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martedì 13 novembre 2012

Hands

HANDS - Strangelet
Selfproduced

Distribuzione italiana: -
Genere: Symphonic Prog
Support: CD - 2008


Gli Hands sono una band americana proveniente dal Texas e si forma alla metà degli anni ’70. Nel 1977 esordiscono con un disco che fa parlare di se, grazie alle numerose affinità con i Gentle Giant, dal titolo “Hands”. Le parti strumentali e le lunghe composizioni sono il loro piatto forte, il tutto supportato da una buona tecnica strumentale. Essendo il 1977 il periodo della fine del Progressive Rock, gli Hands hanno scelto quello peggiore per esordire. Infatti il disco è a tratti superlativo, malgrado tutto non riceve l’attenzione (e le vendite) che merita.
Ovviamente cala il buio sulla band, la quale assieme al genere, risorge più avanti, ma non negli anni ’80 dei Marillion, piuttosto gli anni ’90 a cavallo del successo di band come i connazionali Spock’s Beard. Non a caso certe sonorità sono compatibili. Nel 1996 è la volta di “Palm Mystery” e per la nostra sorpresa, ripresenta una band perfettamente oleata e compatta, come se il tempo si fosse fermato. Sempre dritti nella loro strada, non scendono a compromessi e restano ancora una band di nicchia, la classica per intenditori, sfoggiando fra le proprie note affinità con band tipo Happy The Man, King Crimson, Jethro Tull, PFM, Gentle Giant , Kansas e molte altre ancora.
Servono altri sei anni per tornare in studio, questa volta per realizzare “Twenty Five Winters”, ennesimo disco dalle grandi canzoni, ovviamente consigliato a tutti cultori del genere. Nel 2008 è la volta di “Strangelet”, anche in questo caso nulla da eccepire, la band sembra godere di un dono raro, quello di saper scrivere canzoni dalla struttura non proprio semplice, abbinandole con la metodicità di passaggi memorizzabili. Questa comunque sia è una prerogativa tipicamente americana.
La band è composta da Michael Clay (tastieree sax), Mark Cook (Warr Guitar), John Fiveash (batteria), Ernie Myers (Voce e chitarra), Martin McCall (drum kit e percussioni) e Steve Powell (basso e tastiere). Il cd è suddiviso in sette tracce e la produzione è più che soddisfacente. “Strangelet” apre il disco con personalità e se dobbiamo proprio cercare dei punti di riferimento, qui rivolgiamo lo sguardo verso i Rush misti ai The Flower King, il che la dice lunga su quanto proposto dai nostri amici texani. Ma il brano che prediligo è “Dark Matter”, con i suoi 15 minuti di cambi umorali, dove passaggi acustici si alternano con momenti addirittura Hard e perfino jazzati.
“Running Room” è robusta, con un buon riff ed un Hammond che la rende graffiante. Curiosa la scelta vocale, in quanto riconduce ai Beatles e qui mi riallaccio al discorso della scelta degli americani verso melodie orecchiabili. Tanto materiale davvero per gli appassionati di Prog, a seguire si denoteranno pezzi alla King Crimson e Spock’s Beard , come in “Miracle In The Mind”.
Il Progressive Rock è sempre stato un genere poco seguito dagli anni ’80 in poi ed è rimasto a tutt’oggi un genere di nicchia. E’ un peccato? E’ Una fortuna? Questo non sta a me decretarlo, invece mi compete di segnalarvi questo ennesimo dico di grande musica, ancora una volta passato ingiustamente in sordina. Cercatelo. MS

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