VOYAGER - Element V
DVS Records
Genere: Metal Prog
Supporto: Cd - 2004
Sorpresa! Ecco l’Australia che non ti aspetti. Servirebbero un mare di parole per spiegare tutto il mare di influenze stilistiche che riempiono questo lavoro. Proprio così, “Element V” è un calderone di generi e forse proprio per questo motivo che a molti potrebbe rivelarsi un disco ostico.
Le canzoni sprizzano freschezza ed il divertimento nel suonarle è palpabile fra le note. Stupefacente la duttilità del cantante nell’alternare parti vocali Growling ad altre pulite ed in un caso addirittura liturgiche (“Miseria”).
Cosa potete immaginare se vi dico che in “Element V” esistono influenze Manowar, Fates Warning, Savatage con inserimenti New Wave anni ’80, orientali e classicismi? Tutto logicamente fa pensare ad un papparozzo indicibile, invece i Voyager hanno la capacità di amalgamare il tutto con grande spigliatezza.
Importante il lavoro delle tastiere in tutti i brani, ma la sezione ritmica è veramente sopra le righe, soprattutto la batteria che si disimpegna alla grande fra ritmi spezzati con controtempi e cambi di tempo rilevanti. Superfluo indicare questo o quel brano, tantomeno descriverlo, è tutto un susseguirsi di emozioni e di suoni che come tale va assimilato.
Mai noioso, per questo motivo sono convinto che l’Heavy Metal è uno dei pochi generi musicali vivi e veri, in cui la ricerca e la voglia di sperimentare nuove alchimie è perennemente in fermento.
Viva la fantasia, viva il coraggio di provare, ma soprattutto viva l’Heavy Metal!
Ora rischiaccio Play. MS
Pagine
▼
giovedì 28 febbraio 2013
martedì 26 febbraio 2013
Raven Sad in vinile
RAVEN SAD - Layers Of Stratosphere
I Raven Sad hanno firmato un contratto discografico con Legacy Records per la pubblicazione in doppio vinile apribile di "Layers of Stratosphere". L'opera conterrà, oltre l'album completo già edito su cd, del materiale aggiuntivo come bonus track, alternate versions, acoustic versions.
I Raven Sad hanno firmato un contratto discografico con Legacy Records per la pubblicazione in doppio vinile apribile di "Layers of Stratosphere". L'opera conterrà, oltre l'album completo già edito su cd, del materiale aggiuntivo come bonus track, alternate versions, acoustic versions.
I Compagni Di Baal
I COMPAGNI DI BAAL - I Compagni di Baal
Jolly Roger Records
Distribuzione Italiana: Masterpiece
Genere: Heavy Prog
Supporto: cd- 2012
Ricordo con estremo piacere ed anche con un poco di nostalgia, quando negli anni '70 la musica sapeva colpire la mente, cioè non solo emozionare per il suono, ma anche per l'immaginario che spesso portava con se. Il Rock viatico di contestazione, ma anche stile di vita o narratore di storie assurde e a volte anche esoteriche. Il Doom dei Black Sabbath oppure l'Heavy Prog dei Black Widow e anche l'oscurità demoniaca dei Jacula o Antonius Rex...insomma un mondo oscuro e ricco di fascino, quello che proviene da ciò che non si comprende a pieno e che spesso ci spaventa. L'arte della paura, non è semplice da raccontare, eppure nel tempo abbiamo avuto nobili protagonisti. Anche oggi molti sono gli emuli, spesso anche con risultati più che dignitosi, basta fare alcuni nomi per capirci, L'Impero delle Ombre, Il Segno Del Comando, Malombra, Standarte, Pentagram, Akron, Areknames, insomma una nutrita e folta brigata.
I Compagni Di Baal sono un quartetto marchigiano, con Luca Finaurini alla voce, Daniele Carnali alle chitarre, Diego Brocani al basso e Giorgio Pantaloni alla batteria. In questo debutto discografico non a caso incontriamo anche due componenti dell'Impero Delle Ombre, John Cardellino (voce narrante) e Stefan Seclì (organetto-tastiere).
Quindi musica Heavy Prog, anche dal profumo anni '70 e con richiami ad altre band nostrane, colonne portanti del Progressive Rock italiano, come ad esempio il Banco Del Mutuo Soccorso, curioso anche il verso ad uno dei loro pilastri della discografia, quel "R.I.P." che non solo apre la carriera discografica alla band romana, ma anche questo esordio marchigiano.
"R.I.P." tuttavia qui non ha niente in comune con quella del Banco, suono oscuro ed Heavy con un refrain accattivante e supportato da un buono solo di chitarra elettrica nella fase centrale, le tastiere sono semplicemente in sottofondo e d'accompagnamento a differenza del lavoro primario che invece Nocenzi svolge nel Banco.
Metal, di questo si tratta, di media fattura con una voce che non tenta di strafare e ben racconta le vicissitudini a tratti anche introspettive. Decisamente movimentata e dalle basi Sabbathiane "L'Orrore Che Abita In Me", questa volta le tastiere giocano un ruolo più marcato, emulando alcuni fraseggi cari anche al mai troppo compianto John Lord dei Deep Purple. Questi che sto mettendo sono soltanto dei paletti per dare riferimenti sonori a voi che leggete, ma nella realtà i Compagni Di Baal hanno dalla loro una spiccata personalità, per cui solo schegge sonore che richiamano i sopra citati gruppi e non veri e propri plagi, questo sia bene inteso.
"OltreLa Luna " ha un sound più moderno all'inizio, ma ancora una volta le tastiere ricordano che le basi vengono da lontano. Canzone orecchiabile che alterna passaggi tecnici di buona fattura a momenti più semplici e di facile memorizzazione. Ancora una volta sottolineo l'assolo di chitarra e questo lo ribadisco con fermezza perché negli ultimi anni il buon 60% delle band nostrane che ho ascoltato, non ne fanno quasi più!
"Tra Potere E Libertà" rallenta i ritmi e cambia voce, quella di Diego Brocani, situazione sonora differente, più evocativa, profonda, intrigante e se vogliamo anche più epica, in essa si osa ulteriormente e qui i Compagni mi piacciono maggiormente. "Icolanibai" è una breve strumentale pacata, suonata con la chitarra su sottofondo di tastiere e che porta alla successiva "Nell'Oscurità. Qui la band torna a fare se stessa, salvo lasciarsi trasportare da un breve assolo di tastiera di matrice assolutamente New Prog. Cambi di tempo ed umorali, proprio come il Prog ci racconta, si evidenziano anche nella massiccia "Sepolto Sotto Un Cielo", altra piccola perla di questo disco. Palese il divertimento della band nel suonare questo brano e direi anche contagioso! Chiude "La Danza Del Sangue", una chitarra acustica incomincia le danze, per poi lasciare spazio ad una sorta di semi ballata, in essa molti potrebbero riscoprirci i primi Litfiba, ma è soltanto un attimo, poi le chitarre elettriche riportano il tutto nei binari del discorso intrapreso, fra fughe e rallentamenti.
I Compagni Di Baal (nome estrapolato da una serie televisiva francese del 1968) sono una piacevole sorpresa, un debutto interessante, in quanto ben equilibrato, fra semplici ritornelli e buoni assolo. Un lavoro che denota anche spigoli da smussare, certi richiami forse troppo inflazionati, resta il fatto che scorre bene e questo è un fattore più che positivo. Non resta che attendere buone nuove, per capire se sono una realtà o un altra band italiana (sarebbe l'ennesima) da una botta via, io però ci credo, perché sono decisamente sopra la media. MS
Jolly Roger Records
Distribuzione Italiana: Masterpiece
Genere: Heavy Prog
Supporto: cd- 2012
Ricordo con estremo piacere ed anche con un poco di nostalgia, quando negli anni '70 la musica sapeva colpire la mente, cioè non solo emozionare per il suono, ma anche per l'immaginario che spesso portava con se. Il Rock viatico di contestazione, ma anche stile di vita o narratore di storie assurde e a volte anche esoteriche. Il Doom dei Black Sabbath oppure l'Heavy Prog dei Black Widow e anche l'oscurità demoniaca dei Jacula o Antonius Rex...insomma un mondo oscuro e ricco di fascino, quello che proviene da ciò che non si comprende a pieno e che spesso ci spaventa. L'arte della paura, non è semplice da raccontare, eppure nel tempo abbiamo avuto nobili protagonisti. Anche oggi molti sono gli emuli, spesso anche con risultati più che dignitosi, basta fare alcuni nomi per capirci, L'Impero delle Ombre, Il Segno Del Comando, Malombra, Standarte, Pentagram, Akron, Areknames, insomma una nutrita e folta brigata.
I Compagni Di Baal sono un quartetto marchigiano, con Luca Finaurini alla voce, Daniele Carnali alle chitarre, Diego Brocani al basso e Giorgio Pantaloni alla batteria. In questo debutto discografico non a caso incontriamo anche due componenti dell'Impero Delle Ombre, John Cardellino (voce narrante) e Stefan Seclì (organetto-tastiere).
Quindi musica Heavy Prog, anche dal profumo anni '70 e con richiami ad altre band nostrane, colonne portanti del Progressive Rock italiano, come ad esempio il Banco Del Mutuo Soccorso, curioso anche il verso ad uno dei loro pilastri della discografia, quel "R.I.P." che non solo apre la carriera discografica alla band romana, ma anche questo esordio marchigiano.
"R.I.P." tuttavia qui non ha niente in comune con quella del Banco, suono oscuro ed Heavy con un refrain accattivante e supportato da un buono solo di chitarra elettrica nella fase centrale, le tastiere sono semplicemente in sottofondo e d'accompagnamento a differenza del lavoro primario che invece Nocenzi svolge nel Banco.
Metal, di questo si tratta, di media fattura con una voce che non tenta di strafare e ben racconta le vicissitudini a tratti anche introspettive. Decisamente movimentata e dalle basi Sabbathiane "L'Orrore Che Abita In Me", questa volta le tastiere giocano un ruolo più marcato, emulando alcuni fraseggi cari anche al mai troppo compianto John Lord dei Deep Purple. Questi che sto mettendo sono soltanto dei paletti per dare riferimenti sonori a voi che leggete, ma nella realtà i Compagni Di Baal hanno dalla loro una spiccata personalità, per cui solo schegge sonore che richiamano i sopra citati gruppi e non veri e propri plagi, questo sia bene inteso.
"Oltre
"Tra Potere E Libertà" rallenta i ritmi e cambia voce, quella di Diego Brocani, situazione sonora differente, più evocativa, profonda, intrigante e se vogliamo anche più epica, in essa si osa ulteriormente e qui i Compagni mi piacciono maggiormente. "Icolanibai" è una breve strumentale pacata, suonata con la chitarra su sottofondo di tastiere e che porta alla successiva "Nell'Oscurità. Qui la band torna a fare se stessa, salvo lasciarsi trasportare da un breve assolo di tastiera di matrice assolutamente New Prog. Cambi di tempo ed umorali, proprio come il Prog ci racconta, si evidenziano anche nella massiccia "Sepolto Sotto Un Cielo", altra piccola perla di questo disco. Palese il divertimento della band nel suonare questo brano e direi anche contagioso! Chiude "
I Compagni Di Baal (nome estrapolato da una serie televisiva francese del 1968) sono una piacevole sorpresa, un debutto interessante, in quanto ben equilibrato, fra semplici ritornelli e buoni assolo. Un lavoro che denota anche spigoli da smussare, certi richiami forse troppo inflazionati, resta il fatto che scorre bene e questo è un fattore più che positivo. Non resta che attendere buone nuove, per capire se sono una realtà o un altra band italiana (sarebbe l'ennesima) da una botta via, io però ci credo, perché sono decisamente sopra la media. MS
lunedì 25 febbraio 2013
Luca Scherani
LUCA SCHERANI - Everyday's Life
Interbeat
Distribuzione italiana: ?
Genere: Prog
Support: CD - 2007
Il nome di Luca Scherani comincia a fare il giro nell’intricato mondo del Progressive Rock. Lo sentiamo sempre più nominare, è sempre più presente, a partire dai bellissimi progetti di Fabio Zuffanti, i Finisterre, Merlin ed il recentissimo Hostsonaten il quale colgo l’occasione per consigliarvelo. Scherani nasce tastierista, pur restando un polistrumentista. In “Everyday’s Life”, suo esordio discografico, l’artista si diletta fra molti strumenti, come la chitarra, il basso e la fisarmonica. Altresì si avvale dell’apporto di strumentisti, fra cui Stefano Malvasio alla batteria, Carlo Malvasio (basso), Andrea Cocciardo (chitarra), Nicola Peirano (violino), Ivano Orio Olivieri (chitarra), Fausto Sidri (percussioni) e di tanti vocalist.
La maggioranza dei pezzi contenuti in “Everyday’s Life” sono comunque strumentali ed inevitabilmente le tastiere la fanno da padrona. La musica proposta è spesso sognante, dipinto di atmosfere pastello, eteree e toccanti. Nell’ascolto si colgono due frangenti di portata storica, personalmente colgo l’impronta stilistica degli Arti & Mestieri, gruppo Prog nostrano degli anni ’70, specie nel brano “In The Morning”, dove la chitarra di Cocciardo disegna parabole elettriche. Per onor di cronaca, avviso che nel disco ci sono programmazioni ritmiche, magari a non tutti gli ascoltatori del Prog piacciono.
Luca si dimostra anche buon autore di musiche, sa scrivere e tiene conto della melodia, e in più non si perde in fraseggi prolissi. “Anonimous” è ricco di sonorità, arricchisce la mente con strumenti acustici ed elettronici. Rilassa la musica di Scherani, fa pensare, non si ferma a fare bello sfoggio di se, ma cerca l’armonia e la personalità. Anche la title track “Everyday’s Life” si fonde in questo connubio. Tutto l’ascolto è fruibile, senza grandi momenti di stanca, l’interesse resta ovviamente acceso per chi ama questo tipo di sonorità. Non stiamo dunque parlando di puro Rock, ma di musica, una musica ricca di contaminazioni, con una punta di modernità che la rende all’ascolto ancora più orecchiabile. Tutti i brani portano la firma di Scherani, escluso il conclusivo “Soli” scritto da Canfora. La bella voce di Nadia Scherani è la ciliegina sulla torta. La copertina del cd rappresenta un occhio in primo piano ricco di colori, perfetta foto del contenuto sonoro, uno sguardo policromatico nella musica.
Un altro artista per cui dobbiamo andare orgogliosi in Italia, una musica che parte del suo penalizzata da un music business sciacallo. Non deve restare ignorata, per il bene della nostra cultura la quale, giorno dopo giorno, sembra inevitabilmente sfuggirci, sgretolarsi fra le nostre dita come sabbia triturata dal peso di migliaia e migliaia di uscite scadenti.
Non stiamo qui ad elogiare un capolavoro, sia ben chiaro, ma un disco onesto e ben suonato, sono sicuro che troverà spazio nella vostra bella discografia di Prog e non. MS
Interbeat
Distribuzione italiana: ?
Genere: Prog
Support: CD - 2007
Il nome di Luca Scherani comincia a fare il giro nell’intricato mondo del Progressive Rock. Lo sentiamo sempre più nominare, è sempre più presente, a partire dai bellissimi progetti di Fabio Zuffanti, i Finisterre, Merlin ed il recentissimo Hostsonaten il quale colgo l’occasione per consigliarvelo. Scherani nasce tastierista, pur restando un polistrumentista. In “Everyday’s Life”, suo esordio discografico, l’artista si diletta fra molti strumenti, come la chitarra, il basso e la fisarmonica. Altresì si avvale dell’apporto di strumentisti, fra cui Stefano Malvasio alla batteria, Carlo Malvasio (basso), Andrea Cocciardo (chitarra), Nicola Peirano (violino), Ivano Orio Olivieri (chitarra), Fausto Sidri (percussioni) e di tanti vocalist.
La maggioranza dei pezzi contenuti in “Everyday’s Life” sono comunque strumentali ed inevitabilmente le tastiere la fanno da padrona. La musica proposta è spesso sognante, dipinto di atmosfere pastello, eteree e toccanti. Nell’ascolto si colgono due frangenti di portata storica, personalmente colgo l’impronta stilistica degli Arti & Mestieri, gruppo Prog nostrano degli anni ’70, specie nel brano “In The Morning”, dove la chitarra di Cocciardo disegna parabole elettriche. Per onor di cronaca, avviso che nel disco ci sono programmazioni ritmiche, magari a non tutti gli ascoltatori del Prog piacciono.
Luca si dimostra anche buon autore di musiche, sa scrivere e tiene conto della melodia, e in più non si perde in fraseggi prolissi. “Anonimous” è ricco di sonorità, arricchisce la mente con strumenti acustici ed elettronici. Rilassa la musica di Scherani, fa pensare, non si ferma a fare bello sfoggio di se, ma cerca l’armonia e la personalità. Anche la title track “Everyday’s Life” si fonde in questo connubio. Tutto l’ascolto è fruibile, senza grandi momenti di stanca, l’interesse resta ovviamente acceso per chi ama questo tipo di sonorità. Non stiamo dunque parlando di puro Rock, ma di musica, una musica ricca di contaminazioni, con una punta di modernità che la rende all’ascolto ancora più orecchiabile. Tutti i brani portano la firma di Scherani, escluso il conclusivo “Soli” scritto da Canfora. La bella voce di Nadia Scherani è la ciliegina sulla torta. La copertina del cd rappresenta un occhio in primo piano ricco di colori, perfetta foto del contenuto sonoro, uno sguardo policromatico nella musica.
Un altro artista per cui dobbiamo andare orgogliosi in Italia, una musica che parte del suo penalizzata da un music business sciacallo. Non deve restare ignorata, per il bene della nostra cultura la quale, giorno dopo giorno, sembra inevitabilmente sfuggirci, sgretolarsi fra le nostre dita come sabbia triturata dal peso di migliaia e migliaia di uscite scadenti.
Non stiamo qui ad elogiare un capolavoro, sia ben chiaro, ma un disco onesto e ben suonato, sono sicuro che troverà spazio nella vostra bella discografia di Prog e non. MS
Satellite
SATELLITE - Nostalgia
Metal Mind Productions
Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: New Prog
Support: CD - 2009
La Polonia è una nazione ricettiva alle suntuose sonorità del Rock Sinfonico, ci sono band che hanno fatto anche la storia del genere, che si sono distinte nella marea delle realizzazioni. Ci hanno deliziato gli SBB, Abraxas, Albion, Believe, Grendel, Millenium, Moonrise, Osada Vida, Strawberry Fields e i Collage con una loro costola attuale: i Satellite.
La band del batterista polistrumentista Wojtek Szadkowsky si dedica a suonare un Prog Rock caro alla sua band madre, ossia i Collage, ma a sua volta debitrice totale a quel New Prog anni ‘80/’90 stile Pendragon e simili.
A poca distanza dal predecessore del 2007 “Into The Night”, il quartetto polacco torna alla nostra attenzione con questo “Nostalgia”. Cosa cambia? Ovviamente assolutamente nulla, come d'altronde nel genere New Prog per se stesso. Questo è un filone assolutamente radicato ed irremovibile, non aperto a molte nuove contaminazioni, un paradosso? Forse si, ma chi ama band come i primi Marillion, gli IQ e compagnia bella, godono e si accontentano di sonorità sontuose, fra importanti tastiere ed assolo di chitarra mozzafiato.
In definitiva il discorso è anche il sunto di questo bel disco egregiamente prodotto, ma privo di novità sbalorditive. Questo è il classico disco che non mette d’accordo tutti, anzi, che fa sbranare fra di loro i sostenitori del Prog assoluto, quello classico ed i fans di quello coraggioso e d’avanguardia. Personalmente io sono un amante di tutti e due, non resto indifferente avanti alle toccanti melodie (seppur scontate), avanti a buoni assolo, ma neppure alla presenza di coraggiosi artisti che si vanno ad impelagare in intricati meandri sperimentali.
Con questo voglio dire che “Nostalgia” mi piace, mi trascina con la fantasia in mondi fantastici, “Afraid Of What We Say” mi coglie in pieno, ma allo stesso tempo qualche brano mi strappa anche uno sbadiglio. La verità è che questo album scorre abbastanza bene, è professionale e gode di una buona incisione e consentitemi anche di dire che Szadkowsky è davvero un ottimo batterista. Belle le interpretazioni vocali di Robert Amirian, per non parlare degli ottimi pezzi di chitarra (il piatto forte) di Saharan Kubeisi. Altro brano che mi emoziona è il sussurrato “Am I Losing Touch?”, un susseguirsi di delicate armonie.
Questo lavoro è suddiviso in sette lunghi brani della media di otto minuti l’uno, mentre la versione digipack contiene due brani aggiuntivi, “The Color Of The Rain” e “Relaxed”.
In conclusione promuovo questo disco, nel senso che chi ama il New Prog e le band prima citate, troverà di che godere, quindi soldi spesi bene. Chi invece ascolta il Prog più sperimentale ovviamente è meglio che volga la propria attenzione presso altri lidi. MS
Metal Mind Productions
Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: New Prog
Support: CD - 2009
La Polonia è una nazione ricettiva alle suntuose sonorità del Rock Sinfonico, ci sono band che hanno fatto anche la storia del genere, che si sono distinte nella marea delle realizzazioni. Ci hanno deliziato gli SBB, Abraxas, Albion, Believe, Grendel, Millenium, Moonrise, Osada Vida, Strawberry Fields e i Collage con una loro costola attuale: i Satellite.
La band del batterista polistrumentista Wojtek Szadkowsky si dedica a suonare un Prog Rock caro alla sua band madre, ossia i Collage, ma a sua volta debitrice totale a quel New Prog anni ‘80/’90 stile Pendragon e simili.
A poca distanza dal predecessore del 2007 “Into The Night”, il quartetto polacco torna alla nostra attenzione con questo “Nostalgia”. Cosa cambia? Ovviamente assolutamente nulla, come d'altronde nel genere New Prog per se stesso. Questo è un filone assolutamente radicato ed irremovibile, non aperto a molte nuove contaminazioni, un paradosso? Forse si, ma chi ama band come i primi Marillion, gli IQ e compagnia bella, godono e si accontentano di sonorità sontuose, fra importanti tastiere ed assolo di chitarra mozzafiato.
In definitiva il discorso è anche il sunto di questo bel disco egregiamente prodotto, ma privo di novità sbalorditive. Questo è il classico disco che non mette d’accordo tutti, anzi, che fa sbranare fra di loro i sostenitori del Prog assoluto, quello classico ed i fans di quello coraggioso e d’avanguardia. Personalmente io sono un amante di tutti e due, non resto indifferente avanti alle toccanti melodie (seppur scontate), avanti a buoni assolo, ma neppure alla presenza di coraggiosi artisti che si vanno ad impelagare in intricati meandri sperimentali.
Con questo voglio dire che “Nostalgia” mi piace, mi trascina con la fantasia in mondi fantastici, “Afraid Of What We Say” mi coglie in pieno, ma allo stesso tempo qualche brano mi strappa anche uno sbadiglio. La verità è che questo album scorre abbastanza bene, è professionale e gode di una buona incisione e consentitemi anche di dire che Szadkowsky è davvero un ottimo batterista. Belle le interpretazioni vocali di Robert Amirian, per non parlare degli ottimi pezzi di chitarra (il piatto forte) di Saharan Kubeisi. Altro brano che mi emoziona è il sussurrato “Am I Losing Touch?”, un susseguirsi di delicate armonie.
Questo lavoro è suddiviso in sette lunghi brani della media di otto minuti l’uno, mentre la versione digipack contiene due brani aggiuntivi, “The Color Of The Rain” e “Relaxed”.
In conclusione promuovo questo disco, nel senso che chi ama il New Prog e le band prima citate, troverà di che godere, quindi soldi spesi bene. Chi invece ascolta il Prog più sperimentale ovviamente è meglio che volga la propria attenzione presso altri lidi. MS
giovedì 21 febbraio 2013
A.A.V.V. The Spaghetti Epic 2
The Spaghetti Epic 2
Musea
Distribuzione italiana: Frontiers
Genere: Prog
Support: CD - 2007
La Musea dopo il progetto “7 Samurai” di Akira Kurosawa, ritorna a percorrere la storia dello spaghetti Westerns. Dopo il primo episodio ritornano le famigerate tre suites (nel primo erano ben sei!) composte dai "soliti noti" Randone, La Voce Del Vento e Tilon. Questa volta viene preso di mira il clamoroso capolavoro di Sergio Leone “Il Buono , Il Brutto E Il Cattivo” dove Sentenza, Tuco ed il Biondo si litigano lo stesso bottino.
Strano ascoltare in lingua Progressive certi passaggi di Morricone, come ad esempio nella prima suite “The Good” dei Randone. In essa viene descritto il buon biondo (Clint Eastwood) e la chitarra in tutto il discorso ha una importante rilevanza. La band del bravo Nicola Randone spazia con disinvoltura nel cuore della musica Progressive, dove certi cambi di tempo e certe soluzioni hanno fatto già la storia, La bravura è nel condire il tutto con una punta di cantautoriale, che se devo essere sincero, proprio non guasta. Ovviamente gli anni ’70 sono la colonna portante, ma Randone ha il gusto e la maturità giusta per far si che il brano decolli in maniera giusta e personale. Sotto il nome La Voce Del Vento non si aggira un gruppo italiano come farebbe pensare, ma bensì un duo che ha scritto pagine importanti in ambito Prog Rock, Andy Tillison e Guy Manning dei Parallel Or 90 Degrees. Il Cattivo (Lee Van Cleef) è descritto dagli artisiti inglesi partendo con un drammatico crescendo, anche se il western con il Prog, come dice qualcuno più titolato del sottoscritto, non ci azzecca proprio. Le band di riferimento, oltre a quella madre del duo, sono Genesis e tutta la New Progressive in generale. L’ultima suite è appannaggio dei Lilion ed il personaggio analizzato è il brutto e maldestro Tuco (Eli Wallach). La band mette alla luce una notevole capacità espressiva, dei repentini passaggi d’atmosfera ed una maturità inaspettata.
Nella suite si scorgono passaggi alla Balletto Di Bronzo, PFM o addirittura alla Maschera Di Cera. I cambi umorali sono molteplici, come suite ci insegna, specialmente durante il bellissimo finale.
La Musea raccoglie da me consensi su consensi, non esistono motivi economici che mi legano con nessuna casa discografica al mondo, io seguo solo il mio istinto e la genuinità e la passione di certi prodotti e questo “Spaghetti Epic Pt.2”, come i suoi predecessori, è un esempio di grande professionalità. Spero che per l’ennesima volta la nostra cecità non uccida un altro piccolo gioiellino Prog, pure se capisco benissimo che non siamo milionari da poter sganciare euri ogni volta che uno scribacchino ne consiglia l’acquisto. Comunque se vi capita fra le mani, dategli un ascolto e sono sicuro che un pensierino lo farete sicuramente. MS
Musea
Distribuzione italiana: Frontiers
Genere: Prog
Support: CD - 2007
La Musea dopo il progetto “7 Samurai” di Akira Kurosawa, ritorna a percorrere la storia dello spaghetti Westerns. Dopo il primo episodio ritornano le famigerate tre suites (nel primo erano ben sei!) composte dai "soliti noti" Randone, La Voce Del Vento e Tilon. Questa volta viene preso di mira il clamoroso capolavoro di Sergio Leone “Il Buono , Il Brutto E Il Cattivo” dove Sentenza, Tuco ed il Biondo si litigano lo stesso bottino.
Strano ascoltare in lingua Progressive certi passaggi di Morricone, come ad esempio nella prima suite “The Good” dei Randone. In essa viene descritto il buon biondo (Clint Eastwood) e la chitarra in tutto il discorso ha una importante rilevanza. La band del bravo Nicola Randone spazia con disinvoltura nel cuore della musica Progressive, dove certi cambi di tempo e certe soluzioni hanno fatto già la storia, La bravura è nel condire il tutto con una punta di cantautoriale, che se devo essere sincero, proprio non guasta. Ovviamente gli anni ’70 sono la colonna portante, ma Randone ha il gusto e la maturità giusta per far si che il brano decolli in maniera giusta e personale. Sotto il nome La Voce Del Vento non si aggira un gruppo italiano come farebbe pensare, ma bensì un duo che ha scritto pagine importanti in ambito Prog Rock, Andy Tillison e Guy Manning dei Parallel Or 90 Degrees. Il Cattivo (Lee Van Cleef) è descritto dagli artisiti inglesi partendo con un drammatico crescendo, anche se il western con il Prog, come dice qualcuno più titolato del sottoscritto, non ci azzecca proprio. Le band di riferimento, oltre a quella madre del duo, sono Genesis e tutta la New Progressive in generale. L’ultima suite è appannaggio dei Lilion ed il personaggio analizzato è il brutto e maldestro Tuco (Eli Wallach). La band mette alla luce una notevole capacità espressiva, dei repentini passaggi d’atmosfera ed una maturità inaspettata.
Nella suite si scorgono passaggi alla Balletto Di Bronzo, PFM o addirittura alla Maschera Di Cera. I cambi umorali sono molteplici, come suite ci insegna, specialmente durante il bellissimo finale.
La Musea raccoglie da me consensi su consensi, non esistono motivi economici che mi legano con nessuna casa discografica al mondo, io seguo solo il mio istinto e la genuinità e la passione di certi prodotti e questo “Spaghetti Epic Pt.2”, come i suoi predecessori, è un esempio di grande professionalità. Spero che per l’ennesima volta la nostra cecità non uccida un altro piccolo gioiellino Prog, pure se capisco benissimo che non siamo milionari da poter sganciare euri ogni volta che uno scribacchino ne consiglia l’acquisto. Comunque se vi capita fra le mani, dategli un ascolto e sono sicuro che un pensierino lo farete sicuramente. MS
martedì 19 febbraio 2013
Elezioni 2013
ELEZIONI 2013
Considerazioni pre voto
Ciao a tutti, non vi spaventate, non sono impazzito, lungi da me parlare nel mio blog di politica, tuttavia siamo arrivati ad un momento importante della nostra vita.
il 24 ed il 25 Febbraio si vota per le politiche, lo sapete tutti e altresì sapete in che momento storico viviamo. La crisi e l'Euro ci hanno inghiottiti in un vortice che sembra non aver più fine, il lavoro scarseggia e le tasse ci stanno uccidendo. Il paese è fermo perchè non produce. Tutti parlano bene, nessuno fa nulla....questo purtroppo da anni. Il risultato è visibile agli occhi di tutti.
Non voglio parlare di più, perchè la situazione la vivete tutti, per cui siete più che informati. C'è chi si accontenta, chi è deluso, chi vuole cambiare radicalmente, chi vuole restare i Europa, chi consiglia di uscire.... ma a me interessa solo una cosa, il motivo per cui ho esternato a pochi giorni dal voto questo mio pensiero:
Pensatela come volete, ma ANDATE A VOTARE!!!
E' l'unico modo che ci resta a noi poveri cittadini per dire la nostra, non facciamocelo sfuggire. Non votare equivale a dire: "Mi sta bene così, fate come volete"!
Poi ognuno è libero di pensarla a suo modo.
Grazie a tutti
Considerazioni pre voto
Ciao a tutti, non vi spaventate, non sono impazzito, lungi da me parlare nel mio blog di politica, tuttavia siamo arrivati ad un momento importante della nostra vita.
il 24 ed il 25 Febbraio si vota per le politiche, lo sapete tutti e altresì sapete in che momento storico viviamo. La crisi e l'Euro ci hanno inghiottiti in un vortice che sembra non aver più fine, il lavoro scarseggia e le tasse ci stanno uccidendo. Il paese è fermo perchè non produce. Tutti parlano bene, nessuno fa nulla....questo purtroppo da anni. Il risultato è visibile agli occhi di tutti.
Non voglio parlare di più, perchè la situazione la vivete tutti, per cui siete più che informati. C'è chi si accontenta, chi è deluso, chi vuole cambiare radicalmente, chi vuole restare i Europa, chi consiglia di uscire.... ma a me interessa solo una cosa, il motivo per cui ho esternato a pochi giorni dal voto questo mio pensiero:
Pensatela come volete, ma ANDATE A VOTARE!!!
E' l'unico modo che ci resta a noi poveri cittadini per dire la nostra, non facciamocelo sfuggire. Non votare equivale a dire: "Mi sta bene così, fate come volete"!
Poi ognuno è libero di pensarla a suo modo.
Grazie a tutti
lunedì 18 febbraio 2013
Antonius Rex
ANTONIUS REX - Hystero Demonopathy
Black Widow Records
Distribuzione italiana: Masterpiece
Genere: Dark Rock
Support: CD - 2012
Ascoltare la musica di Antonius Rex è sempre come affrontare un viaggio nell'occulto, anche nel progetto alternativo Jacula si gode di questa situazione psicofisica, ne è recente testimone "Pre Viam" del 2011. Per poter ascoltare l'ultimo Antonius Rex però bisogna ritornare al 2009 con "Per Viam", anche lui anagramma di "Vampire", ma il senso non cambia. Questa musica non sembra avere subito l'usura del passaggio del tempo, neppure quando il chitarrista leader e polistrumentista Antonio Bartoccetti apre le porte del Dark Prog alla fine degli anni 60, precisamente nel 1969 con "In Cauda Semper Stat Venenum", con l'appellativo Jacula. Ovviamente muta la tecnologia ed il supporto della strumentazione, ma resta sempre intatto l'alone esoterico che circonda il suono.
La copertina di "Hystero Demonopathy" è in definitiva il sunto di quello che è il concepimento artistico di Bartoccetti in questo nuovo lavoro, l'oscuro, il passato, la religione. Hystero sta a significare l'analisi scientifica dell'isteria in cui cadono le donne possedute dal demonio. In questo nuovo viaggio suddiviso in nove tracce ed un video, l'artista si coadiuva del supporto di Rexanthony alle tastiere, suo figlio e della medium Monika Tasnad, perché qui le cose non si fanno per finta, ma seriamente.
Cogliere il delirio della possessione, ascoltarne la storia che scaturisce da queste donne è inquietante e raggelante, ma la musica ne è perfetto tappeto. Si è anche voluto fare uscire il disco il 12-12-12, tanto per calcare la mano nel mistero.
In realtà Antonius Rex con il tempo ha una specie di ritorno al passato, non tanto come suono, ma come stile, sempre più vicino al Prog, anche se in maniera velata. Infatti nella musica si ascoltano numerose altre influenze che vanno dal Dark al Gothic, passando per la Psichedelia, il Metal e appunto il Prog!
La chitarra demoniaca riesce a tagliare le basi sonore uscendo in tutta la sua pericolosità. Creature possedute, condanne, rovi, streghe, maghi... la storia è piena di questi scempi umani e l'analisi di Antonius Rex è spietata, una cronaca quantomeno dettagliata e chiarificatrice, grazie soprattutto al supporto di Monika Tasnad, testimone presente del passato!
Il vento raggelante di "Hystero Demonopathy" coglie all'improvviso e ci immette in questo contesto antico, il disco si apre così, con tastiere epiche e chitarra ruggente, questa poi in chiusura, ci regala anche uno degli assolo più belli che Bartoccetti abbia mai eseguito. Le atmosfere si fanno ulteriormente malinconiche nella drammatica "Suicide Goth", tastiere soffici sorreggono l'intero ascolto rendendo l'immaginario ancor più annebbiato e sinistro.
"Are Mine" è aperta da un arpeggio dal sapore antico, neoclassico, sottolineato dalle sempre presenti tastiere di Rexanthony, per poi spaccare il muro del suono con chitarre cadenzate in stile Thrash! Questo connubio è sempre piaciuto al recente Antonius Rex, il suono poderoso ben si addice allo stile compositivo e rende giustizia al contenuto intero. Le urla della donna posseduta poi...raggelano il sangue.
Se avete intenzione di comperare l'lp, "Disincantation" è l'ultimo brano del lato A, narrato da Bartoccetti stesso, un piccolo spiraglio di luce impolverata che attraversa la stanza. Nuovo importante solo di chitarra, in questo caso che sfoggia il lato tecnico dell'artista, il Blues aleggia fra i giri.
Il lato B si apre, secondo chi scrive, con uno dei brani più belli che Antonius Rex abbia mai composto (questo la dice lunga sulla qualità di "Hystrero Demonophaty"), supportato dalle tastiere questa volta in prima linea di Rexanthony, qui nell'assolo il suono potrebbe sembrare quello di una chitarra....ma non lo è. Ancora grida e orrore fra le note, in un cadenzato crescendo sonoro. "The Devils Nightmare" a sua volta è greve, malefico come lo potrebbe essere davvero un incubo del diavolo. Il ritmo sale così la tensione e l'odore dello zolfo. Le streghe vengono trattate in "Witches", l'universo donna sempre denigrato e maltrattato dall'uomo. "The Fatal Letter" è un classico del repertorio Antonius Rex, un mix di ingredienti già citati nella recensione stessa, per un risultato finale che strizza l'occhio al Prog. Chiude "Possaction" ed il titolo è chiarificatore, fra urla strazianti e voci distorte.
Antonius Rex è tornato più in forma che mai assieme al suo orrore, alla bestia e chiude con un auspicio..."Che Dio Abbia Pietà Di Noi".
Ma prima di chiudere voglio svelarvi in anteprima ed in esclusiva, una leggenda che gira attorno ad "Hystero Demonophaty", sembra che di esso giri una edizione stampata in sole 33 copie!!! Qui c'è un inedito "G. Trace" e la cifra di questo limitato prodotto è quantomeno esorbitante... 2000 Euro!!! MS
Black Widow Records
Distribuzione italiana: Masterpiece
Genere: Dark Rock
Support: CD - 2012
Ascoltare la musica di Antonius Rex è sempre come affrontare un viaggio nell'occulto, anche nel progetto alternativo Jacula si gode di questa situazione psicofisica, ne è recente testimone "Pre Viam" del 2011. Per poter ascoltare l'ultimo Antonius Rex però bisogna ritornare al 2009 con "Per Viam", anche lui anagramma di "Vampire", ma il senso non cambia. Questa musica non sembra avere subito l'usura del passaggio del tempo, neppure quando il chitarrista leader e polistrumentista Antonio Bartoccetti apre le porte del Dark Prog alla fine degli anni 60, precisamente nel 1969 con "In Cauda Semper Stat Venenum", con l'appellativo Jacula. Ovviamente muta la tecnologia ed il supporto della strumentazione, ma resta sempre intatto l'alone esoterico che circonda il suono.
La copertina di "Hystero Demonopathy" è in definitiva il sunto di quello che è il concepimento artistico di Bartoccetti in questo nuovo lavoro, l'oscuro, il passato, la religione. Hystero sta a significare l'analisi scientifica dell'isteria in cui cadono le donne possedute dal demonio. In questo nuovo viaggio suddiviso in nove tracce ed un video, l'artista si coadiuva del supporto di Rexanthony alle tastiere, suo figlio e della medium Monika Tasnad, perché qui le cose non si fanno per finta, ma seriamente.
Cogliere il delirio della possessione, ascoltarne la storia che scaturisce da queste donne è inquietante e raggelante, ma la musica ne è perfetto tappeto. Si è anche voluto fare uscire il disco il 12-12-12, tanto per calcare la mano nel mistero.
In realtà Antonius Rex con il tempo ha una specie di ritorno al passato, non tanto come suono, ma come stile, sempre più vicino al Prog, anche se in maniera velata. Infatti nella musica si ascoltano numerose altre influenze che vanno dal Dark al Gothic, passando per la Psichedelia, il Metal e appunto il Prog!
La chitarra demoniaca riesce a tagliare le basi sonore uscendo in tutta la sua pericolosità. Creature possedute, condanne, rovi, streghe, maghi... la storia è piena di questi scempi umani e l'analisi di Antonius Rex è spietata, una cronaca quantomeno dettagliata e chiarificatrice, grazie soprattutto al supporto di Monika Tasnad, testimone presente del passato!
Il vento raggelante di "Hystero Demonopathy" coglie all'improvviso e ci immette in questo contesto antico, il disco si apre così, con tastiere epiche e chitarra ruggente, questa poi in chiusura, ci regala anche uno degli assolo più belli che Bartoccetti abbia mai eseguito. Le atmosfere si fanno ulteriormente malinconiche nella drammatica "Suicide Goth", tastiere soffici sorreggono l'intero ascolto rendendo l'immaginario ancor più annebbiato e sinistro.
"Are Mine" è aperta da un arpeggio dal sapore antico, neoclassico, sottolineato dalle sempre presenti tastiere di Rexanthony, per poi spaccare il muro del suono con chitarre cadenzate in stile Thrash! Questo connubio è sempre piaciuto al recente Antonius Rex, il suono poderoso ben si addice allo stile compositivo e rende giustizia al contenuto intero. Le urla della donna posseduta poi...raggelano il sangue.
Se avete intenzione di comperare l'lp, "Disincantation" è l'ultimo brano del lato A, narrato da Bartoccetti stesso, un piccolo spiraglio di luce impolverata che attraversa la stanza. Nuovo importante solo di chitarra, in questo caso che sfoggia il lato tecnico dell'artista, il Blues aleggia fra i giri.
Il lato B si apre, secondo chi scrive, con uno dei brani più belli che Antonius Rex abbia mai composto (questo la dice lunga sulla qualità di "Hystrero Demonophaty"), supportato dalle tastiere questa volta in prima linea di Rexanthony, qui nell'assolo il suono potrebbe sembrare quello di una chitarra....ma non lo è. Ancora grida e orrore fra le note, in un cadenzato crescendo sonoro. "The Devils Nightmare" a sua volta è greve, malefico come lo potrebbe essere davvero un incubo del diavolo. Il ritmo sale così la tensione e l'odore dello zolfo. Le streghe vengono trattate in "Witches", l'universo donna sempre denigrato e maltrattato dall'uomo. "The Fatal Letter" è un classico del repertorio Antonius Rex, un mix di ingredienti già citati nella recensione stessa, per un risultato finale che strizza l'occhio al Prog. Chiude "Possaction" ed il titolo è chiarificatore, fra urla strazianti e voci distorte.
Antonius Rex è tornato più in forma che mai assieme al suo orrore, alla bestia e chiude con un auspicio..."Che Dio Abbia Pietà Di Noi".
Ma prima di chiudere voglio svelarvi in anteprima ed in esclusiva, una leggenda che gira attorno ad "Hystero Demonophaty", sembra che di esso giri una edizione stampata in sole 33 copie!!! Qui c'è un inedito "G. Trace" e la cifra di questo limitato prodotto è quantomeno esorbitante... 2000 Euro!!! MS
sabato 16 febbraio 2013
Recensioni Brevi 8
RECENSIONI BREVI - 8
MUSE - The 2nd Law
Alternative Rock - 2012
MUSE - The 2nd Law
Alternative Rock - 2012
Di certo i Muse non hanno bisogno di Nonsolo Progrock per avere un consiglio e neppure per farsi grande pubblicità, però come si dice, anche una goccia d'acqua fa il mare. Il trio si sta avvicinando sempre più ad un Rock alternativo elettronico, pur cercando nuove strumentazioni. I brani girano nelle radio e ad MTV, in primis "Madness", ma quello che voglio sottolineare con questa mia breve considerazione è che i Muse non sono come tutti gli altri. Crescono, si ingegnano, trovano melodie già fatte, questo si (poveri Radiohead, scippati in ognidove), ma lo fanno con grande professionalità, stile e tecnica! Ogni disco è un piacere ascoltarlo e udite udite, la cosa più incredibile per un lavoro di oggi è che il tutto si fa ascoltare con piacere, non solo le hit. Maestri. VOTO: 8,5
LIQUID WOLF - Liquid Wolf
Crossover Progressice Rock - 2012
La Finlandia ci propone una nuova realtà musicale, i Liquid Wolf. Le atmosfere che aleggiano nella musica sono a tratti malinconiche, ma il Rock rappresentato sembra voler raccontare di più. Lo sforzo compositivo si equipara a quello tecnico, cambi di tempo, crescendo, frangenti al confine del Metal, ma anche no! Ricerca ed adrenalina, il tutto fra interventi di classe (anche uno sporadico sax) e voglia di suonare musica per la mente. Quello che mi ha colpito è la poca scontatezza, pur non avendo una continuità totale. Il cantato è buono e non molto logorroico, i Liquid Wolf danno più spazio alla musica e fanno bene. Io un ascolto ve lo consiglio. VOTO: 7
RIVERSIDE - Shrine Of new Generation Slaves
Metal Alt Prog - 2013
Questo fenomeno mi ha sempre affascinato. La Polonia ha da tempo a questa parte regalato ottime band e musica di elevata fattura tecnica, i Riverside oramai li conoscono tutti gli amanti del Metal Prog. Mi ha affascinato in quanto non a pieno da me metabolizzato. Essendo io, (come i Riverside stessi) amante dei Porcupine Tree, sono abituato ad ascoltare un mix fra Pink Floyd, Radiohead, Metal e King Crimson, un genere che oramai conosco a menadito, nei suoi crescendo e nei mutando. Ecco allora che resto affascinato dal primo lavoro dei Riverside, una band che ha queste prerogative e che dunque promette bene, ma poi? Disco dopo disco (seppure sempre belli), i polacchi non decollano, restano rasoterra e ti lasciano quella sensazione di incompiuto, quando hai mangiato poco e ti alzi da tavola ancora con la fame. Manca il decollo, non partono. I brani presi uno per uno sono tutti belli, la loro tecnica si è affinata, la band viaggia a livelli professionali altissimi, così la produzione...però alla fine mi viene voglia di ascoltare un disco della band di Wilson. Bel disco dicevo, specie per chi li conosce per la prima volta, ma secondo me devono osare di più, specialmente in fase di assolo e crescendo, le carte in regola ci sono tutte. VOTO: 6
STEVEN WILSON - The Raven That Refused To Sing (And Other Stories)
Alt Prog Rock - 2013
Chi Ama i King Crimson guardando la copertina del disco dell'ennesimo lavoro dell'instancabile artista inglese, avrà fatto un salto. Si, quello che si ascolta dentro è proprio quello che si vede fuori, Pink Floyd e King Crimson assieme, di quest'ultimi il lato più nervoso ed oscuro. Non sforzatevi a cercare di capire se Wilson è un genio o se è sopravvalutato, lui è un artista vero, colui che fa solo ed esclusivamente ciò che sente al momento, non quello che gli propongono i fans, per cui prendere o lasciare. Circondato sempre da musicisti di altissimo calibro, Wilson questa volta ci racconta di spiriti, per cui...l'alone oscuro è ancora più marcato del solito. Fughe strumentali nervose, cambi di tempo, fiati e soprattutto finalmente un brano in cui si può ascoltare un assolo di chitarra degno di nota: "Drive Home". Punto di riferrimento per centinaia e centinaia di artisti, Wilson prosegue imperterrito la sua ricerca Prog. Non è semplice il mondo che raffigura, è scuro come la pece, nervoso ma allo stesso tempo romanticamente malinconico. Per molti, non per tutti. VOTO: 9
KING EIDER - Somateria Spectabilis
Progressive Rock - 2005
Per l'ennesima volta nel tempo, faccio girare questo disco nel mio stereo. Sono quei dischi che racchiudono in se una magia che non si racconta, ma si gode. Sono quei fenomeni che non ti spieghi e pensi : " Ma questi, perchè non hanno avuto il giusto merito?". I più ferrati in Prog di voi conosceranno gli olandesi Cliffhanger, ebbene qui c'è il vocalist Rinie Huigen. La musica è un misto fra Genesis e tutto quello che gli anni '70 ci hanno propinato in ambito, Pink Floyd compresi. Ma nell'insieme è la personalità che è forte, ecco la mia incomprensione nei confronti di questa band olandese, forte e singolare nel comporre. Ottimi musicisti, belle canzoni, soprattutto belle armonie. Sconosciuti....emeriti sconosciuti.... Di fenomeni così la storia del Rock ne è piena, tuttavia io nel mio piccolo ve li segnalo. VOTO: 8,5
venerdì 15 febbraio 2013
Three Monks
THREE MONKS - Neogothic Progressive Toccatas
Drycastle
Distribuzione italiana: Black Widow
Genere: Dark Prog / Gothic
Support: CD - 2011
Progetto importante questo dei Three Monks, rivolto a tutti gli amanti dell'organo a canne e delle sonorità gotiche oscure. Paolo "Julius" Lazzeri (organo e compositore), Maurizio "Bozorius" Bozzi (basso) ed i batteristi Roberto Bichi e Claudio Cuseri, propongono un Prog davvero particolare. Lo stile Neogotico si presenta in tutta la propria maestosità, richiamando anche lavori dello svedese Par Lindh, anche se la fonte d'ispirazione non è proprio la sua, ma quella degli immancabili maestri del Prog quali King Crimson, EL&P e Van Der Graaf Generator.
Non ci sono parti vocali nel corso dell'ascolto, il tutto è concentrato attorno alla forte personalità di Julius che evoca nelle composizioni il barocco e la visione di monumentali cattedrali. TOCCATE NEOGOTICHE, questo è il filo conduttore dell'opera Rock, perchè malgrado ci siano classicismi, barocco e quant'altro, i Three Monks si esprimono adoperando comunque gli ingredienti che compongono il genere Rock, a cominciare dalle ritmiche e dai riff.
I suoni si presentano inevitabilmente imponenti, l'organo compie il proprio dovere investendo l'ascoltatore. Gia da "Progressive Magdeburg" si denotano le coordinate stilistiche, indubbiamente possono venire alla mente i Goblin di Simonetti, oppure i Rovescio Della Medaglia ed altre band minori di Prog Italiano anni '70, in realtà i Three Monks hanno dalla loro una pesante personalità e riescono a ricondurre il sound verso il loro modo di essere.
Vivace e profondo, "Progressive Magdeburg" non cela neppure un velo di sottile ed oscura malinconia che dona al brano un passo in più verso i meandri dell'intimo.
Ancora più greve "Toccata Neogotica N°1" e qui davvero si possono immaginare squarci di luce in una grande stanza buia, sensazioni forti al limite della paura, ma che affascinano per maestosità. Di sicuro non è cosa semplice concepire un intero disco basandosi su queste priorità, tuttavia i Three Monks ci riescono con discreta capacità e personalità.
La musica è narrata strumentalmente da questi monaci del Prog, dove le tastiere hanno un ruolo fondamentale, ma ci sono anche frangenti in cui altri strumenti godono di luce propria, come in "Neogothic Pedal Solo", dove il basso di Bozorius regala un percorso nuovamente oscuro, alternandosi con l'immancabile organo di Julius.
Ho parlato in precedenza dei Goblin ed ecco nel discorso inserirsi anche la cover di "Profondo Rosso", qui lucida per una nuova linfa vitale.
Altra cattedrale per il gruppo, questa volta si va nella basilica tedesca di Waldsassen ad incontrare un organo datato 1989 e la composizione si intitola "Herr Jann", in onore del creatore dello strumento stesso, George Jann.
Chiude il discorso "Toccata Neogotica N°7 (St. Florian)", composizione dell'austriaco Anton Bruchner, organista del St.Florian Abbey sepolto come volere proprio sotto il suo organo. Emozioni molteplici dunque in questo "Neogothic Progressive Toccatas", oltre il piacere di ascoltare uno strumento come l'organo a canne,. Qui si vanno ad assaporare (per i palati più fini) i sapori dei suoni originali, di questi tempi una vera chicca! MS
Drycastle
Distribuzione italiana: Black Widow
Genere: Dark Prog / Gothic
Support: CD - 2011
Progetto importante questo dei Three Monks, rivolto a tutti gli amanti dell'organo a canne e delle sonorità gotiche oscure. Paolo "Julius" Lazzeri (organo e compositore), Maurizio "Bozorius" Bozzi (basso) ed i batteristi Roberto Bichi e Claudio Cuseri, propongono un Prog davvero particolare. Lo stile Neogotico si presenta in tutta la propria maestosità, richiamando anche lavori dello svedese Par Lindh, anche se la fonte d'ispirazione non è proprio la sua, ma quella degli immancabili maestri del Prog quali King Crimson, EL&P e Van Der Graaf Generator.
Non ci sono parti vocali nel corso dell'ascolto, il tutto è concentrato attorno alla forte personalità di Julius che evoca nelle composizioni il barocco e la visione di monumentali cattedrali. TOCCATE NEOGOTICHE, questo è il filo conduttore dell'opera Rock, perchè malgrado ci siano classicismi, barocco e quant'altro, i Three Monks si esprimono adoperando comunque gli ingredienti che compongono il genere Rock, a cominciare dalle ritmiche e dai riff.
I suoni si presentano inevitabilmente imponenti, l'organo compie il proprio dovere investendo l'ascoltatore. Gia da "Progressive Magdeburg" si denotano le coordinate stilistiche, indubbiamente possono venire alla mente i Goblin di Simonetti, oppure i Rovescio Della Medaglia ed altre band minori di Prog Italiano anni '70, in realtà i Three Monks hanno dalla loro una pesante personalità e riescono a ricondurre il sound verso il loro modo di essere.
Vivace e profondo, "Progressive Magdeburg" non cela neppure un velo di sottile ed oscura malinconia che dona al brano un passo in più verso i meandri dell'intimo.
Ancora più greve "Toccata Neogotica N°1" e qui davvero si possono immaginare squarci di luce in una grande stanza buia, sensazioni forti al limite della paura, ma che affascinano per maestosità. Di sicuro non è cosa semplice concepire un intero disco basandosi su queste priorità, tuttavia i Three Monks ci riescono con discreta capacità e personalità.
La musica è narrata strumentalmente da questi monaci del Prog, dove le tastiere hanno un ruolo fondamentale, ma ci sono anche frangenti in cui altri strumenti godono di luce propria, come in "Neogothic Pedal Solo", dove il basso di Bozorius regala un percorso nuovamente oscuro, alternandosi con l'immancabile organo di Julius.
Ho parlato in precedenza dei Goblin ed ecco nel discorso inserirsi anche la cover di "Profondo Rosso", qui lucida per una nuova linfa vitale.
Altra cattedrale per il gruppo, questa volta si va nella basilica tedesca di Waldsassen ad incontrare un organo datato 1989 e la composizione si intitola "Herr Jann", in onore del creatore dello strumento stesso, George Jann.
Chiude il discorso "Toccata Neogotica N°7 (St. Florian)", composizione dell'austriaco Anton Bruchner, organista del St.Florian Abbey sepolto come volere proprio sotto il suo organo. Emozioni molteplici dunque in questo "Neogothic Progressive Toccatas", oltre il piacere di ascoltare uno strumento come l'organo a canne,. Qui si vanno ad assaporare (per i palati più fini) i sapori dei suoni originali, di questi tempi una vera chicca! MS
mercoledì 13 febbraio 2013
Zita Ensemble
ZITA ENSEMBLE - Volume 2
Lizard Records
Distribuzione italiana: Lizard Records
Genere: Rock psichedelico-Progressive
Supporto: CD – 2009
Il trio Zita Ensemble con “Volume 2”, malgrado il titolo, giunge alla terza fatica da studio. Luca Vicenzi (chitarre), Marco Fortuna (basso) e Fabio Gatti (batteria), sono coloro che ci accompagnano in questo tour sonoro fatto di lisergia, Jazz e molto altro. “Volume 1” e “Quintet Session” furono dei buoni album, ma questo sembra possedere una marcia in più, senza meno in ambito produttivo. Composto da sette brani, fra i quali spuntano tre suite, “Volume 2” si lascia ascoltare tutto di un fiato e la durata biblica di settantatre minuti sembra essere ridimensionata dall’ascolto.
La lezione degli anni ’70 impartita dai maestri dell’improvvisazione, siano essi italiani che stranieri, è stata recepita. I Zita Ensemble godono tuttavia di forte personalità e l’iniziale “Don’t You Me Sex You Fuckin’ Marine?” ci presenta subito un gruppo coeso ed elettrico. Con “Investigation” ci addentriamo nella prima suite, un pezzo altamente lisergico, molto vicino al mondo dei primi Pink Floyd e non solo. Il suono è denso, caldo, coinvolgente nel crescendo, salvo squarciarsi di tanto in tanto nelle melodie di chitarra. La ritmica merita davvero un elogio a parte. Musica il quale tempo non ha saputo scalfire, suoni Jazz perfettamente sciolti nel Rock. Il brano più lungo di “Volume 2” si intitola “Suite 3” ed è una lezione di sensibilità. In esso c’è tutto ciò che un ascoltatore di Progressive e Jazz vorrebbe sempre ascoltare. Ovviamente sto parlando di cambi di ritmo, umorali ed effetti che, come il genere ci insegna, non guastano mai messi a piccole dosi. Importante nel disco anche il lavoro di Francesco Agostoni, come manipolatore del suono, fra piano, sintetizzatori, organi e quant’altro. In questa suite, invece ai sintetizzatori troviamo Luca Zandonini. “Chi Illuminerà Questo Grande Buio?”, si chiedono i nostri artisti e lo fanno con un Blues che riscalda, proprio come un auspicio al tepore, almeno di una fioca luce che tanto basta a scaldarci dentro. Con “Adagio- Riduzione Psichedelica Per Band” si fluttua in suoni astratti, stile “Metanoia” dei Porcupine Tree e scusatemi se è poco. E’ poi la volta della terza suite, “Nella Notte Del Mare Profondo”, un titolo una realtà. Qui tornano i Zita Ensemble più canonici, sempre rivolti con lo sguardo verso gli anni ’70 ed a una band come gli Area. Non si può che applaudire a chi soffia sulla cenere per alimentare sempre la brace. Chiude “Una Folle Folle Corsa?” con otto minuti di musica introversa ed immaginifica.
Non voglio sbilanciarmi troppo, in quanto sono consapevole che questo è il mio territorio musicale ed emotivo, per cui potrei fuorviare molti di voi che non sono avvezzi a queste sonorità (chiamiamole così) sperimentali, per cui mi limito semplicemente a considerare “Volume 2” un disco strumentale di buona fattura, ma che sono comunque convinto vi conquisterà. MS
Lizard Records
Distribuzione italiana: Lizard Records
Genere: Rock psichedelico-Progressive
Supporto: CD – 2009
Il trio Zita Ensemble con “Volume 2”, malgrado il titolo, giunge alla terza fatica da studio. Luca Vicenzi (chitarre), Marco Fortuna (basso) e Fabio Gatti (batteria), sono coloro che ci accompagnano in questo tour sonoro fatto di lisergia, Jazz e molto altro. “Volume 1” e “Quintet Session” furono dei buoni album, ma questo sembra possedere una marcia in più, senza meno in ambito produttivo. Composto da sette brani, fra i quali spuntano tre suite, “Volume 2” si lascia ascoltare tutto di un fiato e la durata biblica di settantatre minuti sembra essere ridimensionata dall’ascolto.
La lezione degli anni ’70 impartita dai maestri dell’improvvisazione, siano essi italiani che stranieri, è stata recepita. I Zita Ensemble godono tuttavia di forte personalità e l’iniziale “Don’t You Me Sex You Fuckin’ Marine?” ci presenta subito un gruppo coeso ed elettrico. Con “Investigation” ci addentriamo nella prima suite, un pezzo altamente lisergico, molto vicino al mondo dei primi Pink Floyd e non solo. Il suono è denso, caldo, coinvolgente nel crescendo, salvo squarciarsi di tanto in tanto nelle melodie di chitarra. La ritmica merita davvero un elogio a parte. Musica il quale tempo non ha saputo scalfire, suoni Jazz perfettamente sciolti nel Rock. Il brano più lungo di “Volume 2” si intitola “Suite 3” ed è una lezione di sensibilità. In esso c’è tutto ciò che un ascoltatore di Progressive e Jazz vorrebbe sempre ascoltare. Ovviamente sto parlando di cambi di ritmo, umorali ed effetti che, come il genere ci insegna, non guastano mai messi a piccole dosi. Importante nel disco anche il lavoro di Francesco Agostoni, come manipolatore del suono, fra piano, sintetizzatori, organi e quant’altro. In questa suite, invece ai sintetizzatori troviamo Luca Zandonini. “Chi Illuminerà Questo Grande Buio?”, si chiedono i nostri artisti e lo fanno con un Blues che riscalda, proprio come un auspicio al tepore, almeno di una fioca luce che tanto basta a scaldarci dentro. Con “Adagio- Riduzione Psichedelica Per Band” si fluttua in suoni astratti, stile “Metanoia” dei Porcupine Tree e scusatemi se è poco. E’ poi la volta della terza suite, “Nella Notte Del Mare Profondo”, un titolo una realtà. Qui tornano i Zita Ensemble più canonici, sempre rivolti con lo sguardo verso gli anni ’70 ed a una band come gli Area. Non si può che applaudire a chi soffia sulla cenere per alimentare sempre la brace. Chiude “Una Folle Folle Corsa?” con otto minuti di musica introversa ed immaginifica.
Non voglio sbilanciarmi troppo, in quanto sono consapevole che questo è il mio territorio musicale ed emotivo, per cui potrei fuorviare molti di voi che non sono avvezzi a queste sonorità (chiamiamole così) sperimentali, per cui mi limito semplicemente a considerare “Volume 2” un disco strumentale di buona fattura, ma che sono comunque convinto vi conquisterà. MS
lunedì 11 febbraio 2013
SUN TRAVELLERS
SUN TRAVELLERS – Excursions
Autoproduzione
Genere: Rock Psichedelico
Supporto: cd - 2010
I Sun Travellers hanno la base ad Amsterdam in Olanda e sono formati da Gian Luc Giustiniani (chitarre e basso), Gordon Todd (voce), Paul Ehn (voce, tastiere, chitarra, percussioni) e Tom Pettit (batteria).
In “Excursions” si parla di Rock e si vanno a toccare argomentazioni care agli anni ’70 e a band come Pink Floyd o Tangerne Dream. In realtà oggi diremmo che i Sun Travellers si ispirano ai Porcupine Tree, anche se prevale la componente melodica degli anni ’70.
Le chitarre spesso e volentieri ricordano quelle di Gilmour ed ascoltando l’iniziale “A Thousand Stars” se ne ha gia una conferma. Musica anche di facile assimilazione, grazie a ritornelli orecchiabili, il tutto accompagnato da buone ritmiche ed ottimi solo di chitarra, non tanto per la tecnica esposta, quanto per il groove. Un esempio efficace è “Calypso”. Non ci sono suite, come un disco di Prog Psichedelico spesso richiede, questo per sottolineare che la musica è al servizio della melodia diretta, senza troppi giri a vuoto.
Quello a mia disposizione è un demo e devo riportare per l’onore della cronaca il fattore del suono non proprio bilanciato, comunque sufficientemente pulito.
I Pink Floyd sono molto evidenti in “Shades Of Madness”, però quelli ultimo periodo e non dei primi anni ’70 o fine anni ’60. Per chi li conosce posso paragonarli ai norvegesi Fruitcake di Paul Sovik.
Le melodie sono esaltate anche da cori femminili. C’è un'altra pecca nel demo alla quale non posso esimermi dalla sottolineatura, è quella di un mixaggio spesso assassino, ma quello che a noi interessa fondamentalmente è la musica.
“Skywalker” è arrangiato benissimo, sia nella voce (filtrata o clean), nei cori e nel viaggio psichedelico in cui ci conduce. I Sun Travellers dimostrano di avere buone idee e di mettere avanti l’anima piuttosto che la tecnica. Spesso ci si ritrova ad ascoltare ad occhi chiusi e questo è sinonimo di perfetta vibrazione con chi suona.
Ci sono alcuni passaggi a vuoto nel senso che si va ad attingere anche nel Rock più ascoltato e sfruttato, tuttavia il contesto rimane sempre gradevole, come in “Miss Escapade”, un anello che si sgancia dal contesto psichedelico precedente, per analizzare un soft Pop in stile anni ’80. “Spirit Dance” torna con lo slide a far vibrare le corde dell’anima, per cui nuovamente Floyd, questa volta periodo “Meddle”. Le argomentazioni planetarie come “Astronomy Domine”, oppure “Try To Kiss The Sun” dei tedeschi RPWL o proprio il logo di questa band stessa, fanno si che nella Psichedelia
di tutti i tempi il sole ed i pianeti ricoprano un ruolo fondamentale d’ispirazione. La musica rispecchia questo, un viaggio solare ed emotivo, fra passaggi sublimi ed alcuni inflazionati, per un totale di quarantuno minuti di intrattenimento suddiviso in dieci tracce.
Consiglio di dare loro un ascolto, magari contattando la band nel sito www.suntravellers.com e questo è un consiglio che mi sento di dare più a coloro che fanno di Gilmour e soci un credo di vita. Altresì consiglio alla band di trovare un proprio baricentro, perché passare da “One Of This Days”a un Pop anni ’80 è quantomeno fuorviante e disgregante. Ottimo lavoro comunque ed un piacere , quello di conoscere una band che ama suonare con il cuore.
Bravi (MS)
domenica 10 febbraio 2013
Galleon
GALLEON - Engines of Creation
Progress Records
Distribuzione italiana: ?
Genere: New Prog
Support: CD - 2007
Nel 2007 ritornano i Galleon, ritorna il Prog degli svedesi e con loro le storie di passaggi musicali a volte semplici e a volte intricati. Un comeback gradito dopo quattro lunghi anni dal doppio concept “From Land To Ocean”. La musica è sempre legata al loro stile, cara al New Prog di band come gli Arena, i Marillion, ma anche molto legata alle tematiche anni ’70, dettate da band come Yes, Genesis e perfino dell’Hard Prog alla Rush. Molti ingredienti dunque in questo piatto, si rischia l’indigestione, ma così per fortuna non è. Questi artisti sanno legare il tutto con spiccata personalità ed una furbetta dose di melodia, più accessibile a chi di Prog non vive.
La formazione del bassista cantante Goran Fors è la stessa, segnaliamo solo l’ingresso del nuovo batterista Goran Johnsson. Le tastiere di Ulf Pettersson sono sempre presenti ed a volte salgono prepotentemente in cattedra, pur senza strafare. I brani non sono di lunga durata, solo in sporadici casi si raggiungono i nove minuti. Gradevoli e commerciali “The Assemblers” e “Signals”, per giungere a qualcosa di più impegnato e ricco di riferimenti storici, bisogna giungere alla bella “Engines Of Creation”. La chitarra di Sven Larsson ci regala un solo davvero tagliente, al limite del Metallo. La musica di “State Insane” ha passaggi genesiani, riconoscibili nei frangenti più delicati e corali, dove l’arpeggio di chitarra ricorda non poco Steve Hacckett, ma anche altri vigorosi ed epici. I Galleon si cimentano in diverse categorie emozionali, a dimostrazione di un possesso di composizione davvero maturo. Nell’ora di ascolto sono davvero pochi i brani di riempimento, forse se ne poteva fare a meno di “Fog City”, ma il quartetto finale di canzoni fanno godere alla grande. Bella la breve strumentale “The Cinnamon Hidea Way” si raggiungono poi le emozioni maggiori con “Men And Monsters”, contenete gli insegnamenti Pinkfloydiani. Ancora chitarre in evidenza con “Machine Mother”, uno dei momenti più Hard del disco, pur sempre restando nei confini del Prog prettamente melodico. Si chiude alla grande con i nove minuti di “Lightworks”, riassunto di diverse generazioni Rock, tutte presenti in questo piccolo gioiello sonoro.
In definitiva siamo nuovamente di fronte ad un disco ottimo, ma senza picchi degni di un prodotto passato alla storia. Stiamo qui ancora una volta a parlare di un buon momento musicale, sincero e ben confezionato. Molti di voi (e qui mi ci metto anche io) si potrebbero accontentare, i più esigenti sono sicuro che storceranno il naso. Comunque bravi. MS
Progress Records
Distribuzione italiana: ?
Genere: New Prog
Support: CD - 2007
Nel 2007 ritornano i Galleon, ritorna il Prog degli svedesi e con loro le storie di passaggi musicali a volte semplici e a volte intricati. Un comeback gradito dopo quattro lunghi anni dal doppio concept “From Land To Ocean”. La musica è sempre legata al loro stile, cara al New Prog di band come gli Arena, i Marillion, ma anche molto legata alle tematiche anni ’70, dettate da band come Yes, Genesis e perfino dell’Hard Prog alla Rush. Molti ingredienti dunque in questo piatto, si rischia l’indigestione, ma così per fortuna non è. Questi artisti sanno legare il tutto con spiccata personalità ed una furbetta dose di melodia, più accessibile a chi di Prog non vive.
La formazione del bassista cantante Goran Fors è la stessa, segnaliamo solo l’ingresso del nuovo batterista Goran Johnsson. Le tastiere di Ulf Pettersson sono sempre presenti ed a volte salgono prepotentemente in cattedra, pur senza strafare. I brani non sono di lunga durata, solo in sporadici casi si raggiungono i nove minuti. Gradevoli e commerciali “The Assemblers” e “Signals”, per giungere a qualcosa di più impegnato e ricco di riferimenti storici, bisogna giungere alla bella “Engines Of Creation”. La chitarra di Sven Larsson ci regala un solo davvero tagliente, al limite del Metallo. La musica di “State Insane” ha passaggi genesiani, riconoscibili nei frangenti più delicati e corali, dove l’arpeggio di chitarra ricorda non poco Steve Hacckett, ma anche altri vigorosi ed epici. I Galleon si cimentano in diverse categorie emozionali, a dimostrazione di un possesso di composizione davvero maturo. Nell’ora di ascolto sono davvero pochi i brani di riempimento, forse se ne poteva fare a meno di “Fog City”, ma il quartetto finale di canzoni fanno godere alla grande. Bella la breve strumentale “The Cinnamon Hidea Way” si raggiungono poi le emozioni maggiori con “Men And Monsters”, contenete gli insegnamenti Pinkfloydiani. Ancora chitarre in evidenza con “Machine Mother”, uno dei momenti più Hard del disco, pur sempre restando nei confini del Prog prettamente melodico. Si chiude alla grande con i nove minuti di “Lightworks”, riassunto di diverse generazioni Rock, tutte presenti in questo piccolo gioiello sonoro.
In definitiva siamo nuovamente di fronte ad un disco ottimo, ma senza picchi degni di un prodotto passato alla storia. Stiamo qui ancora una volta a parlare di un buon momento musicale, sincero e ben confezionato. Molti di voi (e qui mi ci metto anche io) si potrebbero accontentare, i più esigenti sono sicuro che storceranno il naso. Comunque bravi. MS
mercoledì 6 febbraio 2013
Wicked Minds
WICKED MINDS - Visioni, Deliri e Illusioni
Black Widow
Distribuzione italiana: Black Widow
Genere: Prog
Support: CD - 2011
Ho sempre ritenuto i Wicked Minds una delle band italiane di Prog Hard Rock più preparate ed interessanti. La voce di Monica Sardella ha spesso raccontato storie lievemente oscure intrise di Psichedelia. Quello che però la band ci va a proporre nel 2011 è una sfida con se stessi, un osare quel qualcosa in più che va ad interagire con certi mostri sacri del genere Prog. Il rischio di incappare in paragoni non edificanti è notevole se non inevitabile, tuttavia Lucio Calegari (chitarra), Paolo "Apollo" Negri (tastiere), Enrico Garilli (basso) e Ricky Lovotti (batteria) si gettano a capofitto in un progetto di tutto rispetto ed artisticamente parlando, di elevata caratura culturale.
La band va ad interpretare alcuni dei capolavori del Progressive italiano che di seguito vado ad elencare: "Caronte I" (Trip), "L'Uomo" (Osanna), "Un Posto" (Balletto Di Bronzo), "Dio Del Silenzio" (Delirium), "La Prima Goccia Bagna Il Viso" (New Trolls), "Figure Di Cartone" (Le Orme), "Un Isola/Un Illusione Da Poco/Clessidra" (Nuova Idea), "Dentro Me" (Dietro Noi Deserto), "Io La Strega" (Circus 2000), "Zarathustra" (Museo Rosenbach), "Un Villaggio, Un Illusione" (Quella Vecchia Locanda), "Farfalla Senza Pois" (Gleemen), "La Carrozza Di Hans" ed "Impressioni Di Settembre" (PFM). Questa scaletta farebbe sbiancare molte delle band Rock di tutto il pianeta, di certo si necessita di conoscenza e competenza e questa ai Wicked Minds sembra non mancare. Alcuni brani rispetto agli originali prendono addirittura più vigore e freschezza, pur essendo suonati con strumentazioni adeguate ai tempi come Mellotron ed Hammond.
Ma la ciliegina sulla torta è data dall'idea di invitare alla riesecuzione dei brani, molti degli artisti originali. Ecco dunque Lino Vairetti cantare ne " L'Uomo", oppure Aldo Tagliapietra in "Figure Di Cartone" o Stefano "Lupo" Galifi in "Zarathustra". E gli ospiti non finiscono qui, sono ancora di più, Martin Grice, Sophya Baccini ed Antonio Bartoccetti (Antonius Rex/Jacula), insomma un elenco davvero importante. Personalmente prediligo i brani dove i Wicked Minds suonano da soli, come "Caronte I" oppure "La Carrozza Di Hans" ed "Impressioni di Settembre" tanto per citarne alcuni, questo forse perchè donano al brano un fascino differente, piuttosto che ascoltare la voce originale degli autori, in parole povere li preferisco di più dove lavorano con la propria personalità.
La prova di "Visioni, Deliri E Illusioni" a mio giudizio è superata, più di un ora di grande musica e il piacere di riascoltare pezzi storici oramai sepolti sotto un pesante strato di polvere.
Bravi a donare loro nuova luce, ma anche coraggiosi ed intelligenti questi ragazzi che non vedo l'ora di poter ascoltare in nuove composizioni di propria produzione.
Consigliatissimo oltre che divertente. MS
Black Widow
Distribuzione italiana: Black Widow
Genere: Prog
Support: CD - 2011
Ho sempre ritenuto i Wicked Minds una delle band italiane di Prog Hard Rock più preparate ed interessanti. La voce di Monica Sardella ha spesso raccontato storie lievemente oscure intrise di Psichedelia. Quello che però la band ci va a proporre nel 2011 è una sfida con se stessi, un osare quel qualcosa in più che va ad interagire con certi mostri sacri del genere Prog. Il rischio di incappare in paragoni non edificanti è notevole se non inevitabile, tuttavia Lucio Calegari (chitarra), Paolo "Apollo" Negri (tastiere), Enrico Garilli (basso) e Ricky Lovotti (batteria) si gettano a capofitto in un progetto di tutto rispetto ed artisticamente parlando, di elevata caratura culturale.
La band va ad interpretare alcuni dei capolavori del Progressive italiano che di seguito vado ad elencare: "Caronte I" (Trip), "L'Uomo" (Osanna), "Un Posto" (Balletto Di Bronzo), "Dio Del Silenzio" (Delirium), "La Prima Goccia Bagna Il Viso" (New Trolls), "Figure Di Cartone" (Le Orme), "Un Isola/Un Illusione Da Poco/Clessidra" (Nuova Idea), "Dentro Me" (Dietro Noi Deserto), "Io La Strega" (Circus 2000), "Zarathustra" (Museo Rosenbach), "Un Villaggio, Un Illusione" (Quella Vecchia Locanda), "Farfalla Senza Pois" (Gleemen), "La Carrozza Di Hans" ed "Impressioni Di Settembre" (PFM). Questa scaletta farebbe sbiancare molte delle band Rock di tutto il pianeta, di certo si necessita di conoscenza e competenza e questa ai Wicked Minds sembra non mancare. Alcuni brani rispetto agli originali prendono addirittura più vigore e freschezza, pur essendo suonati con strumentazioni adeguate ai tempi come Mellotron ed Hammond.
Ma la ciliegina sulla torta è data dall'idea di invitare alla riesecuzione dei brani, molti degli artisti originali. Ecco dunque Lino Vairetti cantare ne " L'Uomo", oppure Aldo Tagliapietra in "Figure Di Cartone" o Stefano "Lupo" Galifi in "Zarathustra". E gli ospiti non finiscono qui, sono ancora di più, Martin Grice, Sophya Baccini ed Antonio Bartoccetti (Antonius Rex/Jacula), insomma un elenco davvero importante. Personalmente prediligo i brani dove i Wicked Minds suonano da soli, come "Caronte I" oppure "La Carrozza Di Hans" ed "Impressioni di Settembre" tanto per citarne alcuni, questo forse perchè donano al brano un fascino differente, piuttosto che ascoltare la voce originale degli autori, in parole povere li preferisco di più dove lavorano con la propria personalità.
La prova di "Visioni, Deliri E Illusioni" a mio giudizio è superata, più di un ora di grande musica e il piacere di riascoltare pezzi storici oramai sepolti sotto un pesante strato di polvere.
Bravi a donare loro nuova luce, ma anche coraggiosi ed intelligenti questi ragazzi che non vedo l'ora di poter ascoltare in nuove composizioni di propria produzione.
Consigliatissimo oltre che divertente. MS
martedì 5 febbraio 2013
Spettri
SPETTRI - Spettri
Black Widow
Distribuzione italiana: Black Widow
Genere: Prog
Support: CD 2011 (1972)
Bisogna ringraziare sicuramente la caparbietà di certe nostre case discografiche e distributrici se ancora nel 2011 si possono ascoltare lavori di Progressive Rock nostrano datato 1970. Black Widow, Mellow Records, Lizard, Ma.Ra.Cash, BTF, GT Music solo per fare alcuni nomi, ma nel caso dei fiorentini Spettri, parliamo di Black Widow.
Spesso si trattano di ristampe di LP in origine edite in poche copie e mal distribuite, soltanto nel tempo valorizzate dai critici e dal pubblico. Ma questa volta il caso è differente, si tratta di materiale inciso fra il 1970 ed il 1972 e mai edito, per cui a maggiore motivo complimenti alla casa genovese per il coraggio di uscire oggi con un disco di Prog Rock anacronistico, in un mercato odierno che sempre meno vede acquirenti.
Gli Spettri si formano a Firenze nel 1964 e sono composti da Raffaele ed Ugo Ponticello (chitarra e voce), Stefano Melani (organo Hammond) Ubaldo Paolanti (batteria, poi sostituito da Giorgio Di Ruvo) e da Giuliano Giunti (basso).
Il libretto interno al cd narra di una band vigorosa, con volumi in sede live altamente proposti (per la chitarra GRS circa 100 watt, molto alto per i tempi) e comunque di una voglia di perlustrare diverse strade nel Rock, dal primordiale Beat al Prog con influenze Colosseum e King Crimson, fino a passare per l'Hard Rock dei Deep Purple e Black Sabbath. Alla band non mancano neppure soddisfazioni ai festival canori, come è capitato in "Estate Insieme" a Rimini con la vincita nei primi anni '70. Tuttavia l'interesse attorno al gruppo da parte degli addetti ai lavori non scatta. Ecco dunque solo oggi l'LP "Spettri" masterizzato e curato, lasciando intatte le prerogative artistiche del concept suddiviso in quattro parti. In esso si parla della società egoista ed ipocrita (gia allora?) ed un uomo, il protagonista della storia, si getta nelle braccia della metafisica per cercare alcune risposte al riguardo. Cerca tramite medium il contatto con gli spettri, ma aimè non ottiene da loro nessuna risposta esaustiva ed illuso dagli eventi a questo punto impazzisce.
Nell'artwork di Ferìda del 1976, un olio su tela, si ha di per se un tassello del puzzle emotivo a cui si va incontro nell'ascolto di "Spettri" , "La Vita Dopo La Morte" raffigurata con fiori che nascono da un teschio umano è un immagine forte e chiara.
"Stare Solo" apre il disco e mette in evidenza l'importanza della chitarra in primo piano supportata da tastiere Hammond energiche e preziose. Impossibile restare fermi avanti agli assolo di chitarra di Raffaele, l'adrenalina ci fa muovere a ritmo. Riff cadenzato in "Medium", orecchiabile e profondo nell'esecuzione che ha dell'oscuro, ma non pienamente come quelle delle band di riferimento, perchè tanto, volenti o nolenti, la nostrana mediterraneità fuoriesce inesorabile in maniera naturale. Bella la fuga finale che personalmente mi ricorda materiale dei Trip.
"Essere" prosegue il discorso intrapreso, ma presenta all'interno anche una fase acustica davvero toccante e leggera. Chiude l'album "Incubo" e qui il profumo degli anni '70 è davvero forte.
Nel disco c'è tutta la situazione Rock italiana dell'underground italico, i mezzi di incisione, la caparbietà e la voglia di essere unici, pur evidenziando stilemi esteri. Insomma, materiale per cultori e non di certo per ragazzi che ascoltano Hip Hop! Personalmente mi sono divertito e almeno per un attimo sono tornato con la mente al migliore periodo della mia vita e non solo di rockettaro. MS
Black Widow
Distribuzione italiana: Black Widow
Genere: Prog
Support: CD 2011 (1972)
Bisogna ringraziare sicuramente la caparbietà di certe nostre case discografiche e distributrici se ancora nel 2011 si possono ascoltare lavori di Progressive Rock nostrano datato 1970. Black Widow, Mellow Records, Lizard, Ma.Ra.Cash, BTF, GT Music solo per fare alcuni nomi, ma nel caso dei fiorentini Spettri, parliamo di Black Widow.
Spesso si trattano di ristampe di LP in origine edite in poche copie e mal distribuite, soltanto nel tempo valorizzate dai critici e dal pubblico. Ma questa volta il caso è differente, si tratta di materiale inciso fra il 1970 ed il 1972 e mai edito, per cui a maggiore motivo complimenti alla casa genovese per il coraggio di uscire oggi con un disco di Prog Rock anacronistico, in un mercato odierno che sempre meno vede acquirenti.
Gli Spettri si formano a Firenze nel 1964 e sono composti da Raffaele ed Ugo Ponticello (chitarra e voce), Stefano Melani (organo Hammond) Ubaldo Paolanti (batteria, poi sostituito da Giorgio Di Ruvo) e da Giuliano Giunti (basso).
Il libretto interno al cd narra di una band vigorosa, con volumi in sede live altamente proposti (per la chitarra GRS circa 100 watt, molto alto per i tempi) e comunque di una voglia di perlustrare diverse strade nel Rock, dal primordiale Beat al Prog con influenze Colosseum e King Crimson, fino a passare per l'Hard Rock dei Deep Purple e Black Sabbath. Alla band non mancano neppure soddisfazioni ai festival canori, come è capitato in "Estate Insieme" a Rimini con la vincita nei primi anni '70. Tuttavia l'interesse attorno al gruppo da parte degli addetti ai lavori non scatta. Ecco dunque solo oggi l'LP "Spettri" masterizzato e curato, lasciando intatte le prerogative artistiche del concept suddiviso in quattro parti. In esso si parla della società egoista ed ipocrita (gia allora?) ed un uomo, il protagonista della storia, si getta nelle braccia della metafisica per cercare alcune risposte al riguardo. Cerca tramite medium il contatto con gli spettri, ma aimè non ottiene da loro nessuna risposta esaustiva ed illuso dagli eventi a questo punto impazzisce.
Nell'artwork di Ferìda del 1976, un olio su tela, si ha di per se un tassello del puzzle emotivo a cui si va incontro nell'ascolto di "Spettri" , "La Vita Dopo La Morte" raffigurata con fiori che nascono da un teschio umano è un immagine forte e chiara.
"Stare Solo" apre il disco e mette in evidenza l'importanza della chitarra in primo piano supportata da tastiere Hammond energiche e preziose. Impossibile restare fermi avanti agli assolo di chitarra di Raffaele, l'adrenalina ci fa muovere a ritmo. Riff cadenzato in "Medium", orecchiabile e profondo nell'esecuzione che ha dell'oscuro, ma non pienamente come quelle delle band di riferimento, perchè tanto, volenti o nolenti, la nostrana mediterraneità fuoriesce inesorabile in maniera naturale. Bella la fuga finale che personalmente mi ricorda materiale dei Trip.
"Essere" prosegue il discorso intrapreso, ma presenta all'interno anche una fase acustica davvero toccante e leggera. Chiude l'album "Incubo" e qui il profumo degli anni '70 è davvero forte.
Nel disco c'è tutta la situazione Rock italiana dell'underground italico, i mezzi di incisione, la caparbietà e la voglia di essere unici, pur evidenziando stilemi esteri. Insomma, materiale per cultori e non di certo per ragazzi che ascoltano Hip Hop! Personalmente mi sono divertito e almeno per un attimo sono tornato con la mente al migliore periodo della mia vita e non solo di rockettaro. MS
lunedì 4 febbraio 2013
T
T - Psichoanorexia
Progressive Promotion
Distribuzione italiana: G.T. Music
Genere: Neo Prog
Support: CD - 2013
"Psychoanorexia", il quarto lavoro di T, progetto solista del polistrumentista tedesco Thomas Thielen, nasce come uno sfogo nei confronti di una società che appare malata, piatta, povera di valori. Uno sfogo a briglie sciolte, dove l'artista constata che "Questo è il luogo in cui l'avidità di essere una popstar ha sostituito la sublime esperienza della creatività. Questa è l'era in cui la democrazia significa fenomeno di massa, non scelta. Questa è l'età in cui l'uguaglianza significa mediocrità.".
Ed il Rock si dimostra nuovamente viatico per una forma di protesta, per meglio dire di uno stato d'animo. Anche in un genere musicale "colto" come il Progressive Rock ci si sofferma a far riflettere, il tutto in una veste musicale curata e certamente non scontata.
T esordisce discograficamente da studio nel 2002 con "Naive", per poi ritornare nel 2006 grazie a "Voice" e nel 2010 con l'ottimo "Anti-Matter Poetry" disco nel quale la personalità di Thielen si rafforza saldandosi in uno stile a cavallo fra Porcupine Tree, Pink Floyd e Radiohead tanto per intenderci, ma anche alle radici provenienti da colossi quali Genesis o i più recenti (per modo di dire) Marillion. Ci pensa infine la personalità del polistrumentista a dare all'insieme un senso logico che non appare solamente come un semplice copiaticcio.
Tutto ciò si constata già nell'iniziale suite "The Aftermath Of Silence", dove il percorso sonoro si svolge fra cambi di stile ed influenze, iniziando dalla Psichedelia vicina al mondo di Steven Wilson (voce codificata inclusa) per poi passare a malinconiche melodie in stile Anathema (gli ultimi, quelli più acustici). oltre la metà del brano, invece si spazia dai Marillion di Hoghart fino a suggere alla fonte degli anni '70 con i maestri Genesis. Tutto questo per cercare di inquadrare il mondo di T. Un disco certamente dedicato ad un pubblico preparato, anche se saggiamente da parte dell'artista, non esulano momenti di facile assimilazione.
"Psychoanorexia" è composto da quattro lunghi momenti sonori, il secondo si intitola "Kryptonite Monologues" ed inizia energicamente, con un solo di chitarra importante, cercando fra i suoni uno stato d'animo intensamente introspettivo ed allo stesso tempo epico. La musica detta immagini alla mente fra cambi di tempo e di ritmo. Questo è il sunto del Progressive Rock stesso, in esso l'artista si dilunga a rappresentare in suono una vera e propria visione delle cose, chi ama la struttura semplice della canzone troverà difficoltà ad assimilare lavori del genere, non solo questo di T, ma in senso generale. Tutti gli altri che lo seguono invece saranno attenti ascoltatori e critici, perché chi ama questo suono è altamente esigente. Nella suite si possono apprezzare anche classicismi esibiti dal piano e molto altro ancora.
Il cd si presenta in veste cartonata, con all'interno il classico libretto colmo di testi, in questo caso molto lunghi ed articolati.
Mentre gli altri brani si aggirano sulla ventina di minuti, "The Irrelevant Lovesong" è l'unica che si avvicina di più alla formula canzone grazie agli otto minuti di durata. Apre un melodico e malinconico piano e voce, per andare fra crescendo e calando, il tutto in memoria di uno stile compositivo alla Radiohead-Marillion.
Inesorabilmente si ritorna alla complessità con la conclusiva "Psychoanorexia", ricercata e a tratti anche elettronica.
Alla conclusione dell'ascolto si ha la sensazione di sazietà, la mente è stata appagata, come in una overdose emotiva. Questa è un arma a doppio taglio almeno per le vendite, di certo T è un artista vero, colui che non scende a compromessi e finche usciranno dischi del genere la musica vera non sarà mai morta, alla faccia di chi dice sempre che il Rock è morto. Non un capolavoro, ma di certo uno sforzo creativo di notevole fattura. MS
Progressive Promotion
Distribuzione italiana: G.T. Music
Genere: Neo Prog
Support: CD - 2013
"Psychoanorexia", il quarto lavoro di T, progetto solista del polistrumentista tedesco Thomas Thielen, nasce come uno sfogo nei confronti di una società che appare malata, piatta, povera di valori. Uno sfogo a briglie sciolte, dove l'artista constata che "Questo è il luogo in cui l'avidità di essere una popstar ha sostituito la sublime esperienza della creatività. Questa è l'era in cui la democrazia significa fenomeno di massa, non scelta. Questa è l'età in cui l'uguaglianza significa mediocrità.".
Ed il Rock si dimostra nuovamente viatico per una forma di protesta, per meglio dire di uno stato d'animo. Anche in un genere musicale "colto" come il Progressive Rock ci si sofferma a far riflettere, il tutto in una veste musicale curata e certamente non scontata.
T esordisce discograficamente da studio nel 2002 con "Naive", per poi ritornare nel 2006 grazie a "Voice" e nel 2010 con l'ottimo "Anti-Matter Poetry" disco nel quale la personalità di Thielen si rafforza saldandosi in uno stile a cavallo fra Porcupine Tree, Pink Floyd e Radiohead tanto per intenderci, ma anche alle radici provenienti da colossi quali Genesis o i più recenti (per modo di dire) Marillion. Ci pensa infine la personalità del polistrumentista a dare all'insieme un senso logico che non appare solamente come un semplice copiaticcio.
Tutto ciò si constata già nell'iniziale suite "The Aftermath Of Silence", dove il percorso sonoro si svolge fra cambi di stile ed influenze, iniziando dalla Psichedelia vicina al mondo di Steven Wilson (voce codificata inclusa) per poi passare a malinconiche melodie in stile Anathema (gli ultimi, quelli più acustici). oltre la metà del brano, invece si spazia dai Marillion di Hoghart fino a suggere alla fonte degli anni '70 con i maestri Genesis. Tutto questo per cercare di inquadrare il mondo di T. Un disco certamente dedicato ad un pubblico preparato, anche se saggiamente da parte dell'artista, non esulano momenti di facile assimilazione.
"Psychoanorexia" è composto da quattro lunghi momenti sonori, il secondo si intitola "Kryptonite Monologues" ed inizia energicamente, con un solo di chitarra importante, cercando fra i suoni uno stato d'animo intensamente introspettivo ed allo stesso tempo epico. La musica detta immagini alla mente fra cambi di tempo e di ritmo. Questo è il sunto del Progressive Rock stesso, in esso l'artista si dilunga a rappresentare in suono una vera e propria visione delle cose, chi ama la struttura semplice della canzone troverà difficoltà ad assimilare lavori del genere, non solo questo di T, ma in senso generale. Tutti gli altri che lo seguono invece saranno attenti ascoltatori e critici, perché chi ama questo suono è altamente esigente. Nella suite si possono apprezzare anche classicismi esibiti dal piano e molto altro ancora.
Il cd si presenta in veste cartonata, con all'interno il classico libretto colmo di testi, in questo caso molto lunghi ed articolati.
Mentre gli altri brani si aggirano sulla ventina di minuti, "The Irrelevant Lovesong" è l'unica che si avvicina di più alla formula canzone grazie agli otto minuti di durata. Apre un melodico e malinconico piano e voce, per andare fra crescendo e calando, il tutto in memoria di uno stile compositivo alla Radiohead-Marillion.
Inesorabilmente si ritorna alla complessità con la conclusiva "Psychoanorexia", ricercata e a tratti anche elettronica.
Alla conclusione dell'ascolto si ha la sensazione di sazietà, la mente è stata appagata, come in una overdose emotiva. Questa è un arma a doppio taglio almeno per le vendite, di certo T è un artista vero, colui che non scende a compromessi e finche usciranno dischi del genere la musica vera non sarà mai morta, alla faccia di chi dice sempre che il Rock è morto. Non un capolavoro, ma di certo uno sforzo creativo di notevole fattura. MS
domenica 3 febbraio 2013
SKYLIVE ROCK
SKYLIVE ROCK
La storia e l'evoluzione del Rock
Skyline e Massimo "Max" Salari
Qui tutti i dettagli:
Orchestre Celesti
ORCHESTRE CELESTI - Quattro
Selfproduced
Distribuzione italiana: -
Genere: Neo Prog
Support: CD - 2012
Orchestre Celesti è il progetto solista di Federico Fantacone, oramai giunto al ragguardevole traguardo del quarto suggello in studio. Il polistrumentista ritorna all'attenzione dopo i tre album "Compi La Tua Magia" (2007), "Black And Red" (2009) e "Transition Of Power" (2011). La musica proposta è prevalentemente incline verso un suono tastieristico, un tributo allo strumento che sicuramente attira l'attenzione di coloro che amano le sonorità Prog specialmente quelle degli anni '70. Eppure nel corso del tempo Orchestre Celesti ha saputo plasmare in qualche modo il proprio stile, in questo caso aprendo persino all'elettronica che prende il posto ad esempio del suono del basso.
"Quattro" si suddivide in dieci tracce (due sono bonus tracks) e si apre con "Un Prologo", intro tastieristico dal profumo vintage. "La Talpa" ci fa conoscere la nuova veste di Fantacone, questa volta le sonorità si sporgono anche verso gli anni '80, quelli della caduta del Prog, con un cantato vicino alla PFM e degli interventi elettronici ritmici e di arrangiamento. La scrittura dei brani è più complessa rispetto i dischi precedenti, si scorgono anche frammenti di jazz che rendono il tutto più variegato e frizzante. "Canto Alle Nuvole" non può che dimostrarsi una composizione appunto eterea, leggera con un testo breve ma intenso, "Piccole nuvole, sparse nel cielo, troppo piccole per essere viste.... Eppure anch'esse sanno toglierci il sole". Il buono solo strumentale centrale mi dimostra una effettiva maturazione dell'artista.
"Morte E Resurrezione Di Un Mago" è inizialmente giocosa ed allegra come il suono delle campane che l'accompagna. Ritmica in crescendo, così l'enfasi del brano, uno dei momenti più Prog dell'intero lavoro. Amara considerazione in "Questo Mondo", posto creato per altri e non per il pensiero di Fantacone, ma che lascia nel finale comunque uno spiraglio di luce. Il tutto è sopra fughe e cambi umorali dettati dalle onnipresenti tastiere, un piccolo paragone viene naturale con le nostrane Orme. Non apprezzo molto il cantato, ma questo probabilmente è solo questione di gusto personale, ciò non deve gravare sull'insieme che resta comunque gradevole. "L'Ombra" è uno dei miei movimenti preferiti, un mix fra vintage, Prog italiano, Genesis, un sunto qualitativo davvero buono nella durata di quasi dieci minuti.
Adiacente al precedente "I Tuoi Pensieri", ancora sette minuti in cui Fantacone dimostra di essere un ottimo writters.
Organo in pompa magna accoglie l'ascolto in "The Suite", capitolo epico della discografia del polistrumentista, un movimento che si svolge successivamente con ritmica ed elettronica a suffragio di una fuga intrigante e maestosa. Brano sopra la media! Le bonus tracks sono "L'ultimo Bolero" e "Musica".
Con "Quattro" Orchestre Celesti prosegue il suo cammino verso la ricerca di una personalità marcata e la strada sembra farsi più larga. Ciò che scaturisce in evidenza nella realtà delle cose è la smisurata passione che Fantacone mette nella musica, un credo che risulta essere contagioso e che fa del Prog ancora un viatico artistico che sembra non conoscere tramonto, malgrado le vendite non rendano lui giustizia. MS
Selfproduced
Distribuzione italiana: -
Genere: Neo Prog
Support: CD - 2012
Orchestre Celesti è il progetto solista di Federico Fantacone, oramai giunto al ragguardevole traguardo del quarto suggello in studio. Il polistrumentista ritorna all'attenzione dopo i tre album "Compi La Tua Magia" (2007), "Black And Red" (2009) e "Transition Of Power" (2011). La musica proposta è prevalentemente incline verso un suono tastieristico, un tributo allo strumento che sicuramente attira l'attenzione di coloro che amano le sonorità Prog specialmente quelle degli anni '70. Eppure nel corso del tempo Orchestre Celesti ha saputo plasmare in qualche modo il proprio stile, in questo caso aprendo persino all'elettronica che prende il posto ad esempio del suono del basso.
"Quattro" si suddivide in dieci tracce (due sono bonus tracks) e si apre con "Un Prologo", intro tastieristico dal profumo vintage. "La Talpa" ci fa conoscere la nuova veste di Fantacone, questa volta le sonorità si sporgono anche verso gli anni '80, quelli della caduta del Prog, con un cantato vicino alla PFM e degli interventi elettronici ritmici e di arrangiamento. La scrittura dei brani è più complessa rispetto i dischi precedenti, si scorgono anche frammenti di jazz che rendono il tutto più variegato e frizzante. "Canto Alle Nuvole" non può che dimostrarsi una composizione appunto eterea, leggera con un testo breve ma intenso, "Piccole nuvole, sparse nel cielo, troppo piccole per essere viste.... Eppure anch'esse sanno toglierci il sole". Il buono solo strumentale centrale mi dimostra una effettiva maturazione dell'artista.
"Morte E Resurrezione Di Un Mago" è inizialmente giocosa ed allegra come il suono delle campane che l'accompagna. Ritmica in crescendo, così l'enfasi del brano, uno dei momenti più Prog dell'intero lavoro. Amara considerazione in "Questo Mondo", posto creato per altri e non per il pensiero di Fantacone, ma che lascia nel finale comunque uno spiraglio di luce. Il tutto è sopra fughe e cambi umorali dettati dalle onnipresenti tastiere, un piccolo paragone viene naturale con le nostrane Orme. Non apprezzo molto il cantato, ma questo probabilmente è solo questione di gusto personale, ciò non deve gravare sull'insieme che resta comunque gradevole. "L'Ombra" è uno dei miei movimenti preferiti, un mix fra vintage, Prog italiano, Genesis, un sunto qualitativo davvero buono nella durata di quasi dieci minuti.
Adiacente al precedente "I Tuoi Pensieri", ancora sette minuti in cui Fantacone dimostra di essere un ottimo writters.
Organo in pompa magna accoglie l'ascolto in "The Suite", capitolo epico della discografia del polistrumentista, un movimento che si svolge successivamente con ritmica ed elettronica a suffragio di una fuga intrigante e maestosa. Brano sopra la media! Le bonus tracks sono "L'ultimo Bolero" e "Musica".
Con "Quattro" Orchestre Celesti prosegue il suo cammino verso la ricerca di una personalità marcata e la strada sembra farsi più larga. Ciò che scaturisce in evidenza nella realtà delle cose è la smisurata passione che Fantacone mette nella musica, un credo che risulta essere contagioso e che fa del Prog ancora un viatico artistico che sembra non conoscere tramonto, malgrado le vendite non rendano lui giustizia. MS
venerdì 1 febbraio 2013
Pallas
PALLAS - The Sentinel
EMI
Genere: New Prog
Supporto: LP - 1984
Prendere in mano un vecchio vinile dallo scaffale , un disco che già la copertina di Patrick Woodroffe fa capire che si tratta di Progressive Rock e rimanere sorpresi della grandezza sonora e compositiva...fa ancora oggi un certo effetto. Ma io questo disco l'ho consumato già nel 1984, il suono è praticamente distrutto, comunque resta intatta l'enfasi emotiva.
Si 1984, un anno che fa parte della rinascita del Prog, quando le case major ritentano di investire nel movimento e nelle band sconosciute in ambito, ad esempio l'EMI scommette su Marillion, Pendragon e questi scozzesi dal nome alquanto singolare per noi italiani: Pallas. Comunque sapete bene che anche IQ, 12th Night, Castarnac, Haze e molte altre hanno contribuito alla rinascita di questo genere amato-odiato.
La copertina dicevo, è una di quelle che non passano di certo inosservate, un vero tributo agli Yes, in pieno stile Roger Dean, ma non nella musica. Tastiere ovunque, questo è inevitabile e sta nella pelle del Prog, cambi di tempo si, tuttavia il cantato distingue il genere, recitato e colmo di enfasi. Eppure anche se tutto questo è scontato, vi assicuro che negli anni '80 non si aspettava altro. Il Prog fans, orfano di sonorità complesse, non si rassegna al suono commerciale dei loro idoli Genesis, Yes e compagnia bella, repellano l'Abacab" di turno e sentono l'esigenza di riascoltare lunghi brani articolati. Anche i Pallas rientrano nel filone di coloro che tornano a nutrire la mente di questi affamati ascoltatori, capaci anche di fare migliaia di chilometri per vedere dal vivo i propri idoli e magari ritrovarsi in solo cinquanta anime sotto il palco. Ecco dunque che la musica è sogno e realtà, la vivi, la tocchi con mano grazie anche al vinile, sempre spolverato in maniera maniacale.
Qui si cercano i particolari, le virgole, si guardano i colori e si scrutano i disegni nei minimi particolari mentre il suono avvolge la stanza e la nostra mente.
"The Sentinel" è un racconto che si apre con la commerciale "Arrive Alive", per il resto brani lunghi e testi alla mano ci inchiodano avanti allo stereo fra suoni epici e movimenti più oscuri. La fantasia vola e i ricordi dopo trenta anni non sono minimamente scalfiti, essi ritornano con violenza assieme al suono sgualcito di questo vinile. Torno anche a sentire gli odori che provavo in quegli anni, odori vivi di merende e di birra in mano che passava fra un sorso e l'altro ad allietare ulteriormente questo ascolto.
Non voglio essere nostalgico e neppure dire che questo è un capolavoro solo perché fa parte della mia gioventù (molti fanno così)....no... non sono ipocrita, però "The Sentinel" da mille giri a molti dischi e band di oggi, forti del loro suono pulito e del supporto ottico moderno.
Vergogna! Farvi fregare da un vecchio vinile impolverato quasi inascoltabile!!! (MS)
EMI
Genere: New Prog
Supporto: LP - 1984
Prendere in mano un vecchio vinile dallo scaffale , un disco che già la copertina di Patrick Woodroffe fa capire che si tratta di Progressive Rock e rimanere sorpresi della grandezza sonora e compositiva...fa ancora oggi un certo effetto. Ma io questo disco l'ho consumato già nel 1984, il suono è praticamente distrutto, comunque resta intatta l'enfasi emotiva.
Si 1984, un anno che fa parte della rinascita del Prog, quando le case major ritentano di investire nel movimento e nelle band sconosciute in ambito, ad esempio l'EMI scommette su Marillion, Pendragon e questi scozzesi dal nome alquanto singolare per noi italiani: Pallas. Comunque sapete bene che anche IQ, 12th Night, Castarnac, Haze e molte altre hanno contribuito alla rinascita di questo genere amato-odiato.
La copertina dicevo, è una di quelle che non passano di certo inosservate, un vero tributo agli Yes, in pieno stile Roger Dean, ma non nella musica. Tastiere ovunque, questo è inevitabile e sta nella pelle del Prog, cambi di tempo si, tuttavia il cantato distingue il genere, recitato e colmo di enfasi. Eppure anche se tutto questo è scontato, vi assicuro che negli anni '80 non si aspettava altro. Il Prog fans, orfano di sonorità complesse, non si rassegna al suono commerciale dei loro idoli Genesis, Yes e compagnia bella, repellano l'Abacab" di turno e sentono l'esigenza di riascoltare lunghi brani articolati. Anche i Pallas rientrano nel filone di coloro che tornano a nutrire la mente di questi affamati ascoltatori, capaci anche di fare migliaia di chilometri per vedere dal vivo i propri idoli e magari ritrovarsi in solo cinquanta anime sotto il palco. Ecco dunque che la musica è sogno e realtà, la vivi, la tocchi con mano grazie anche al vinile, sempre spolverato in maniera maniacale.
Qui si cercano i particolari, le virgole, si guardano i colori e si scrutano i disegni nei minimi particolari mentre il suono avvolge la stanza e la nostra mente.
"The Sentinel" è un racconto che si apre con la commerciale "Arrive Alive", per il resto brani lunghi e testi alla mano ci inchiodano avanti allo stereo fra suoni epici e movimenti più oscuri. La fantasia vola e i ricordi dopo trenta anni non sono minimamente scalfiti, essi ritornano con violenza assieme al suono sgualcito di questo vinile. Torno anche a sentire gli odori che provavo in quegli anni, odori vivi di merende e di birra in mano che passava fra un sorso e l'altro ad allietare ulteriormente questo ascolto.
Non voglio essere nostalgico e neppure dire che questo è un capolavoro solo perché fa parte della mia gioventù (molti fanno così)....no... non sono ipocrita, però "The Sentinel" da mille giri a molti dischi e band di oggi, forti del loro suono pulito e del supporto ottico moderno.
Vergogna! Farvi fregare da un vecchio vinile impolverato quasi inascoltabile!!! (MS)