EUPHORIA
STATION - The Reverie Suite
Reverie
Suite Records
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2019
A
Los Angeles esiste una stazione dove ferma il treno dell’euforia, della gioia e
del piacere, quello di condividere la buona musica, la fermata si chiama
Euphoria Station. I capostazione sono due, la cantante Saskia Binder e il
chitarrista Hoyt Binder, essi si incontrano ad Hollywood, in California
e danno vita a questa collaborazione musicale nel 2015. La passione per il Prog
degli anni ’60 e per il Rock anni ’70 è
grande e viene esternata nelle composizioni acustiche a venire.
Molto
interessante il debutto discografico del 2017, “One Heart” dove si parla di
amore e passione per la vita. Qui gli artisti si avvalgono della collaborazione
di importanti special guest come Chris Quirarte (Redemption) alla batteria, Paulo
Gustavo al basso e Mike Farrell alle tastiere.
Ispirati
dalla bellezza del sud-ovest dell'America a partire da Sequoia in California
e
dalle esperienze di vita di Saskia, il duo Euphoria Station ritornano nel 2019
a trattare il Rock con la loro gentile eleganza che li contraddistingue con
“The Reverie Suite”. L’album è composto da dodici canzoni, e nel realizzarle il
duo si avvale della partecipazione della The Americana Daydream Revival
Orchestra, formata da Ronald Van Deurzen (tastiere), Trevor Lloyd (strumenti a
corda), Tollak Ollestad (armonica), Rebecca Kleinman (flauto), Paulo Gustavo
(basso), Chris Quirarte (batteria), Mike Disarro (armonie di sottofondo) e
Bobby Albright (percussioni).
Anche
la copertina del disco lascia presagire influenze Folk, che in effetti non
mancano, richiamando il sound di gruppi storici come Kansas e Jethro Tull su
tutti. All’interno del disco si trova scritta una considerazione importante
anche per la chiave di lettura dell’album: “Solo noi possiamo vedere attraverso
gli occhi di un bambino. Una finestra, una finestra aperta dove tutti i nostri
sogni diventano realtà”.
La
lunga durata dell’album che supera i settantuno minuti non è sinonimo di
pesantezza o d’inutile prolissità, piuttosto essa ben arrangiata e variegata, si
lascia ascoltare in maniera gradevole.
Apre
la strumentale “Prelude/ She’s Calling” ed ecco stagliarsi avanti alla nostra
immaginazione proprio quel binario dritto del treno che parte dalla stazione. Il
Folk con le classiche sonorità americane non è comunque scontato, grazie ad una
struttura Prog con i consueti cambi di tempo e un insieme di strumentazioni che
possono far venire alla mente molti gruppi, a partire dagli Echolyn ai Spock’s
Beard, sempre comunque band dalle origini americane.
Flauto
iniziale e arpeggi di chitarra per “Reverie”, bene interpretata da Saskia, una canzone
solare e calda nella sua semplicità.
“One
My Way” mostra la cultura musicale del duo ad ampio raggio, spaziando dal Rock
al Blues passando per il Folk, brano gradevole e ben strutturato, fra i
migliori dell’album. La parte centrale con l’armonica a bocca mi riporta ai
tempi dei Canned Heat. “Heartbeat” emotivamente va in crescendo, con un inizio
molto pop per le melodie voci e chitarra, nel tempo raggiunte dal flauto che dona al
tutto un aurea più dolce.
Torna
il Rock elettrico in “Bridge Of Dreams” il quale grazie al violino rimanda ai
tempi gloriosi dei Kansas. Quello che tuttavia funziona nelle canzoni degli
Euphoria Station sono le melodie orecchiabili di facile memorizzazione.
“Queen
Of Hearts” è un esempio di come siano stati importanti gli anni ‘70 per la
musica Rock e il suo futuro. Nel
divertirsi a cambiare certe regole iniziarono nei ’60 i Beatles e qualche
sprazzo (anche se magari in maniera inconscia), lo si può estrapolare dal
contesto durante l’ascolto del brano. Questo è uno strumentale Prog a tutti gli
effetti, uno dei massimi picchi dell’album.
Quasi
dieci minuti per “Paradise Road”, qui si scomoda anche il maestro Elton John
per certi interventi strutturali. Il piano sia all’inizio che nella fase
centrale della canzone la racconta giusta. Personalmente ci sento anche
qualcosa dei Supertramp, questo nella fase dell’armonica. Tutti questi
accostamenti a grandi nomi della musica comunque non vorrei portasse a dire che
il duo in questione sono solo dei semplici esecutori, perché in realtà sono dei
bravi compositori e hanno anche una loro personalità ben definita. Tutto questo
serve soltanto per dare paletti di comprensione a chi sta leggendo e non
ascoltando.
La
prova di carattere giunge da “Move On”, con un riff importante e molta energia
positiva, canzone che potrebbe benissimo essere il singolo dell’album. Segue un
pezzo molto acustico, sentito e rilassante intitolato “Seasons”, l’intervento
del flauto lo innalza notevolmente. La canzone più breve si intitola “Reprise”
ed è un altro lento di poco più di tre minuti, voce e piano. Il treno riparte e
sembra sentirlo sbuffare fra le note di “Remind Me” che traina l’ascoltatore sino alla conclusiva
“Content”, altro tassello melodico di questo puzzle sonoro vario ed educato.
In
conclusione “The Reverie Suite” è un disco molto piacevole, ricco di storia e
di belle emozioni, cosa si desidera solitamente da un disco? Vedete voi. MS