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sabato 13 ottobre 2018

WYATT EARP


WYATT EARP – Wyatt Earp
Andromeda Relix
Distribuzione: G.T. Music
Genere: Rock – Hard Rock
Supporto: cd – 2018


Quanto Rock a Verona! Un bacino importante dal quale scaturiscono moltissime sorprese.
Ma avrete sentito dire anche voi che il Rock è morto e tutte queste storie analoghe, argomentazione annosa che sopporto dagli anni ’80 con fatica, stanco di questo modo di vedere ed ascoltare la musica come se il mondo si fosse fermato in un determinato periodo. Sappiamo bene invece che tutto procede e che magari muta, volenti o nolenti noi, ma non tutti amano il cambiamento e si avvinghiano alle loro certezze. Il DNA puro del genere ad oggi è ancora salvaguardato da una legione di musicisti duri e crudi, e chi è cresciuto con il Rock anni ’70 (me compreso) ha le sue validissime ragioni per salvaguardarlo.
Con il nome di un noto sceriffo cacciatore di bisonti del Far West, i veronesi Wyatt Earp si fondano nel 2003 per il volere del chitarrista Matteo Finato con l’intento proprio di portare avanti l’essenza del Rock e dell’Hard Rock, caro a band storiche come Deep Purple, Uriah Heep, Kansas, Grand Funk Railroad e ancora molte altre.
Il batterista Davide “Cava” Cavalca ad un certo punto abbandona la band, lasciando il posto dietro le pelli a “Silvio “Hammer” Bissa, cantante del gruppo.  Alla fine del 2016 dopo una lunga ricerca l’attenzione della band si sofferma su Leonardo Baltieri. Completano la line up Fabio “Led” Pasquali al basso e Flavio “J” Martini alle tastiere.
Il disco d’esordio in analisi si intitola proprio “Wyatt Earp” ed è composto da sei canzoni, accompagnato da un artwork ben fatto con tanto di foto e testi scritti. Il cantato è in lingua inglese, mentre l’incisione è buona, lasciando quel senso di velatura (quasi polvere) che fa il Rock in esame, polveroso e stradaiolo come si deve.
I riff sono magnetici, è vero che i deja vu- fuoriescono di tanto in tanto, tuttavia è il genere da preservare che esige questo trattamento, così i ritornelli di facile memorizzazione. Personalmente ho apprezzato moltissimo il solo di chitarra immerso in un mondo “progressivo” dal crescendo mozzafiato contenuto nel brano “With Hindsight”, sapete, quei momenti che vorresti non finissero mai…
 Poi l’Hammond è da pelle d’oca per chi come me ama certi roboanti e grezzi suoni. Frangenti dal ritmo spinto ci fanno muovere e scatenare incondizionatamente, per esempio difficile restare fermi all’ascolto di “Back From Afterworld”. Avete presente certi Deep Purple? Bene. Davvero sembra che il tempo si sia bloccato agli anni ’70. Quando ascolti la mini suite “Gran Torino” non ti sei neppure accorto che è finito il disco e che sono passati tre quarti d’ora.
Un esordio potente e dal chiaro messaggio, e noi possiamo dormire sonni tranquilli, perché la prossima volta che qualcuno ci dirà che il Rock è morto potremmo dire con tutta tranquillità “Ma fatemi il piacere! Ascoltatevi nel 2018 i Wyatt Earp”. MS


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