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sabato 20 giugno 2020
venerdì 12 giugno 2020
A Lifelong Journey
A
LIFELONG JOURNEY - A Lifelong Journey
Autoproduzione
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2019
Spesso
anche nei social, molta gente si chiede se il Rock Progressivo sia una musica
datata, a mio avviso datato è ciò che ha smesso di evolvere e quindi fermo in
un certo momento del tempo. Il Prog (nomen omen) oggi ci sta abituando a
repentini cambi di stile, poi questo possa piacere o meno è un altro discorso. Fare
Prog oggi ha dunque differenti significati, chi resta relegato alle band di un
tempo (Genesis, Yes, Gentle Giant, King Crimson etc.) e quindi ad uno stile ben
distinguibile, oppure quello di tentare nuove vie e nuovi innesti stilistici.
Gli italiani A Lifelong Journey stanziano in una
via di mezzo, molto devoti ai fasti del passato (Genesisi in primis) e comunque
con uno sguardo personale a quello che è il suono di oggi.
Sono
due giovani polistrumentisti di Pavia, Mauro Mugiati (voce, tastiere, basso,
chitarra acustica), e Brian Belloni
(chitarre, batteria).
L’album
di debutto si intitola “A Lifelong Journey” e la scelta di chiamarsi come il
titolo dell’album è avvenuta casualmente, in poche parole nasce prima il titolo
dell’album e poi del progetto band. Nell’album quello che spicca all’orecchio
del fans del Prog sono proprio gli ingredienti che lo compongono, ci sono
Mellotron, Hammond, Leslie, suite e tutto ciò che può indirizzare l’ascoltatore
in tal verso.
“A
Lifelong Journey” si compone di due suite “Part1” e “Part 2”, per una durata
totale di una cinquantina di minuti. La genesi del concepimento inizia quattro
anni prima dell’uscita, e viene registrato nel 2018 agli studi Elfo di
Piacenza, ci tengo a precisarlo perché la qualità sonora è equilibrata e
pulita. Gradevole anche l’artwork ad opera di Mirko Filippelli, un libretto
semplice e raffinato, contenete i testi e disegni che ben sposano la causa
Prog, tanto da darmi reminiscenze “A Trick Of The Tail” (Genesis).
Anche
le composizioni si aggirano in tal senso attorno a questo gruppo storico.
“Part1” si apre con un Mellotron che la dice lunga su quanto andremo ad
ascoltare, per poi passare a fughe in stile Spock’s Beard. La chitarra si
addentra in meandri Floydiani per poi scivolare quasi indifferentemente verso
Steve Hackett. Cambi repentini di tempo ed umorali, sino ad andare a sfiorare
il Prog attuale con velature Steven Wilson tanto per intenderci e così si chiude
anche il cerchio passato e presente.
Le
tastiere sono sempre in evidenza, mentre le chitarre molto spesso accompagnano
il tutto senza strafare.
“Part
2” non si apre con il Mellotron ma con un piano e un motivo lento ed arioso. Il
terreno è quello del Neo Prog, ancora
sprazzi di Spock’s Beard (su tutti “The Light”) e giochi di batteria. Segue un
basso stile “Outer Limits” dei primi IQ e tutto appare in un aurea di magia
senza tempo.
Io
che seguo molto il genere in questo debutto trovo tanto materiale e tanto
amore, il tutto mi emoziona e mi piace.
I
giovani sanno fare Prog, lo hanno assorbito per poi rielaborarlo con la cultura odierna, possiamo dormire sonni
tranquilli il genere è in buone mani, anche in quelle dei A Lifelong Journey,
grandi mani! MS
sabato 6 giugno 2020
Paolo Volpato Group
PAOLO VOLPATO GROUP – Contro
Lizard Records
Distribuzione: G.T. Music
Genere: Jazz Rock
Supporto: cd – 2020
Nel 2017 ci lascia uno dei chitarristi più influenti della scena Fusion, Jazz Rock, Allan Holdsworth. Esso ha militato anche in gruppi Progressive Rock come Soft Machine, Tempest ed UK. Nella sua importante discografia che inizia nel 1976 ha toccato svariati stili, inventandosi differenti tecniche fra le quali spicca negli anni ’80 quella supportata dal Synthaxe con il quale ha suonato controllando sei sintetizzatori contemporaneamente. Uno stile unico che ha ispirato diversi musicisti dediti all’astrazione. Il non essere di facile catalogazione per un musicista di per se non è un grave problema se non addirittura un vanto, la musica non globalizzata e di forte personalità gode esclusivamente di vita propria, anche se questo spesso non porta a successi eclatanti a causa della difficile comprensione della stessa. Quello che conta è il messaggio artistico, per semplificare maggiormente il concetto basta pensare che la musica è un linguaggio, dove le parole non arrivano più li inizia la musica, e di linguaggi per farsi comprendere ce ne sono davvero tanti.
In Italia a tutto questo ci pensa Paolo Volpato, Allan Holdsworth viene ricordato in maniera importante ed esaustiva, Volpato è un chitarrista veneto della provincia di Venezia ed un amante della Fusion. “Contro” è il suo esordio discografico, composto da otto brani di cui sette strumentali e per registrare il tutto il chitarrista si coadiuva dell’aiuto di special guest come Alessandro Serravalle (voce in “Nelle Tensioni”), Frank Pilato, Marcello Contu ed Alessandro Giglioli, mentre il Paolo Volpato Group è formato da Paolo Volpato (chitarra, synth guitar), Roberto Scala (basso), Adrian De Pascale (batteria), Luca Vedova (basso), Michele Gava (doble bass), Michele Uliana (clarinetto, sax) e Giacomo Li Volsi (piano).
Si inizia con “Preludio/Contro”, una composizione al limite della psichedelia dove il suono accarezza l’ambiente che circonda, adagiando le proprie note con delicatezza nella mente dell’ascoltatore. Differenti le sensazioni che scaturiscono dall’ascolto, compreso il nervosismo elettrico di certi suoni alla ricerca strutturale legata da una buona tecnica dello strumento, capace di sciolinare gradevoli scale melodiche.
Ci si addentra in certa Fusion con “Ziqqurat Baby”, personalmente il suono mi rimanda alla mente quello dei canadesi Uzeb, grazie soprattutto all’uso importante del basso, ma quando subentra Volpato con la chitarra, il gioco cambia radicalmente.
Fra i brani più lunghi dell’album c’è “Ossigeno” con i suoi otto minuti abbondanti, qui la ricerca e l’astrazione sono palesate abbondantemente, le dita scorono velocemente sulla tastiera della chitarra che si esibisce in un duetto con la batteria. A seguire il pezzo più breve “Scalea”, fra mare e gabbiani la chitarra riesce a far sognare ad occhi aperti grazie anche ad echi ed arpeggi.
Un piano apre “Nelle Tensioni”, momento a mio modo di ascoltare più elevato dell’intero disco, perfetta conferma di quanto descritto sino ad ora ed impreziosito dall’intervento narrante e sperimentale di Alessandro Serravalle (Garden Wall, Officina F.lli Serravalle). Tanti gli stili musicali richiamati e palesati, dal Rock alla psichedelia passando per il Jazz.
“Labirinti” è un'altra vetrina per le capacità tecniche del gruppo, “GLV” è più riflessiva e comunque sempre ricercata, mentre “Postludio/Multicolorato” è proprio una descrizione sinestetica dell’ascolto.
Pur essendo musica di non facile assimilazione questa del Paolo Volpato Group lascia il segno e fa passare tre quarti d’ora fra sorprese, curiosità e novità, tutti aggettivi che nella musica moderna si adoperano sempre più raramente, se non quasi per niente. Allan Holdsworth può essere fiero del suo operato, ma anche Volpato, il quale in questo esordio discografico dimostra una cultura musicale a tutto tondo. MS