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a cura di MASSIMO SALARI
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sabato 6 agosto 2022
Ryo Okumoto
RYO
OKUMOTO – The Myth Of The Mostrophus Inside
Out Genere:
Progressive Rock Supporto:
cd – 2022
Ricordo
con piacevole nostalgia gli anni ’90, quando per l’ennesima volta il Prog
rialza la testa grazie alla spinta di band come Landberk, Anglagard, Anekdoten,
Echolyn e molte altre ancora fra queste gli americani Spock’s Beard del
prolifico e poliedrico Neal Morse. La musica che propone è totale, ossia non
soltanto richiami al passato, ma anche personalità, quella appunto del leader
appena citato, immaginate di miscelare Genesis, Gentle Giant, Pink Floyd e
Beatles, questi ultimi sono proprio la chiave dell’orecchiabilità delle
composizioni. Ebbene molto del merito va anche al mastodontico lavoro alle
tastiere del giapponese Ryo Okumoto, simpatico e allegro personaggio in ogni
atteggiamento, e chi l’ha potuto apprezzare in azione in sede live sa cosa
intendo.Musica mastodontica, enfatica
una vagonata di roba, con annessi cambi di tempo e di umore come spesso è
obbligo fare nel Prog classico. Ryo
con questo ultimo disco intitolato “The Myth Of The Mostrophus” tocca a mio
avviso l’apice della sua produzione personale non soltanto per la qualità delle
sei canzoni, ma proprio per la maturità raggiunta con l’esperienza fatta tesoro
negli anni e anche ai molti amici che lo accompagnano in questo viaggio, se ora
vi elenco i nomi anche voi converrete sulla grandezza della realizzazione
produttiva: Dave Meros (Spock's Beard) (basso), Alan Morse (Spock's
Beard) (chitarra), Nick D'Virgilio (Spocks Beard, Big
Big Train) (batteria, voce), Jimmy
Keegan (Spock's Beard) (voce), Ted Leonard (Spock's Beard, Transatlantic) (voce),
Steve Hackett (ex-Genesis) (chitarra), Michael Whiteman (I Am The Manic Whale) (chitarra,
voci), Michael Sadler (Saga, The ProgJect) (voce), Mike Keneally (Frank Zappa,
Steve Vai, The ProgJect) (chitarra), Jonathan Mover (Joe Satriani, The
ProgJect) (batteria, percussioni), Randy McStine (McStine & Minnemann,
Lo-Fi Resistance, Porcupine Tree) (chitarra, voce), Marc Bonilla (ex-Glenn
Hughes, ex-Keith Emerson, ex-Kevin Gilbert) (chitarra), Doug Wimbish (Living Color, Tackhead) (basso), Mirko
DeMaio (The Flower Kings) (batteria), Lyle Workman (Todd Rundgren) (chitarra), Raphael
Weinroth-Browne (violoncello), Kevin Krohn (voce), Andy Suzuki (fiati in
legno), Keiko Okumoto (voce), Toshihiro Nakanishi (violin), e Steve Billman (basso). Stranamente
manca proprio Neal Morse, presente invece nel precedente “Coming Through” del
2002. Con questo album Ryo raggiunge quota sei in studio. I tasti d’avorio si
muovono alacremente sotto le dita del musicista, sempre con lo sguardo rivolto
verso Wakeman, Emerson e Banks, di loro ha saputo cogliere non soltanto l’andamento
tecnico ma lo spirito del divertimento, ossia il gettarsi anima e corpo a
briglie sciolte proprio come il cuore comanda. L’iniziale
“Mirror Mirror” mette immediatamente sul tavolino tutte le carte del caso e
presenta un andamento epico oltre che moderno. La successiva “Turning Point” la
preferisco se non altro per il bel ritornello e gli assolo di chitarra che
spezzano il tutto concarattere ed
enfasi. Spudoratamente
Genesis anni ’80 (chi ha detto Abacab?) è “The Watchmaker (Time on His Side) ”
ma come ho detto in precedenza Ryo ama divertirsi e di conseguenza divertire,
certe radici poi non si estirpano. In “Maximum Velocity” scorrono brividi sulla
pelle, si passa dal lento a un assolo al fulmicotone in stile Spock’s Beard nel
finale. “Chrysalis” inizia con un piano, flauto e un crescendo classico che sa
il fatto suo (quando l’esperienza è palese), ma la stangata giunge proprio nel
finale, la suite “The Myth Of The Mostrophus” include davvero tutta la vita
dell’artista, questa è davvero un piccolo capolavoro di raffinata bellezza. La
versione giapponese del disco contiene due brani aggiuntivi, “Waiting To Be
Born” e “Sonny”. Ora
mi auspico solamente di non dover attendere altri venti anni prima di poter
ascoltare un nuovo album di Ryo Okumoto, quasi impossibile per me e anche per
lui, nel frattempo a tutto volume in sala, in auto e comunque dove vado, mi godo
“The Myth Of The Mostrophus”, bel disco colmo di energia pulita! MS
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