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venerdì 20 luglio 2018

GTO


GTO – Super
Music Force
Genere: Rock / Cantautore
Supporto: cd – 2018


I GTO sono una band umbra, proveniente da San Leo Bastia in provincia di Perugia. L’amore per il Folk ed il Rock è il propellente per la realizzazione di una nutrita discografia e di brani di successo come “Pellerossa” e “La Cimbolera”, utilizzati dal regista Michael Steike nella colonna sonora del telefilm tedesco “La Sposa”. Con “Super “ giungono alla sesta realizzazione in studio, dopo  “The Best Of” (2000), “Gtoclub” (2002), “Gtospecial” (2007), “Mondiàl” (2010) e “Little Italy” (2013). Hanno venduto oltre diecimila dischi e sapete bene che di questi tempi in Italia è un risultato quantomeno eccellente. Il gruppo è formato da Stefano Bucci (voce), Romano Novelli (chitarra, mandola, armonica), Luigi Bastianoni (chitarra, fisarmonica, piano, organo, cori), Piero Passeri (basso) e Alessandro Bucci (batteria).
“Super” è il titolo ispirato, come raccontato nel back del cd, dal tipo di benzina con cui il furgone della band si nutre, perché una band Rock non può andare né a gasolio e né tantomeno a metano! Il Rock va a Super!
E qui la benzina in effetti è tanta, suddivisa in tredici fusti, per un viaggio sonoro lungo con il vento in faccia. Si parte la mattina per andare in riviera, perché i GTO sono anche “I Re Della Riviera”, Rock semplice e diretto, in dettagliata formula canzone dove tutti gli stilemi vengono rispettati. Non si vuole stupire, ma far cantare. Sale il ritmo con “1970 Hostel” perché si può anche ballare, anzi, si deve ballare su un Rock dal sapore antico e gustoso. Si attende  il solo di chitarra che giunge inesorabilmente, perché i GTO mostrano di conoscere la storia. Sinuosità in “La Rambla” e vorrei sottolineare anche l’importanza dei testi di tutte le canzoni, non soltanto di questa  quasi Folk, dove la voce di Stefano Bucci dimostra come semplicità ed intensità possono congiungersi senza alcun problema. Chitarra acustica ed una elettrica aprono “L’Amore E’ Una Scelta”, il cantautorato si affaccia nel mondo di artisti come Nomadi o Fabrizio De Andrè , ma anche di tutti quelli che si aggirano attorno alle radici italiche del cantautorato impegnato nella ballata Folk. Si riparte con “Di Notte Sabato alle 3” e nuovamente il ritmo tende a farci ballare e cantare con tanto di “Oh, Oh, Oh” , come in una mitica balera emiliana. Giunge Rock più intenso in “La Strada E Liberazione”, qui c’è benzina Super, ma anche tanta storia. Un giro per l’Italia e le sue bellezze. Scanzonata e alquanto ruffiana in un ritmo Ska giunge “Destination Anywhere”, mentre a seguire un arpeggio di chitarra acustica accompagna in una ballata profonda e toccante dal titolo “Dove Ho Sbagliato”. E ancora Rock con “Johnny’s Back Summer’s Back” con un filo di stile Punk quasi impercettibile. Una fisarmonica suona in “Passione”, racconto del significato della parola stessa e della vita. “Francis” è un punto di congiunzione fra Folk, Rock e cantautorato, i GTO come dicevo conoscono molti territori e spesso nei loro brani portano a frutto questo bagaglio culturale.
“Ma Maladie” è un Rock stradaiolo, allegro e diretto, probabilmente un potenziale hit del disco che si chiude con “Mi Parlerai Di Te”, ancora aperto da un arpeggio di chitarra alquanto gradevole e sensibile. E si va per strada, si parte nuovamente.
Buon viaggio ragazzi, la strada è lunga e farla con voi è un piacere. Se vedete un autostoppista magari fermatevi e fatelo salire, il viaggio è il senso della vita e farlo assieme è ancora più bello, anzi Super! MS


Enrico Bevilacqua


ENRICO BEVILACQUA – Brooklyn
Music Force
Genere: Jazz
Supporto: cd – 2016


Il bassista di Atessa (Chieti) Enrico Bevilacqua, è considerato da molti uno dei migliori groover italiani. Anche lui come capita a molti artisti, sin dalla giovane età si appassiona allo strumento, fino giungere a diciannove anni all’esordio con il chitarrista calabrese Franco Vinci. A ventidue anni collabora con il cantante Giò Di Tonno, girando teatri e piazze d’Italia.
Negli anni la lista delle sue collaborazioni è davvero sterminata e il tutto trova frutto nel 2017 grazie all’incontro con la Music Force, la quale da voce al suo primo album Jazz/Funk solista dal titolo “Brooklyn”.
Nel disco si avvale della collaborazione di grandi musicisti, a partire da Patches Stewart alla tromba, Keith Anderson al sax, Poogie Bell alla batteria, Stefano Sastro alle tastiere, Roberto Di Virgilio alla chitarra, Rosario Jermano alle percussioni, Natascia Bonacci alla voce, MS AJ alla voce, Omar Hakim ed Eric Harland ai loop.
Groove ce n’è sin dall’iniziale title track “Brooklyn”, carta d’identità per il basso di Bevilacqua, caldo e non “saccente”, garbato e preciso in tecnica e corposità. La musica è la protagonista, il tiro c’è, il Jazz è fra lo standard e la Fusion. Sax e tromba dialogano fra di loro in un confronto di pentagramma free mentre il basso sembra godere di questa situazione ed essere giudice di questo fantastico dialogo. Coralità aprono “Summer Sunrise” ed il sole entra nella nostra testa. Il ritmo coccola e fa ciondolare all’ascolto in maniera incontrollata. Tanta classe e delicatezza in questa musica.
Sale il ritmo in “Can’t Hide Love”, la voce maschile è supportata dalle coralità femminili in questo brano dove ancora una volta la tromba detta il sentiero, così il basso. Orecchiabile e intensa.
Segue “Caravan”, una cover importante di un classico dove  il suono del basso si fa più protagonista. Qui Natascia Bonacci mette a nudo il suo essere di vocalist Jazz, interpretando il brano in maniera matura e non invasiva. Tutta la musica di “Brooklyn” è comunque  gentile e generosa nelle melodie. “Beauty And The Beast” si lancia nella chitarra elettrica in stile Santana, fra piano e basso, per chi vi scrive uno dei momenti più belli dell’intero disco che si chiude con “Bad News”, altro esempio di Groove profondo ed autentico.
Serve molto poco per andare dritto all’obbiettivo, solo un artista intelligente sa come muoversi, la sostanza e l’esperienza contano e Enrico Bevilacqua indubbiamente lo sa. MS

martedì 10 luglio 2018

Il Tusco


IL TUSCO – Degeneratorium
Andromeda Relix
Distribuzione: G.T. Music Distribution
Genere: Rock
Supporto: Vinile rosso limited (300 copie) / MP3


Dietro Il Tusco si cimenta il cantante Diego Tuscano, e con la sua band Valdo/Anglo/Torinese ritorna all’attacco grazie all’Andromeda Relix sempre attenta ai fenomeni Rock e dintorni italiani. Dopo “ Il Tusco Canta E Mao Gliele Suona!” (2015) e “Il Tusco Feat. Luke Smith” (2016) è la volta del terzo album dal titolo “Degeneratorium”. Un disco che si sfrega all’ascoltatore come un gatto e quando questo si sente a proprio agio, viene sorpreso da fughe lisergiche e psichedeliche. Cinque canzoni per un vinile rosso in edizione limitata di 300 copie, ma tranquilli, esiste ovviamente anche la versione digitale.
Un sound amplificato dalla presenza di due bassi, un muro sonoro che comunque viene surclassato spesso e volentieri da assolo di chitarra importanti.
Il gruppo è composto da Diego Tuscano (voce), AleAlle (basso, voce, compositore, arrangiatore), Stefano Trieste (basso), Todaro (batteria, voce), Lerco (chitarra), Luke Smith (chitarra), Snooky Chivers (tastiere, armonica).
Il disco si apre con una suite di tredici minuti fra cantautorato e fughe strumentali di matrice Rock Psichedelico. Il ritornello è martellante, semplice e diretto, come piace a chi vuol cantare le canzoni con la band, specie in sede live. Il brano si intitola “Benvenuto Nella Macina” e la band non nasconde puntate nel Prog. Il pezzo centrale di chitarra spettina e fa alzare il pelo nelle braccia del rocker.
Un arpeggio di chitarra accoglie l’ascolto all’inizio di “Altro Da Me”, una semi ballata orecchiabile che si lascia trasportare nuovamente a metà del brano da un altro assolo di chitarra importante. Bella la voce di Diego Tuscano, pulita e sempre sul pezzo, senza mai strafare.
In “Idee Cattive” ritrovo lo stile dell’immenso Ivan Graziani, vero cantautore Rock italiano e questo non può che farmi piacere.
“La Distanza” ha il profumo degli anni ’70, a dimostrazione di una cultura musicale a tutto tondo della band, Orme e Prog italiano vintage fanno capolino di tanto in tanto, mentre il finale si affida all’Hard Rock!
Il disco si chiude con “Indecidibilità”, che nulla toglie e nulla aggiunge a quanto detto.
“Degeneratorium” è un lavoro che ha molto da dire, un muro sonoro che si alterna alla melodia di facile fruizione in una sorta di schiaffo e bacio. Di aggettivi se ne possono trovare tanti, ma in realtà è più semplice di come si pensa: E’ bello. MS

domenica 8 luglio 2018

Seasons Of Time


SEASONS OF TIME – Welcome To The Unknown
RecordJet – Soul Food
Genere: New Progressive Rock
Supporto: cd – 2018


Sono passati ventuno anni da quel debutto discografico intitolato “Behind The Mirror” e già quattro dall’ottimo “Closed Doors To Open Plains”, di certo non possiamo dire che i tedeschi Seasons Of Time sono una band prolifica. Questo solitamente gioca a favore della qualità della musica proposta, non che sia una regola intendiamoci, ma dedicare più tempo ed attenzione alle proprie composizioni, porta molto spesso a risultati più soddisfacenti.
Il genere proposto è in generale il New Prog, quello che pone le proprie radici negli anni ’80, nel grande mondo dei vari Marillion, IQ, Pendragon, Pallas etc. etc. Dove i Genesis ed i Pink Floyd vengono presi come punto di riferimento per la rinascita del genere assopitosi alla fine degli anni ’70 sotto i colpi del Punk, della Discomusic e della New Wave.
Ritornano con un album ben registrato di sei canzoni ed un artwork ricco di foto in bianco e nero ad opera di Kai Perkuhn & Dirk Berger con tanto di testi. Sono formati da Dirk Berger (basso, tastiere e voce), Florian Wenzel (chitarra) e Julian Hielscher (batteria).
Nel sound si nota uno sforzo creativo a volgere in un New Prog più moderno, con una componente New Wave sempre stile anni ’80, questo lo si evince già all’ascolto di “Toward The Horizon”. Tuttavia nel finale del brano tornano le tastiere tanto care alle band  sopra citate e il classico assolo di chitarra che fa la gioia del Prog fans. IQ sounds.
“Plans To Make Plans” è un brano vigoroso che a sua volta va ad attingere negli anni ’80 in senso generale e con un ritornello facile da ricordare.
“Dreams Of A Madman” ha un dna più progressivo, grazie all’uso delle chitarre, e non mancano neppure giochi d’elettronica alla voce. Nell’album alberga anche la classica suite qui dal titolo “Joana”, quindici minuti di alti e bassi umorali, fra intimismo ed energia pura. Un buon esempio di maturità artistica della band. Anche chitarre distorte e tanti buoni assolo.
“Driven To Drive” ripresenta  componentistica elettronica ed un sound più ricercato, così la conclusiva “The Last Ship”.
Se andiamo a cercare i difetti li possiamo riscontrare probabilmente in un cantato troppo cadenzato, magari sarebbe stato meglio averlo maggiormente variegato.
Sembra che i Seasons Of Time cerchino di scrollarsi di dosso l’etichetta di semplice Prog band, andando ad interpretare altre sonorità, anche se la componente New Prog in loro resta davvero alta. MS