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mercoledì 1 luglio 2020

The Black Noodle Project

THE BLACK NOODLE PROJECT – Code 2.0
Progressive Promotion Records
Distribuzione: G.T. Music
Genere: Psychedelic/Space Rock
Supporto: cd – 2020



Sono venti gli anni di carriera del gruppo francese The Black Noodle Project del polistrumentista Sébastien Bourdeix, un traguardo invidiabile che non tutti i musicisti hanno la fortuna di raggiungere. Solo chi sa dire qualcosa di interessante nel tempo riesce a raccogliere quanto seminato.
Sono serviti tre anni a Sébastien per portare al termine la sua ottava fatica intitolata “Code 2.0”. Ancora le argomentazioni vanno a rovistare all’interno dell’essere umano, cogliendo gli aspetti più intimi e psicologici. L’albero secco contenente nel tronco una sagoma di donna con tanto di radici in evidenza su sfondo completamente bianco, non è altro che un messaggio che si contrappone alla precedente ed oscura copertina di “Divided We Fall” del 2017. Essa è ad opera di Emilie Ouazi.
I musicisti che partecipano a questo nuovo progetto sono Fabrice Berger (batteria) e Anthony Létévé (basso), oltre che Sébastien Boudeix alla chitarra, voce, tastiere e basso.
Il disco è suddiviso in sette atti, tutti di media durata che oscilla dai cinque minuti ai sette e mezzo. Il sound si avvicina sempre più a quello di band come Anathema ed Opeth ultimo periodo, alternando momenti vigorosi ad altri più malinconici e ponderati. Una carta vincente per chi ama coccolarsi nelle melodie nostalgiche e riflessive. E si parte dunque con “Acte I” (nascita e crescita), in una atmosfera quasi spaziale, come fluttuare nel vuoto cosmico. La chitarra arpeggia e conduce le danze in questo strumentale che già mette in chiaro l’importanza delle melodie. Non manca l’inquietudine e il crescendo sonoro si alterna a momenti di quiete, musica che fa pensare, o perlomeno immaginare. La qualità dell’incisone esalta maggiormente il risultato, il disco è mixato e masterizzato da Lionel Forest nei DS Sound studio.
In “Acte II” (inganno/acquisizione) gli Anathema di “Fragile Dreams” sono molto vicini, il brano si districa bene nei sbalzi umorali, anche in questo caso trattasi di strumentale.
L’anima viene toccata in “Acte III” (la visione del mondo), un piccolo squarcio di sole punta a diradare le nebbie per lasciar intravedere il mondo. La chitarra è in stile Pink Floyd, e fa da sottofondo ad un estratto parlato in lingua francese tratto da “La Misére” di Victor Hugo (1849). Un arpeggio apre “Acte IV” (amore), il brano più dolce dell’intero disco, suonato egregiamente con l’uso della chitarra ancora una volta differente, qui non accompagna ma esegue sostituendosi alla voce. C’è tenerezza, appunto amore.
Il ritmo sale con “Acte V” (andare oltre/costruire/stabilità) pur rimanendo sempre nello stile The Black Noodle Project. Il brano in questione ben si sposa con la copertina dell’album, qui perfetta traduttrice in immagine del concetto espresso dalla musica.
In “Acte VI” (la felicità di essere padre ed avere una famiglia) ci sono voci, quelle di Sandrine e Clément Bourdeix, il tutto è in famiglia e scusate ancora se mi sovvengono in mente i fratelli Cavanagh (Anathema), ma è inesorabile, sia per l’approccio sonoro che strutturale.
Il disco si conclude con “Acte Final” (attraverso la luce/morte), il viaggio umano giunge al termine su questa terra, Léon Burghgraeve accompagna alla voce Sébastien, mentre la musica fa da epitaffio.
Un disco profondo, triste, aperto, narrativo, un percorso per chi vuole lasciarsi trasportare da certe arie e per chi ama le band che ho citato. MS




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