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sabato 5 agosto 2017

Quantum Fantay

QUANTUM FANTAY – Tesselation Of Euclidean Space
Progressive Promotion Records
Distribuzione italiana: G.T. Music
Genere: Space Rock / Progressive Rock
Supporto: cd – 2017



Ottavo lavoro in studio per i belgi Quantum Fantay, terzo con la Progressive Promotion Records.  Il sodalizio prosegue anche perché la band capitanata da Pete Mush (tastiere) ha un crescendo qualitativo di buona fattura. L’esperienza aumenta e si trovano equilibri che solo il tempo ti può insegnare, ecco quindi un piccolo passo a ritroso verso certe sonorità anni ’70 ed il ritorno a tempo pieno del flauto, qui suonato da Jorinde, il tutto equilibrato dall’aggiunta del sax di Nette Willox e del sano Space Rock. Quando si dice Space Rock, non si può fare a meno di  chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare in un viaggio onirico, spesso adagiato su tappeti sonori martellanti ed altri fluttuanti.
Oltre ai nominati la band  annovera nella line up, Jaro al basso, Gino Bartolini alla batteria e percussioni e Tom Tas alla chitarra. Il disco è composto da cinque brani tutti strumentali.
Sempre debitori al sound moderno degli inglesi Ozric Tentacles, i Quantum Fantay si addentrano in viaggi che stupiscono per amalgama, fra ritmiche Reggae, elettronica e il flauto con il sax che donano al tutto i colori del vintage. Tutto questo lo si percepisce sin dall’iniziale “Tessellate”, fraseggio emotivo da ciondolare fisicamente ad occhi chiusi per tutti i dieci minuti.
Il ritmo sale nella successiva “Manas Kavya” e molto del suo groove risiede nelle mani di Tom Tas, buoni assolo compreso anche quello del flauto. Ampie schiarite mentali nell’ascolto, suono spazioso e liberatorio.
Colori, tanti colori.
“Astral Projection” è un brano inizialmente di classe e riflessivo, per poi andare in crescendo, dove ancora una volta il flauto coglie nel segno. Il meglio dell’intero disco a mio gusto personale risiede in “Skytopia”, canzone suddivisa in quattro tracce, “Azure”, Laputa”, Ignis Fatuus” e “Empyrean”, un calderone ricco di suoni, idee che si danno staffetta fra buone melodie, cambi di ritmo, percussioni e tutto quello che sappiamo già del sound Quantum Fantay.
Il disco si conclude con la breve “Anahata”, lieve andamento che si riallaccia al sogno, di quando si pensa di correre, ma che in realtà le gambe non riescono ad andare veloci. Ma ancora una volta tutto si scioglie e così l’andamento riprende vita nel suo classico crescendo.

Con i Quantum Fantay lo Space Rock si approccia al Prog e ne scaturisce un suono che ne appaga il corpo e la mente. Ineccepibile. MS

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