Pagine

giovedì 11 giugno 2015

Mechanical Butterfly

MECHANICAL BUTTERFLY – The Irresistible Gravity
Ma.Ra.Cash Records
Genere: Progressive Rock / Experimental
Supporto: cd – 2015


Immagino che sapete cosa accade, quando per le mani capita un disco che grazie alla copertina ed all’artwok in generale ci colpisce. Poi se parliamo di Progressive Rock, l’artwork è esplicito e fa da spia infallibile del contenuto sonoro. Immagine e musica per la mente. Mi giunge il disco dei Mechanical Butterfly, italianissimi, fra Catania ed Acireale e l’impatto visivo è di quello giusto appena descritto. Questo mi fa un gran piacere, perchè ultimamente non è che ci siano state uscite dettagliate al riguardo, è anche vero che la Ma.Ra.Cash Records ci ha comunque abituati da anni a realizzazioni importanti in ambito del genere. La cover art è di Giuliana Pulvirenti mentre la grafica è a cura di Stefano Somogyi, semplice, lineare, con foto e scritture dei testi nitidi e leggibili nero su bianco.... Una volta tanto!
Il progetto Mechanical Butterfly nasce nel 2006 grazie alla collaborazione tra i due chitarristi Alessio Oranges e Dario Laletta, con il contributo di Giovanni Valastro ai fiati ed alle tastiere. Realizzano subito un ep dal titolo omonimo, per poi arricchirsi e mutare di line up nel tempo, con la giunta  di Andrea Zappalà alla batteria e Giuseppe Padalino al basso, entrambi già membri della cover band Aracne. Dopo qualche mese si unisce anche la tastierista Laura Basile.
Nell' aprile del 2007 Francesca Pulvirenti entra nel gruppo come cantante, così nel maggio 2008  giungono all’autoproduzione del secondo EP "Mechanical Butterfly". Fra radio locali, siti web e quant’altro, l’interesse intorno al gruppo sale. Dopo altri movimenti interni, la formazione si stabilizza con Francesca Pulvirenti (voce), Alessio Oranges (chitarra), Laura Basile (tastiere e synth), Roberto Marano (basso) e Toti Bella (batteria). Fa dunque piacere una volta tanto ascoltare Progressive Rock con componenti al femminile e “The Irresistible Gravity” ne è degno rappresentante.
Il disco è composto da otto canzoni cantate in inglese, compresa la bonus track “La Fenice”.
Si comincia con “Suoni Dalle Stelle”, strumentale psichedelico che fa da apripista all’altrettanto strumentale pezzo dal titolo “Labyrinth Of Doors”. Vigoroso Rock che va a pescare in diversi stati d’animo, fra New Prog e note provenienti dalla Scuola Di Canterbury. La sezione ritmica funziona bene e si ritrova in ogni passaggio con semplicità. La band non tenta di strafare, piuttosto cura molto la parte melodica della musica, rendendo l’ascolto scorrevole. La chitarra traccia percorsi immaginifici, lasciando libero sfogo al suono di per se preso come sensazione, aiutato da ottimi effetti, alternandosi a quello più canonico del riff che in questo caso risulta di facile memorizzazione. Le tastiere seguono a ruota.
Con “Marks Of Time” ascoltiamo la bella voce di Francesca, intenta a destreggiarsi fra Rock Progressivo e Metal Prog dalle tinte gotiche. Subentra prepotentemente anche la formula canzone che sembra funzionare bene, anche grazie ai cambi umorali e ad una registrazione sonora veramente buona. Il flauto che interviene di tanto in tanto è veramente un ospite gradito! Non nascondo che alcuni fraseggi sonori dettati dall’elettronica, miscelati con sferzate metalliche, mi fanno venire alla mente gli olandesi Ayreon. Ma sono solo brevissimi ed isolati istanti.
“The Alchemist” prosegue le orme del brano precedente, fra cambi di ritmo ed ottimi interventi di basso. La tecnica individuale dei componenti fa sfoggio delle qualità e hanno ragione da vendere, tuttavia quello che funziona nella musica dei Mechanical Butterfly è l’insieme e la cura per gli arrangiamenti. Ammaliante il momento psichedelico del brano, davvero coinvolgente emotivamente.
“Emerald Tears” si apre con un nostalgico pianoforte e voce, formula sempre emozionante che difficilmente tradisce nel risultato. Qui Francesca da il meglio di se in quanto a patos. Bravissima anche Laura Basile.
Si riparte al confine del Metal Prog con “Sparks Within A Downpour” Il frangente che colpisce di più è l’assolo di chitarra.
Più ricercata e Psichedelica la strumentale “Gravity”, ed il disco si conclude con la bella “La Fenice”, con Dario Laletta alla chitarra e da Gianlorenzo Di Mauro al basso.
Quello che scaturisce con veemenza dall’ascolto dell’album è la consapevolezza di trovarsi avanti ad una band che non è di sicuro un mordi e fuggi, bensì ragazzi dalla buona personalità che sanno cosa vogliono. Come avrete avuto modo di capire non li ho paragonati a grandi dinosauri del passato o ad artisti del momento (avrei potuto farlo), questo per sottolineare il fatto che hanno molta farina del proprio sacco. E pensare che questo è un esordio.... Fatelo vostro assolutamente! MS


Nessun commento:

Posta un commento