PELICAN MILK – Sowego
Autoproduzione
Genere:
Rock/Psichedelia/Progressive Rock
Supporto: cd – 2005
La
band nasce a Londra quasi per gioco da Alex Savelli (Mojo Bin - Cute Old Fish),
Simon Painter (Mojo Bin - River Dance) e Terence Todaro (Cute Old Fish), ma è
il centro Italia successivamente a dare luogo alla riuscita di questo progetto
che fa la spola fra il Rock, la Psichedelia ed il Progressive Rock. Dalla
biografia leggiamo: “Ogni album di
Pelican Milk è stato inciso in luoghi scelti con cura, castelli, palazzi, case
antiche in Italia e all'estero ed ogni chitarra, cavo, macchinario, microfono,
cassa, ecc...è nuovo ad ogni lavoro per garantire l'irripetibilità dell'opera
d'arte.”.
Alle
spalle hanno due album, “South Enough” (2001) prodotto da David Eserin (LM
Records-Vivid Audio, LONDON) e “Welcome”
(2003).
Nel
disco suonano Alex Savelli (chitarre, voce, basso), Terence Todaro (piano,
tastiere, organo, voce), Andy Maclean (basso), e Marcus Vitale (batteria), in
più partecipano come special guest Simon Painter (violino), Vit Orestrane
(clarinetto), Guido Zenobi (basso acustico), Roberto Coliano (percussioni) e
Ivan Paci (voce).
Undici
sono le tracce per più di trequarti d’ora di musica, ad iniziare da “American
Way”. Una chitarra acustica apre il brano che nel proseguo si sposa con un
cantato in stile Pinkfloydiano per un ritornello ruffiano e gradevole.
Il
ritmo sale con “Jhonny” e così le
chitarre si approcciano verso un suono più distorto, pur restando sempre
nell’ambito del Rock. Un breve assolo di chitarra accattivante a metà del brano
è la ciliegina sulla torta, tanta energia grazie anche a un riff di facile
memorizzazione.
Lo
strumentale “Then The Sleepy River Met His Water Fall…” riporta l’attenzione
verso sonorità più pacate e ricercate, la chitarra sembra quasi un sitar e la
psichedelia di tanto in tanto fa capolino. Alcuni frangenti più movimentati
possono far tornare alla memoria schegge di “Passpartù” della PFM.
“Arepo”
apre una sorta di suite lunga tredici minuti, un mix fra Rock, Psichedelia e
Blues, tanta carne al fuoco, specialmente per chi ama le schitarrate su
ritmiche pesanti e cadenzate. Un vero e proprio trip.
“Sheep
Like Zing” è uno strumentale che torna verso il Rock lasciando la briglia
sciolta alle chitarre, a seguire la più calda “Sowego”, chitarra acustica,
piano, e ritmo che ciondola in una sorta di abbraccio caldo e materno. Il brano
potrebbe benissimo risiedere nella discografia di David Gilmour.
Il
disco si chiude con “After Python – An End See You Later”, una piccola corsa
nella ricerca sonora e violino.
I
Pelican Milk senza strafare, ma badando molto all’emozione e a tratti
all’improvvisazione, prenotano un posto nell’olimpo del Progressive Rock
Italiano, e lo ottengono a pieni voti. MS
PELICAN MILK – La Casa Degli Artisti
Autoproduzione
Genere: Rock/Psichedelia/
Progressive Rock
Supporto: cd – 2013
La
natura è la nostra casa, l’uomo è inevitabilmente legato ad essa. Ispiratrice
di molteplici nostri atteggiamenti o adattamenti, lei per quanto noi vogliamo è
padrona. L’arte in generale, la pittura, la letteratura e la musica ne sono
influenzate per ispirazione. Ci sono luoghi che ci fanno rilassare, riflettere
o stupire per bellezza. L’artista immerso in questo mondo riesce a tirare fuori
da se stesso cose che probabilmente dentro quattro mura non sarebbero uscite
nell’ugual maniera. La natura è fonte d’ispirazione.
Tornano
i marchigiani Pellican Milk con un lavoro visionario che fuoriesce dai canoni
semplici del Rock, “La Casa Degli Artisti”.
Questo è un luogo ben preciso, compreso tra Fossombrone e Fermignano, nella
provincia di Urbino, qui nella la Valle del Metauro, la Gola del Furlo esistono
locazioni magiche dove in una di esse,
fra i boschi, risiede proprio la Casa degli Artisti. Dentro, ogni artista può
esprimere ciò che sente, poesia, scultura, musica etc. ispirato da cotanto
paesaggio.
Alex
Savelli, cantante chitarrista e bassista del progetto, nel tempo ha realizzato
collaborazioni importanti, come con Ares Tavolazzi degli Area o Paul Chain dei
Death SS. Dopo tre album in studio ritorna con questo lavoro ispirato e con
l’ausilio di importanti musicisti, il suo fido amico Terence Todaro (piano e
tastiere), Orestrane (clarino, ocarina), Guido Zenobi (basso), Elisabetta Del
Ferro (viola da gamba), Filippo Pieroni (batteria), ma soprattutto il maestro
Massimo Manzi alla batteria, vero e proprio guru ed orgoglio del nostro Jazz.
Il
paesaggio non può che ispirare ai Pelican Milk una musica psichedelica ed
improvvisata, molto vicina a quella dei Pink Floyd, ma anche epicità alla Mahavishnu
Orchestra di John Mc Laughlin.
Il
disco è suddiviso in quattordici visioni ed il libretto che accompagna il disco
descrive con dettaglio i posti, cosa è la Casa Degli Artisti e come è iniziata
questa avventura.
La
“Vision 1” si apre con l’ocarina di Ore Strane, effetti eco rimbalzano il suono
per un atmosfera bucolica ed ariosa, tutto questo serve d’accompagnamento a
“Vision 2” prima composizione dell’album ed anche la più lunga grazie ai suoi
dieci minuti. L’animo di Manzi fuoriesce grazie a quel tocco raffinato e
gentile che possiede, soprattutto nel duetto iniziale con il pianoforte di
Todaro. Quando subentra la chitarra di Alex Savelli il brano spicca il volo,
improvvisazione? Non mi è dato saperlo, tuttavia il risultato è quantomeno
piacevole, soprattutto per chi come me gode della musica anni ’70. Non mancano
neppure interventi elettronici.
Brevi
arpeggi di chitarra nella terza visione per poi arrivare a “Vision 4”, qui la
natura si fonde con le impressioni musicali ed i suoni, tutto questo è
palesemente palpabile. Brevi interventi Jazz e molta Psichedelia, musica libera
in volo.
“Vision
5” ha diversa personalità, grazie all’uso della viola da gamba di Elisabetta
Del Ferro, un atmosfera più oscura e penetrante, a tratti nebbiosa. L’incedere
è in crescendo come la forza della natura quando si prepara ad un forte
temporale. Ancora una breve visione dall’animo jazz e poi via verso “Vision 7”,
elettrica nella chitarra e Rock nell’animo. Ottimo il lavoro di Savelli.
Tintinnio di piatti per l’ottava visione, Manzi si destreggia in un approccio
ritmico suggestivo e di qualità, vetrina per le sue grandi doti.
Per
giungere a sonorità più Pinkfloydiane bisogna arrivare alla “Vision 9”, qui
Blues e Psichedelia sono uniti in un corpo solo. Impressionante viaggio
onirico.
La
decima visione è elettronica nei suoi due minuti e porta verso gli otto minuti
di “Vision 11”, dove un suono caldo del basso ci accoglie all’inizio del brano.
L’improvvisazione è evidente e spaziosa, qui gli artisti si cimentano in un
altra prestazione sopra le righe, palesando un amalgama quantomeno invidiabile.
Il disco procede fra Rock e Psichedelia sino alla conclusione.
I
Pelican Milk nel tempo mutano pelle, seppur mantenendo di base la gioia di
voler esprimere liberamente il proprio stato d’animo fra improvvisazione e
meditazione. Un risultato che lascia appagato anche l’ascoltatore. Una musica
che va ascoltata con attenzione per poterci entrare dentro, ma per quanto possa
sembrare complessa per come descritta, lascia invece entrare l’ascoltatore con
gentilezza e inattesa semplicità. Da avere. MS
SAVELLI / MANZI – Gettare Le Basi
Radici Music Records
Genere:
Jazz / Prog Rock
Supporto:
cd – 2019
Alex
Savelli e Massimo Manzi ritornano nel luogo del delitto, quel passo Del Furlo
dove la Casa Degli Artisti ha saputo ispirare la musica dei Pelican Milk.
L’idea ritorna nel 2017, per ripartire dalle radici, dal basso, e come
suggerisce il titolo proprio dalle basi, dove la musica fugge per tornare a
crescere e spaziare. La natura ed il luogo situato nelle Marche nel centro
Italia, hanno il loro peso per quello che concerne la creazione dei brani.
La
confezione di “Gettare Le Basi” è elegante e cartonata, con all’interno le
spiegazioni date dai due artisti e un mini poster davvero bello. Per i
collezionisti dico che la prima stampa risulta numerata in 400 copie.
Il
disco è suddiviso in undici brani, tutti abbreviati in GB (Gettare le Basi) e
fantastica è l’idea nel voler lasciare volutamente spazio di scrittura al
fianco del GB1, GB 2 etc. all’ascoltatore che ha la possibilità fisicamente di
titolare definitivamente le canzoni a proprio piacimento. Questo sta a
significare la volontà di dare spazio
alla musica per darla in pasto a chi vuole farla propria, un modo di essere un tutt’uno
con l’ascoltatore.
Un
viaggio da affrontare assieme agli artisti che si coadiuvano di special guest
ad ogni brano, ancora una volta a sottolineare l’apertura totale della musica
del duo Savelli/Manzi.
In
“GB01” è la voce di Luca Fattori ad impreziosire il brano a cavallo fra Rock e
Jazz. Massimo Manzi pennella chicche mentre Savelli si impegna a riempire i
suoni con giri di basso importanti e una chitarra elettrica fresca e giocosa. “GB02”
praticamente è un brano dei Pelican Milk, visto Terence Todaro al piano, ma c’è
anche Denzel Grottoli al sax. Jazz Rock? Potremmo definirlo tranquillamente
così, tuttavia i cambi di tempo e la
chitarra spesso spostano il tiro in pieno territorio Progressive Rock.
Ritmica
alla Gentle Giant, e un Rock inaspettatamente condotto da un mandolino, quello
di Antonio Stragapede, si ascolta in “GB 03”. Il motivo è orecchiabile e
diretto sino alla metà della sua durata, per poi spezzarsi su un giro di basso
e un mid tempo piacevolmente martellante. Effetti di tastiera legano il tutto,
Prog Rock al 100%.
Assieme
al piano di Alessandra Mostacci si passa al Rock americaneggiante di “GB04”,
Manzi mostra in tutto il suo fulgore il suo lato Rock, diventando vero e
proprio propulsore del brano. Non esula il frangente più Folk, a dimostrazione
dell’apertura mentale dei singoli componenti, ci pensa la fisarmonica di
Massimo Tagliata in “GB 05”, canzone che comunque risiede sempre dentro il
sentiero Rock.
Caldo
momento di Jazz Fusion a seguire nel sesto movimento, fra basso, batteria e la
tastiera Rhodes Fender di Pippo Guarnera. Momenti di alta scuola. E via verso
“GB 07” con Todaro ed il clarinetto di Orestrane. La chitarra elettrica segna
il percorso melodico da seguire e la macchina perfettamente oliata lo percorre.
Siamo tornati ancora nel Rock (se mai lo abbiamo lasciato). Un bagno di anni
’70 con “GB 08”, ancora puntate nel Jazz e questa volta l’ausilio arriva dal
sax di Guglielmo Pagnozzi e dal flauto traverso di Carlo Maver. Un ritmo
irresistibile che difficilmente vi farà domare il movimento incondizionato del
piede. Uno dei momenti più duri dell’album risiede in “GB 09”, incalzato sia
dalla chitarra elettrica distorta che dalle percussioni di Ivano Zanotti.
Questo è uno dei pochi pezzi cantati, qui la voce è di Michele Menichetti.
In
“GB 10” ritorna il flauto traverso ed il Jazz Rock, e piacevolissimo è l’assolo
di chitarra di Savelli. L’album si chiude con “GB11” , quasi tre minuti di
oscuro Doom Psichedelico, fra grida lancinanti di chitarra elettrica.
Tanta
carne al fuoco in questo disco che si fa una vera e propria passeggiata in
tutto il movimento musicale che spazia dal Rock al Folk passando sia per la
Psichedelia che per il Jazz e nell’elettronica!
Chi
ama la musica a tutto tondo ha trovato pane per i propri denti. Fermatevi! MS