FORCE
OF PROGRESS – Calculated Risk
Progressive
Promotion Records
Distribuzione: G.T. Music
Genere: Metal Progressive Rock
Supporto: cd – 2017
La
Germania in ambito Progressive Rock è una nazione che molto ha dato al genere
grazie a band di spessore, a partire dagli anni ’70 al New Prog ’80 sino a
giungere nei nostri giorni, con una media qualitativa davvero invidiabile. I
punti di riferimento non sono sempre band come King Crimson, Genesis, Yes e via
dicendo, abbiamo vissuto e conosciuto ad esempio il Krautrock dove nel calderone
risiedono stili differenti come la Psichedelia, l’elettronica, l’improvvisazione
ed altro ancora. Tutto questo sin dagli anni ’70. La mia premessa sta a
sottolineare il fatto che la Germania ha una sua forte personalità e questa
viene fuori anche quando si ha come ispirazione il Prog degli anni ’70, a
prescindere dal genere proposto.
E
cosa succede quando quattro artisti veterani come Hanspeter Hess (The Healing
Road) (tastiere), Dominik Wimmer (Sweety
Chicky Jam) (batteria, tastiere, chitarra), Chris Grundmann (Cynity) (tastiere,
chitarra, basso, programming) e Markus Roth (Marquette, Horizontal Ascension) (tastiere,
chitarra, basso, programming) uniscono le proprie esperienze? Non può che
scaturirne un album strumentale di notevole fattura, qualità e potenza.
“Calculated
Risk” è un cammino musicale con percorsi ben marcati, grazie soprattutto a riff
potenti anche di origine Power ed Heavy. Il disco suddiviso in nove tracce, non
ha al proprio interno suite di sorta, bensì canzoni di media e lunga durata,
fino a raggiungere un massimo di otto minuti e mezzo (“The Man Who Played God”)
ed un minimo di tre e quaranta secondi (“Calculated Risk”).
Già
dall’apertura di “Ticket” si può apprezzare una buona produzione sonora. Le
mani corono veloci sul piano che fa contrasto con la potente sezione ritmica e
le chitarre distorte, ma è solo un istante, perché il New Prog è dietro l’angolo,
ed ecco allora le classiche tastiere alla Clive Nolan (Arena, Pendragon) , IQ o
Marillion per intenderci, a prendere il
centro della scena.
Il
sound dei Force Of Progress è pieno, rotondo, roboante ed allo stesso tempo
elegante.
“Sole
Survivor” può infatti far tornare alla mente i fasti di una band come Liquid
Tension Experiment, fra tecnica, buona melodia e appunto eleganza. Le tastiere
giocano sempre un ruolo importante. Più ricercata “Shapeshifter” in ambito
tecnico, anche se non asfissiante come si potrebbe ipotizzare quando si ha a
che fare con band di questo settore. Il Programming viene adoperato in maniera
potente come in “The Cube”, canzone che si basa su un riff orecchiabile di
facile presa.
Per
un cambio di ritmo e di stile bisogna giungere a “Lift Me Up, Down By The
Seaside”, un inizio Funky per un procedere in ambito con variazioni sul tema,
innestando Prog ed Hard Blues. “Halways” riporta il tiro nei canoni dello stile
Force Of Progress, una sorta di “schiaffo o bacio” nell’ascolto. D’atmosfera “Lost
In Time, Like Tears In Rain”, la più musicale nel senso propositivo, dove
immagini e musica si possono intersecare a seconda della nostra sensibilità. La
title track è roboante di suoni, a tratti grevi ed oscuri e in altri frangenti maestosi,
questo sempre grazie all’uso delle tastiere, in questo caso anche di matrice
mellotron. Non manca la voglia di giocare.
Il
disco si chiude con una piccola gemma dal titolo “The Man Who Played God”.
Non
è facile fare un disco del genere se andiamo a considerare che poi è tutto strumentale,
ma l’ho detto all’inizio, quando si incontrano quattro veterani del genere c’è
solo che da aspettarsi grandi cose ed emozioni. Buon ascolto. MS