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sabato 4 maggio 2019

Raoul Moretti

RAOUL MORETTI – IsolaMenti
FonoBisanzio
Distribuzione: IRD
Genere: Electroharp & Electronics
Supporto: 2019 – Soundclouds


Ritorna Raoul Moretti e la sua arpa elettronica dopo il buon lavoro “Harpness” del 2016. Un ritorno questo dell’artista italo-svizzero ponderato, riflettuto. Il concept che accompagna le quattordici tracce comprese nel disco trattano di un viaggio introspettivo nella propria mente. L’isola (in questo caso la Sardegna) rappresenta la metafora di noi stessi, un luogo di contemplazione per ricercare il proprio “io”.
Negli anni Moretti ha imparato ad adoperare il suono dell’arpa elettrica in maniera del tutto personale e ricercata, come una voce per esprimere il proprio stato d’animo. In questo terzo lavoro si avvale della collaborazione di artisti come Michele Gazich (viola in “Nel Fluire”), Giuseppe Joe Murgia (sax soprano in “Emersioni”), Julia Kent (violoncello ed elettronica in “Qui Dentro”), Marco Bianchi (vibrafono e marimba in “Fragili Squilibri”) e Beppe Dettori (voce in “Identità”). Ad accompagnare il cd un libretto da sfogliare e contemplare con fotografie, una per ogni
traccia, accompagnate da citazioni di scrittori, poeti, pensatori e filosofi.
Il disco si apre con “Con-Solazione” e le atmosfere sono immediatamente rarefatte, tuttavia solari e rilassanti. Il motivo ha il dono della mediterraneità, quella che noi italiani portiamo intrinseca nel nostro dna.
“Nel Fluire” lo definirei il singolo dell’album, con ospite Michele Gazich alla viola. Del brano infatti ne scaturisce anche un video realizzato da Davide Manca di Fly Media Creative Drone Services, ed è un omaggio alla bellezza dell’isola Sardegna attraverso i suoi elementi. Il suono scorre sopra un loop ritmico ammaliante ed ipnotico. Sax soprano di Giuseppe Joe Murgia a dialogare con l’arpa in “Emersioni”, momento più sperimentale tra loop e freezer in presa diretta.
“Lib(e)rando” è forte nella sua consapevolezza ritmica fatta con l’arpa in un crescendo sonoro fra gong e cori che donano fervore all’ascolto, così l’ascoltatore viene investito da un fiume di suoni. Si ritorna ad una meditazione più ragionata con “Là Fuori”, breve momento costruito su di una nota in maniera psichedelica per passare a “Qui Dentro” e alla partecipazione di Julia Kent al violoncello. Questa è una struggente tensione emotiva e sonora dove l’artista canadese si trova proprio a suo agio. Qui si viaggia nella mente.
La ricerca sonora di “Vie Di Fuga” fa del brano uno dei miei preferiti, in quanto molto Progressive nell’approccio, non mancano i loop ma neppure temi orecchiabili quasi alla Mike Oldfield. Intrigante. In un suono registrato al contrario, si apre “Paradiso Perduto”, uno dei brani più malinconici del disco, quasi a rovistare nella fragilità del nostro essere, e nel mio caso ci riesce. L’elettronica e l’arpa donano emozioni davvero inattese e quasi impalpabili nell’apparenza quanto dure e concrete nella realtà. “Connessioni” ha un suono scintillante, mentre si ha presa e coscienza del proprio essere nel breve crescendo inesorabile di “E(s)enza”.
Ed ecco dunque “Il Mondo Ritrovato”, spazioso, arioso, come il suono che lo rappresenta, in una pace interna ed esterna in pieno equilibrio. Importante la melodia dell’arpa.
Ma tutto non è per sempre, alcuni equilibri possono essere precari e fragili, come il brano “Fragili Equilibri” sta a significare. I brevi slide del vibrafono di Marco Bianchi ci rimandano a questi squilibri.
Con più di sette minuti di durata arriva il brano più lungo dell’album “Identità”, una sorta di mini suite suddivisa in quattro frangenti. Inizialmente la melodia dell’arpa è semplice ed immediata nella sua bellezza cristallina, poi il brano si lascia stravolgere fra i giochi vocali di Beppe Dettori e tecniche inusuali sullo strumento. L’album si chiude con “Sola-mente”, breve momento fluttuante.
Il disco è un opera piena di significati e di suoni che a tratti ci fanno volare e in altri riflettere. Non mancano neppure le destabilizzazioni volute per rappresentare al meglio il concept, musica per chi ha voglia di mettersi in gioco e per i più curiosi dello strumento, perché Raoul di certo non lo suona in maniera convenzionale.
“Il viaggio più difficile di un essere umano
è quello che lo conduce dentro sé stesso alla scoperta di chi veramente egli è.”
(C. G. Jung) MS







RAOUL MORETTI – Harpness
Autoproduzione - Mondisommersi2017
Genere: Folk/Sperimentale
Supporto: cd – 2016



Può un arpa a pedali avere una tendenza Rock? Se vi siete già incuriositi avete fatto bene, perché in questa recensione andiamo a parlare del secondo lavoro dell’artista italo/svizzero Raoul Moretti.
Diplomato al Conservatorio di Musica“G.Verdi” di Como nel 1999, Moretti collabora con numerose orchestre fra le quali l’Orchestra a Fiati della Svizzera Italiana, l’Orchestra dell’Insubria, Orchestra Sinfonica di Lecco e l’Orchestra Stabile di Como. E’ ideatore anche di progetti musicali come  Vibrarpa con M. Bianchi, (arpa e vibrafono), il progetto Blue Silk con M. Giudici (elettroharp e chitarra elettrica) ed Essential Duo con Tullia Barbera (voce pop e arpa elettroacustic). La voglia di sperimentare giunge sino al suo strumento, quindi come solista intraprende un percorso di ricerca sull’arpa elettrica e l’utilizzo dell’elettronica. Intraprende così un percorso avanguardistico toccando numerosi stili musicali quali l’avant-garde, il pop-rock, la world music, l’elettronica, la nu-dance, la classica e l’improvvisazione. Le date mondiali per i festival internazionali di arpa sono numerose, Francia, Belgio, Croazia, Cina, Paraguay, Cile, Messico, Venezuela, Brasile e Australia. E ancora molto altro. Tuttavia noi in questa sede andiamo a focalizzare questo progetto datato 2016 dal titolo “Harpness”, si presenta in una edizione cartonata ed è composto da diciassette brani  con la collaborazione di personaggi come Michele Bertoni, Erica Scherl & Valerio Corzani, Diego Soddu, Walter  Demuru, Gianluca Porcu e Marco Tuppo.
“Sharpness” apre il disco e la musica si fa immediatamente immagine. Gocce sonore piovono in maniera delicata su un tappeto psichedelico per sfociare nella World Music. La sensazione di benessere e spaziosità è intrinseca dell’ascolto. Violino basso ed arpa nella breve “Das Unheimlich” per un suono che trasporta, inevitabilmente il tutto avviene ad occhi chiusi. Musica che scava dentro, come nella successiva “Mi Alma Viajera”, un racconto fatto di scale semplici, quasi minimaliste, ricercando l’anima di chi ascolta. Gli stili mutano brano dopo brano, “Near Death Experience” inizia quasi come un organo da chiesa tanto da rendere tetra e lugubre l’atmosfera. Loop sonori che aleggiano sopra territori psichedelici si lasciano trasportare anche da eco d’effetto.
E l’ascolto diventa ancora più sperimentale e toccante in “A Kaleidoscoping Mind”, nomen omen. Il rapporto di Raoul con il proprio strumento è fisico, forte ma allo stesso tempo delicato, l’arpa viene toccata in maniera inusuale, fra rispetto e desiderio di pizzicarla forte. Ma quello che interessa a Moretti è il suono che ne scaturisce e questo non è decisamente usuale. Se andiamo a cercare monoliti del Rock potremmo avvicinarlo per tendenza a “Ummagumma” dei Pink Floyd, ascoltate “The Black Swan” per credere.
Torna la calma con “Universi Paralleli” ed il suono è davvero cosmico, lento e senza gravità, come dicevo in precedenza, la musica diventa immagine. Suoni grevi e sostenuti, l’arpa non sembra quasi essere più uno strumento inteso per come è stato creato, ma un mezzo con cui creare situazioni astruse e affascinanti. Ancora suoni eterei in “Obliviousness”, rilassanti e scevri di ogni etichetta. “Reflections” ha una vibrazione silente, ossia che ti entra dentro la testa apparentemente a basso volume, ma che in realtà ti fa vibrare fortemente il cervello. “Breakaway” è un movimento più ritmato e semplice, tanto che potrebbe scaturire anche da un album dei teutonici Kraftwerk. Tutto muta in “Harpness”, nulla è mai lo stesso, l’arpa sembra gridare dolore in “Sharp-Eyed Man”, un giro armonico pregno di sofferenza ed oscurità grazie anche al suono straziante del violino. L’arpa ritorna a fare l’arpa in “Sweetly Violent”, ma è un breve istante per poi passare al suono minimale di “Violently Sweet”, brano in crescendo tanto da diventare infine Post Rock. In alcuni passaggi ho sensazioni che riportano la mia memoria al Fripp dei King Crimson, quello che spesso in sede live riesce a cucire momenti sperimentali al suono dei strumenti. Ricerca è la parola d’ordine. E così via fino a giungere a “Rebirth”, che per chi vi scrive è un piccolo capolavoro e non a caso è anche il brano più lungo dell’album con i suoi quasi otto minuti, ed il tempo sembra fermarsi.
In conclusione “Harpness” è un disco rilassante, scostante, nervoso, calmo, sereno e nuvoloso, il tutto con  un filo conduttore, la mente di chi ascolta, perché ognuno di questi suoni fanno vibrare in noi posti differenti del nostro cervello e si sa che ogni mente non è mai uguale ad un'altra. Per cui se siete curiosi lasciatevi travolgere da questa musica. Osate!
Per chi lo conoscesse il disco è consigliato anche ai sostenitori dello statunitense Rafael Anton Irisarri. MS

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