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sabato 30 marzo 2024

Buona Pasqua

 BUONA PASQUA


A tutti i lettori di NONSOLO PROGROCK





sabato 23 marzo 2024

Soen

SOEN – Memorial
Silver Lining Music
Genere: Post Prog Moderno – Metal Progressive
Supporto: cd – lp




Ho avuto modo di conoscere e apprezzare gli svedesi Soen nel 2012 con l’album di debutto “Cognitive” (Spinefarm Records) e ne sono rimasto molto colpito. La freschezza del sound in equilibrio fra il Metal e il Post Prog Moderno mi ha lasciato entusiasta, un nuovo filone, una sorgente fresca di attuali sonorità pur avendo come base il sound degli Opeth in primis, non a caso trattasi del progetto del batterista Martin Lopez. Qui però a differenza della band madre, risiedono melodie più semplici e toccanti, velate di una nostalgia particolare che solo il sound delle band nordiche sanno esprimere al meglio. Tanta tecnica in possesso degli strumentisti, ma messa al servizio della melodia di facile assimilazione. La discografia della band è ricca di splendide ballate, tutte cantate con eleganza da Joel Ekelöf, non un vocalist particolarmente dotato di chissà quali qualità, ma perfetto per questo stile sonoro. Alcuni l’hanno definito monocorde, io non sono di quest’avviso, ritengo Joel un cantante di personalità e senza mai strafare riesce sempre a emozionare.
“Memorial” è il settimo album da studio, la band parte in un crescendo qualitativo che lascia sorpresi, disco dopo disco migliora sempre più, riuscendo anche a miscelare nel sound assolo di chitarra in stile David Gilmour (Pink Floyd). Ma una volta trovata la formula vincente grazie all’album “Lotus”, i Soen sembrano girare attorno a questo modus operandi anche nei successivi tre album, lasciando da parte certe sorprese che hanno caratterizzato la loro prima discografia, soprattutto quelle dello stupendo “Lykaya”.
Tutti dischi di ottima qualità, ma stagnanti in uno stile oramai radicato.
Anche con “Memorial” non si muovono più di tanto, pur registrando brani di eccelsa qualità. Da sottolineare su tutti la ballata con la nostra cantante Elisa “Hollowed”, dove ancora una volta è la chitarra a lanciarsi in uno struggente assolo. Questo brano da solo vale già il prezzo del disco registrato sempre magistralmente. Ovviamente trattandosi di un progetto di Martin Lopez, le ritmiche sono il fulcro del sound Soen, sempre precise e tecniche. “Sincere” mostra subito  queste qualità, ma anche i fianchi ai critici che accostano il pezzo a molto di quanto già prodotto dalla band. Altra ballatona è “Tragedian”, sempre perfetta in ogni particolare e questo mi rimanda un poco al modo di fare dei tedeschi Scorpions i quali in ogni disco ti mettono avanti a due brani strappacuore. Altro pezzo dalla grande presa è il singolo “Umbreakable”, apprezzabile soprattutto per il ritornello. Per il resto diciamo routine, seppure sempre di alta qualità, fra cambi d’umore e di ritmo.
Chi non conosce la band mi potrebbe dare dell’incompetente in quanto qui c’è grandissimo materiale, consiglio loro in questo caso di ascoltare la discografia a ritroso e allora capiranno meglio il senso di questa recensione.
Questi oggi sono i Soen, non c’è nulla da fare, lo stile è ben riconducibile sinonimo di personalità, può piacere o no, in fin dei conti chi vive di musica deve pur mangiare e quando certi piatti ti giungono da una buona ricetta, perché cambiarla? Magari in un futuro prossimo mi smentiranno, chissà, intanto mi godo questo “Memorial” in barba ai deja vu. Ce ne fossero. MS





Versione Inglese:


SOEN - Memorial
Silver Lining Music
Genre: Modern Post Prog - Progressive Metal
Support: cd - lp


I got to know and appreciate Sweden's Soen in 2012 with their debut album "Cognitive" (Spinefarm Records) and was very impressed. The freshness of the sound in balance between Metal and Modern Post Prog left me enthusiastic, a new strand, a fresh source of current sounds while having as base the sound of Opeth in primis, not by chance it is the project of drummer Martin Lopez. Here, however, unlike the parent band, reside more simple and touching melodies, veiled with a special nostalgia that only the sound of Nordic bands can best express. Lots of technique in the possession of the instrumentalists, but put at the service of the easily assimilated melody. The band's discography is full of beautiful ballads, all elegantly sung by Joel Ekelöf, not a particularly gifted vocalist with who knows what qualities, but perfect for this style of sound. Some have called him monotone, I am not of that opinion, I consider Joel a singer with personality and without ever overdoing it he always manages to emote.
"Memorial" is the seventh studio album, the band starts off in a quality crescendo that leaves one surprised, disc after disc getting better and better, even managing to blend David Gilmour (Pink Floyd) style guitar solos into the sound. But once they have found the winning formula thanks to the album "Lotus," Soen seem to revolve around this modus operandi in the next three albums as well, leaving aside certain surprises that characterized their first discography, especially that of the stupendous "Lykaya."
All records of excellent quality, but stagnant in a style that is now ingrained.
Even with "Memorial" they do not move much further, although they record songs of excellent quality. To be highlighted above all is the ballad with our singer Elisa "Hollowed," where once again it is the guitar that launches itself into a poignant solo. This track alone is already worth the price of the album recorded always masterfully. Obviously being a Martin Lopez project, the rhythms are the core of the Soen sound, always precise and technical. "Sincere" immediately shows these qualities, but also sidesteps critics who liken the track to much of what the band has already produced.
Another ballad is "Tragedian," always perfect in every detail, and this reminds me a little of the German Scorpions' way of doing things, who in every record put you ahead of two heart-breaking songs. Another piece with a great grip is the single "Umbreakable," appreciable especially for the chorus. Otherwise let's say routine, though always of high quality, between changes of mood and rhythm.
Those unfamiliar with the band might call me incompetent as there is great material here, I advise them in this case to listen to the discography backwards and then they will better understand the meaning of this review.
This is Soen today, there is nothing to be done about it, the style is well attributable synonymous with personality, you may like it or not, after all those who live by music have to eat and when certain dishes come to you from a good recipe, why change it? Maybe in the near future I will be proven wrong, who knows, in the meantime I enjoy this "Memorial" in defiance of deja vu. There were some. MS






 
 

giovedì 21 marzo 2024

I Giganti

                                   SPECIALE "Terra In Bocca"

I GIGANTI - Terra In Bocca
RI-FI / Ristampa Vinyl Magic / Ristampa Akarma
Genere: Progressive Rock
Supporto: lp - 1971




Questo disco è un orgoglio per la musica italiana, ma al tempo della sua realizzazione il 1971, venne omertosamente ignorato da tutti i media, sia dalla tv che dalla radio, perché? Ne parlerò a breve, intanto mi piace sottolineare la curiosa battaglia per lo scettro di primo disco ufficiale Prog italiano fra poche band del periodo, i Giganti, Le Orme, gli Osanna, i Trip ed i Rovescio della Medaglia, battaglia secondo alcuni critici che vince le Orme. I Giganti se ne escono con questo concept album (a tema unico) dopo una serie di successi Pop notevoli, da "Tema" a "Proposta (Mettete dei fiori nei vostri cannoni)", passando per "La Bomba Atomica" , "Io E Il Presidente" ed "Una Ragazza In Due". Festival, passaggi tv, radio e tanti concerti per la band composta da Giacomo "Mino" Di Martino (voce e chitarra), Francesco "Checco" Marsella (voce, tastiere), Sergio Di Martino (voce, basso, chitarra) ed Enrico Maria Papes (voce e batteria), tanto successo meritato e goduto. Ma con "Terra In Bocca", loro ultima realizzazione discografica, accade qualcosa che rompe il giocattolo Giganti, non per colpa di attriti interni, come generalmente accade in un abbandono delle scene, ma per l'argomento trattato nel concept album: La mafia.
Si parla di Sicilia e di acqua, guarda caso un argomento ancora oggi attuale! I passaggi tv non arrivano più, e la radio passa soltanto una volta il disco, per meglio dire il tema portante del'album "Il Pescatore (Lungo e disteso ti hanno trovato)", poi.... il nulla. Coraggio e che coraggio questo dei Giganti, osare sia nella musica che nei temi. In verità la band non è mai stata scontata ed ordinaria, nel tempo ha saputo farsi apprezzare per le coralità in primis, poi anche per le tematiche sempre vicine ai giovani. Solo a guardare la copertina subiamo un pugno allo stomaco, questa diventerà una dei pezzi forti del suo autore, quello che presta il suo corpo disteso al pavimento, quel Gianni Sassi che farà della casa discografica Cramps una casa solida per band d'avanguardia, oltre che mente ispiratrice degli Area. Frankenstein, questo il suo futuro soprannome, arruolerà fra le fila della Cramps artisti notevoli come Eugenio Finardi, Area, Bella Band, Arte e Mestieri, Alberto Camerini e moltissimi altri. Un corpo disteso, con una scarpa mancante, un corpo con delle margherite in mano, colto di sorpresa con dei colpi al petto e dalla scarpa restante nel piede, la foto dei Giganti attaccata sotto la suola. Il gene Sassi mette il seme. I testi sono scritti da Piero De Rossi, perché comunque  i Giganti amano collaborare con artisti vari, non a caso ciclano nella band anche Ares Tavolazzi (Area), Ellade Bandini, Vince Tempera, Marcello Dellacasa, Gigi Rizzi e Michelangelo La Bionda.
Morte e vendetta, un contadino che si rifiuta di comperare l'acqua dalla mafia ad un prezzo esorbitante al bicchiere, ma che anzi minaccia di cercarla nella propria terra per poi regalarla a tutti. Conseguente morte del proprio figlio sedicenne, ucciso a bruciapelo per ritorsione dalla mafia. Conclusione con la vendetta privata, il contadino attende l'assassino in un crocevia per rendergli pariglia. Colpo di scena, mentre si scava per sotterrare il figlio si scopre l'acqua!
Gli inconfondibili passaggi scanzonati che i nostri mettono in certi ritornelli e in tanti passaggi, non vengono di certo a mancare qui in "Terra In Bocca", tuttavia è greve l'atmosfera che circonda l'opera. Numerosi cambi di tempo, vero e proprio disco Prog, esempio di cura e profondità sonora. Le voci narrano, specie quella inconfondibile e profonda di Papes, ma a differenza di molti altri dischi, qui meno frequente. La canzone d'autore comunque non esula dalle note, anzi, è il motore che trascina il macchinario, seppur ricolmo di strumentazioni atte al Prog del periodo. In allegato all’lp originale (oggi dal valore collezionistico di circa 120 Euro), come nella ristampa vinilica dell’Akarma, un poster da loro denominato “il più squallido dell'anno”. Tengo altresì a sottolineare l'importante lavoro agli arrangiamenti, punto di forza di questa band milanese. Un disco cantato, narrato, gridato, sussurrato, suonato e sudato, un lavoro forte dalle tematiche improponibili, la parola "Mafia" non si doveva pronunciare, per questo doppiamente massiccio. Ma accompagna I Giganti verso il termine della carriera, una fine ingiusta, assurda, schifosa, perché l'arte non va castrata. Eppure anche questa è una stupida storia tutta italiana... L'ennesima stupida storia.
Curiosamente nel 1989 la Vinyl Magic ristampa l'album in cd ma non nella versione originale, sembra che nelle loro mani sia capitata la versione demo del disco. Seppure ben inciso, la durata è differente e le voci si alternano in maniera differente, sia nel canto che nella narrazione. Persino i testi non sono uguali ed il suono sembra maggiormente acustico rispetto l'originale. La seconda ristampa del 1993 invece è quella giusta, come è giusta quella del 2000 da parte dell'Akarma.
Un disco che stra-consiglio e che non deve assolutamente mancare nella vostra discografia Prog e non, perché qui c'è molto da ascoltare. Per chi vuole approfondire l'argomento consiglio anche l'acquisto del bellissimo libro "Terra In Bocca - Quando I Giganti Sfidarono La Mafia" di Brunetto Salvarani e Odoardo Semellini per la casa editrice Il Margine - Orizzonti, con tanto di cd allegato! Buon ascolto e buona lettura MS





  •                              LIBRO 

  •                                                   

  • di Brunetto Salvarani Odoardo (Odo) Semellini
  • TERRA IN BOCCA
  • Quando i Giganti sfidarono la mafia
  • COLLANA ORIZZONTI
  • pp. 240 + 16 pp. a colori
    con cd musicale "Terra in bocca"
  • prezzo di copertina: EUR 20,00

Presentazione

Lo scandalo di un disco coraggioso. E censurato.
Il canto del cigno di un complesso favoloso.
La storia dei Giganti e del loro album anti-mafia.
Allegato al libro. L'album Terra in bocca dei Giganti è un esempio di come la musica possa mettersi al servizio della verità e denunciare l'ingiustizia raccontando al grande pubblico, con realismo e intensità, una storia di mafia. Grazie ai Giganti che, già trent'anni fa, nonostante il boicottaggio del disco e l'apparente sconfitta, alla mafia gliele hanno davvero cantate.
Luigi Ciotti (dalla prefazione)
I Giganti: Sergio, Mino, Checco e Papes. Il gruppo milanese, brand storico del beat italiano, dopo successi come Una ragazza in dueTema e Proposta, chiude la carriera con un 33 giri intitolato Terra in bocca (sottotitolo, Poesia di un delitto). Un album concept dedicato ad una cruda storia di mafia, registrato nel 1971 e trasmesso una sola volta per radio, destinato a cadere nel dimenticatoio, insieme agli stessi Giganti.
Gli autori della fortunata "enciclopedia gucciniana" Di questa cosa che chiami vitaripercorrono la carriera artistica dei Giganti, con le testimonianze inedite dei protagonisti e una straordinaria
messe di materiali: biografia, discografia, filmografia, cover, testi del disco, elenchi dei concept album e delle canzoni sulla mafia...

                                        POSTER ALL'INTERNO DELL'ALBUM


Interno lp




martedì 19 marzo 2024

Drifting Sun

DRIFTING SUN – Veil
Autoproduzione
Genere: Neo Prog
Supporto: cd / Bandcamp – 2024




E’ fatto di cronaca costatare che anche nel 2024 il genere Neo Prog prosegue imperterrito il proprio cammino, in barba alle mode. Mi ricordo negli anni ’80 che la stampa di settore e critici vari, tacciava il genere di vita breve in quanto ritenuto clone inutile dei maestri degli anni ’70, Genesis, Pink Floyd, Camel e King Crimson su tutti. Nulla di più sbagliato, band come Arena, per fare un nome, ha riportato nuova linfa vitale al contesto, ma per i dettagli e gli approfondimenti al riguardo, vi rimando al mio terzo libro NEO PROG – STORIA E DISCOGRAFIA (Arcana).
Il Neo Prog ha un pubblico non numerosissimo ma fedele, forse anche questa è la chiave di lettura. Molte band seppur non famose, nel tempo hanno rilasciato lavori interessanti, sempre basati sulle tastiere e le chitarre in un mix fra Genesis, Camel e Pink Floyd.
Una formazione composta da elementi di varie nazioni e mediamente considerata si chiama Drifting Sun. Di base inglesi, il quintetto si è spesso autoprodotto nella lunga carriera che vede prendere forma a Chesham nel 1994 circa. Otto gli album in studio senza considerare EP e i numerosi singoli. Nel tempo si guadagnano non soltanto la stima del pubblico, ma anche dei musicisti stessi, tanto che durante le defezioni nella line up, si vedono oggi inserire dei strumentisti famosi nel circuito come ad esempio l’ex bassista dei IQ Jon Jowitt, e l’ex batterista dei Pendragon Fudge Smith. La band è completata da John 'Jargon' Kosmidis (voce), Ralph Cardall (chitarra, mandolino), e Pat Sanders (tastiere).
“Veil” è quindi il nuovo album formato da otto canzoni che vedono alternarsi ospiti come Suzi James al violino, e numerosi coristi. Lo stile è inequivocabilmente fedele alla linea, i nomi citati sono la conferma di quanto descritto.
L’opener s’intitola “Veiled”, fra piano e tastiere che girano attorno ad una nenia dal sapore antico, atmosfere care ai Pendragon e a tutti coloro che ci orbitano attorno. Il disco in realtà si apre con una mini suite di dodici minuti intitolata “Frailty”, qui la band si dimostra sin da subito coesa e con le idee chiarissime. I testi sono bene interpretati dalla voce di Kosmidis e sappiamo bene che il Neo Prog necessita sia di parti vocali sia di parti al limite del recitato, come Fish (Marillion), Alan Red (Pallas), e Peter Nicholls (IQ) ci hanno dimostrato e deliziato nei loro album. Ma i Drifting Sun fanno qualcosa in più, aggiungono coralità e arie complesse, tanto da far fare capolino anche ai maestri Yes. Ovviamente i cambi di tempo sono immancabili, così le parti pianistiche delicate come all’inizio di “Eros And Psyche”, canzone che potrebbe benissimo risiedere nella discografia anni ’90 dei Pallas o dei succitati Arena.
“The Thing” è davvero una piccola gemma che brilla di luce propria, tanta enfasi ed emotività fra le note, così è “Through The Veil”. A intervallare i due brani c’è la breve pianistica “2-Minute Waltz”, ricordate l’intro di “Firth Of Fifth” dei Genesis? Bene, l’intento è simile, ma più che altro qui c’è approfondimento, tanto da divenire una vera e propria vetrina a se stante per le capacità esecutive di Pat Sanders. Ho citato molti nomi che di certo chi non segue il genere non ha compreso, a loro dico soltanto che qui c’è musica godibile al 100%, non logorroica o elucubrata, ma intelligente, come nel caso di “The Old Man” o della conclusiva “Cirkus”, rispettosa anche del passato e dei suoi insegnamenti.
Resta anche il fatto che il Neo Prog è un genere sempre gentile e fedele alle armonie semplici, spesso da cantare o fischiettare negli assolo, genericamente di matrice Pinkfloydiana, e “Veil” non si sottrae di certo a questo modus operandi. Un gran bell’album! MS





Versione Inglese:


DRIFTING SUN - Veil
Self-production
Genre: Neo Prog
Support: cd / Bandcamp - 2024


It is a matter of record to note that even in 2024 the Neo Prog genre continues undaunted on its path, in defiance of trends. I remember in the 1980s that the industry press and various critics, branded the genre short-lived as being considered a useless clone of the masters of the 1970s, Genesis, Pink Floyd, Camel and King Crimson above all. Nothing could be more wrong, bands like Arena, to name but one, brought new life to the context, but for details and insights on this, I refer you to my third book NEO PROG – STORIA E DISCOGRAFIA (Arcana).
Neo Prog has a not very large but loyal audience, perhaps this is also the key. Many bands though not famous, over time have released interesting work, always based on keyboards and guitars in a mix between Genesis, Camel and Pink Floyd.
One lineup made up of elements from various countries and averagely regarded is called Drifting Sun. British-based, the quintet has often self-produced in their long career that sees them take shape in Chesham in about 1994. Eight studio albums not including EPs and numerous singles.
Over time they earn the esteem not only of the public, but also of the musicians themselves, so much so that during defections in the line up, we now see the inclusion of instrumentalists famous on the circuit such as former IQ bassist Jon Jowitt, and former Pendragon drummer Fudge Smith. The band is completed by John 'Jargon' Kosmidis (vocals), Ralph Cardall (guitar, mandolin), and Pat Sanders (keyboards).
"Veil" is thus the new album consisting of eight songs featuring alternating guests such as Suzi James on violin, and numerous backing vocalists. The style is unequivocally true to the line, the names mentioned being confirmation of what has been described.
The opener is titled "Veiled", between piano and keyboards revolving around an old-fashioned dirge, atmospheres dear to Pendragon and all those who orbit around it. The record actually opens with a twelve-minute mini-suite titled "Frailty", here the band proves from the start to be cohesive and very clear-minded. The lyrics are well interpreted by Kosmidis' voice, and we know well that Neo Prog needs both vocal parts and parts bordering on acting, as Fish (Marillion), Alan Red (Pallas), and Peter Nicholls (IQ) have shown us and delighted us in their albums. But Drifting Sun do something more, adding chorality and complex tunes, so much so that even the Yes masters peep in.
Of course, the tempo changes are unfailing, so are the delicate piano parts as at the beginning of "Eros And Psyche", a song that could well reside in the 90s discography of Pallas or the aforementioned Arena.
"The Thing" is really a little gem that shines its own light, so much emphasis and emotion between the notes, so is "Through The Veil". Interspersing the two tracks is the short piano piece "2-Minute Waltz", remember the intro to Genesis' "Firth Of Fifth"? Well, the intent is similar, but more so here there is depth, so much so that it becomes a showcase in its own right for Pat Sanders' performing skills. I have mentioned many names that certainly those who do not follow the genre have not understood, to them I say only that there is 100% enjoyable music here, not logorrheic or elucidated, but intelligent, as in the case of "The Old Man" or the concluding "Cirkus", also respectful of the past and its teachings.
The fact also remains that Neo Prog is a genre that is always kind and faithful to simple harmonies, often to be sung or whistled in solos, generically Pinkfloydian in nature, and "Veil" certainly does not shy away from this modus operandi. A great album! MS






sabato 16 marzo 2024

Stefano Giaccone - Airportman

STEFANO GIACCONE – AIRPORTMAN - La Chiara Presenza
Tony Buddenbrook In Teatro: 1998 – 2023
Open Mind Lizard – Moving Records
Genere: Cantautore
Supporto: cd – 2024




L’incontro fra Stefano Giaccone alias Tony Buddenbrook e la band Airportman, avviene quasi per caso in quel di Canelli grazie all’amico Giovanni Risso, e conduce ad un connubio artistico profondo. Giaccone con il sax, ha militato nei primi anni ’80 nella storica band Post Punk e Hardcore Folk di Torino i Franti, ma si può definire anche poeta e uomo di teatro. La sua scrittura, non soltanto musicale, è profonda e basata su molte letture concernenti richiami a personaggi storici che sfociano prevalentemente nel mondo della sinistra e non soltanto.
L’appellativo che si è dato, ossia Tony Buddenbrook, è estrapolato dal romanzo di Thomas Mann “I Buddenbrook. Decadenza Di Una Famiglia”, dove Tony è il personaggio femminile al centro del racconto e ultima a mantenere il nome della sua stirpe.
Giaccone nasce a Los Angeles (USA) nel 1959, si trasferisce a Torino nel 1966 e inizia a suonare la chitarra e il sax nel 1973 fra Folk Rock, Jazz, Punk e Avant-garde Rock. Nel 1998 Lascia Torino per l’Inghilterra, proprio nella vigilia dell’uscita dell’album “Le Stesse Cose Ritornano”, un lavoro immerso nell’introspezione cantautorale ricercata e malinconica. All’ascolto si possono evincere influenze di Nick Drake, John Cale, Tim Buckley e Claudio Lolli.
Il 21 gennaio del 2023 al Teatro Magda Oliviero Di Saluzzo avviene l’incontro live fra Giaccone e Airportman, conducente a un’esibizione che ripropone integralmente l’album “Le Stesse Cose Ritornano” e non soltanto, infatti lo spettacolo è suddiviso in due atti, il primo s’intitola “Overture – Le Cose Diverse Rimangono”, il secondo “Tony Buddenbrook – Le Stesse Cose Ritornano”.
Nel primo atto suonano Lalli (Marinella Ollino – voce), Stefano Risso (contrabbasso), Stefano Giaccone (chitarra, voce) e Allius, nel secondo Giovanni Risso (chitarra), Marco Lamberti (chitarra, tastiere, basso), Mansueta Cinzia Mureddu (violoncello), Diego Dutto (flicorno), Michele Gazich (violino), Teresa Allegretti e Stefano Giaccone.
Le atmosfere del teatro si fondono in un unico corpo con la rappresentazione, tanto che durante l’ascolto si può intuire anche l’odore del palco, tanto ci si è immersi dentro.
Un intro recitato immerge lo spettatore nell’amaro contesto, tre amiche, un’ultima storia vissuta insieme. Suoni grevi ammantano l’atmosfera, il racconto è iniziato. “L’Uomo Sulla Luna” sprofonda l’animo in abissi onirici fra archi, pianoforte e sax in una sorta di connubio dalle caratteristiche inquiete. La cadenza vocale ricade negli anni ’70, drammatica, pensierosa e consapevole. Un acquarello “Il Sarto”, e non ci sono pezzi minori nello spettacolo, tutti hanno un’anima profonda e vita propria. Fondamentale il contributo della band Airportman.
“Le Stesse Cose Ritornano” ha il titolo che rimanda ad un capolavoro della letteratura tedesca, “L’Uomo Senza Qualità” di Robert Musil. La rappresentazione di un’ora abbondante è da ascoltare in perfetto silenzio e non mi vergogno nel dire che mi è scesa anche qualche lacrima.
Questo spettacolo è il coronamento della musica che non esiste quasi più, un’isola felice dove il cuore si amalgama con la mente in uno sposalizio che spero nell’imminente futuro crei nuova prole. MS





Versione Inglese: 


STEFANO GIACCONE - AIRPORTMAN – La Chiara Presenza
Tony Buddenbrook In Teatro: 1998 - 2023
Open Mind Lizard - Moving Records
Genre: Songwriter
Support: cd - 2024


The meeting between Stefano Giaccone aka Tony Buddenbrook and the band Airportman, happens almost by chance in Canelli thanks to his friend Giovanni Risso, and leads to a profound artistic union. Giaccone on saxophone, played in the early 1980s in the historic Post Punk and Hardcore Folk band from Turin the Franti, but he can also be defined as a poet and man of the theater. His writing, not only musical, is profound and based on many readings concerning references to historical figures that flow mainly from the world of the left and beyond.
The appellation he gave himself, namely Tony Buddenbrook, is extrapolated from Thomas Mann's novel "The Buddenbrooks. Decadence Of A Family", where Tony is the female character at the center of the story and last to keep her lineage name.
Giaccone was born in Los Angeles (USA) in 1959, moved to Turin in 1966 and began playing guitar and sax in 1973 between Folk Rock, Jazz, Punk and Avant-garde Rock. In 1998, he left Turin for England, just on the eve of the release of the album "Le Stesse Cose Ritornano", a work immersed in refined and melancholy songwriting introspection. On listening, influences of Nick Drake, John Cale, Tim Buckley and Claudio Lolli can be discerned.
On Jan. 21, 2023, at the Magda Oliviero Di Saluzzo Theater the live meeting between Giaccone and Airportman takes place, leading to a performance that replays the album "Le Stesse Cose Ritornano" in its entirety and not only, in fact the show is divided into two acts, the first is titled "Overture - Le Cose Diverse Rimangono", the second "Tony Buddenbrook - Le Stesse Cose Ritornano".
The first act features Lalli (Marinella Ollino - vocals), Stefano Risso (double bass), Stefano Giaccone (guitar, vocals) and Allius; the second act features Giovanni Risso (guitar), Marco Lamberti (guitar, keyboards, bass), Mansueta Cinzia Mureddu (cello), Diego Dutto (flugelhorn), Michele Gazich (violin), Teresa Allegretti and Stefano Giaccone.
The atmospheres of the theater merge into a single body with the performance, so much so that while listening you can even sense the smell of the stage, so much so that you are immersed in it.
A recited intro immerses the audience in the bitter context, three friends, one last story lived together.
Rough sounds cloak the atmosphere; the tale has begun. "The Man on the Moon" plunges the soul into dreamlike abysses between strings, piano and sax in a kind of combination with restless characteristics. The vocal cadence falls back into the 1970s, dramatic, thoughtful and self-conscious. A watercolor "The Tailor", and there are no minor pieces in the show, all have a deep soul and life of their own. Fundamental is the contribution of the band Airportman.
"The Same Things Come Back" has a title that refers to a masterpiece of German literature, Robert Musil's "The Man Without Qualities". The hour-long performance is to be listened to in perfect silence, and I am not ashamed to say that I even shed a few tears.
This performance is the crowning achievement of music that hardly exists anymore, a happy island where the heart amalgamates with the mind in a marriage that I hope in the near future will create new offspring. MS

 

 



martedì 12 marzo 2024

Buon Vecchio Charlie

BUON VECCHIO CHARLIE - Buon Vecchio Charlie
Akarma
Genere: Rock Progressivo Italiano
Supporto: CD Melos (1990) – LP Akarma (1999) – 1972



Leggendo negli anni, ricercando da buoni estimatori del Progressive Rock più notizie possibili nel web, ci siamo tutti resi conto della complessità di distribuzioni, band e di chicche che si aggirano attorno alla leggenda anni ’70. Centinaia di storie curiose legate a band spesso da un disco e via, questo probabilmente perché le proposte sono azzardate, dettate da molta fantasia e soprattutto dalla voglia di essere più che altro un’entità unica del panorama. L’Italia sotto quest’aspetto è sorprendente, tanti musicisti hanno navigato le onde del primordiale Progressive Rock sin dai primi anni ’70, lasciando stare i soliti noti, abbiamo avuto modo di documentarci e ascoltare band nascoste ma incredibilmente geniali. La fusione della ricerca con il nostro sound mediterraneo ha portato spesso a risultati inattesi. A supporto in alcuni casi è giunto il Jazz Rock, questo per il lato maggiormente sperimentale basato sull’improvvisazione, alternandosi al suono che hanno addotto band storiche come Genesis, King Crimson, Gentle Giant, Yes e quant’altre.
E’ capitato anche di imbatterci in complessi (così si chiamavano in quel tempo) che hanno registrato brani mai editi se non tardivamente, cavalcando l’onda del ritorno in auge del genere verso la metà e fine degli anni ’90. Attente alcune case discografiche italiane a questo fenomeno, possiamo citare ad esempio la Mellow Records, la Lizard Records, la Black Widow Records, oppure come in questo caso dei Buon Vecchio Charlie la Melos e l’Akarma, vera e propria istituzione per i collezionisti del vinile.
Chi sono i Buon Vecchio Charlie? Si formano a Roma nel 1970 con Luigi Calabrò (chitarra, voce), Sandro Cesaroni (sax, flauto), Sandro Centofanti (tastiere), Paolo Damiani (basso) e Rino Sangiorgio (batteria), solo poco dopo si aggiunge a loro il chitarrista e cantante Richard Benson.
Di origini inglesi Benson diventa negli anni anche presentatore televisivo oltre che musicista in diverse formazioni e progetti. Muore all’età di sessantasette anni a Roma il 10 maggio del 2022. Con lui i Buon Vecchio Charlie registrano nel 1971 quest’album dal titolo omonimo grazie all’etichetta discografica indipendente Suono di Mestre, ma come già detto vedrà luce solamente nel 1990. Il fatto è strano, anche perché l’album è davvero ben suonato e con melodie di sicuro successo poiché piacevoli e non molto astruse come andava di moda in quel periodo. Poi nel 1974 sono addirittura premiati come miglior gruppo italiano al Festival di Villa Pamphili. Misteri del Prog!
Il sax e il flauto sono i protagonisti di quest’album assieme alle tastiere. Gli interventi Jazz impreziosiscono l’ascolto prettamente strumentale, il cantato, infatti, non è poi molto. Divertenti i dialoghi chitarra/flauto su una base Jazz classica. Il disco è formato da tre canzoni con all’interno due suite, la prima apre l’ascolto e s’intitola “Venite Giù Al Fiume” con richiami di flauto al "Peer Gynt" di Grieg. Non si può fare a meno di notare molte affinità con il sound della Premiata Forneria Marconi, infatti i punti di riferimento dei Buon Vecchio Charlie variano dai King Crimson ai Genesis, Colosseum, Jethro Tull e The Nice, circa i stessi della band di Di Cioccio. La chitarra di Benson ha personalità, così la voce. Benson negli anni verrà anche deriso per il suo modo di fare di certo non convenzionale e forse anche gretto, ma qui devono chiedere scusa in molti. L’amalgama sonora è così uniforme che durante l’ascolto neppure ci si accorge di ascoltare differenti generi tutti di una volta, il classico, il rock, il folk, il blues, e l’acustico.
“Evviva La Contea Di Lane” scritta proprio da Benson è dolcemente sentimentale come negli anni hanno saputo fare anche gli Osanna e appunto la PFM.  Chiudono i diciotto minuti di “All’Uomo Che Raccoglie I Cartoni” fra stacchi imponenti della batteria di Rino Sangiorgio e la chitarra elettrica. Le tastiere sono sempre presenti, oltre che nella base anche in assolo energici.
Il gruppo mette fine all’attività probabilmente deluso dal disinteresse delle case discografiche nel produrre l’album, così alcuni suoi componenti entrano a far parte dei Libra, mentre altri formarono i Bauhaus. Il tastierista Centofanti prosegue la carriera oltre che con i Libra anche con Claudio Baglioni. Nella versione CD dell’album si trovano due bonus track, cover di due canzoni di Beppe Palomba, "Rosa" e "Il Guardiano Della Valle".
“Buon Vecchio Charlie” è un disco da riscoprire e sicuramente con le potenzialità per dare filo da torcere ad altri classici sopravvalutati. MS
 




Versione Inglese:


BUON VECCHIO CHARLIE - Buon Vecchio Charlie
Akarma
Genre: Italian Progressive Rock
Support: Melos CD (1990) - Akarma LP (1999) - 1972


Reading over the years, researching as good Progressive Rock admirers as much news as possible on the web, we have all realized the complexity of distributions, bands and goodies that hover around the 70s legend. Hundreds of curious stories linked to bands often from one record and away, this probably because the proposals are risky, dictated by a lot of imagination and above all by the desire to be more of a unique entity in the panorama. Italy in this aspect is amazing, so many musicians have been surfing the waves of primordial Progressive Rock since the early 70s, leaving aside the usual knowns, we have been able to document and listen to hidden but incredibly brilliant bands. The fusion of research with our Mediterranean sound has often led to unexpected results. In support in some cases came Jazz Rock, this for the more experimental side based on improvisation, alternating with the sound that adduced historical bands such as Genesis, King Crimson, Gentle Giant, Yes and whatnot.
We also happened to come across ensembles (that's what they were called at the time) that recorded songs that were never published until later, riding the wave of the genre's comeback in the mid-to-late 1990s.
Attentive some Italian record companies to this phenomenon, we can mention for example Mellow Records, Lizard Records, Black Widow Records, or as in this case of Good Old Charlie the Melos and Akarma, a real institution for vinyl collectors.
Who are the Buon Vecchio Charlie? They were formed in Rome in 1970 with Luigi Calabrò (guitar, vocals), Sandro Cesaroni (saxophone, flute), Sandro Centofanti (keyboards), Paolo Damiani (bass) and Rino Sangiorgio (drums), only shortly afterwards guitarist and singer Richard Benson joined them.
British-born Benson also became a television presenter over the years as well as a musician in various bands and projects. He died at the age of sixty-seven in Rome on May 10, 2022. With him, Good Old Charlie recorded this self-titled album in 1971 through the independent record label Suono of Mestre, but as already mentioned it would not see the light of day until 1990. The fact is strange, also because the album is really well played and with melodies that are sure to be successful since they are pleasant and not very abstruse as was fashionable at that time. Then in 1974 they are even awarded as the best Italian band at the Villa Pamphili Festival. Mysteries of Prog!
Sax and flute are the stars of this album along with keyboards. Jazz interventions embellish the purely instrumental listening; the singing, in fact, is not that much. Amusing are the guitar/flute dialogues over a classical Jazz base. The disc consists of three songs with two suites inside, the first opens the listening and is entitled " Venite Giù Al Fiume " with flute references to Grieg's "Peer Gynt". One cannot help but notice many affinities with the sound of Premiata Forneria Marconi, in fact Good Old Charlie's reference points range from King Crimson to Genesis, Colosseum, Jethro Tull and The Nice, about the same as Di Cioccio's band. Benson's guitar has personality, so does his voice. Benson over the years will also be mocked for his certainly unconventional and perhaps even gauche manner, but many must apologize here. The sonic amalgam is so uniform that while listening one does not even realize that one is listening to different genres all at once, the classical, the rock, the folk, the blues, and the acoustic.
"Evviva La Contea Di Lane", written by Benson himself, is as sweetly sentimental as even Hosanna and precisely PFM have been able to do over the years.  The eighteen-minute "All'Uomo Che Raccoglie I Cartoni" closes between imposing breaks by Rino Sangiorgio's drums and electric guitar. Keyboards are always present, not only in the base but also in energetic solos.
The group ended its activity probably disappointed by the record companies' lack of interest in producing the album, so some of its members joined Libra, while others formed Bauhaus. Keyboardist Centofanti continued his career not only with the Libras but also with Claudio Baglioni. The CD version of the album features two bonus tracks, covers of two songs by Beppe Palomba, "Rosa" and "Il Guardiano Della Valle".
"Buon Vecchio Charlie" is an album to rediscover and certainly with the potential to give other overrated classics a run for their money. MS

 

 

domenica 10 marzo 2024

Pinhdar

PINHDAR  - A Sparkle On The Dark Water
Fruits De Mer Records / Peyote
Genere: Trip-Hop – Dark
Supporto: cd – 2024




Ci sono visioni e visioni sul significato dell’esistenza. Ognuno di noi ha un’idea su come potrebbe evolvere il destino dell’uomo sulla terra, in maniera più o meno pessimistica. La fiducia sull’essere umano è minata da episodi che molto spesso ci hanno fatto riflettere. Non sempre la risposta raggiunta è oggettiva, così nel campo dell’arte si è comunemente trattato l’argomento per esorcizzare certi stereotipi.
La musica si presta bene a narrare taluni pensieri evidenziandoli con dei suoni che possono variare per contesto da duri a oscuri, secondo la risposta che si vuole fornire. Il genere musicale Dark Trip Hop è uno di quelli che s’integra al meglio nell’avvalorare il concetto, come quello proposto dal duo milanese Pinhdar, formato dalla cantante Cecilia Miradoli e dal chitarrista e produttore Max Tarenzi. L’esordio discografico risale al 2019 con l’EP dal titolo omonimo, il quale attira l’attenzione della critica britannica che accoglie il progetto in maniera positiva. Partono tour e passaggi radiofonici, sino giungere ai nostri giorni con “A Sparkle On The Dark Water”. Il sound muta leggermente rispetto al passato, inserendo maggiori interventi elettronici abbandonando il sentiero del minimalismo, tanto da raggiungere suoni cari a band come Radiohead, Cure, Soulstice e altre sul genere.
I dieci brani contenuti nell’album sono episodi raccontati in un arco singolo che varia dai quattro ai sei minuti.
La voce sussurrata di Miradoli immerge l’ascolto in un sound spaziale e onirico sin da “In The Woods”, narrazione lieve supportata da suoni elettronici in un percorso mentale dal forte impatto emotivo. Il contesto ben si sposa con la grafica dell’artwork, capace di spiegare in forme e colori il movimento sonoro.
Le trame Dark fuoriescono maggiormente sopra la ritmica compulsiva di “Cold River”, il suono elettrico aggiunge inquietudine, solo apparentemente quietata dalla rassicurante voce ancora una volta autrice maestra del contesto. Ci si avvicina al mondo ponderato di Steven Wilson in “Home” anche per l’uso a effetto dei microfoni, un brano mentalmente riflessivo.
L’elettronica batte in “Little Light” come un cuore pulsante, la ricerca strutturale fuoriesce dalla banalità creando un suono ammaliante che grazie all’effetto stereo sembra girovagare intorno alla nostra testa. Il pezzo più lungo dell’album di sei minuti abbondanti, s’intitola “Murderers Of A Dying God” ed è aperto da un arpeggio di chitarra che si getta nuovamente in meandri eterei. Spazio, vuoto…Effetti eco, sensazioni calmierate solamente dalla voce, perfetta guida per lo stato d’animo.
“Humans” mette in guardia da ciò che siamo, qui fanno in parte capolino anche gli anni ’80 della New Wave. Questa è musica da ascoltare al buio, in cuffia o ad alto volume per ottenere un maggiore coinvolgimento emotivo. Non da meno “Solanin”, greve nell’incedere, per alcuni versi anche inquietante. Sale il ritmo con “Frozen Roses” pur rimanendo sinuosa e psichedelica, come una rosa nera.
“Abysses” suggerisce già nel titolo cosa si può ascoltare, un’immersione nell’oscurità. A concludere “At The Gates Of Dawn”, qui la chitarra emana un lieve spiraglio di luce, così il cantato fa scorgere una sorta di bagliore in fondo al tunnel.
“A Sparkle On The Dark Water“ apre orizzonti mentali sconfinati per un volo pindarico, e scusate il richiamo al logo della band. MS





Versione Inglese:


PINHDAR - A Sparkle On The Dark Water
Fruits De Mer Records / Peyote
Genre: Trip-Hop - Dark
Support: cd - 2024


There are views and visions about the meaning of existence. Each of us has an idea about how man's fate on earth might evolve, more or less pessimistically. Confidence about human beings is undermined by episodes that very often have given us pause for thought. The answer reached is not always objective, so in the field of art the topic has commonly been treated to exorcise certain stereotypes.
Music lends itself well to narrating certain thoughts by highlighting them with sounds that can vary in context from harsh to dark, depending on the response one wants to provide. The Dark Trip Hop music genre is one of those that best complements the concept, such as that proposed by the Milanese duo Pinhdar, formed by singer Cecilia Miradoli and guitarist and producer Max Tarenzi. Their recording debut dates back to 2019 with the EP of the same title, which attracts the attention of British critics who welcome the project positively. Tours and radio airplay begin, until reaching the present day with "A Sparkle On The Dark Water". The sound changes slightly from the past, inserting more electronic interventions leaving the path of minimalism, so much so that it reaches sounds dear to bands such as Radiohead, Cure, Soulstice and others on the genre.
The ten tracks contained in the album are episodes told in a single arc ranging from four to six minutes.
Miradoli's whispered voice immerses the listener in a spatial and dreamlike sound since "In The Woods",  a light narrative supported by electronic sounds in a mental journey with a strong emotional impact. The context fits well with the graphic artwork, capable of explaining in shapes and colors the sonic movement.
Dark textures leak out more over the compulsive rhythm of "Cold River", the electric sound adding restlessness, only seemingly quieted by the reassuring voice once again master author of the context. One approaches the thoughtful world of Steven Wilson in "Home" in part because of the effect use of microphones, a mentally reflective track.
The electronica beats in "Little Light" like a beating heart, the structural research escapes banality by creating a bewitching sound that thanks to the stereo effect seems to wander around our heads. The album's longest piece of a good six minutes, it is titled "Murderers Of A Dying God" and is opened by a guitar arpeggio that again throws itself into ethereal meanderings. Space, emptiness...Echo effects, sensations calmed only by the voice, a perfect guide for the mood.
"Humans" warns of what we are, 80s New Wave peeps in part here. This is music to be listened to in the dark, on headphones or loudly to get more emotional involvement. Not to be outdone is "Solanin", heavy in its pacing, in some ways even eerie. It picks up the pace with "Frozen Roses" while remaining meandering and psychedelic, like a black rose.
"Abysses" already suggests in its title what can be heard, an immersion in darkness. Concluding "At The Gates Of Dawn", here the guitar gives off a faint glimmer of light, so the singing gives a glimpse of some sort of glow at the end of the tunnel.
"A Sparkle On The Dark Water" opens boundless mental horizons for a Pindaric flight, and pardon the reference to the band's logo. MS