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domenica 31 ottobre 2021
Alessandro Monti
ALESSANDRO MONTI – Monti
La musica non smette mai di stupire, la creatività è il propellente e per fortuna esistono ancora artisti che sentono la necessità di esprimere il proprio stato d’animo attraverso un suono, qualunque esso sia. Con la musica si può cantare, ballare, gioire o piangere, ma anche pensare, questo è il potere di cui essa dispone. La ricerca è un altro espediente per realizzare certe composizioni ed i risultati spesso godono di freschezza, così di vita propria.
Mauro Mulas Trio
MAURO MULAS TRIO – Chiaroscuro
G.T. Music - M.P. Records
Genere: Jazz Melodico
Supporto: cd – 2021
Il
Jazz come il Blues è alla base di moltissima musica che stiamo ascoltando anche
oggi. Il Jazz melodico sa coccolare l’anima per un momento di relax davvero gustoso.
Di norma il suono proposto è caldo, creato da batteria, piano e contrabbasso,
l’intesa fra i componenti poi completa il risultato. Questo in senso generale.
Mauro
Mulas è con “Chiaroscuro” all’esordio solistico, dopo aver militato per anni
con la band di Rock Progressivo “Entity”, sua creatura autrice di due demo e
del disco “Il falso Centro” edito dalla Lizard Records per la serie La Locanda
Del Vento.
Mulas
Nasce a Nuoro ed inizia lo studio del pianoforte all’età di quattro anni. Studia
presso il conservatorio di Cagliari dove consegue il compimento inferiore di
composizione sotto la guida del Maestro Franco Oppo nel 1999 e la laurea di I e
II livello in musica elettronica nel 2007 a pieni voti. Oggi si dedica al genere
con passione registrando questo album formato da undici composizioni. L’artwork
è semplice, contenente le foto di Sara Deidda mentre la grafica è a cura di
OndemediE.
La
musica che si ascolta è realizzata dall’artista nel corso degli anni ed è resa
rinnovata dal trio completato da Alessandro “Cinzio” Atzori al contrabbasso e
Pierpaolo Frailis alla batteria.
Il
protagonista indiscusso è il pianoforte, ad iniziare da “Un Giorno Ancora”,
dove le atmosfere sono raffinate e leggere. Molto sentimento e passaggi che mi
ricordano il tocco di Sante Palumbo, altro grande dello strumento in questione.
Si
acquista vigore con “Agitazione” qui Mulas mette sul piatto tutta la tecnica e
l’intensità di cui è in possesso. Un lungo assolo che corre fra scale crescenti
e decrescenti. La ritmica è soffice, mai sopra le righe, diciamo più
d’accompagnamento che di sostegno. Il contrabbasso del suo ha un suono che
avvolge e scalda.
Il
movimento più lungo è intitolato “Grey” della durata di sette minuti e mezzo,
anche qui risiede quiete ma anche ritmo, un brano ricercato oltre che tecnico.
Jazz di personalità con “Bobcat” ma è tutto l’album un susseguirsi di atmosfere
intriganti, fra il delicato ed il vigoroso, il tutto per la causa Jazz
melodico.
Oggi
ascoltare un disco del genere è come fare un salto nel tempo, manna dal cielo,
perché è vero che il Jazz non morirà mai, ma è altrettanto vero che nel marasma
della musica moderna esso oggi sta
subendo duri colpi vagando nel disinteresse collettivo. Chi ricorda ed ama il
trio Sante Palumbo, Tullio De Piscopo, e Franco Cerri (del quale sottolineo la
recentissima e dolorosa dipartita), avrà di che gioire perché Mauro Mulas Trio
viaggia su questi binari di assoluta bellezza, una perla in questo 2021. MS
sabato 23 ottobre 2021
Welcome Coffee
WELCOME COFFEE - Light Years Away
Autoproduzione/ Marco Parlante
Distribuzione: Overdub Recordings
Genere: Progressive Rock
Supporto: Soundcloud - 2021
Abbiamo
lasciato i Welcome Coffee nel 2017 autori di quell’interessante EP intitolato “The
Mirror Show” (autoproduzione) con tante buone intenzioni per il nuovo album.
Oggi a distanza di quattro anni eccoci qui a raccontare i suoni e le emozioni
di “Light Years Away”.
La
band triestina formatasi nel 2012 giunge dunque al terzo disco ufficiale della
loro carriera con la formazione attuale composta da Alessandro Cassese (chitarra),
Stefano Ferrara (basso, chitarra acustica), Andrea “Armando” Scarcia (voce ,
armonica), Andrea Parlante (tastiere) e Michele Manfredi (batteria).
Nel
tempo il sound acquisisce sicurezza, avvicinandosi ad un suono leggermente più
duro, una forma di Rock maggiormente vivace pur mantenendo sempre ben saldi
alcuni tipi di stilemi progressivi. Il disco ha dieci canzoni per una durata di
circa 47 minuti, mentre la copertina è ad opera del grafico argentino Andres
Furioso. Il cantato in lingua inglese è la strada scelta dal quintetto e lo
possiamo ascoltare sin dall’iniziale “4th Dimension” che molto ha del carattere
sonoro dei Muse. Il pezzo scorre bene nei cinque minuti sostenuto da un
semplice ritornello e un buon uso delle tastiere in senso generale. Convincente
anche la fase conclusiva di una chitarra che si immerge in un breve viaggio
psichedelico. Con “She” la band mostra i muscoli addentrandosi in un
condotto energico impreziosito dai lievi
cambi di tempo e di umore. Questa volta sono le chitarre a darsi da fare oltre
che ovviamente la ritmica, qui in ottimo spolvero.
"Light
Years Away" è il primo singolo del quale viene realizzato anche un
videoclip. Qui si può apprezzare la crescita artistica dei Welcome Coffee dove
gli arrangiamenti sono ben curati, arma vincente del brano. La melodia è
orecchiabile in un contesto che ha del “senza tempo”. Energia positiva.
Il
Progressive Rock compare in maniera netta nella canzone “Sick”, ancora una
volta le melodie sono orecchiabili e gradevoli, la prova vocale di Andrea
“Armando” Scarcia è perfetta nel contesto. Arriva anche il momento delle
atmosfere rilassanti grazie a “Rainbows & Clouds”. I Welcome Coffee tornano
a ruggire con "Ice in my mouth", qui un mix di Rock, Prog e Metal
anni ’90 ad infarcire il brano. Molto ruffiana “Just Say No”, ennesima conferma
della crescita artistica, certi trucchi di strutturazione del brano vengono
messi in pratica in modo preciso e professionale, fino al raggiungimento di un
risultato piacevole e mai monotono. Esperienza si, ma anche cultura musicale
riguardante un certo tipo di passato prossimo sonoro. Un giro di basso apre nel
Blues “We’ve Broken Up”, la base del Rock messa a disposizione del presente. Qui
le tastiere fanno buona vetrina.
E’
la volta del secondo lento dell’album intitolato “Stolen Land”, mi viene da fare
un paragone non tanto per il suono che poco o nulla ha da spartire, però
l’andamento mi fa venire alla memoria i passaggi più acustici degli Opeth misti
ai Queensryche più ricercati. Interessante l’innesto dell’armonica.
Il
disco si chiude con il ruggito di “The Man Who Cried The World”, tanta sostanza
e mestiere.
I
Welcome Coffee hanno confezionato un prodotto moderno, snello e ricco di buone
melodie, consigliato agli amanti della musica in senso generale, senza
etichette. MS
Collettivo Casuale
COLLETTIVO CASUALE – Aria
Music Force - Egea Music
Genere: Rock – Cantautore
Supporto: cd – 2021
Musica
è innanzi tutto condivisione, le emozioni che un artista vuole trasmettere
passano attraverso di essa. Non è raro che alcuni musicisti si incontrano per
caso e poi trovare un buon feeling. Questo è ciò che è accaduto anche a Konrad,
Diana Rossi e Piero Filoni. Durante il tour estivo di Konrad per la
presentazione dell’ultimo album “Luce” (Music Force – 2019) avviene l’incontro
e l’intesa da cui nasce questo progetto nominato Collettivo Casuale.
Konrad
ho già avuto modo di presentarlo in una mia recensione (https://nonsoloprogrock.blogspot.com/2019/06/konrad.html)
ed
è un cantautore poliedrico con alle spalle collaborazioni importanti come
quella realizzata con Mauro Pagani, quando il chitarrista faceva ancora parte
della band Radiolondra.
Piero
Filoni studia violino al conservatorio di Milano sin dalla tenera età di sei
anni! A dodici si trasferisce a Kuwait City dove si approccia alla chitarra e
alla tromba. Il suo girovagare nel suonare per strada lo riporta in Europa e
l’amore per il cantautorato è totale. Incide tre album, “Via”, “Il Film” e
“Antozoologia”. Forse qualcuno di voi lo ricorderà nel reality game “Pekino
Express” dove ha gareggiato assieme a Paola Barale.
Diana
Rossi vive di energia pura suggeritagli dall’arte, fra colori, sperimentazione
e canto. Organizza diversi laboratori ed eventi artistici, coinvolgendo il
pubblico per risvegliare in loro capacità creative e percettive. Studia la voce
ed è al momento coinvolta in spettacoli musico culturali.
L’incontro
fra questi tre artisti porta alla realizzazione di “Aria”, album cantato sia in
lingua italiana che in inglese e composto da dieci tracce. Tre caratteri
differenti innestati fra di loro portano ad un percorso sonoro davvero policromo.
E allora iniziamo proprio dalla canzone “Aria” e dagli arpeggi di chitarre, questi ci introducono in
un mondo sonoro che ha radici profonde e lontane, infilzate negli anni ’70.
Bello il gioco di voce e contro voce fra Konrad e Rossi, così l’assolo di
chitarra elettrica che fa del titolo della canzone un nomen omen. Più allegra “Nessun Reso
Previsto”, orecchiabile nell’incedere e nel ritornello, tanta storia italiana
fra le note.
Una
capatina nel Rock in stile Matia Bazar in “L’Io Egemone”, bene arrangiata con
gli effetti vocal phone, e sottolineo anche il bel ritornello cantato da Rossi.
Americana “My Little Thing”, altro bagno negli anni ’70 tra il Folk ed il Rock.
Poteva mancare il Country? Direi proprio di no, cade a fagiolo “Giuly”.
Toccante la ballata “Going Away” che per molti tratti mi ricorda il migliore James
Blunt.
“Fabrizio”
dal quale brano è tratto anche il video, è vicino al mondo di Fiorella Mannoia,
tanto per fare intendere il contesto sonoro. Confesso che all’ascolto ti fa
stare bene. Segue “Trema La Pioggia”, altro lento adatto alle caratteristiche
vocali di Diana Rossi. Si respira aria di West America in “Strada Di Luce”,
canzone da cantare tutti assieme la sera accovacciati avanti ad un bel falò. Il
disco si conclude in maniera eterea con “Un po’ Di Sole Ancora”.
Collettivo
Casuale, divertente alchimia artistica da ascoltare. Pochi aggettivi da
aggiungere, è semplicemente un disco bello. MS
venerdì 15 ottobre 2021
Uomo e Musica
UOMO E MUSICA
Di Massimo Salari
La
musica nasce con l’uomo, lo accompagna dai tempi dei tempi, è l’udito che ha
fatto il suo naturale percorso. In fondo, il primo suono ritmico che ascoltiamo
è già nella pancia della nostra mamma… Il suo cuore. Una volta nati viene il
suono, ossia il riconoscere ed associare un oggetto, o una azione a quanto
ascoltato. Esso ha una frequenza nel tempo.
Per
l’uomo primitivo, l’associazione di suoni è poi d’importanza vitale, il
riconoscere ad esempio le situazioni di pericolo o versi di alcuni animali
pericolosi. Nasce anche la necessità di esprimersi a suoni, anche per lunghe
distanze, il suono come mezzo di comunicazione, far viaggiare il suono al posto
delle persone, molto più veloce e sicuro. Molte tribù comunicavano fra di loro
percuotendo oggetti, come ad esempio tronchi vuoti o quant'altro. Si riunivano,
descrivevano situazioni di pericolo o di allarme, ma a volte anche di festa. Il
tronco vuoto percosso lascia così adito anche all'interpretazione del gusto
personale, al piacere del movimento, perché il suono ritmico è anche
rassicurante. Tutto si riallaccia al ritmo del cuore, quello che abbiamo
sentito da sempre, sopra di esso come intensità, il suono ci invita a
situazioni di euforia o di agitazione, più lento invece a situazione di
tranquillità, calma o di riflessione. Non è naturale e quantomeno non usuale, adoperare
ritmi veloci per momenti di meditazione, salvo alterazioni mentali dovute ad
altre sostanze esterne non usuali. E’ nella nostra natura.
Nasce
dunque la musica, per definizione così descritta:
“La
musica (dal sostantivo greco μουσική) è l'arte dell'organizzazione dei suoni
nel corso del tempo e nello spazio.
Si
tratta di arte in quanto complesso di norme pratiche adatte a conseguire
determinati effetti sonori, che riescono ad esprimere l'interiorità
dell'individuo che produce la musica e dell'ascoltatore; si tratta di scienza
in quanto studio della nascita, dell'evoluzione e dell'analisi dell'intima
struttura della musica. Il generare suoni avviene mediante il canto o mediante
strumenti musicali che, attraverso i principi dell'acustica, provocano la
percezione uditiva e l'esperienza emotiva voluta dall'artista.”.
La
musica si sviluppa, nel tempo cambiano i supporti per crearla, l’arte subentra
già nell'era primitiva, quando al suono di percussioni si affinano strumenti
appositi, magari anche nati casualmente, ma nel tempo modificati e resi
funzionali all'uopo. Un esempio un bastoncino vuoto che soffiandoci dentro
produce un suono, in seguito migliorato facendo su di esso dei buchi. Un
piffero. Chiudendo i fori con le dita, i suoni cambiano. Ecco il suono al
servizio del piacere e del diletto umano.
La
musica viaggia soprattutto nel sistema limbico del cervello e scatena come già
detto la dopamina, vera e propria droga. Essa non è indispensabile per i
termini biologici, ossia non allunga la vita, si può vivere benissimo anche
senza, tuttavia è adatta a stuzzicare le nostre capacità mentali.
Per
questo esiste anche la musicoterapia, perché riesce a lenire del 15% il dolore
fisico (esperimenti fatti sulle persone, con
mani immerse nel ghiaccio o ferro ardente che si scalda nella mano,
dimostrano che chi ascolta musica resiste un poco di più al dolore). Con il
tempo ci si accorge che esiste anche l’Amusia, ossia l’incapacità di ascoltare
la musica e di memorizzarla, in fin dei conti è come la dislessia nella
lettura. Grazie ad essa, si è capito che musica e linguaggio sono due cose ben
distinte nel nostro cervello.
Amusici
sono il 5% della popolazione mondiale. Altro fenomeno è la Sinestesia ossia la
capacità di associare colori, sapori ed odori alla musica.
Nel
tempo le strumentazioni rendono la musica più articolata e complessa, adatta a
tutte le esigenze e nasce anche quella di scriverla per dettargli delle regole
univoche per tutti. Fino circa al IX secolo i canti venivano tramandati
mnemonicamente, ma grazie ai canti devozionali cristiani nel VIII secolo
nascono i primi appunti rudimentali su carta,
i monaci durante la direzione dei cori si appuntano l’alto ed il basso
del tono da eseguire, questi sali e scendi sono chiamati segni chironomici. Da qui parte l’evoluzione
sino al raggiungimento del pentagramma e
delle note.
I
gusti della popolazione all’ascolto della musica, sono generalmente legati agli
eventi della vita, ai singoli episodi stessi i quali modificano l’esistenza ed
il modo di pensare, di conseguenza, essendo la musica un linguaggio anche
scritto, è dunque cronaca del periodo.
Un
esempio per far capire il concetto, la musica ed i testi di Bob Dylan non
sarebbero stati tali senza la “Guerra in Vietnam”.
Tuttavia
la musica ritmata per il ballo, ossia quella meno destabilizzante in quanto maggiormente
ripetitiva, è quella che nei secoli va per la maggiore. La massa in essa si
riconosce e si rassicura, nascono per questo anche i balli di gruppo. Si
costruiscono posti dove poterla vivere al meglio, come balere e discoteche,
dove la musica ad alto volume subentra nell’individuo rendendolo euforico e
felice, portandolo al ballo liberatorio.
L’uomo
mette necessariamente del tempo ad adattarsi ai mutamenti degli eventi, c’è chi
più degli altri si spinge alla ricerca e alla sperimentazione, ma in generale
questo individuo all’inizio viene emarginato e messo in una bolla precauzionale
d’ indifferenza dalla massa, proprio come per un virus. Eppure è colui che
progredisce e fa migliorare il nostro stile di vita, in effetti tutto questo
viaggia nella normalità dell’evoluzione
della specie.
La
musica “complessa” dunque esiste, necessariamente supportata da una tecnica
importante, la ricerca di nuove soluzioni, nuovi suoni e situazioni, fanno
dell’ascoltatore attento un individuo che
gode a pieno della musica, come un prolungamento del suo essere. C’è chi ama
trovarsi destabilizzato, ossia che viene portato in nuovi ed inesplorati limbi
sonori, e chi invece da tutto questo ne trae fastidio. Non esiste una regola
precisa per tutti, resta il fatto che colui che modifica le regole, nel tempo e
solo nel tempo, convince la massa che in qualche modo si adegua all’evoluzione
stessa, facendola propria e riportandola nei canoni della stabilità, magari con
qualche piccola variante. Ognuno per la causa aggiunge del proprio.
Nascono
necessariamente i nomi dei generi musicali, questo per dare punti di
riferimento all’ascoltatore. Essi sono relegati agli stili ed ai ritmi, ma
anche in base alle strumentazioni. Esiste la musica classica, il blues, il
rock, il folk, l’heavy metal, il reggae, l’elettronica e decine e decine di
altri generi.
La
musica psicologicamente riesce a modificare anche i nostri gesti quotidiani,
per esempio fa spendere di più un acquirente nei negozi, specie quella
classica, in cui inconsciamente ci fa sentire degli intenditori (ad esempio, si
compera lo champagne più caro rispetto quello che costa di meno). Viceversa,
una musica forte e ritmata o elettrica, spinge l’acquirente verso la cassa. La
musica classica è anche adoperata da repellente per i vandali nelle
metropolitane di Londra, non è musica cool e non piace al vandalo. Anche gli
animali pur non componendo musica, hanno comunque differenti sensazioni
all’ascolto, ad esempio, la mucca con Simon & Garfunkel fa più latte,
mentre le galline fanno più uova con i Pink Floyd.
Sino
ad ora abbiamo inteso la musica come coralità di strumenti e di suoni, ma lo
strumento per eccellenza che ci portiamo tutti appresso ogni giorno è quello
della voce. Essa sa modulare e trasformare l’aria in suono attraverso la cassa
toracica che la contiene, il diaframma che la spinge, la gola che la armonizza
attraverso le corde vocali e la bocca che l’indirizza tramite la postura della
lingua.
Come
per gli strumenti musicali, anche per la voce esiste chi ci sperimenta.
Quando
in Italia si parla di sperimentazione vocale, non può che venire alla memoria
il grande sforzo artistico del cantante degli Area (band jazz prog degli anni '70)
Demetrio Stratos.
DEMETRIO STRATOS
La
voce la spinge dove nessun altro ha mai osato prima. Famoso il suo fischio
glottico a diverse armoniche. "Se
una 'nuova vocalità' può esistere dev'essere vissuta da tutti e non da uno
solo: un tentativo di liberarsi della condizione di ascoltatore e spettatore
cui la cultura e la politica ci hanno abituato. Questo lavoro non va assunto
come un ascolto da subire passivamente, 'ma come un gioco in cui si rischia la
vita' " (dalle note introduttive a METRODORA Collana DIVerso n. 5 di
Demetrio Stratos, 1976).
Il
grande pubblico lo conosce negli anni '60 con il gruppo I Ribelli (quelli di Pugni Chiusi), ma il suo ricordo è
sempre associato agli Area.
Nasce
in Egitto e si trasferisce in Italia, studia architettura ma il vero proposito
è lo studio della voce, la sua fonetica ed il volerla liberare dagli stereotipi
del modello canzone. Molti i vocalizzi sciamani nel suo immenso repertorio e
persino armoniche quadrifoniche.
Muore
trentaquattrenne in un ospedale Newyorchese il 13 Giugno 1979 a causa di una
fulminante leucemia. Molti artisti ed amici organizzano un mega concerto
nell'Arena civica di Milano nell'intento di racimolare dei soldi per la cura ma
purtroppo il tutto tardivamente, il cantante muore tre giorni prima
dell’evento.
L'idea
di Stratos nel cercare la voce in quanto strumento, viene a lui ispirata
dall'ascolto della lallazione di sua figlia di pochi mesi. L'uso della fonetica
di un infante sta a significare il senso di ciò che si vuole, pur senza l'uso
della parola. Lo stupore, il proferire vocalizzi nell’esternare il
compiacimento di un buon cibo mangiato o semplicemente il pianto, sono punto d'
ispirazione se accanto a questo si aggiunge il senso di una parola.
Il
suono è dunque parte fondamentale della nostra esistenza e serve per vivere
meglio, dovremmo dedicarci di più ad ascoltare che a sentire, perché ascoltare
è dedicare l’attenzione a quel suono, mentre il sentire è un ascolto distratto
senza concentrazione (ad esempio sentiamo passare una macchina ma non
memorizziamo, in quanto suono già conosciuto). La nostra evoluzione passa anche
attraverso l’ascolto, così la nostra cultura ed il benessere che ne traiamo.
mercoledì 13 ottobre 2021
Playlist Prog Scandinavo, Americano, Polacco
PLAYLIST PROG SCANDINAVO, AMERICANO, POLACCO
Ho creato tre playlist su You Tube riguardanti il Progressive Rock, nei paesi nordici, in America ed in Polonia. Interessante è ascoltare la differenza fra le nazioni, anche se la globalizzazione di internet ha molto accomunato il genere. Il Progressive Rock nordico ha sicuramente atmosfere più scure e riconducibili ai King Crimson e Van Der Graaf Generator su tutti. L'America resta maggiormente orecchiabile in quanto propensa al prodotto che vende di più come suggerisce il loro dna (non tutte le band ovviamente sono commerciali, ci sono anche moltissime che fanno musica impegnata... Intendiamoci, l'America è grande). La Polonia invece stupisce per modernità, ossia ricerca di più le soluzioni miste a psichedelia quella dettata da band più recenti come Porcupine Tree, No Man, Steven Wilson etc. In più hanno una grandissima tradizione Neo Prog, molte hanno come punto di riferimento i Pendragon o i Marillion. Non a caso proprio i Pendragon e gli Arena spesso registrano in Polonia i loro live. Spero che qui possiate trovarci nuove emozioni. Buon ascolto.
PROGRESSIVE ROCK PAESI SCANDINAVI
https://youtube.com/playlist?list=PLpblr4wcA1FRbz4q81YypiWAdRESkvEKb
domenica 10 ottobre 2021
Donazione
Le recensioni tramite link di file vengono effettuate, ma ovviamente la precedenza spetta a chi manda il disco fisico (o che compero io), anche perchè vengono valutati sia l'artwork che la qualità del suono nell'insieme.
sabato 9 ottobre 2021
Three Generations
THREE GENERATIONS - Caligiuri -
Tavolazzi – Capiozzo
MaRaCash Records
Genere: Jazz/fusion
Supporto: cd/vinile - 2021
La
buona musica si sa non ha tempo o età, nel senso che sembra vivere in un limbo
inclassificabile, certamente la strumentazione può fare la spia e così il suono
della registrazione, ma se nel caso le strumentazioni dovessero essere
classiche, allora l’identificazione diventa ardua.
C’è
un genere che ancor più sembra non tramontare mai, il Jazz, quello caro a molte
band italiane che attraverso la mediterraneità hanno scritto pagine importanti
della storia della musica italiana. Se andiamo ad analizzare il periodo più
interessante e prolifico di questo filone ricade nei primi anni ’70 quando
formazioni come Area, Perigeo, Bella Band, Arti & Mestieri, Agorà e
moltissime altre ancora, hanno saputo deliziare i nostri padiglioni auricolari
oltre che scaldare l’anima.
Il
tempo passa, ma la tradizione di questa nobile arte si tramanda di artista in
artista, ecco che certi incontri diventano una nuova valvola di sfogo e di
idee, questo quando le nuove leve si innestano con i maestri del passato.
Il
nome del progetto Three Generations sorto nel 2016 è proprio il sunto di questo
preambolo, creato da tre musicisti di valore e di età differenti, il pianista e
tastierista Leo Caligiuri (alcuni amanti del Prog lo ricorderanno nei Altare
Thotemico), il bassista e contrabbassista Ares Tavolazzi (Area) e il batterista
Christian “Chicco” Capiozzo, figlio del bravissimo Giulio Capiozzo (Boretto, 18
febbraio 1946 – Cesenatico, 23 agosto 2000) motore della band storica Area.
La
strada intrapresa dal trio non può essere che quella del Jazz, ma anche della ricerca,
ovviamente dentro c’è molto cuore Area e a tratti durante l’ascolto potrebbe
anche scendere una lacrimuccia di commozione relegata i tempi che furono. Otto
brani per più di 45 minuti di musica. Leo è un grande tastierista, non lo
scopriamo sicuramente oggi, e ci delizia con i suoi tasti d’avorio che danno
suono alla delicatezza d’animo. Christian è un talento puro, neanche a dirlo, e
che dire del maestro Ares? Sempre preciso senza sbavature e poliedrico. Il
disco suona molto bene e ci regala momenti caldi ed avvolgenti come in
“Journey” o nell’iniziale “Cerambyx”. Giustamente alcune cose potrebbero
benissimo risiedere nella discografia Area, come il brano “Indian Market” che
tanto mi ha emozionato, e che dire di “Stratos”? Un grandioso tributo al
cantante scomparso degli Area Demetrio Stratos (Alessandria d'Egitto, 22 aprile
1945 – New York, 13 giugno 1979). L’ascolto spesso viene effettuato ad occhi
chiusi con il piede che batte il ritmo inesorabilmente, tutto questo perché la
musica è davvero coinvolgente.
Quando
mi riferisco alla delicatezza d’animo di Leo Caligiuri mi riferisco soprattutto
a “Here”, brano delicato dal sapore antico, come quando Duke Ellington ci spaccava
il cuore. “Memories” è un pezzo ricercato nelle soluzioni sonore, e piacevolissimo
risulta l’intervento del flauto sempre ad opera di Caligiuri. La conclusione è
affidata a “Sunset Poetry”, mentre l’ambiente circostante si riempie d’aria
pura, una gemma che sfiora anche il mondo del Folk pur restando dentro certi
canoni oramai noti.
Questo
album è davvero piacevole, una chicca che nessun amante dei generi descritti si
deve far mancare! Ve lo assicuro… Mi saprete
dire.
Del
disco esiste anche la versione in vinile oltre che in cd. MS
sabato 2 ottobre 2021
La Società Virtuale
LA SOCIETA' VIRTUALE
Di Massimo Salari