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domenica 24 novembre 2019

Falena


FALENA – Una Seconda Strana Sensazione
La Locanda Del Vento – Lizard Records
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2019


La copertina del terzo album dei laziali Falena ad opera di Armando Zelinotti, cela il viso di un uomo che si intravede dietro degli occhiali e la mano in volto che accompagna la sigaretta alla bocca. Lui è un uomo medio, un antieroe dalla personalità complessa, sfuggevole,  che fa della normalità la sua forza e questo argomento è il concept dell’intero album. Il libretto è molto illustrato, tutto in bianco e nero contenente disegni, testi e credits.
Dunque dopo “Impressioni” (2007) e “L’Idiota” (2013), è la volta di “Una Seconda Strana Sensazione”, prodotto dalla Lizard Records per la serie La Locanda Del Vento. E’ suddiviso in quattordici tracce sonore di stampo Rock Progressivo Italiano classico. Il gruppo è composto da Emiliano Sellati (Voce, testi), Alessandro Fusacchia (chitarre, cori), Marco Peschi (tastiere, flauto), Andrea Trinca (basso, cori) e Rossano Acciari (batteria).
Il Rock Progressivo Italiano in questo ultimo anno sta dando frutti interessanti, un lieve innalzamento di qualità rispetto al 2018, rispettando un andamento che lo ha contraddistinto da sempre, fatto di alti e bassi. I Falena contribuiscono a questo innalzamento registrando un prodotto buono, diretto e per certi versi semplice, attento alla melodia, senza perdersi in inutili arzigogoli.
Il concept inizia con lo strumentale “Antefatto”, una chitarra elettrica ripete a loop un riff incisivo per giungere al classico cambio di ritmo che contraddistingue il Prog. Le tastiere sono complici mentre la ritmica risulta pulita e rodata. Tanto profumo di anni ’70, i Falena conoscono la storia del genere e ben riescono a filtrarla attraverso la personalità.  “Un Mite Inverno” si presenta con lo stesso modus operandi, ricordando per certi aspetti Le Orme. Molto bello l’assolo della chitarra che fa volare in alto la mente di chi ascolta, questo spesso accade quando lo stile prende come riferimento David Gilmour dei Pink Floyd e certi suoi passaggi sostenuti.
Suoni di sintetizzatore aprono “Il Dubbio”, brano più ricercato e in stile Metamorfosi, tanto per restare in ambito storico per certi riferimenti sonori. Il sound diventa più greve e cadenzato, le atmosfere si incupiscono donando al disco ulteriore interesse e profondità di ascolto.
“Il Peso Della Misura” è un altro esempio di cosa è una canzone Prog di stampo italico, con melodie delicate e facili da ricordare, contenente passaggi introspettivi riguardanti l’animo dell’uomo in analisi. Dopo un breve momento rumoristico si giunge a “Passaggio”, iniziato dalla chitarra acustica e voce per poi aprirsi in maniera ariosa con tutte le strumentazioni, flauto compreso. Ricordi del passato si uniscono al presente. La title track invece alza di poco il ritmo pur rimanendo relegata ai stilemi appena descritti.
“L’Erpice” è un altro frangente sonoro breve fatto di suoni, rumori e sensazioni che accompagnano a “Nella Colonia Penale”. Questa volta sono le tastiere ad aprire il brano, un velo malinconico cala nella mente, ma le stesse aprono al ritmo ed improvvisamente il brano prende un altro percorso, sfiorando anche il Neo Prog soprattutto nella fase dell’assolo di chitarra. Un flauto quasi bucolico è protagonista dello strumentale “…Per Un Libero Pensiero”, ancora una volta i ricordi sembrano tornare al passato e a quelle sensazioni che ci hanno fatto amare la musica e la vita.
Un suono di campane accoglie “Requiem…”, brano classico in stile Falena, mentre a seguire si va a “Il Mercato”, dove la voce di Sellati con i cori sperimentano giri a cappella, come la scuola Gentle Giant ci ha proposto nel tempo. Una chitarra elettrica apre “Sete” il brano più lungo dell’album con i suoi abbondanti novi minuti. Una mini suite a tutti gli effetti. Conclude il concept “Conseguenza” e lo fa con suoni elettronici nebulosi e Psichedelici.  
Ho detto che in questo album ci sono tutti gli ingredienti del Prog Italiano storico, in effetti è così, portandosi dietro anche il problemino annoso della voce, che per le band nostrane sembra quasi essere un fatto insormontabile salvo in alcuni rarissimi casi (Banco, Area, Orme, Raccomandata Ricevuta Ritorno…). La voce di Emiliano non sempre mi convince a pieno, pur riuscendo ad interpretare le canzoni con estrema enfasi e in alcuni casi anche in modo perfetto. Questo se proprio devo cercare un neo a un disco che ha molto da dire e che è ulteriore conferma della buona salute del nostro amato genere. Consigliato perché è un ennesimo ponte fra il passato, il presente e la nostra tradizione che spero non muoia mai. MS


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