CARAVAGGIO – Caravaggio I Cuochi Music Company Genere: Progressive Rock Italiano Supporto: file/cd – 2022
Quante
volte navigando nel web ci siamo imbattuti in alcuni gruppi musicali a noi
sconosciuti, vuoi perché formatisi solamente di recente, vuoi per la scarsa
distribuzione del materiale a volte relegata a semplici file. Internet per
questo è un contenitore che apostroferei con il termine “magico”, dove ci si
può trovare veramente di tutto e siccome amo ricercare, a volte m’imbatto in
piccoli o grandi sorprese sonore. I
Caravaggio, nome assolutamente importante e impegnativo, fanno parte di una di
queste sorprese, anche se a memoria ricordo di averli ascoltati nella
trasmissione “Prog & Dintorni” dell’attentissimo Gianmaria Zanier di Radio
Vertigo One. Rimango colpito dal brano
“Before My Eyes” il quale in me fa scaturire la voglia di ricercare e
approfondire la band. Dopo una scrupolosa navigata leggo che Caravaggio è
figlio di una band che ha dato al Metal Italiano alcune pagine importanti di
musica, gli storici Adramelch scioltisi almeno una decina di anni fa. Vittorio
Ballerio (voce) e Fabio Troiani (chitarra) hanno in mente nel 2015 di ricercare
anche nel mondo del Progressive Rock e lo fanno circondandosi di validi
musicisti come ad esempio il batterista Alessio Del Ben (Quel Che Disse Il
Tuono, Wotan) e il bassista Marco Melloni (Pino Scotto). Probabilmente la
scelta del nome Caravaggio sta ad accostare la musica proposta a certe
immagini, la volontà del gruppo di dare visione alle proprie note con grande
maestria, questo è quello che io fantastico, anche perché durante l’ascolto le
sensazioni provate mi portano proprio a una fase sinestetica. Il cantato è in
lingua inglese, suggerita a Vittorio Ballerio da Tracy Bell, già produttore di
“Opus” dei citatiAdramelch. L’artwork è per opera di
Gianfranco Ferlazzo, “The Front Window” (Voyeur) (serie: “The Adbusters project
box”). Per
questo esordio le registrazioni iniziano nel 2018, periodo pre pandemia, per
giungere oggi al risultato di dieci canzoni. Il Rock proposto potrebbe sembrare
per bontà delle melodie di matrice americana, ma strumentazioni assolutamente
mediterranee come la fisarmonica, il flauto, la chitarra ispanica, le nacchere e
altre ancora, donano al prodotto una fisionomia completamente differente,
accostando la musica a un Prog sia ricercato che folclorico. Assolutamente
valida l’interpretazione delle linee vocali, ma ancora di più lo sono le parti
di chitarra elettrica che spesso intraprende assolo davvero espressivi con
tanta buona tecnica al seguito. “Caravaggio”
inizia molto bene proprio con “Before My Eyes”, infarcita di buoni
arrangiamenti e una personalità ben definita. Vigore e cambi di tempo fanno
accostare alcuni frangenti sonori a quelli proposti dai Porcupine Tree, ma
Caravaggio ha poco da spartire con la band di Steven Wilson. L’intervento della
fisarmonica dona all’ascolto un fascino del tutto particolare. Ricercate scelte
vocali in stile anni ‘80 aprono “Not On Me”, canzone spensierata nell’incedere
e comunque pregna di sorprese. Quasi un’ora di musica che sembra racchiusa in
una manciata di minuti tanto è la scorrevolezza dell’ascolto. Difficile
estrapolare solo alcuni brani dal contesto, la validità della proposta è
quantomeno omogenea, resto colpito magari dalla dolcezza di “Guernica” dove
superlativa è la prova della chitarra acustica oltre a quella interpretativa di
Ballerio. Da sottolineare la cover di “Fix You” dei Coldplay con l’ospite
Courtney Swain, di carattere e rispettosa. Altro ospite è Antonio Zambrini e il
suo flauto nella conclusiva “Life Watching”. “Caravaggio”
è semplicemente un disco molto gradevole, professionale, ispirato e solare dove
le belle melodie sono il pennello, la tecnica la tavolozza e la nostra mente la
tela. Buona visione. MS
LA CRUNA DEL LAGO – Schiere Di
Sudditi ZdB Genere: Rock Progressivo Italiano Supporto: file/cd – 2022
Dite
la verità, certi nomi non fanno scaturire in voi vecchi ricordi? Ovviamente mi
rivolgo a tutti quelli che hanno almeno superato i cinquant’anni. Non perché
sono già sentiti, anzi, sicuramente originali, ma prerogativa di un certo
periodo musicale italiano che va dal 1971 alla fine degli anni ’70, quando il
Rock Progressivo allora nominato “Musica Pop” aleggiava su moltissimi stereo
nelle case degli italiani. Questi nomi come Premiata Forneria Marconi, Banco
Del Mutuo Soccorso, Il Biglietto Per L’Inferno, Raccomandata Ricevuta Ritorno,
Quella Vecchia Locanda, Locanda Delle Fate etc. sono rimasti intarsiati nelle
menti di noi “giovani” pionieri dell’ascolto impegnato. La tradizione, così
come la musica nel tempo è stata tramandata anche con ottimi risultati e non lo
scopro certo qui in questa recensione, ne ho parlato abbondantemente nel libro
enciclopedia “Rock Progressivo Italiano – 1980 – 2013” (Arcana). Ebbene,
giungere nel 2022 ad ascoltare ancora questa musica senza tempo, solo infarcita
di nuove strumentazioni dettate dall’evoluzione della tecnologia avvenuta
inesorabilmente negli anni, è un grande piacere. Nuove
formazioni si aggiungono ad altre più o meno fortunate nel tempo, guidate da
quella passione irrefrenabile che si chiama Progressive Rock. La
Cruna Del Lago (quanto ci piace giocare con i nomi) è formata da quattro
musicisti toscani d’esperienza,Carmelo J. Arena (voce,
tastiere), Pino Polistina (chitarre), Matteo Tuci(basso), Andrea Bruni(batteria).Nonostante l’esordio di questo “Schiere Di Sudditi” alle spalle risiede
già un’ottima esperienza, come ad esempio quella del Trasimeno Prog, dove
aprono il concerto niente meno che al Banco Del Mutuo Soccorso. I testi scritti
dal batterista Andrea Bruni sono specchio di questa società moderna, messaggio
forte e valido che bene rende l’idea dell’attualità dilaniata da
diseguaglianze, rassegnazioni, e sfruttamenti. Quello
che personalmente mi colpisce molto, oltre lo stile che alterna il passato al
presente, è il suono, potente, enfatico proprio come piace al Prog fans e molto
del merito, va alle tastiere. Ascoltatele
nel vigoroso brano d’apertura“Giostra”,
dove conducono verso un Neo Prog in stile Arena o IQ. Quando subentra la voce,
improvvisamente subisco un balzo temporale, il mid tempo mi fa regredire negli
anni ’70 inesorabilmente, fra Orme e tutto quello che è Prog sinfonico. Questo
connubio passato/presente m’intriga sempre. Lo stereo emana un suono pieno e
gratificante. “La
Mantide Agnostica” si lascia nuovamente introdurre da ruvide chitarre per poi
passare a un incedere storico caro a gruppi come Banco del Mutuo Soccorso o se
vogliamo anche ai maestri EL&P. Le atmosfere si quietano in “Illogica
Distanza”, canzone maggiormente riflessiva dai testi importanti e non banali,
dove le coralità aiutano nella riuscita del risultato. Certe musiche solo noi
italiani sappiamo come comporle. Ho
parlato di musicisti d’esperienza e quindi preparati, la vetrina in cui si
fanno ammirare è quella strumentale di “Interludio”. Apre il basso e un mondo
sonoro in crescendo emotivo avvolge caldamente, fatto anche di effetti eco. La
band è rodata e compatta. La chitarra elettrica si mette in evidenza nella
Pinkfloydiana “Elettrodramma”, qui trapelano passioni musicali ataviche e
coinvolgenti. “Stato”
indurisce il suono in maniera ruvida, questo perché il testo lo richiede e bene
è recitato da Carmelo J. Arena. Porcupine Tree docet? “Acqua Da Marte” è un
altro pezzo assolutamente Rock, energico con carattere. “Schiere
Di Sudditi” è un esordio sostanzioso, con tanta materia all’interno, questo non
fa che accrescere la mia curiosità per l’evolversi dei promettenti futuri fatti
che spero non tardino molto a sopraggiungere. MS
THE
LOST VISION OF THE CHANDOO PRIEST - The Lost Vision Of The Chandoo Priest Ams Records | BTF Vinyl Magic Genere: Neo Psichedelico Supporto: file – 2022
Negli
anni in Italia abbiamo imparato a dosare le influenze musicali provenienti
dall’estero con la nostra personalità, ciò ha concesso al nostro Progressive
Rock di evolversi e di arrivare al giorno d’oggi ancora vivo e vegeto. C’è
stata un’ondata di nuovi gruppi a partire dal 1980 in poi che hanno riportato
linfa vitale a questa musica, come ho saputo spiegare nel mio libro
“Progressive Rock Italiano 1980 – 2013” edito da Arcana. Nomi nuovi si sono
aggiunti ai grandi classici e se andiamo avanti con il tempo, possiamo dire che
il lavoro di Steven Wilson e dei Porcupine Tree ha tracciato una netta riga fra
passato e presente, di questo invece parlo nel mio quarto libro “Post
Progressive Moderno – L’alba Di Una Nuova Era” (Arcana). Mi rivolgo quindi alla
psichedelia ma non fine a se stessa, bensì infarcita di altri generi, quindi trattasi
di Neo Psichedelia. Il genere prende forma non soltanto all’estero ma ha buoni
esecutori anche qui in patria. Chi ha saputo coinvolgere il Progressive Rock
con la Psichedelia ha creato questa nuova ondata, da noi alcuni nomi sono Aldi
Nello Spazio, Il Giardino Onirico, Metronhomme e moltissimi altri fra cui
Unreal City, Quel Che Disse Il Tuono e Cellar Noise, proprio in queste tre
ultime band militano Francesca Zanetta (chitarra elettrica, basso elettrico,
Eminent Solina, Logan String Melody II, Elka Rhapsody 490,
Moog Voyager) e Niccolò Davide Gallani (batteria, basso elettrico, chitarra
elettrica, Fender Rhodes, organo, Mellotron, Elka Soloist 505, flauto traverso).
Dal connubio di questi due artisti nasce il progetto The Lost Vision Of The
Chandoo Priest, dove propongono brani strumentali e non cantati. Il
debutto dal titolo omonimo è formato da dieci brani per una durata totale di
circa quarantuno minuti di musica. Il passato si unisce al presente con
l’apporto di Pietro Pellegrini, tastierista dei leggendari Alphataurusalla
registrazione e al missaggio dell’album. Quando
si parla di Psichedelia, non si può fare a meno di citare i Pink Floyd, ossia
coloro che maggiormente hanno influenzato il genere e tutte le band che si
cimentano al riguardo non possono fare a meno di suggere da questa fonte per
poi rielaborare il tutto con la propria personalità. I TLVOTCP non sono da
meno, anche loro subiscono questa influenza anche se non in maniera poi così
marcata, come ho spiegato prima, il genere si è ampliato. Ecco allora ascoltare
“Floating Down The Valley” e capire che anche la Scandinavia progressiva ha
avuto una forte valenza riguardo certe atmosfere maggiormente malinconiche, e comunque
bucoliche con annesso canto di uccelli. La chitarra ripete ciclicamente il giro
armonico solo spezzato dall’intervento delle tastiere. Un ticchettio apre
“Chasing Time In Opposite Direction (Pt. I)” qui il duo mette in evidenza tutte
le credenziali. Il motivo ha molto del Progressive Rock anni ’70, specialmente
nelle chitarre in stile Steve Hackett. Avete
presente il riverbero del piano di Wright in “Echoes” dei Pink Floyd? Ebbene in
“Entering The Void Of Madness” siamo al cospetto di cotanto suono, per poi non
parlare dell’incedere ritmico che comunque termina nel roboante suono metallico
della chitarra ed ecco fare capolino anche i Porcupine Tree. Il finale è
nuovamente arioso, e sono le onde del mare a fare da arrangiamento alla conclusione.
Prog Rock Psichedelico e maturo è inciso in “The White Toad Majesty”, per chi
dovesse avere conoscenza di queste band posso dire che s’intravedono influenze
Sinkadus, Anglagard ed Anekdoten. Quiete mentale in “Droplets”, canzone basata
sulle tastiere mentre la seconda parte di “Chasing Time In Opposite Direction”
rialza il ritmo e ritorna il ticchettio del tempo. “Getting
Nowhere” procede imperterrita la strada scandinava, le arie sono spezzate, il
basso diventa protagonista e poi tastiere e chitarre alla King Crimson, insomma
un connubio Prog Psichedelico davvero efficace. “London Underground” come una
macchina del tempo ci trasporta verso la fine degli anni ’60. Prerogativa
del sound TLVOTCP è il ritmo cadenzato che si presenta quasi in ogni brano,
come ad esempio in “Farewell, Dog”. Degno il finale grazie a “Dunans Castle”,
altro frangente per la mente, da ascoltare ad occhi chiusi e senza distrazioni. Questo
esordio è interessante, l’intesa artistica fra Francesca Zanetta e Niccolò
Davide Gallani è notevole, così come certe emozioni che possono sprigionarsi
durante l’ascolto. Una bella sorpresa che mi auguro possa ripetersi nel tempo.
MS
DEATON
LEMAY PROJECT – The Fifth Element Progressive Promotion Records Distribuzione G.T.Music Genere: Metal Progressive Supporto: cd – 2022
Amanti
degli anni ’70, delle tastiere ridondanti, dei Kansas, di Keith Emerson, del
Metal Progressive e dell’AOR, fermatevi a leggere la recensione, qui c’è materiale
per le vostre orecchie. Ascoltare
nel 2022 ancora questa musica mette gioia, è un poco come aprire le finestre in
una stanza dall’aria consumata. Quale musica? Questa del duo Roby Deaton
(tastiere, chitarre) e Craig LeMay (batteria, percussioni), e del loro progetto
Deaton Lemay Project. Con “The Fifth Element” giungono al secondo album in
studio dopo “Day After Yesterday” del 2019, e il buon vino invecchiando
acquista miglior sapore. Sono
americani, precisamente del Texas e questo si sente sia per alcune delle
suddette influenze che per il gusto verso le melodie orecchiabili, gli
americani sono maestri in questo. Si coadiuvano dell’ottimo cantante Hadi Kiani,
dei chitarristi Ehsan Imani e Josh Mark Raj, dei bassisti John Haddad e Charles
Berthoud oltre coinvolgere la violinista Liza Evans su una traccia. La tedesca
Progressive Promotion Records si prende carico della distribuzione in Europa e
nel realizzare il cd formato da undici canzoni, aggiunge una bonus track
intitolata “Voice Of Freedom”. Circondato
da una marea di tastiere Deaton s’intende alla perfezione con LeMay, il
divertimento che provano nel suonare assieme è davvero contagioso anche per chi
ascolta. L’amore per gli anni ’70 è davvero grande e lo si percepisce sin da
subito, già nel brano “The Great Aweking”, così le tastiere fanno la voce
grande fra effetti e sonorità vintage. Il suono è pulito e gradevole, un
piccolo evidenziatore per l’ascolto. Tanta tecnica ma come ho avuto modo di
dire, le melodie sono protagoniste anche nel ritornello semplice e diretto. “A
Different Place In Time” mi ricorda materiale di un'altra band americana, i
Magellan mentre il passato ritorna anche attraverso arpeggi in stile Genesis.
Numerosi i cambi di tempo, nonostante tutto la canzone gode sempre di solarità
rasserenante. Un
melodioso suono di pianoforte supporta la strumentale “Dragonfly”, sognante ed
eterea mette in cattedra le capacità di Deaton, senza ombra di dubbio
eccellenti. Si riparte alla grande con l’andamento ruffiano di “The Nightmare”,
il suono ritorna pieno e super arrangiato, potenziale singolo dell’album.
Bellissimo l’assolo di chitarra da parte di Josh Mark Raj, questo brano AOR è
al top nell’insieme. E dopo una sberla del genere ci si aspetta altrettanto da
“Exordium” ma cambia lo stile, colto per ricercatezza di soluzioni, e qui è
evidente la passione per Keith Emerson, nulla da aggiungere, Prog al 100%.
Brano dopo brano la qualità aumenta e così l’interesse nell’ascolto, vengo
quindi alla suite del disco della durata di quasi trentasei minuti intitolata
“Elements Of Life Suite”, vera e propria gemma sonora che da sola vale il
prezzo del disco. Suddivisa in sei movimenti non può che iniziare con un “Overture”
strumentale, qui la chitarra è in mano a Charles Berthoud. A seguire i quattro
elementi, fuoco, acqua, aria e terra. Maestosa “Water” dall’incedere cadenzato
quasi in stile IQ, musica senza tempo e dalle gradevoli fattezze. “Air” è
inevitabilmente soffice e lieve, soprattutto grazie al violino di Liza Evans,
fase sognante di relax. Massiccia
come la roccia “Earth”, il suono sa occupare bene il posto delle parole per far
viaggiare la fantasia. Gli elementi si terminano con “Music”, canzone più lunga
dell’intero disco grazie ai suoi sette minuti e mezzo. La bonus track è
palestra per le dita di Deaton, simpatica nelle scelte melodiche, in bilico fra
canzone e Rock colto. Per
finire vi dico che “The Fifth Element” non è un disco da ascoltare solo distrattamente,
anche se per esempio potrebbe essere di ottima compagnia in macchina, ma è un
lavoro semplicemente da possedere, ricco di tante soluzioni sarebbe un peccato
non averlo, una delle migliori uscite del 2022 almeno per chi vi scrive. MS
LIMITE ACQUE SICURE – Limite Acque
Sicure Minotauro Records Genere: Progressive Rock Supporto: file – 2022
Il
Rock Progressivo Italiano nel 2022 gode ancora di buona salute, affezionati
ascoltatori e numerosi musicisti si contengono il lauto pasto per la mente con
vigoroso piacere. La storia si tramanda, si ripete, tuttavia ogni volta con un’aggiunta
personalità. Le mode sono inesorabili, giustamente si susseguono passandosi la
staffetta dell’evoluzione, ecco quindi la passione che travalica la banalità. I
Limite Acque Sicure nascondono nel proprio nome la chiave della volontà di
osare sempre un qualcosa di più, pur mantenendo le basi solide
dell’insegnamento passato. Uscire dal confine della sicurezza è arma a doppio
taglio, ma la preferita del Prog fans. I
limite Acque Sicure si formano nel 2005 eppure esordiscono soltanto oggi con
questo concept album dal titolo omonimo. Nascono come band tributo di Banco Del
Mutuo Soccorso, Orme e Premiata Forneria Marconi e nel 2016, diventano sestetto
con elementi provenienti dalla fusion e dal Metal oltre che dal Rock classico,
chiave della loro intrigata personalità. Sono
di Ferrara e sono composti da Andrea Chendi (voce), Ambra Bianchi (flauto, voce
e arpa), Antonello Giovannelli (tastiere), Luca Trabanelli (chitarre), Paolo
Bolognesi (batteria) e Francesco Gigante (basso). Sei
le composizioni originali e una cover, quella de “Il Giardino Del Mago”, band
iconica dal nome Banco Del Mutuo Soccorso. Le premesse per un bell’ascoltare ci
sono tutte. Il
violino parte nelle atmosfere arabeggianti di “Sogno D’Oriente”, il vociare ci
conduce per le strade di un mercato, almeno così è per la mia fantasia e poi
nel proseguimento s’introducono tutti gli strumenti, voce annessa. Essa non si
discosta poi di molto da quella di Aldo Tagliapietra (Orme), anche la musica ha
il sapore del Prog Italiano vintage. I testi trattano il bisogno di emigrare
per trovare un mondo migliore e ricominciare, problema sempre attuale sin dai
tempi dei tempi. Trattasi di mini suite grazie ai quasi tredici minuti. Buoni
gli interventi della chitarra elettrica dopo un ritornello gradevole oltre che
scorrevole, e non mancano neppure passaggi di tastiere nel Neo Prog targato IQ.
Da rilevare anche il lavoro importante svolto dal flauto per la riuscita dell’insieme. “Terra
Straniera” è il primo brano composto nel 2006/2007, questa volta è il Banco Del
Mutuo Soccorso a essere preso come faro illuminante, anche per quello che
concerne l’intro di pianoforte. Sentirsi stranieri nella propria terra è il
fulcro focale del testo mai banale. La band si trova perfettamente ad adagio
durante le partiture strumentali, alternando assoli a parti vocali espresse nel
finale anche a doppia voce femminile, maschile. Da
bravi italiani non possiamo esimerci dal trattare anche l’argomento della
mamma, “Il Respiro Dell’Anima” è dedicata proprio a lei. Si ritorna nel mondo
delle Orme per esprimere queste calde parole su di una musica che alterna fasi
più concitate a momenti maggiormente riflessivi. Altro argomento trattato nella
musica colta italiana è quello della storia dei popoli, dove il mare accomuna
molte culture. Accomuna ma può anche dividere fra battaglie e sangue, la musica
qui accompagna il concetto, questa volta nella formula canzone. Maggiormente
introspettiva è “Fiamme Intorno” e il Prog torna a farsi sentire in tutto il
suo regale splendore. La
cover de “Il Giardino Del Mago” mette in tavola tutte le capacità tecniche di
questa formazione oltre che lo smisurato amore per il genere. Questa canzone
non è semplice da eseguire e gli esperti in campo saranno d’accordo con me,
tuttavia i Limite Acque Sicure bene si muovono nel contesto fornendo una
prestazione più che lodevole. Il
debutto si conclude con l’acustica “Ti Salverà”, come cantava Tagliapietra,
alzare lo sguardo verso il cielo per guardare una stella e seguire il suo brillare
che ci salverà, almeno così ci piace pensare. Una canzone folcloristica quasi
in stile Delirium anni ’70. Storia
e attualità presenti all’unisono in “Limite Acque Sicure”, rispettose di un
genere che mai finirà fino a quando band come queste continueranno a formarsi. Prog
DOC. MS Limite
Acque Sicure: https://limiteacquesicure.it/ https://www.facebook.com/limiteacquesicure Minotauro Records: https://minotauro.store/product/limite-acque-sicure/
ARTURO STALTERI – Visione Dai
Tarocchi M.P. Records – G.T.Music
Distribution Genere: Progressive Rock /
Sperimentale Supporto: cd – 2022
Chi
ama il Rock Progressivo Italiano di sicuro conosce il nome del tastierista e
compositore Arturo Stàlteri. Una lunga carriera artistica che passa dal 1974
attraverso il gruppo Pierrot Lunaire rilasciando quel “Gudrun” (IT – 1977) che
ancora oggi è un piacere da ascoltare, per poi nominare Radio Vaticano, presentazioni
RAI, collaborazioni con Rino Gaetano, Franco Battiato, Grazia Di Michele, Sonja
Kristina (Curved Air), David Sylvian, Fabio Liberatori, canzoni per il film di
Carlo Verdone “L'amore E’ Eterno Finché Dura”, e molto altro ancora. La
discografia è molto lunga (19 realizzazioni), ad iniziare da “Andrè Sulla Luna” (IT – 1979), “… E Il Pavone Parlò
Alla Luna” (Lynx Records – 1987), oggi quest’ultimo “Visione Dai Tarocchi”. Anche
qui se andiamo ad analizzare non si tratta poi di nuovo materiale, bensì di colonna
sonora per un balletto della coreografa americana Barbara Schaefer messo in
scena nel maggio del 1985 al Teatro In Trastevere a Roma. Le
composizioni sono inusuali, e aleggiano fra suoni acustici ed elettronici. Otto carte tarocchi per altrettanti movimenti sonori registrati allo Studio
Citadel sempre per opera di Stàlteri, mentre per il mixaggio l’autore si
coadiuva della presenza di Maurizio Campagnano. Certo
che mischiare, alzare le carte e vedere subito come prima “La Morte” non è che
faccia piacere, invece l’opera si apre proprio con essa, fra sibili inquietanti
e campane a morto, il suono la racconta e immaginate di conseguenza anche il
balletto. Le tastiere intervengono e suonano un riff in stile Goblin. Sembra
una colonna sonora e l’inquietudine sale attraverso il ripetersi della nenia
ficcante e l’ingresso roboante del basso. La signora con la falce è bene rappresentata
da queste sonorità. La seconda carta è quella de “L’Imperatrice”, autorevole ma
anche regale nell’incedere, Stàlteri usa le note al posto delle parole mentre
le arie sono quasi musica da camera. Altre atmosfere si assaporano in “Il
Bagatto”, pur essendo sempre insistenti, consentono un ascolto più variegato
grazie a soluzioni maggiormente musicali. La musica di Stàlteri sta disegnando
armonie su cui muovere il corpo, le visioni sono altamente presenti. Nel
“L’appeso” si percepiscono difficoltosi e introspettivi malesseri, un incubo
che si staglia nella realtà dove tutto sembra attendere una dolorosa fine. Ci
pensano “Gli Amanti” a donare un raggio di sole, una carta benevola, armoniosa
dove l’amore si sospinge nel cuore dell’essere umano. Qui a tessere i passaggi sono
i tasti d’avorio d’Arturo. Il pezzo più breve grazie ai poco più di tre minuti s’intitola
“La Ruota”, fra suoni elettronici e psichedelia che lasciano immaginare un giro
sonoro circolare proprio come quello di una ruota in azione senza freni. Seguono
altri otto minuti abbondanti d’inquietudine, dove la carta della “Forza” ci
introduce in un ascolto da effettuare a occhi chiusi. L’ultima carta pescata
dal mazzo è quella de “Il Mondo”, una descrizione della natura e di tutto ciò
che contiene il nostro pianeta. “Visione
Dai Tarocchi” sembra un lavoro scritto non soltanto per una coreografia, ma
anche per un viaggio mentale. Serve uno stato d’animo adatto per l’approccio,
non è musica da cantare e neppure da fischiettare, piuttosto è una condizione e
quando si hanno queste prerogative di certo non serve la superficialità ma una
condizione attenta e preparata all’ascolto. Questo soltanto per chi osa
addentrarsi nei meandri della mente, senza paura, la musica può stupire ulteriormente
al di là di ogni banalità. MS
SATIN
– Appetition Art
Of Melody Music / Burning Minds Music Group Genere:
AOR / Hard Rock Supporto:cd
– 2022
Va
bene, che i generi AOR e Hard Rock siano datati è vero, ma se resistono nel tempo,
ciò sta significando che hanno sia un pubblico seguace, sia che gli album sono
ancora commerciali. I tempi sono duri per le vendite fisiche e meno per la
musica liquida, eppure gli irriducibili fans di vecchia data non si lasciano
distrarre e continuano ad apprezzare il supporto sia ottico che vinilico. La
tecnologia avanza negli anni, e aiuta gli artisti a migliorarne il proprio
prodotto, poi ci sono quelli che invece sono ruspanti, che tendono a tenere
tutte le redini in mano per poter realizzare un lavoro che li soddisfi al cento
per cento, questi ultimi sono una rarità, ma hanno una passione e una competenza
sulla materia che travalica la media. Il
norvegese Tommy Nilsen in arte Satin è un polistrumentista molto apprezzato,
soprattutto in Giappone, dove i primi due album della carriera hanno venduto
bene. Ritorna oggi con “Appetition”, terzo suggello composto di dieci canzoni.
Cantante, produttore, polistrumentista e cantautore, queste le credenziali, una
passione che lo spinge a ottenere sempre il meglio da se stesso e i risultati
con il tempo maturano sempre di più.Ha suonato neiPegasus
e ha anche vinto il Grammy norvegese nel 2012. Che
dire dunque di un genere che soprattutto negli anni ’80 ha dato il meglio di
se? Niente, perché basta ascoltare “Appetition” per avere chiaro il quadro
della situazione. In questo lavoro ci sono tutti gli ingredienti che fanno
anche dell’Hard Rock un genere apprezzabile ed eterno, grazie soprattutto al
gusto raffinato delle composizioni qui contenute, basate su di una generica melodia
sia ruffiana che semplice da ricordare. Il risultato è straordinario perché se
andiamo ad analizzare a fondo, tutti e dieci i brani potrebbero essere un potenziale
singolo dell’album. Apre
“Going Your Way”, in realtà questo è il vero singolo e da subito si apprezza la
produzione oltre la qualità sonora nitida e cristallina. I punti di riferimento
sono i soliti grandi nomi, vedi Bon Jovi, Kiss etc. Non nascondo una grande
emozione quasi commovente nel poter ritornare indietro nel tempo, quando
spensierati ascoltavamo musica assieme fra amici e non dietro ad un cellulare,
potenza di una certa musica. Ancor
più apprezzabile a mio gusto è “Angels Come, Angels Go”, dal ritornello
irresistibile. I riff sono sempre gradevoli, in ogni brano anche in “Waiting
For Another Man” oppure in “Everybody Needs To Be Loved”, altre canzoni che
mettono serenità. Mai strafare, sembra una parola d’ordine eppure gli assolo di
chitarra seppur brevi hanno sempre una magia nascosta. Le tastiere spesso
ricoprono il ruolo d’accompagnamento o da tappeto sonoro per enfatizzare
maggiormente i passaggi. Buona anche l’interpretazione vocale, sempre
malleabile a disposizione della canzone secondo i casi. Il
jolly Satin se lo gioca con la ballata “A Dream Coming True”, e che ballata! E
poi arriva il riff slinky di “Looking At You” dove resta impossibile restare
fermi durante l’ascolto. Quindi è la volta dell’Hard Rock importante con tanta
storia dentro, di classe e basilare, quello di “Pearly Gates”, dal vivo
dovrebbe davvero spaccare il mondo. Il pianoforte inizia “Jenny (I'm Bringing
You Down)” altra ballata riuscita, qui mai un momento di tregua emotiva. Se si
vuole avere un esempio di cosa sia l’AOR lo si evince dall’ascolto di “Still
Waiting”, poi a chiudere giunge “Fight Again” nomen omen. “Appetition”,
quando la semplicità e la passione prevaricano sopra a ogni cosa. Basta tanto
poco per emozionare e la musica di Satin è perfetta per lo scopo, su il volume!
MS
SILVER NIGHTMARES – Apocalypsis Autoproduzione Genere: Metal Progressive Supporto: cd – 2022
Dopo
il promettente ep del 2020 intitolato “The Wandering Angel” i palermitani
Silver Nightmares sono chiamati alla prova del debutto ufficiale, e lo fanno
con coraggio grazie ad un concept che tratta il percorso storico del genere
umano. Gabriele
Esposito (basso), Alessio Maddaloni (batteria) e Gabriele Taormina (tastiere)
coadiuvati dal cantante Michele Vitranoe dai chitarristi Mimmo
Garofalo ed Emanuele Lo Giudice, propongono uno stile musicale davvero ricco d’influenze
che possono essere ricondotte alRock Progressivo, l’AOR,
l’Heavy Metal e alla musica classica. Tutto questo è evidente sintomo di ampia
cultura musicale dei musicisti in questione. Quest’ampia gamma consente al
disco di viaggiare su un binario senza soste, ossia senza momenti di calo o di noia.
Personalmente ho apprezzato il crescendo emotivo dei brani che con il
susseguirsi sono sempre più interessanti e godibili. Il
concept si apre con “Saphiens” e le percussioni della calda Africa per poi
spaccarsi in un due con la potenza del Metal Prog prossimo al mondo dei
Queensryche. Le doti vocali di Vitrano sono eccellenti e bene si adeguano ai
cambi umorali del pezzo impreziosito da un folgorante seppur breve assolo di
chitarra. Restando nella calda Africa si tessono le lodi della “bella delle
belle”, “Nefertiti”, regina egizia della XVIII dinastia in un brano in cui si
assaporano nuovamente suoni della band di Seattle, oltre che l’approccio vocale
alla Geoff Tate. E fin qui quasi tutto normale, ma le carte in tavola iniziano
a cambiare con “Etemenanki”, il processo sonoro prende una veste maggiormente
progressiva, e psichedelica grazie anche a un suono uguale a quello di un sitar
e poi vocalità più ricercate e una struttura compositiva più impegnata e ricca
di cambi di tempo. Buono il ritornello e l’insieme degli arrangiamenti. Un
riff granitico apre “Sea Of Sikelia”, canzone che ha il sapore degli anni ’80 molto
forte. La chitarra sale in cattedra così come la scelta dei cori per una felice
riuscita epica che travalica la bontà delle melodie di base. A
sorpresa arriva un passaggio nel Neo Prog caro agli Arena o ai lavori del
tastierista Clive Nolan, “Scorns Of Time” vuole essere una sorta di ballata ma
ha molto del ricercato, soprattutto attinge dalla storia del genere nominato.
Ancora una volta la chitarra si spinge in un assolo slide che funziona ed entra
nel cuore. Ho parlato di crescendo e, infatti, a metà del percorso ecco un
altro volto dei Silver Nightmares, quello Folk Prog con tanto di flauto
traverso a far salire l’interesse dell’ascolto, il brano s’intitola “Wizards”.
Le sonorità distorte delle chitarre elettriche sembrano aver dato tregua negli
ultimi minuti e questo accade anche in “The Awekening”, al loro posto salgono
in cattedra le tastiere. Il pezzo è completamente strumentale e qui si giocano
tutte le carte a disposizione, un mix di generi e soluzioni che rendono la
canzone a mio avviso la migliore dell’intero album. Fiati accolgono “8”, eppure
sono sempre i Silver Nightmares, la band sta probabilmente cercando una vera
identità, ma potrebbe anche averla trovata grazie all’imprevedibilità. Ritornano
gli anni ’80 e i Queensryche (o se volete per chi li conosce i Crimson Glory) nella
ballata “The Blue Light Of A Star”, sentita e ben interpretata. “Te Weird Black
Cross” trasporta verso un presente storico massiccio e metallico per poi
passare la mano alla conclusiva “Intangible”, altra perla di “Apocalypsis”,
soave, armoniosa all’inizio quasi in stile New Trolls melodici. Un
debutto autorevole, con tanta materia nella mente e nelle mani, i Silver
Nightmares sono da seguire perché sono sicuro che in futuro possano regalarci
ulteriori interessanti sorprese, per ora un grande applauso. MS FACEBOOK: https://www.facebook.com/italianprogband INSTAGRAM: https://www.instagram.com/silvernightmares9/?hl=it TWITTER:
https://twitter.com/SilverNightmar5 BANDCAMP:
https://silvernightmares.bandcamp.com/releases
TWENTY
FOUR HOURS – Ladybirds Andromeda
Relix / Vrec Musiclab Genere: Progressive Rock Supporto: cd – 2022
Ritorna
la premiata ditta Lippe-Paparelli-Lippe, inossidabile dal 1987 di nome Twenty
Four Hours, ma con l’ingresso del sassofonista Ruggero Condo’. Il fatto accade
quattro anni dopo il disco tributo ai white album della storia del Rock “Closer”
dei Joy Division, “The Lamb Lies Down On Broadway” dei Genesis, “The Beatles
(White Album) ” e “The Wall” dei Pink Floyd intitolato “Close – Lamb – White –
Walls”. Una
band storica con alle spalle sette dischi in studio, colma di esperienza e
gusti musicali che toccano differenti stili, per convogliare il tutto nel
calderone Progressive Rock attraverso importanti passaggi nella psichedelia,
questo sono oggi i pugliesi/marchigiani Twenty Four Hours. La formazione è
quindi composta da Paolo Lippe (tastiere, voce, bassline, ukulele), Antonio
Paparelli (chitarre), Marco Lippe (batteria, voce, piano), Ruggero Condo’
(sax), Paolo (basso) Sorcinelli (basso, chitarra) ed Elena Lippe (voce). Le
coccinelle immortalate dalla macchina fotografica di Marco Lippe (due con
sorpresa) fanno presagire un messaggio di speranza, o per meglio dire un
augurio a tutti di buona fortuna, tema trattato anche nei testi che denotano
uno spaccato societario preoccupante modificato soprattutto dall’evento Covid
ma anche da quanto sta accadendo su questo pianeta. Dieci
tracce che come già accennato, si passano la staffetta fra Prog e psichedelia
con apparente semplicità quando invece solo chi ha grande esperienza in campo
può permettersi. “Ladybirds”
incomincia con semplicità grazie a “Crevasses And Puddles”, una canzone che
rispecchia lo spaccato sonoro odierno nell’ambito. Il cantato è soprattutto
recitato, quasi parlato mentre le percussioni ricoprono un ruolo fondamentale
nella riuscita del brano. Pennate sulla tastiera della chitarra ricordano certi
momenti dei primi Porcupine Tree e buono è l’assolo finale. La ballata “Una
Perla Vive Nascosta Tutta La Vita” porta i Twenty Four Hours e i suoi
ascoltatori indietro nel tempo quando il Prog si reggeva su grandi nomi e qui
se ne estrapolano in maniera evidente due, i New Trolls e i lagunari Orme. Alternare
il cantato in lingua italiana a quella inglese spezza l’ascolto rendendo tutto
l’insieme maggiormente fruibile e scorrevole. Ancora
una volta le parti vocali di Paolo Lippe si alternano fra il cantato e il
parlato in “Unexpected Results”, brano che ha molto degli anni ’80. Questo è il
singolo estratto dall’album mixato da Andrea Valfrè. Ancora
anni ’80 specialmente nei suoni con “Ghost Pension”, semplicità fra le note
registrate in diretta, canzone orecchiabile impreziosita dalle coralità di
Elena Lippe. Potevano poi mancare le atmosfere Pinkfloydiane? Di certo chi
tratta psichedelia non può fare a meno di sporcarsi le mani in questo sacco di
farina, ecco dunque che in “Why Should I Care For Strangers!” si spalancano ai
nostri orecchi gli anni ’70, soprattutto durante l’intervento del sax. Questo è
il brano più lungo dell’album con otto minuti e trenta di musica. Dal più lungo
al più breve (cinque minuti) “Permanent War” attraverso importanti effetti
elettronici e stereo che mi ricordano i francesi Rockets. Siamo ancora nelle
stesse atmosfere del brano precedente anche perché poi il cantato sembra
proseguire sempre nella stessa direzione. Voce e piano aprono “Incantesimo
K-44”, una semi ballata impegnata a trattare l’immortale argomento dell’amore.
Più impegnata è “Eterno Grembo Che Dona”, non tanto per la parte esecutiva ma
per l’approccio meno convenzionale alla formula canzone. Di nuovo si assaporano
momenti vicini ai Porcupine Tree. E come in una macchina del tempo si ritorna
nel passato grazie a “Caroline”, canzone maggiormente Progressive dell’intero
album, i Twenty Four Hours palesano la cultura musicale spaziando fra questi ambienti.
In conclusione arriva “Hypocrite And Slacker God”, situazioni oniriche
sollevano l’ascoltatore verso il cielo con la fantasia, degna conclusione di un
grosso lavoro. “Ladybirds”
ha una durata di oltre ottanta minuti, tanto da potersi oggi considerare a
tutti gli effetti come un doppio album, quindi il materiale messo a
disposizione dell’ascoltatore è davvero tanto, una valanga di musica che
tuttavia riesce nell’intento di appagare grazie proprio al mutare dei stili contenuti
all’interno e soprattutto per le buone melodie facili da memorizzare. Un bel
ritorno, un disco che potrebbe accomunare diverse tipologie di ascoltatori,
complimenti ai Twenty Four Hours. MS
DARK
AGES – Between Us Andromeda
Relix 7 Ma.Ra. Cash Records / Kraken Promotion Genere: Metal Prog Supporto: cd – 2022
Quest’ultimo
periodo della nostra esistenza ha mostrato la fragilità umana, eventi duri esercitano
su di noi una pressione che spesso non sappiamo reggere, a partire dalle
pandemie, dalle crisi economiche alle guerre con conseguenze societarie
devastanti. Qui di argomentazioni da trattare ce ne sarebbero davvero a
migliaia, non a caso molte band oggi riescono nell’intento proponendo dei veri
e propri concept sonori, come nel caso dei veronesi Dark Ages. In questo quinto
album intitolato “Between Us” trattano di paure e di coraggio, elementi che
servono per l’odierna sopravvivenza. La
storica band che si forma nei lontani anni ’80, come sempre riesce a miscelare
il Metal con il Progressive Rock attraverso una personalità ben definita.
Sempre comandati dal leader Simone Calciolari (chitarra, voce), i Dark Ages
sono composti da Roberto Roverselli (voce), Angela Busato (tastiere, flauto,
cori), Carlo Busato (batteria) e Gaetano Celotti (basso). Una parola per
l’artwork di Angela Busato e Kraken Promotion, colorato e ben realizzato con
tanto di foto della band e testi annessi. In tutto questo l'omino nel centro
della cover è il funambolico protagonista del viaggio, e che dunque si abbia
inizio. “Pristine
Eyes” ci lancia immediatamente all’interno del mondo Dark Ages fatto di cambi
di tempo, buoni passaggi di chitarra e interventi di tastiere che possono
richiamare alla mente quelle dei maestri Dream Theater ma attenzione, come già
espresso qui la personalità la fanno da padrona. Notevoli le capacità vocali di
Roverselli, cantante che sa dosare le potenzialità con saggezza. Il ritornello
del brano è contagioso, davvero un inizio al fulmicotone. In “Showdown” c’è
lavoro per il basso di Celotti, un movimento che è esaltato da un assolo di
chitarra piacevolissimo. Le atmosfere diventano maggiormente cupe in “The
Villain King” con stacchi di ritmo e un andamento che mi fanno venire alla
memoria i grandi Shadow Gallery. Qui le parti vocali mettono in luce le
caratteristiche sopra accennate e anche i Savatage sono dietro l’angolo,
specialmente nell’arpeggio di chitarra che introduce “Beyond”, ballata gradevolissima
arrangiata molto bene e con interventi di flauto. Giochi di ritmo in “Our
Lonely Shelter” fra le canzoni più Prog dell’intero disco con piccole scappate
anche nel mondo del Neo Prog. “The Great Escape” vedono il protagonista uomo in
fuga verso un’uscita che spero possa portare l’umanità verso un mondo migliore,
ma questo è solo un mio pensiero che si forma anche durante l’ascolto del dolce
flauto di Angela Bussato. Più marcatamente terrestre l’assolo di chitarra
elettrica che mette in vetrina le qualità balistiche di Calciolari. Fra i
momenti che ho maggiormente apprezzato ci sono quelli di “Riddle From The
Stars”, anche The Flower Kings style nei movimenti meno elettrici e quelli
della conclusiva “There Is No End”, speranzosa e più solare del concept. Ho
sempre apprezzato la musica dei Dark Ages e anche questa volta ho provato a
essere il più obbiettivo possibile. Credetemi se vi dico che non riesco a
trovare grandi difetti a questo concept anche perché gli arrangiamenti sono
notevoli, buona anche la qualità sonora e la varietà delle soluzioni melodiche che
fanno di “Between Us” un album da gustare tutto d’un fiato. Inutile girarci
attorno, l’esperienza paga sempre, non serve fare i fenomeni con il pc, serve
gavetta nel campo, le idee si mettono in luce soprattutto così, vivendo la
musica attraverso la propria pelle. Chi vuole intendere… MS
WRITTEN
IN SAND – Shadowpath Southern
Cross Records Genere: Neo Prog Supporto: cd, Amazon Music, Spotify
– 2022
Il
genere Neo Prog proveniente dai primi anni ’80 grazie all’apporto di band come
Marillion, IQ, Pendragon etc. è a differenza del classico e sinfonico
Progressive Rock più orecchiabile. Solitamente le band che suonano questa
tipologia di musica si basano su influenze Pink Floyd, Camel e Genesis. Il
risultato è mai complesso ma allo stesso tempo neppure banale. Un
esempio arriva dalla Germania e precisamente dal gruppo Written In Sand,
formato dal leader Helge Megerle (voce, chitarra, basso, tastiere), Jan
stahlmann (piano), Luca Pine (Batteria) e Mark Anton (flauto). In
nove canzoni mettono in pratica tutto quello che nel tempo hanno amato e imparato,
le strutture ampie di tastiere e le chitarre che non disdegnano passaggi anche
nel Metal anche se in maniera velata. L’intro “Wind Of Scone” è epica e lascia
presagire molta carne al fuoco e la conferma giunge subito da “Shadowpath”,
orecchiabile oltre che ben strutturata. Il cantato è in pieno stile Neo Prog,
ossia con passaggi che rasentano il recitato, un mix fra Arena e Pendragon. “Sky
Blue” è dedicata agli amici e compagni della Nabibia di Helge, una semi ballata
impreziosita da un assolo di chitarra finale di pregevole fattura. Altra
apertura epica giunge da “Let In Rain”, canzone di cui viene anche girato un
video. Le atmosfere sono cadenzate, bene arrangiate, anche se il pezzo sembra
non voler decollare mai, a parte nel momento finale dove nel crescendo subentra
la chitarra elettrica a fare da padrona. Un
suono di campane introduce “Under The Cross”, il piano riscalda il cuore per
poi lasciare spazio nuovamente alle chitarre che in questo caso hanno dell’AOR.
Il ruggire dei Written In Sand è sempre pacato e solo apparentemente cattivo,
lo spazio a disposizione è lasciato alla canzone semplice da memorizzare, il
che non è una pecca soprattutto se ci sono momenti da cantare assieme a loro.
Durante l’ascolto tuttavia non mancano cambi di ritmo per rendere il tutto
molto fruibile. “Opeth”
prosegue il cammino con piccole reminiscenze IQ, molta sinfonia e arie velate
di scuro. “Who
Do We Think We Are” è fra i miei pezzi preferiti dell’album, ho molto
apprezzato il connubio arpeggi di chitarra, archi e l’immancabile crescendo
sonoro di chitarra elettrica. Quando nel Neo Prog si realizzano canzoni
malinconiche il risultato sposa di molto i miei gusti personali. “Skydance”
è il brano più lungo dell’album grazie agli otto minuti abbondanti di musica e
si conclude con “When Someday Comes Too Soon”, ancora una volta un viaggio fra
malinconia e buone melodie. “Shadowpath
“ in definitiva è un lavoro onesto che di certo non farà gridare al miracolo,
ma neppure è da ignorare. Ovviamente chi ama il genere lo apprezzerà
sicuramente, forse ad altri interesserà meno. Personalmente lo relego nella via
di mezzo, magari in attesa di una maggiore spinta adrenalinica nel futuro. MS