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martedì 30 luglio 2013

On A Bridge Of Dust

ON A BRIDGE OF DUST – Facing The Opposite
Autoproduzione/Atomic Stuff
Genere: Metal-Post Progressive
Supporto: cd – 2013



Dove sta andando il genere Progressive nel 2013 in Italia? Ci sono molte realtà che rispolverano inesaustamente i fasti dei tempi che furono, proponendo soluzioni e suoni vintage e ci sono i più “coraggiosi” che tentano di spostare le coordinate sonore verso nuovi lidi, quelli meno esplorati.
I veronesi On A Bridge Of Dust aleggiano nella seconda categoria, fra Prog Metal e Post Prog (non saprei come chiamarlo).
Timothy Bertolini (voce e chitarra), Daniele Pasetto (voce e chitarra), Gherardo Sabaini (basso) e Jacopo Frapporti (batteria), propongono un album di 35 minuti a cavallo fra Radiohead, Tool, Porcupine Tree ed A Perfect Circle. Nove brani ben registrati e profondi, dove la musica è equiparata fra mente e corpo.
Le melodie ricoprono un ruolo fondamentale e lasciano spazio a situazioni ariose come nella prima track dal titolo “Recurring Fault”. Il cantato in inglese è un arma in più nelle mani dei ragazzi, i quali impiegano tre anni a realizzare questo album.
Una lieve coltre di malinconia aleggia fra le composizioni, tanto che a volte possono richiamare i Katatonia, ma tutto questo è soltanto per darvi alcuni paletti di riferimento. Il sunto dello stile On A Bridge Of Dust sta nella seconda canzone “Man Of Straw”, qui la band mostra i muscoli in tutti i lati. Buona melodia, ottimo arrangiamento, compattezza sonora e sicurezza di se. Molto diretta “Consumed”, facile da assimilare e a questo punto siamo già catturati dal sound On A Bridge Of Dust.
 Le pecche se vogliamo cercarle si trovano nella mancanza di approfonditi assolo strumentali, ultimamente molte band (se non la maggioranza) ne fanno a meno e questa è una grave defezione, non perché deve essere vetrina di tecnica individuale, bensì spezza l’ascolto rendendolo più fluido.
Ascoltare “Reckoning” è ricordarsi i penultimi Anathema, quelli di “A Fine Day To Exit”. L’ascolto si spezza con la più introspettiva “Barren Moor”.
Resta un disco piacevole, senza troppi orpelli, facile da ascoltare, buona musica sia per pensare che da compagnia e di questi tempi a mio avviso è già un risultato. (MS)

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