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martedì 18 ottobre 2016

Airbag

AIRBAG – Disconnected
Karisma Records
Genere: Psychedelic Rock/Progressive Rock
Supporto: cd – 2016


Quarto lavoro in studio per la band norvegese Airbag. Comincio nel dire che il quintetto ha da subito promesso bene, sin dal primo album “Identity” dell’anno 2009, le sonorità di matrice Pink Floyd (specie nelle chitarre) sono sempre ben marcate. In effetti negli anni non si spostano di una virgola, andando sempre a colpire l’enfasi psichedelica e alquanto malinconica. Una carta che si è rilevata vincente in quanto sono riusciti ad avere in breve tempo un nutrito gruppo di estimatori. Personalmente anch’io ho sempre apprezzato questo tipo di sonorità perché, diciamo la verità, i Pink Floyd sono mancati per troppo tempo, e per certi versi negli anni non sono stati più i Pink Floyd che ti sbudellano l’anima. Band come Airbag (con quei assolo di chitarra alla Gilmour) i fans le cercano con il lumicino.
Ed eccoli ancora una volta presenti e aperti a questo tipo di posologia.
Aggiungo anche che ho molto apprezzato il lavoro solista del chitarrista Bjørn Riis dal titolo “Lullabies in a Car Crash” (2014), tanto per dire come stimo la band e amo questo tipo di sonorità. Cosa mi aspetto dunque da “Disconnected”? Presto detto, musica per la mente e per il cuore, quella che ti fa volare alto, e pezzi come “Broken” sono qui ancora una volta per farmi volare.
Il disco si apre con un brano che ritengo uno dei più belli della loro discografia, la mini suite “Killer”, ma quello che ci denoto è un insistito deja vu che scaturisce dal cantato e dalle soluzioni che a mio avviso si stanno pericolosamente saturando.
“Slave” ha il classico open dettato da suoni sostenuti, come spesso il genere detta per poi aprirsi a raggio nell’insieme delle strumentazioni. Il ritmo è sempre cadenzato, mai sostenuto, a tratti greve e toccante, ma ancora una volta siamo li… Siamo sempre li. Non posso pretendere da un gruppo come gli Airbag una innovazione musicale e neppure uno stravolgimento di personalità, la formula funziona come dicevo prima, perché mutare? Eppure molti artisti che hanno intrapreso questo percorso hanno osato, vedi Steven Wilson, Anathema, Opeth, Pineapple Thief e molti altri ancora con buoni risultati. Sono scelte e perché no, anche passioni.
“Sleepwalker” è soltanto un nuovo titolo, la musica più o meno è quella, così la cadenza del cantato. Applaudo per la suite “Disconnected” vera gemma psichedica, qui si vola in alto, mentre la conclusiva “Returned” è una ballata malinconica gradevole che chiude con dignità questo album.
Che dire in conclusione? Prima di tutto che la qualità sonora è degna di un grande album, poi che gli Airbag sono questi, non tradiscono il fans della prima ora. Chi per la prima volta si imbatte  nella band ascoltando questo “Disconnected”, mi dirà sicuramente che sono stato cattivo a recensire un disco del genere con questa sufficienza e magari griderà anche al capolavoro e che poco ci capisco. Io invece al termine ho soltanto voglia di riascoltarmi “Identity”.

Buon disco, come sempre, ma qualche sbadiglio comincia a partirmi. MS

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