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venerdì 12 giugno 2020

A Lifelong Journey


A LIFELONG JOURNEY - A Lifelong Journey
Autoproduzione
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2019


Spesso anche nei social, molta gente si chiede se il Rock Progressivo sia una musica datata, a mio avviso datato è ciò che ha smesso di evolvere e quindi fermo in un certo momento del tempo. Il Prog (nomen omen) oggi ci sta abituando a repentini cambi di stile, poi questo possa piacere o meno è un altro discorso. Fare Prog oggi ha dunque differenti significati, chi resta relegato alle band di un tempo (Genesis, Yes, Gentle Giant, King Crimson etc.) e quindi ad uno stile ben distinguibile, oppure quello di tentare nuove vie e nuovi innesti stilistici.
Gli  italiani A Lifelong Journey stanziano in una via di mezzo, molto devoti ai fasti del passato (Genesisi in primis) e comunque con uno sguardo personale a quello che è il suono di oggi.
Sono due giovani polistrumentisti di Pavia, Mauro Mugiati (voce, tastiere, basso, chitarra acustica),  e Brian Belloni (chitarre, batteria).
L’album di debutto si intitola “A Lifelong Journey” e la scelta di chiamarsi come il titolo dell’album è avvenuta casualmente, in poche parole nasce prima il titolo dell’album e poi del progetto band. Nell’album quello che spicca all’orecchio del fans del Prog sono proprio gli ingredienti che lo compongono, ci sono Mellotron, Hammond, Leslie, suite e tutto ciò che può indirizzare l’ascoltatore in tal verso.
“A Lifelong Journey” si compone di due suite “Part1” e “Part 2”, per una durata totale di una cinquantina di minuti. La genesi del concepimento inizia quattro anni prima dell’uscita, e viene registrato nel 2018 agli studi Elfo di Piacenza, ci tengo a precisarlo perché la qualità sonora è equilibrata e pulita. Gradevole anche l’artwork ad opera di Mirko Filippelli, un libretto semplice e raffinato, contenete i testi e disegni che ben sposano la causa Prog, tanto da darmi reminiscenze “A Trick Of The Tail” (Genesis).
Anche le composizioni si aggirano in tal senso attorno a questo gruppo storico. “Part1” si apre con un Mellotron che la dice lunga su quanto andremo ad ascoltare, per poi passare a fughe in stile Spock’s Beard. La chitarra si addentra in meandri Floydiani per poi scivolare quasi indifferentemente verso Steve Hackett. Cambi repentini di tempo ed umorali, sino ad andare a sfiorare il Prog attuale con velature Steven Wilson tanto per intenderci e così si chiude anche il cerchio passato e presente.
Le tastiere sono sempre in evidenza, mentre le chitarre molto spesso accompagnano il tutto senza strafare.
“Part 2” non si apre con il Mellotron ma con un piano e un motivo lento ed arioso. Il terreno è quello del Neo Prog,  ancora sprazzi di Spock’s Beard (su tutti “The Light”) e giochi di batteria. Segue un basso stile “Outer Limits” dei primi IQ e tutto appare in un aurea di magia senza tempo.
Io che seguo molto il genere in questo debutto trovo tanto materiale e tanto amore, il tutto mi emoziona e mi piace.
I giovani sanno fare Prog, lo hanno assorbito per poi rielaborarlo con  la cultura odierna, possiamo dormire sonni tranquilli il genere è in buone mani, anche in quelle dei A Lifelong Journey, grandi mani! MS

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