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giovedì 18 luglio 2024

Merit Hemmingson

MERIT HEMMINGSON – Mother Earth Forever
Swedish Stereosounds
Genere: Progressive Rock / Symphonic Rock
Supporto: cd – 2024




Ciò che è stata (e che tuttora lo è) la carriera del chitarrista Roine Stolt, è un esempio di coerenza, passione e personalità. L’artista svedese parte con i Kaipa nel 1973 per poi lanciarsi in numerosi altri progetti, fra cui i The Flower Kings, Transatlantic, The Tangent, Fantasia e una ricca discografia da solista. Lo stile hippie lo contraddistingue per tutto l’arco della sua vita, da qui la coerenza cui ho fatto riferimento.
Il modo di suonare la chitarra è ben distinguibile nel panorama dal resto dei chitarristi, uno stile preciso che nasce dal sound degli anni ’70, gli assolo proposti non sono mai banali e allo stesso tempo neanche super tecnici, Stolt ha sempre preferito mettere avanti il cuore, pur essendo in grado di lasciarsi andare di tanto in tanto a buone fughe tecniche. Con gli anni la scena Progressive Rock gli punta i fari addosso, diventando anche ottimo session man, le richieste sono numerose, così gli album rilasciati nella sua fortunata carriera. La fedeltà a questo genere è encomiabile, pur ricercando anche nel Jazz alcune scappatoie stilistiche. Il tempo cela anche collaborazioni che non ti aspetti, come questa con l’organista svedese Merit Hemmingson. L’incontro accade nell’ormai lontano 1990 e avviene tramite una telefonata che Roine non si attende, essendo lui un fans di Merit.
Personale la volontà di scrivere brani in equilibrio fra Prog, Folk e medioevale, attraverso un organo a canne, così nel 1993 dopo aver cercato validi musicisti, soprattutto amici, iniziano le registrazioni. Il risultato viene momentaneamente accantonato, anche perché non è facile cercare una casa discografica disponibile a produrre un suono del genere, di certo non in voga. Ma la qualità delle registrazioni è davvero interessante e i due artisti ne restano consapevoli nel tempo, tanto da rispolverare “Mother Earth Forever” nei giorni nostri, ossia quando il pubblico musicale è maggiormente preparato e aperto a nuove sonorità.
Di tempo ne è passato, ma sembra non aver scalfito la freschezza delle dodici canzoni che compongono l’album in maniera piuttosto epica.
Di certo non si ascolta un organo a canne nel Rock tutti i giorni, anche se alcuni musicisti nel tempo si sono approcciati al riguardo.
Immediatamente convincente “Vigorous Mind”, un connubio di suoni particolare dato dagli strumenti di Jan Winter (zampogna), Christer Jansson (batteria), Hasse Larson (basso elettrico),
Hasse Bruniusson (percussioni), oltre che all’organo di Merit Hemmingson e la chitarra a dodici corde di Roine Stolt. Ma è con “Dreams Of The Universe” che fuoriesce maggiormente il lato progressivo di ricerca, grazie anche all’uso del sax da parte di Fredrik Ljungkvist e alla bella voce della stessa Merit. Il brano è una ballata di classe, delicata ma allo stesso tempo capace di crescere d’intensità, una melodia messa in loop contornata da preziosi arrangiamenti. Più diretta “The Planets Are Calling Us” seppure le atmosfere rimangano delicate come in una pittura ad acquarello.
Percussioni in evidenza in stile Gentle Giant per “Power From The North” dove la chitarra è maggiormente presente, a seguire “Oh, So Fragile” dove ritornano protagonisti la voce e i fiati in un contesto dolce dai sentori anni ’70. La semplicità regna sovrana anche in “Shadows In The Far Distance”, un movimento al confine del Prog con il Folk. Qui Stolt si cimenta in un buon supporto solistico. Sono i cinque minuti abbondanti di “People Of The Four Winds” a mettere in luce le capacità compositive e ricercate del duo, il quale dimostra un affiatamento radicato. Ancora una volta le coralità di Merit rendono le atmosfere rarefatte. L’organo a canne sale in cattedra per un risultato dal fascino atavico. Il discorso è analogo per “Ocean Of Organs” un brano dall’ampio respiro. Questa musica ha la capacità di descrivere lande attraverso le note, e il caso è anche quello di “Resting Arctic Ice”. Tutto l’album si aggira attorno a questo modus operandi.
Non ho che da ringraziare Roine Stolt e Merit Hemmingson per aver rispolverato questo progetto, sarebbe stato davvero un peccato non poter godere di questi suoni dal fascino antico. Consigliato l’ascolto a chi fa della musica una colonna sonora per la vita. MS 





Versione Inglese:


MERIT HEMMINGSON - Mother Earth Forever
Swedish Stereosounds
Genre: Progressive Rock / Symphonic Rock
Support: cd - 2024


What has been (and still is) the career of guitarist Roine Stolt is an example of consistency, passion and personality. The Swedish artist started with Kaipa in 1973 and then launched into numerous other projects, including The Flower Kings, Transatlantic, The Tangent, Fantasia, and a rich solo discography. The hippie style marked him throughout his life, hence the consistency I have referred to.
His guitar playing is well distinguishable in the scene from the rest of the guitarists, a precise style that stems from the sound of the 1970s, the solos offered are never trite and at the same time not even super technical, Stolt has always preferred to put his heart forward, while still being able to let loose from time to time good technical escapes. Over the years the Progressive Rock scene shines its spotlights on him, becoming also an excellent session man, the demands are numerous, so are the albums released in his successful career.
The fidelity to this genre is commendable, while also seeking some stylistic loopholes in jazz. Time also conceals collaborations you might not expect, such as this one with Swedish organist Merit Hemmingson. The meeting happens in the now distant 1990s and occurs through a phone call that Roine does not expect, as he is a fan of Merit.
Personal the desire to write songs balanced between Prog, Folk and medieval, through a pipe organ, so in 1993 after looking for good musicians, mostly friends, the recordings begin. The result is momentarily shelved, partly because it is not easy to look for a record company willing to produce such a sound, certainly not in vogue. But the quality of the recordings is really interesting and the two artists remain aware of it over time, so much so that they dust off “Mother Earth Forever” in the present day, that is, when the musical public is more prepared and open to new sounds.
Time has passed, but it seems not to have affected the freshness of the twelve songs that make up the album in a rather epic way.
One certainly does not hear a pipe organ in Rock every day, although some musicians over time have approached it. Immediately convincing “Vigorous Mind”, a peculiar combination of sounds given by the instruments of Jan Winter (bagpipe), Christer Jansson (drums), Hasse Larson (electric bass),
Hasse Bruniusson (percussion), as well as Merit Hemmingson's organ and Roine Stolt's twelve-string guitar. But it is with “Dreams Of The Universe” that the progressive searching side comes out most, thanks in part to Fredrik Ljungkvist's use of sax and Merit's own beautiful voice. The song is a classy ballad, delicate but at the same time able to grow in intensity, a looped melody surrounded by precious arrangements. More direct “The Planets Are Calling Us” although the atmospheres remain delicate as in a watercolor painting.
Percussion in evidence in Gentle Giant style for “Power From The North” where the guitar is more present, followed by “Oh, So Fragile” where vocals and horns return as protagonists in a gentle context with hints of the 1970s.
Simplicity also reigns supreme in “Shadows In The Far Distance”, a movement on the border of Prog with Folk. Here Stolt tries his hand at good solo support. It is the brisk five minutes of “People Of The Four Winds” that showcase the duo's compositional and researched skills, which demonstrate an ingrained fellowship. Once again Merit's choruses make for a rarefied atmosphere. The pipe organ takes the stage for a result with atavistic charm. The discourse is similar for “Ocean Of Organs” a track with a broad scope. This music has the ability to describe moors through notes, and the case is also made for “Resting Arctic Ice”. The whole album hovers around this modus operandi.
I have nothing but thanks to Roine Stolt and Merit Hemmingson for dusting off this project, it would have been a real shame not to be able to enjoy these sounds with old-world charm. Recommended listening for those who make music a soundtrack for life. MS

 

 



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