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a cura di MASSIMO SALARI
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sabato 8 ottobre 2022
Twenty Four Hours
TWENTY
FOUR HOURS – Ladybirds Andromeda
Relix / Vrec Musiclab Genere: Progressive Rock Supporto: cd – 2022
Ritorna
la premiata ditta Lippe-Paparelli-Lippe, inossidabile dal 1987 di nome Twenty
Four Hours, ma con l’ingresso del sassofonista Ruggero Condo’. Il fatto accade
quattro anni dopo il disco tributo ai white album della storia del Rock “Closer”
dei Joy Division, “The Lamb Lies Down On Broadway” dei Genesis, “The Beatles
(White Album) ” e “The Wall” dei Pink Floyd intitolato “Close – Lamb – White –
Walls”. Una
band storica con alle spalle sette dischi in studio, colma di esperienza e
gusti musicali che toccano differenti stili, per convogliare il tutto nel
calderone Progressive Rock attraverso importanti passaggi nella psichedelia,
questo sono oggi i pugliesi/marchigiani Twenty Four Hours. La formazione è
quindi composta da Paolo Lippe (tastiere, voce, bassline, ukulele), Antonio
Paparelli (chitarre), Marco Lippe (batteria, voce, piano), Ruggero Condo’
(sax), Paolo (basso) Sorcinelli (basso, chitarra) ed Elena Lippe (voce). Le
coccinelle immortalate dalla macchina fotografica di Marco Lippe (due con
sorpresa) fanno presagire un messaggio di speranza, o per meglio dire un
augurio a tutti di buona fortuna, tema trattato anche nei testi che denotano
uno spaccato societario preoccupante modificato soprattutto dall’evento Covid
ma anche da quanto sta accadendo su questo pianeta. Dieci
tracce che come già accennato, si passano la staffetta fra Prog e psichedelia
con apparente semplicità quando invece solo chi ha grande esperienza in campo
può permettersi. “Ladybirds”
incomincia con semplicità grazie a “Crevasses And Puddles”, una canzone che
rispecchia lo spaccato sonoro odierno nell’ambito. Il cantato è soprattutto
recitato, quasi parlato mentre le percussioni ricoprono un ruolo fondamentale
nella riuscita del brano. Pennate sulla tastiera della chitarra ricordano certi
momenti dei primi Porcupine Tree e buono è l’assolo finale. La ballata “Una
Perla Vive Nascosta Tutta La Vita” porta i Twenty Four Hours e i suoi
ascoltatori indietro nel tempo quando il Prog si reggeva su grandi nomi e qui
se ne estrapolano in maniera evidente due, i New Trolls e i lagunari Orme. Alternare
il cantato in lingua italiana a quella inglese spezza l’ascolto rendendo tutto
l’insieme maggiormente fruibile e scorrevole. Ancora
una volta le parti vocali di Paolo Lippe si alternano fra il cantato e il
parlato in “Unexpected Results”, brano che ha molto degli anni ’80. Questo è il
singolo estratto dall’album mixato da Andrea Valfrè. Ancora
anni ’80 specialmente nei suoni con “Ghost Pension”, semplicità fra le note
registrate in diretta, canzone orecchiabile impreziosita dalle coralità di
Elena Lippe. Potevano poi mancare le atmosfere Pinkfloydiane? Di certo chi
tratta psichedelia non può fare a meno di sporcarsi le mani in questo sacco di
farina, ecco dunque che in “Why Should I Care For Strangers!” si spalancano ai
nostri orecchi gli anni ’70, soprattutto durante l’intervento del sax. Questo è
il brano più lungo dell’album con otto minuti e trenta di musica. Dal più lungo
al più breve (cinque minuti) “Permanent War” attraverso importanti effetti
elettronici e stereo che mi ricordano i francesi Rockets. Siamo ancora nelle
stesse atmosfere del brano precedente anche perché poi il cantato sembra
proseguire sempre nella stessa direzione. Voce e piano aprono “Incantesimo
K-44”, una semi ballata impegnata a trattare l’immortale argomento dell’amore.
Più impegnata è “Eterno Grembo Che Dona”, non tanto per la parte esecutiva ma
per l’approccio meno convenzionale alla formula canzone. Di nuovo si assaporano
momenti vicini ai Porcupine Tree. E come in una macchina del tempo si ritorna
nel passato grazie a “Caroline”, canzone maggiormente Progressive dell’intero
album, i Twenty Four Hours palesano la cultura musicale spaziando fra questi ambienti.
In conclusione arriva “Hypocrite And Slacker God”, situazioni oniriche
sollevano l’ascoltatore verso il cielo con la fantasia, degna conclusione di un
grosso lavoro. “Ladybirds”
ha una durata di oltre ottanta minuti, tanto da potersi oggi considerare a
tutti gli effetti come un doppio album, quindi il materiale messo a
disposizione dell’ascoltatore è davvero tanto, una valanga di musica che
tuttavia riesce nell’intento di appagare grazie proprio al mutare dei stili contenuti
all’interno e soprattutto per le buone melodie facili da memorizzare. Un bel
ritorno, un disco che potrebbe accomunare diverse tipologie di ascoltatori,
complimenti ai Twenty Four Hours. MS
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