut Rock, finalmente un piccolo approfondimento al riguardo. Una chicca per gli amanti, dai Popol Vuh, Guru Guru, Can, Kraftwerk, insomma notizie e nozioni preziose. Piccola parentesi anche per il Prog Francese, spesso possessore di sorprendenti gruppi, fautori di musiche non convenzionali come quelle dei "marziani" Magma. E poi sguardo in Olanda, in Belgio, Spagna, Russia, Canada, Sud America e Giappone, il tutto con i dischi rispettivamente storici.
Finalmente si parla anche di New Prog, quello che ha fatto rinascere il genere nei primi anni '80, per poi giungere agli anni '90 con mostri sacri quali Dream Theater e Porcupine Tree. Giusta anche l'attenzione per le band nostrane di oggi, come ad esempio i Finisterre del vulcanico Fabio Zuffanti.
Un lungo viaggio questo di "Prog", che rende onore sia ad un genere Rock troppe volte dato per morto, sia ad un giornalista italiano che sempre più spesso avvicina il proprio nome alla qualità della musica, Donato Zoppo. Consigliato a tutti coloro che vogliono capire il genere. (Salari Massimo)

PELO NELL’UOVO: Personalmente avrei scritto di più sui tempi recenti, in quanto l’argomento non è approfondito mai da nessuno, piuttosto dei tempi che furono, gia analizzati troppe volte.

MOMENTO D’ESTASI: I dischi e le band davvero più importanti e le nozioni a profusione.

martedì 4 dicembre 2012

Retrospective

RETROSPECTIVE - Lost in Perception
Progressive Promotion Records
Distribuzione italiana: -
Genere: Prog Metal
Support: CD - 2012




L'ho già detto molte volte, in altre occasioni e qui lo ribadisco nuovamente che negli ultimi anni la Polonia in ambito Progressive Rock e Metal Prog sta crescendo in maniera esponenziale. Ci tengo a ribadirlo perché quando una nazione comincia a fare seriamente con la musica più ricercata (anche se sempre di Rock si tratta, per molti erroneamente considerato nulla di colto), è giusto che goda delle luci della ribalta.
La tedesca Progressive Promotion Records è una label che sta a sua volta crescendo e da questo sodalizio di intenti non può che scaturirne un prodotto interessante. C'è volontà di scoprire nuove strade e di supportarle, anche se in questo ambito i Dream Theater hanno segnato un solco a dir poco voraginoso. Il sestetto polacco con "Lost In Perception" giunge al secondo cd da studio, terzo se andiamo a considerare anche l'EP "Spectrum Of The Green Morning", autoproduzione del 2007.
Il vero primo cd risale dunque al 2008, il buon "Stolen Thoughts" (Just For Kicks), un connubio fra Dream Theater, King Crimson e Pink Floyd, il tutto con le dovute attenuanti del caso. Oggi invece i Retrospective cercano di aprire una nuova porta nella loro carriera, forse anche una naturale evoluzione dettata dall'esperienza maturata negli anni, immaginate ora i Marillion, i Van Der Graaf Generator (per la voce a volte simile a quella di Petere Hammill) ed i Pink Floyd che si mettono a picchiare duro sugli strumenti, un bilanciamento fra arie romantiche ed Heavy Metal molto vicino ai connazionali Riverside. Il lavoro vocale di Jakub Roszak è dunque profondo, interpretativo, perfetto viatico dei testi introspettivi narranti l'ego umano, di situazioni oniriche e comunque sempre velate di un filo di oscurità nostalgica. Tutto questo lo si può già ascoltare nell'iniziale "The End Of The Winter Lethargy".
La sezione ritmica composta da Robert Kusik (batteria) e da Lukasz Marszalek (basso) esegue il proprio lavoro in maniera ineccepibile, senza strafare, così le chitarre di Maciej Klimek ed Alan Szczepaniak ogni tanto lanciate in buoni, seppur brevi, assolo. Fondamentale il supporto spesso soave delle tastiere di Beata Lagoda.
"Huge Black Hour" racconta che si può essere coinvolgenti e duri allo stesso momento, semplice da memorizzare. Ma i giochi cominciano a farsi seri quando giunge "Egoist", la band entra nel proprio stato d'animo quando i ritmi scemano, mostrando un anima nera malleabile alla sensibilità, elevata alla potenza dal lavoro fondamentale delle tastiere che sgocciolano note di sensibilità.
Con "Lunch" si cambia ritmo, un raggio di sole che riporta alla mente il periodo d'oro del Rock, quello sostenuto dalle chitarre dei Pink Floyd in primis. L'ingresso vocale di Lagoda è valore aggiunto, sicuramente uno dei frangenti più alti di tutto "Lost In Perception". Ancora una volta si percorrono strade introspettive nella lenta "Our Story Is Beginning Now", da sottolineare che le ballate della band non sono mai melense, richiedono sempre uno stato d'animo preparato in quanto dedite ad un modo di comporre poco scontato. Cardine della personalità odierna dei Retrospective è "Tomorrow Will Change", in essa si aggirano tutti gli ingredienti del loro composto. Riescono anche a giocare con "Musical Land", qui si avvicinano fortemente ai Porcupine Tree e comunque ci deliziano con un solo di chitarra finalmente incisivo. "Ocean Of A Little Thoughts" è leggera, melodicamente orecchiabile, sostenuta del buon duetto voce maschile-femminile. E l'album si chiude in maniera eccellente con la mini suite "Swallow The Green Tones", qui la band spara tutte le cartucce a disposizione.
Un disco che ha la capacità di non stancare nel corso dei suoi cinquanta minuti, spesso emoziona e denota fra le righe una fase di mutamento da parte della band, il classico passaggio da crisalide a farfalla, e come una vecchia ma sempre funzionante regola, sarà il terzo disco a dirci chi sono veramente i Retrospective. Intanto "Lost In Perception" lo consiglio agli amanti delle atmosfere nostalgiche e del Metal Prog non logorroico, ma anche a chi non fa del Rock un punto statico. MS

domenica 2 dicembre 2012

SKYLINE + MAX SALARI = SKYLIVE ROCK!



SKYLIVE ROCK è un progetto che nasce dalla congiunzione di due realtà fabrianesi ben distinte.

Gli Skyline sono la band più longeva del territorio, in attività da  30 anni e con numerosi concerti alle spalle, oltre che realizzatrice di un cd. Esperta in cover band, ha sempre saputo accontentare i gusti musicali di tutti gli ascoltatori, grazie al vasto repertorio che parte dagli anni 60 alla musica di oggi.

Massimo Salari è un critico musicale, oltre che vicepresidente dei Progawards (associazione che premia annualmente tutte le migliori band in ambito mondiale di Progressive Rock). Ha scritto su riviste musicali quali Rock Hard, Flash Magazine ed Andromeda. Inoltre su Rock Impressions, Nonsolo Progrock e numerosi altri siti web.



SKYLIVE ROCK grazie al connubio dei due elementi è un Concerto-Relazione che racconta  la storia del Rock, dalle sue origini ad oggi. Come siamo giunti al suono odierno e quali sono stati i passaggi e gli eventi storici che lo hanno evoluto. Max Salari spiega i passaggi fondamentali non privo di qualche aneddoto ed i Skyline in un vero e proprio concerto, rappresentano al meglio il concetto in analisi. Il tutto viene supportato da esempi video ed audio anche originali. Tanto per dare un esempio semplicistico, si comincia con Fats Domino, Bill Haley & The Comets, passando per Beatles, Pink Floyd, Genesis, Led Zeppelin e tutte quelle band che hanno contribuito all'evoluzione del genere sino ai Porcupine Tree di oggi.

SKYLIVE ROCK nasce più di un anno fa quasi casualmente, dall'elaborazione di un idea di Max Salari. L'evento è unico nel suo genere e se non è stato mai realizzato da nessun altro artista, probabilmente lo si può imputare al fatto che raccontare 60 anni di Rock in poco più di due ore, non è impresa semplice.  Evento importante e ben adeguato anche per le scuole.
Già realizzate diverse date, anche con scolaresche impegnate nei cori. Consigliata la location in teatro o scuola, in quanto si necessita di proiezioni e di un ascolto attento.



PER RICHIEDERE L'EVENTO E MAGGIORI DETTAGLI CONTATTARMI ALLA MAIL
salari.massimo@virgilio.it

Pierpaolo Bibbò

PIERPAOLO BIBBO' - Genemesi
M.P. Records

Distribuzione italiana: G.T. Music Distribution
Genere: Prog
Support: CD - 2012




Bibbo’ torna e si concede al pubblico in maniera eclatante, mettendo a nudo la sua anima. Prima di addentrarmi nell'importante argomento spirituale trattato in "Genemesi", è giusto presentare a voi il cantautore progressivo Pierpaolo Bibbò e quello che è riuscito a raccontare nel suo breve excursus musicale post vintage. A volte scaturiscono idee giuste in momenti sbagliati, fatto è che il cantautore sardo Pierpaolo Bibbò nel 1980 se ne esce con "Diapason" (La Strega Records - 1994 ristampa Mellow Records), un disco dalla profonda radice Prog, quella oscura proveniente da un frammento del DNA dei Van Der Graaf Generator, senza raccogliere il giusto merito, solo per colpa di un mutamento sociologico e musicale dove il "logorroico" Prog eclissa a favore di febbri del sabato sera e Punk. In realtà un disco interessante dai buoni spunti, per un pubblico amante del Synth, sia di nicchia che del Rock.
Bibbò in precedenza, precisamente nel 1977, ha già inciso due 45 giri a nome Distilleria M.B. assieme a Giampiero Melosu, ma qui lo stile è differente, siamo in ambito Country Rock. Non esulano collaborazioni con artisti anche locali come Benito Urgu e poi i Banda Beni, Giulio Manera, Gruppo 2001, Tony Galbiati, I Serpentoni ed altri ancora.
Dopo l'esperienza "Diapason", nel 1982 entra per un anno nella band Sardana poi rinominatasi Segno , realizzando un 45 giri dal titolo omonimo. Segue un Q Disc nel 1984 ("Anninnora") per poi proseguire la carriera musicale come arrangiatore e compositore per musicisti a venire. Passano dunque ben 32 anni da quel debutto discografico, oggi è la volta di "Genemesi", mix fra Genesi e Nemesi, un album composto da otto nuove canzoni sempre in stile Progressive Rock.
L'argomento trattato nell'album è profondo, personale e teologico, seppure visto dal lato umano del non credente (che comunque ha letto le Sacre Scritture), di colui che è semplicemente alla ricerca di un Dio, ma che non sia obbligatoriamente fatto a nostra immagine e somiglianza in quanto noi umani imperfetti.
"Il Viaggio" inizia con vigore ed elettricità Rock, quella della chitarra di Fabio Orecchioni, il percorso musicale, dove si sfiora anche l'essenza del Metal. Ma è la melodia ad avere ragione, fra suoni caldi di basso e programming. Tutto questo porta all'adiacente "Fratello", dove un arpeggio di chitarra ricorda delicati passaggi vintage, mentre l'autore si confida e confessa il suo non credo, sentendosi per il prossimo un ipotetico fardello. Bello il breve finale strumentale e qui il Prog di matrice italiana si evince in modo palese, dedito a quelle fughe strumentali care a band come le Orme, per intenderci.. Subentra dunque "Metastasi D'Autunno", canzone dal riff elettrico e una buona energia, grazie anche al violino di Luca Agnello. Da menzionare il fatto che nel disco la batteria è programmata, questo per coloro che non amano il suono campionato, anche se in realtà è ben realizzato, personalmente non lo vedo come un limite, piuttosto una gestione di comodo in quanto soluzioni programmate si affacciano anche non in ambito ritmico.
Suoni moderni, elettronici, piccole schegge di Battiato colgono l'ascolto in "L'Osservatore Indifferente", impreziosito dalla voce profonda di Silvia Ciudino, proprio a conferma del buon uso del Programming.
Ancora importanti considerazioni nella Rock "Deus Ex Machina"....perché i limiti dell'uomo, per il cantautore sono il limite di Dio. "Creati A Immagine Della Tua Vanità" è strumentale, un gioco Prog collaudato nel tempo, con tutti i componenti del caso, dai cambi di ritmo alle tastiere in cattedra che si alternano a solo di chitarra. "L'Urlo Del Pesce Rosso" ha un significato profondo ed un solo di chitarra veramente da godere.
E Bibbò chiude con un importante domanda ed una esortazione, "Dio,chi è il tuo Dio? E chi lo giudicherà?", quindi "Padre rivela la mia ombra, fa che si possa alzare in volo fino a te".
Il grido di un non credente che vorrebbe fortemente credere, per godere di una serenità spirituale e mentale appagante, questo per un dare senso alla nostra breve esistenza, il tutto messo in musica per la mente.
Un disco fuori dai canoni, una musica semplice per chi già conosce profondamente il Prog, ma che comunque riesce sempre a regalare buone melodie ed emozioni. Un ritorno più che decoroso! MS

venerdì 30 novembre 2012

Elias Nardi Quartet

ELIAS NARDI QUARTET - The Tarot Album
Zone di Musica
Distribuzione italiana: si
Genere: World Music / Etnica Folk
Support: CD - 2012




Il suono armonico nasce dall'esigenza dell'uomo di voler comunicare uno stato d'animo, questo è ciò che si crede, così sull'argomento ci sono numerosissimi pareri distinti, spesso anche discordanti fra di loro. Comunque sia è innegabile che da tempo la musica (così la chiamiamo) è un viatico di emozione e di cultura. Essa può derivare da esperienza di vita, oppure semplicemente da elaborazione di ascolti, infine anche da tutti e due i casi messi assieme. Un dipinto mette in risalto ciò che si vuol vedere, una musica mette in risalto uno stato d'animo, in sunto questa è l'arte.
Elias Nardi nasce nel 1979, giovane musicista, legato da sempre alla tecnica araba dell'Oud, strumento a corde a manico corto che fruisce un suono caldo. Nardi prende lezioni dal maestro palestinese Adel Salameh.
"The Tarot Album" è come una cartuccia di diapositive, ispirate dalla bellezza dell'arte di Niki De Saint Phalle, quel Tarot Garden (Giardino dei Tarocchi in Toscana) dove i colori della natura si mescolano con quelli meravigliosi delle sculture dell'attrice, scultrice, modella francese degli anni '60 / '70. Il risultato è composto da numerosi tasselli sonori, 18 per l'esattezza. Il disco strumentale, fonde assieme la cultura mediterranea a quella araba, mostrando un suono caldo e colorato. In esso si cela una cultura annosa a tratti spirituale, dove l'uomo si addentra per cercare in se e fuori, delle risposte di conforto sul significato della vita.
Elias Nardi è come line up un quartetto, completato da Carlo La Manna (basso), Roberto Segato (tastiere) e Zachary J. Baker (Batteria) che comunque si avvale anche della collaborazione di special guest quali Emanuele Le Pera (percussioni), Savino Pantone (viola) Dania Tosi (soprano) e Andrea Vezzoli (sax, clarinetto).
La cosa che colpisce maggiormente durante gli ascolti , è la delicatezza con cui vengono concepite le composizioni. Sensibilità e pensiero, riflessione e tecnica si fondono assieme per un risultato finale altamente emotivo. Non si alza mai la voce e le strumentazioni acustiche ben comunicano fra di loro senza sovrapporsi caoticamente. L'ascolto è consigliato anche agli amanti della Psichedelia, ma non quella recente ed elettrica, bensì la fonte, la radice del genere, quando i Beatles negli anni '60 si dilettavano a contribuire all'apertura di nuovi orizzonti, come ad esempio con il brano "Norvegian Wood", scintilla del fuoco Psichedelico.
"The Tarot Album" è un prodotto di classe, raffinato, sensibile e poetico nella sua leggerezza, un disco che va ascoltato con attenzione e spirito riflessivo. MS

mercoledì 28 novembre 2012

Valeria Caputo

VALERIA CAPUTO - Migratory Birds
Vintage Factory Lab

Distribuzione italiana: si
Genere: Rock / Cantautore
Support: CD - 2012
Quando la musica è anche sfogo, quando le controversie della vita vengono narrate attraverso i suoni, così come i sogni e le speranze, questa ha prevalentemente un nome: Rock, qualunque ramo esso sia.
Valeria Caputo è una cantautrice pugliese ma residente in Romagna e "Migratory Birds" è l'album che la presenta per la prima volta al pubblico. Quasi quaranta minuti suddivisi in dieci brani, dove lo spirito Woodstockiano spesso e volentieri si espone in maniera importante all'ascolto, tanto per inquadrare lo stile a cui si va incontro.
Per raggiungere questo risultato, Valeria si circonda di musicisti quali Silvia Wakte, Vince Vallicelli, Tiziano Raspadori, Paolo Marini, Marco Remondini, Marco Pizzolla e Franco Naddei.
L'America west coast è dunque dietro l'angolo e la dolce voce di Valeria porta ad uno balzo spazio temporale di 60 anni, quando ci si lasciava avvolgere dalle dolci melodie del folk, come si evince già dall'iniziale "The Nex Train". Morbidezza e semplicità come spesso capita di ascoltare nei capolavori di Simon & Garfunkel e la chitarra acustica accompagna le dolci ballate, così in "The Face On The Screen". Non esulano coinvolgenti assolo elettrici, come in "December Sun", dove perfino il sax accompagna il procedere del cammino verso una psichedelia finale. Valeria ama Joni Mitchell, almeno questa è la sensazione che si ha all'ascolto delle sue composizioni, assimilate e rielaborate con garbo e semplicità. Questa musica seppure datata, sprigiona sempre serenità e voglia di vivere, quella solarità che fa bene all'anima, l'ascolto di "You Can't Stop" racconta questo ed altre storie.
Tengo anche a sottolineare la cura dei suoni, ben equilibrati e puliti, non sempre ci si imbatte in questo modo di lavorare.
"Honey In My Room" è un altra sensibile ballata acustica, fra violoncello e chitarra acustica, mentre la voce di Valeria canta un ritornello avvolgente e profondo, così è "Fly Away". Anche la title track mostra il concetto che per fare della buona musica non serve gridare o fare i muscoli, essa è riflessiva e malinconica, il tanto che l'ascolto prosegue incondizionatamente ad occhi chiusi.
"Ill Be Whit You" si avvicina più al nostrano stile cantautoriale ed è sicuramente uno dei frangenti più belli del disco. "The Sea Has Told Me" prosegue il discorso intrapreso da " Honey In My Room", mentre "It's Wrong" chiude l'album con maturità, un disco che sicuramente non resterà sugli scaffali a prendere polvere, perché di delicatezza e sensibilità, oggi più che mai, ce n'è bisogno come l'aria. Buon debutto, brava Valeria. MS

martedì 27 novembre 2012

Alex Snipers Experience

ALEX SNIPERS EXPERIENCE - Familiar to Someone Living in Action!
Selfproduced

Distribuzione italiana: -
Genere: Acoustic / Psychedelic
Support: CD - 2012




La Psichedelia in Italia gode recentemente di buon seguito, se non altro da parte di chi la suona (le vendite invece non rendono giustizia) e si esibiscono quelle band che hanno una passione prevalentemente per i Pink Floyd, così vediamo i No Sound, Raven Sad, Daal e molti altri che ci intrattengono con i loro lisergici lavori. Proprio Alfio Costa (Prowlers, Tillion, Daal) risiede dietro il lavoro di questo album live della one man band Alex Snippers Experience di Alessandro Cecchini.
Sono cinque anni che l'artista si esibisce soprattutto dal vivo e cinque sono anche le realizzazioni in disco. L'approccio live è essenziale per il coronamento di un musicista, in esso c'è l'anima e l'intensità con cui vuole comunicare i propri sentimenti, la cartina tornasole di chi vuole intraprendere questo percorso di vita. Ecco dunque Alex immergersi totalmente con la sua chitarra, i suoi pedali e gli amplificatori in questo percorso, senza risparmiarsi, bensì aprendosi totalmente al pubblico. Alessandro Castelli accompagna l'esibizione anche lui con la chitarra e voce. Forti i richiami a Porcupine Tree e Pink Floyd ("Battersea") mentre la voce di Alex è decisa e seria interprete delle composizioni.
Momenti riflessivi si ergono orgogliosi del proprio essere, spezzati solo dai crescendo acustici di buona presa, come in "Floating".
Non è semplice realizzare un concerto Rock senza avere il supporto di percussioni, tastiere, basso, serve davvero una grande energia o perlomeno composizioni sia variegate che orecchiabili. Questo è un percorso intenso, coraggioso e ricco di energia, come "Anna Took A Plane" ci racconta.
Momenti Folk stile Bob Dylan fanno capolino di tanto in tanto, non da meno è "Let Your Dime Light Shine", tanto per ribadire, consciamente o inconsciamente, che il Rock ha comunque radici Blues.
"Familiar To Someone Living In Action!" è un live che fra ballate e song Rock fa perlomeno pensare, specie alle dure tematiche a cui si riferisce, non ultime la guerra in Vietnam, anche rappresentata dalla bella copertina assemblata dal sempre preciso Davide Guidoni (Taal).
Un momento di aggregazione, un frammento di vita, una comune strada da percorrere, anche se solo il tempo di 14 brani, tutti intenti a raccontare qualcosa, quel qualcosa che può unire o perlomeno far pensare.
Un disco completamente acustico sappiamo bene che non è facile da metabolizzare, tuttavia Alex Snipers Experience è semplicemente Rock.... lo scheletro del Rock, quell'ossatura che se arricchita con organi e muscoli, porta all'essere vivente, il miracolo della vita. Ma questo ad Alex non interessa, l'obbiettivo è tirare fuori se stessi, senza se e senza ma, prendere o lasciare, il Rock vero non accetta compromessi. MS

lunedì 26 novembre 2012

A.C.T.

A.C.T - Silence
Inside Out

Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: Melodic Prog
Support: CD - 2006



Gli A.C.T sono una piccola fetta di storia del Melodic Prog svedese e“Silence” è il quarto sigillo della loro carriera e primo per Insideout music. Chi ha avuto modo di apprezzare i precedenti lavori sa già che le loro influenze vagano dai Saga ai Supertramp, dagli Asia ai Queen. Conseguentemente, si può parlare di un gruppo coraggioso che si azzarda a varcare certi confini cosiddetti “sacri”, oppure siamo al cospetto di pazzi che tentano la strada del successo clonando questo o quel brano? Gli A.C.T non sono nulla di tutto questo, il quintetto è solo autore di una musica si "popolare", ma intelligente, fatta con la testa e maestria.
Imbarazzante davvero il dover recensire un lavoro del genere, dove il Pop si lascia deturpare dalle sfuriate Progressive, passando pure per l’Hard Rock, attraverso tutto quello che emoziona. Questi svedesi si addentrano in tanti territori, dove è difficilissimo, sennonché impossibile, poter sfondare, a causa della poliedricità dell’operato. Non proponibili a chi ascolta Metal, tantomeno a chi vive di Prog puro, figuriamoci agli estimatori del Pop, con certe sonorità...
Il disco incomincia bene con “Truth Is Pain”, motivo d’impatto con un incedere alla Rasmus, “Puppeteers” non è nulla di trascendentale, ma “This Wonderful World” sa il fatto suo. Piano, piano l’ascolto cresce d’interesse, incontrando brani sempre più distanti fra di loro, con coralità a volte alla Queen e tante buone idee. Non mancano neppure brevi accenni ai maestri intramontabili del Pop Rock, i Beatles e lo ascoltiamo anche in “Useless Argument” . Ci sono i Queen in “Call In Dead” ed è proprio da questo punto che il disco decolla in un turbinio emotivo maturo.
Questo in sintesi è “Silence”, ennesimo buon disco Progressivo destinato a finire nel dimenticatoio. Perfetta la sintesi fotografica dell’artwork dove un bambino che grida, tappa le orecchie alla bambina che ha di fronte, la quale con il dito avanti al naso chiede silenzio. Questa è proprio la musica degli A.C.T. bianco e nero, quiete e tempesta, tutto ed il contrario di tutto. Consigliatissimo a chi ascolta la musica con passione. MS