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domenica 28 marzo 2021
Stearica
STEARICA – Golem 202020
I
Stearica sono una band di Post Rock torinese che si forma nel 1997 da un idea
di Francesco Carlucci (chitarra, tastiere), Davide Compagnoni (batteria,
tastiere) e Luca Paiardi (basso, tastiere). Rilasciano quattro album in studio
ed un singolo, “Golem 202020” è il quinto sigillo.
domenica 21 marzo 2021
Ringraziamento
Grazie ad AREA PROG per aver dedicato il video e del tempo al mio nuovo libro NEO PROG.
Celeste
CELESTE – Il Principe Del Regno
Perduto
Mellow
Records
Genere:
Progressive Rock
Supporto: cd – 2020
La
storia del Progressive Italiano è ricca di sorprese e di rarità. Esistono piccole
gemme nascoste dalla scarsa distribuzione, gruppi che riproducono musica di
matrice prettamente inglese arricchita dalle sonorità mediterranee innate nelle nostre capacità
compositive. Un gruppo che negli anni ’70 si fa notare per un gran disco si
chiama Celeste ed è di Sanremo, capitanato da Ciro Perrino (tastiere e
compositore), il disco in questione è “Celeste [Aka: Principe Di Un Giorno]”
mentre corre l’anno 1976. La musica proposta è soavemente Folk, un Prog pacato,
gentile, ponderato che colpisce per purezza cristallina. Malgrado tutto, il
nostro famoso senso di esterofilia fa si che il gruppo non decolli, anche perché
se andiamo a considerare il 1976 sta accompagnando verso la fine il genere in
questione. L’arrivo del Punk, della Discomusic e della New Wave fanno scempio
del Prog da li a breve termine. Eppure nel tempo il Prog Italiano riesce a fare
sempre capolino con dignità, ad esempio negli anni ’90 i Celeste escono con due
dischi, “Celeste II” (1991 – Mellow Records) e “I Suoni In Una Sfera (OST)”
(1992 – Mellow Records) entrambi davvero interessanti e testimoni di quel suono
che li ha caratterizzati. Ma la vera sorpresa, lasciatemi anche aggiungere “la
migliore sorpresa”, arriva nel recente 2019 con l’inatteso ritorno e secondo
capitolo del principe “Il Risveglio Del Principe” (Mellow Records). Passa poco
più di un anno ed ecco Ciro Perrino circondarsi nuovamente di ottimi artisti per
registrare il terzo capitolo della storia: “Il Principe Del Regno Perduto”.
Sette
tracce ad iniziare dal canto della sirena di “Baie Distanti”, ed il mare fa
sentire il suo odore di iodio. Ovviamente le tastiere sono le protagoniste in
tutte le proprie forme, dal piano al Mellotron, Eminent, Elka Rhapsody,
Farfisa, Hammond organ, Minimoog, ARP 2600, ARP Odyssey, Solina, etc. etc. Con lui suonano Francesco Bertone (basso), Enzo Cioffi (batteria),
Sergio Caputo (violino), Marco Moro (fluato, sax), e Mauro Vero (chitarre), in
più ci sono anche numerose special guest, Marco Canepa (piano), Paolo Maffi (sax),
Anna Marra (voce), Edmondo Romano (sax, clarinetto, whistle), Alessandro Serri (voce,
chitarra) e Ciro Carlo Antonio Perrino (voce narrante).
Musica
semplice, attenta alle melodie e di facile memorizzazione questa dei Celeste, anche
nella lunga suite “L'Ultimo Viaggio Del Principe” dove sonorità Orme si
incrociano con quelle dei Reale Accademia Di Musica (per chi dovesse
conoscerli). Più o meno la strategia dei giochi si aggirano attorno a questi
approcci sonori, delicati e d’effetto.
L’odore
degli anni ’70 si sprigiona da questi venticinque minuti di musica, dove colori
a pastello disegnano nella nostra mente quadri narranti le vicissitudini del
principe. Una mini opera che da sola vale il prezzo dell’intero disco. Splendido
l’assolo di violino di Sergio Caputo, qui la pelle diventa d’oca.
“(II)
Ceruleo Sogno” accoglie l’ascoltatore avvolgendolo di suoni elettronici come in
un velo psichedelico ricco di colori scintillanti, questi svaniscono con l’ingresso
degli arpeggi di chitarra e dei fiati. Qui si va oltre il Prog, si travalica
nella classica melodia italiana, orgoglio per quello che ci rappresenta nel
mondo, poi quel Mellotron…
“Viola,
Arancio e Topazio” prosegue l’incedere bucolico grazie anche al flauto e al
sax, mentre la più breve “ Il Passaggio Di Un Gigante Gentile” lascia adito a
riferimenti storici sul genere. “Tornerai Tramonto” non esula da quanto
descritto nella recensione sino ad ora, solo un applauso per l’uso riflessivo
del pianoforte, così la conclusiva “Nora” mette la parola fine a questo nuovo
piccolo gioiello che non deve assolutamente mancare nella discografia sia di un
nostalgico che di un nuovo fans del Prog! MS
domenica 14 marzo 2021
Nodo Gordiano
NODO
GORDIANO – Sonnar
Open
Mind - Lizard Records
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd – 2020
Chi
segue il Rock Progressivo Italiano (RPI) di sicuro conosce già lo storico nome
Nodo Gordiano. Esordiscono discograficamente nel 1999 con l’ottimo album dal
titolo omonimo per poi rilasciare nel tempo altri tre dischi in studio, tutti dediti
al Prog storico di marca King Crimson e Genesis in primis. Anche la
collaborazione nel 1998 con il Banco Del Mutuo Soccorso lascia un segno
tangibile. Lo stesso sassofonista Alessandro Papotto l’anno successivo lascia
la band per andare a realizzare nuove realtà musicali come Periferia Del Mondo
o collaborare con gli stessi Francesco Di Giacomo e Rodolfo Maltese (BMS).
Quindi dopo assesti di line up nel tempo li ritroviamo oggi formati da Filippo
Brilli (sax), Andrea De Luca (chitarra, basso, tastiere), Davide Guidoni
(percussioni, tastiere) e Natalia Suvorina (voce).
Essendo
il Progressive Rock denominato “musica colta” per antonomasia, di certo anche
le tematiche trattate nei testi non possono che non essere banali, bensì
ricercate. In “Sonnar” si analizza l’essere inteso come individuo, immerso
nella realtà proiettata verso il futuro fra riferimenti Nietzsche e Michel
Foucault. Il concetto viene trattato in tre movimenti così descritti nella loro
biografia:
“Tre
momenti che ruotano attorno all’esperienza dell’Altro, separati tra loro da
demoni che, come nella tomba degli Anina, custodiscono il mistero del Fuori, e
si conclude con i versi dell’inno vedico a Sūrya, a memoria del simbolismo
solare che, anche nelle tenebre, lo pervade.”. Ve lo dicevo che il contesto non
è sicuramente banale.
Il
supporto che custodisce il disco è cartonato e contiene un bel libretto con
testi e bellissime foto che non fanno altro che immergere il lettore nel mondo
dell’elaborato concept. Il tutto è
accompagnato da una oscurità di fondo che esalta il compito dell’ascolto iniziato
con “Only Fool! Only Poet!”. La voce di Natalia spezza un intro decisamente
Crimsoniano mentre il proseguo varia di ritmo e d’intensità come solo il Prog
sa fare. Il passato aleggia anche in “Limbic Rendez-vous” (questo incontro nel sistema limbico del cervello dove risiedono le nostre emotività), ma questa volta sono
i Van Der Graaf Generator ad essere maggiormente chiamati in causa. Come
dicevo, angoscia e oscurità aleggia nelle foto interne del libretto, questo
connubio con la musica è perfettamente riuscito. Importante l’apporto del sax.
I
Nodo Gordiano più sperimentali si riscontrano nella più breve “Charun”, fra
suoni psichedelici, loop e percussioni dal sapore etnico. L’asso nella manica
si intitola “After Dusk”, una suite di venti minuti suddivisa a sua volta in otto
movimenti. Qui si mette in pratica tutto il bagaglio storico e culturale del
gruppo, un immenso percorso che parte dagli anni ’70 sino a giungere ai giorni
d’oggi. Non disdegnano neppure passaggi nel Rock con suoni più elettrici. Se
non fosse per l’intervento del sax e di altre scelte dal calore mediterraneo, i
Nodo Gordiano potrebbero benissimo essere scambiati per un gruppo Prog Nordico,
molto spesso si immergono in ambienti più oscuri e freddi.
I
cinque minuti di “Vanth” scorrono su percorsi più psichedelici e innovativi pur
restando attenti alla melodia di base. Si conclude con la title track “Sonnar”,
piccola gemma progressiva.
I
Nodo Gordiano riescono a capitalizzare al massimo la loro annosa esperienza,
proponendo suoni importanti adatti alle orecchie di un Prog fans incallito. Qui
c’è di che godere per chi sa cogliere il bello dall’arte. Altro orgoglio
italiano. MS
sabato 13 marzo 2021
MinDance
MINDANCE
- Cosmically Nothing
Open
Mind - Lizard Records
Genere: Psichedelia/Progressive
Rock
Supporto: cd – 2020
Mamma
mia da quanto tempo non facevo un trip del genere! Non pensate subito male, trattasi
di un viaggio mentale su tappeto di note psichedeliche e sognanti. Ci voleva
una band italiana, chissà quante volte si è cercato chissà dove quando invece a
fianco a noi esisteva già la soluzione per stare bene e passare un oretta
estraniati dal mondo.
I
MinDance sono del Molise e precisamente di Campobasso, una comune di artisti dedita
a trovarsi assieme per suonare senza termine ore ed ore di musica “spaziale”
proprio come facevano gli Hawkwind negli anni ’70. Si fondano
circa nel 2012 e dopo varie vicissitudini che alternano anche cambi di line up,
si stabilizzano oggi con Tonino Marchitelli (voce, tastiere), Gianluca
Vergalito (chitarra), Peppe Aloisi (basso, voce, synth, noises) e Massimo
Cosimi (batteria).
Undici
canzoni per viaggiare, alcune elettriche come l’iniziale “Minkiadance” dove la
chitarra elettrica sale in cattedra ostentando veloci scale a ritmiche più
Heavy ad altre più ricercate. Un esempio è “Prologue One” composta da narrato e
ritmiche elettroniche, la breve esibizione accompagna a “Falls In Love” e qui
amici miei inizia ufficialmente il trip. Si evidenziano influenze Pink Floyd
periodo primi anni ’70 e chi ama queste sonorità sicuramente avrà già drizzato
le orecchie. Il solo di chitarra verso il finale è quanto di meglio ho potuto
ascoltare in questi ultimi mesi, questo brano da solo vale il prezzo del disco.
“I
Don’t Believe” è un mid tempo cadenzato e più orecchiabile, ma i MinDance sanno
come variare l’argomento, facendo ricadere il loro stile anche nel Progressive
Rock. C’è anche il brano cantato in italiano, o per meglio dire in dialetto,
“Echi Megl’E Me” è una ballata intrigante e molto vicina ai Porcupine Tree
periodo “Signify” ma anche agli Anathema. Ipnotica “Don’t Break Me”, lisergica
e ancora una volta devota al mondo di Steven Wilson. Le tastiere fanno da
evidenziatore a quanto detto. “Dopo la breve “Prologue Two” è la volta di
“Strange Love”, qui il ritmo sale e resta molto difficile restare fermi durante
l’ascolto, pezzo che potrebbe venire dagli anni ’80 dal filone ex Punk, e vai
di chitarra elettrica!
A
sorpresa in “Sery” giungono arpeggi Marillioniani, altro movimento lento ed
affascinante, da ascoltare ad occhi chiusi. Di nuovo a spezzare “Prologue
Three” e poi via verso il clamoroso finale di “Cosmically Nothing”, gioiello
raro della durata di dodici minuti.
Per
le note negative posso dire che personalmente non ho apprezzato molto il suono
della batteria, ma è una questione di gusti ovviamente.
Lasciamoci
quindi travolgere dall’onda della psichedelia, quella massa che ti sbatacchia
qua e la nel fondale di questa vita che negli attuali tempi non fa altro che
donarci restrizioni, Evadiamo almeno con la mente, i MinDance ce ne danno
l’opportunità da cogliere al volo. MS
Kosmos
KOSMOS
– Ajan Peili
Open
Mind - Lizard Records
Genere: Prog Folk
Supporto: cd – 2019
Il
mondo dei finlandesi Kosmos è ampio, colorato ma allo stesso tempo riflessivo e
rispettoso, soprattutto nei confronti del passato, per quel suono che deriva
dagli anni ’70 e che tanto ha fatto proseliti. Nella musica proposta si
riscontrano dunque differenti stili che spaziano dalla psichedelia al Folk
passando per il Rock ed il Prog. Basta dire che nelle strumentazioni ci sono
mellotron e flauto per rendere bene l’idea. I testi parlano generalmente di una
realtà cosmica e mistica, questo sin dall’album d’esordio risalente al 2005 intitolato
“Tarinoita Voimasta”.
Questo
nuovo album “Ajan Peili” è nell’ordine il quinto sigillo da studio ed è
composto da otto canzoni. La band è formata da Päivi Kylmänen (voce), Kimmo
Lähteenmäki (batteria, conga-batteria, organo, mellotron), Kari Vainionpää (chitarra, basso), Olli Valtonen (shrutibox,
taalmala) e Ismo Virta (chitarra, mellotron, organo, sintetizzatore, batteria).
Con loro sono ospiti Juha Kulm (narrazioni), Arto Kuronen (basso), Sini
Palokangas (violino, sassofono, xilofono) e Kari Riihimäki (chitarra elettrica).
Dopo
questa scorpacciata di nomi per noi quasi impronunciabili passiamo al contenuto
visivo del disco, l’artwork come sempre è colorato ma allo stesso tempo
malinconico, mentre il libretto interno è un piccolo poster contenente i testi
cantati in lingua madre. Di certo la rudezza fonetica non è atta per tutti gli
orecchi, ma vi assicuro che si sposa benissimo con la causa sonora. La voce
femminile di Päivi Kylmänen addolcisce di molto il contesto anche grazie al
flauto che trasporta la nostra fantasia in campi aperti dove la leggiadria è di
casa. Poi quel mellotron…
Bastano
poche note all’inizio della title track “Ajan Peili” per entrare anima e corpo
in questo sound, molto vicino a quello di altre band nordiche come Sinkadus ed
Anglagard. Lo stile dei Kosmos negli anni non cambia mai la rotta, per chi è
affezionato a questo tipo di sonorità è una vera e propria sicurezza.
Dimostrano anche di conoscere bene la storia del genere Folk Rock avvicinandosi
con “Eilinen” ai più famosi Fairport Convention. La capacità dei nordici nel
trasmettere con le note la loro innata oscurità e malinconia è disarmante,
bastano pochi arpeggi di chitarra, una voce sognante e il gioco è fatto, il
tutto è palesato in “Lapsen Uni”. Serve molto poco per emozionare, non altro
che il cuore. Molto più Folk ed etnica “Aina Lähellä”, ma il discorso cambia di
nulla. La fase acustica prosegue con “Kohti Taivasta”, ancora ambientazioni
ampie e bucoliche.
“Salainen
Oppi” è dedicata a madame Blavatsky, e risulta affascinante il connubio sax soprano, mellotron e piano.
Narrato e sperimentale “Jatkuvuus” immerso in sonorità psichedeliche oscure e
spaventose fra simil sitar, mellotron e sax, a chiudere il brano più lungo
dell’album con i suoi dodici minuti di Rock Progressivo “Minä Olen” in classico
Kosmos style.
Chi
conosce a menadito il Progressive nordico sa già bene cosa lo attende in “Ajan
Peili”, per chi invece non è informato al riguardo i Kosmos possono essere una
buona opportunità, ma non soltanto per questo ultimo lavoro, anche per gli
altri quattro in studio. Buon ascolto. MS
Mezz Gacano
MEZZ
GACANO - OzocovonobovO MMXX
Open
Mind – Lizard Records
Distribuzione:
G.T.Music – BTF – Ma.Ra.Cash - Pick Up – Syn-Phonic
Genere: Avant Prog/ RIO
Supporto: cd – 2020
Nel
mio blog Nonsolo Progrock ho già dedicato uno speciale a questo artista a tutto
tondo, perché avere un musicista che si esprime liberamente senza pensare al
music business, compositore di ciò che prova
al momento, è cosa francamente molto rara. Una discografia intrigante,
ricca di sorprese quella di Mezz Gacano, ma chi è il musicista in questione?
Dietro
questo nome c’è il polistrumentista e compositore Davide Nino Urso Mezzatesta.
Il suo progetto nasce a Parma, e precisamente a Salsomaggiore Terme, dopo
l’incontro con John Zorn a Firenze, nel settembre del 1997. Nel 1998 l’artista si
trasferisce a Palermo ed inizia ufficialmente la carriera discografica. “OzocovonobovO MMXX” oggi non è altro che il remake di “Ozocovonobovo”
edito nel 2009. Il lavoro viene completamente rivisitato ed impreziosito
dall’arte di numerosi ospiti partecipanti, per nominarli tutti non basterebbe
una recensione, in più ci sono anche nomi importanti del circuito come Dave
Newhouse (flauto, clarinetto basso, sax, pianoforte), Tommaso Leddi (sax,
trombone, basso, batteria), Carlo Actis Dato (sax), Luciano Margorani (chitarra)
e Gianni Gebbia (sax). In
più ci sono i Self Standing Ovation Boskàuz Ensemble e la Boskàuz
Band.
Sperimentare
è la parola d’ordine, spostare l’attenzione, osare e stupire, il tutto sempre
con nuove idee, Mezz Gacano è sicuramente fra gli artisti più interessanti del
panorama Prog italiano e lo dimostra anche in questo disco dove mette in atto
tutta l’esperienza annosa. La logica di
composizione sembra essere illogica, un mondo strambo, articolato ricco di
sorprese che iniziano da “Ozomeztro” (certo che per i titoli sembra avercela
con i recensori che scrivono), dove un vocalizzo ricercato fra sciamano e
Demetrio Stratos lascia spazio ai solfeggi di fiati ed archi. Il breve pezzo è
registrato all’auditorium RAI di Palermo nel 2017. Un inizio che mette in
allerta l’attenzione dell’ascoltatore, di certo lascia intendere forti emozioni
a venire. E “Gargios” registrato nel 2008 affronta un panorama progressivo
accompagnato dalla narrazione recitata di Luciano Palmeri di matrice King
Crimson, almeno per l’uso della chitarra di Mezz Gacano.
Tastiere,
due chitarre, basso e batteria sono gli ingredienti che creano “Huiut”, brano
elettrico registrato nel 2007, qui si mostrano i muscoli e si fa l’occhiolino
all’universo di Frank Zappa. Nel mondo di “OzocovonobovO MMXX” possono mancare
i Magma? No, ovviamente non suonano con Mezz ma prestano sicuramente il loro
stile per “Ojelo Vojoje”. Tornano le chitarre elettriche nella nervosa “Jobai
De Gobai” con il sax di Gianni Grebbia
che sembra voler parlare. Qui il Rock è presente e diretto, anche nell’intro di
“Mjasa Jest Mjasa”, altro tuffo nell’arte quasi contemporanea fuorviante e
spaccata dalle ritmiche dai stati d’animo controversi.
“Unghstum”
risale al lontano settembre 1997, brano decisamente più Progressive nel senso
puro del termine, in certi momenti anche vicino agli Area. Ho apprezzato davvero
tanto. Musica orchestrale per “Carmelo In My Room”, in veste cinematografica,
ma un altro dei miei momenti preferiti si intitola “Pomoflower MMXX”, quando Mezz
Gacano riesce a far combaciare differenti mondi che variano dal Rock al Prog
Crimsoniano c’è davvero di che godere.
Pezzo
da camera nell’intro di “The Sunny Son Of Blütenstaub” per poi inoltrarsi nel
rodato mondo Mezz Gacano. L’album si conclude qui, ma il disco contiene altri
due brani, “Ghozo” e “Sunny Son Of Blütenstaub Meez Ubao E I Bioboi”.
Una
boccata d’ossigeno ed una lucidata a nuovo per questo lavoro che merita
giustamente più attenzione e rispetto. Qui c’è musica totale, occhio perché “OzocovonobovO
MMXX” non è un prodotto mordi e fuggi! Geniale. MS
venerdì 12 marzo 2021
Indra
INDRA – Ceneri (Requiem Per Il
Sogno Americano)
Bradiphouse
Opificio
Distribuzione:
Open Mind – Lizard Records
Genere:
Progressive Jazz/Folk
Supporto: cd – 2020
La
sezione Open Mind della Lizard Records è sempre rivolta verso la musica più
ricercata, sotto forma di arte mai
convenzionale, l’orecchio attento di Loris Furlan è continuamente alla ricerca
di forti emozioni che sempre travalicano il sentiero del trend modaiolo. Sto
parlando dunque di musica difficile da collocare in un genere ben specifico,
come nel caso dei molisani Indra.
Sono
un trio formato da Gianluca Vergalito (chitarra acustica, chitarra elettrica,
sitar, basso), Antonio Armanetti (percussioni, batteria, didgeridoo), e Mattia
Strazzullo (piano, tastiere, synth bass). Il progetto è immerso in un contesto
multiculturale, con strumentazione etnica cimentata anche in passaggi
jazzistici. Esordiscono nel 2017 con l’album “Fossili” (1698701 Records DK2)
assieme alla ballerina Laura Esposito, mentre oggi si coadiuvano dell’apporto
aggiuntivo di Sara Ferrigno (danza), e Giuseppe Bianchi (recitazione). Questo
secondo album intitolato “Ceneri” si presenta in edizione cartonata contenente
due adesivi raffiguranti il loro logo e i testi del concept descritti nel colorato libretto interno. Esso narra
delle vicissitudini poco fortunate di un ingegnere immigrato dall’Est Europa. Dieci
frangenti sonori sono il viaggio che
accompagna l’ascoltatore più attento alla musica concepita come mezzo di
trasporto per la mente, il tutto per una durata di circa quarantadue minuti.
“Fenice”
presenta subito un suono pindarico, leggero,
grazie soprattutto all’uso del pianoforte impegnato in note semplici che hanno
il senso del tempo che fu. Strumentisti preparati che sfoggiano una tecnica non
rivolta ad elucubrazioni inutili, bensì alla melodia di facile memorizzazione.
La voce roca di Giuseppe Bianchi è calda, sferzante nel contesto, capace di
dare profondità alla musica tuffata persino in un frangente soft jazz. La
stessa apre “La Variante Ascari”, contesto maggiormente Jazz sostenuto dalle
percussioni di Armanetti, nell’evolversi il brano tocca grazie ancora all’uso
delle tastiere, piccoli solchi Progressivi. Musica, danza, recitazione, poesia,
il teatro Indra giunge alla scanzonata “Fuochi D’Artificio”, canzone più
movimentata rispetto al contesto sin qui memorizzato. In alcuni passaggi si
denotano influenze Orme, queste non saranno certamente volute, tuttavia
sottolineo per dare visione anche della parte più progressiva dell’album.
“Taranta Stomp” già il nome lascia presagire il tipo di ascolto, altro musicale
allegro ricco di sorprese etniche. Più folcloristica “Erzezù”, scenica
nell’incedere caracollante e circense. Qui la fanno da padrona i fiati. In
“Cuore” il ritmo cadenzato porta l’ascolto verso una fusion delicata dove
questa volta è la chitarra elettrica a fare sfoggio delle proprie capacità
balistiche. Con “Illusione” gli Indra mettono piede in territori cari ai
canadesi Uzeb, ma mai l’etnico viene accantonato, qui in un mix davvero
intrigante.
“Il
Viandante” possiede un incedere mesto di sonorità legate alla musica del nostro
sud, mentre “Caronte” traghetta verso l’inferno il nostro povero ingegnere. Il
contesto è all’inizio lugubre e duro, grazie anche alla chitarra qui lievemente
Heavy, ma il piano infine porta verso un nuovo sole. L’acustica “Manifesto” chiude con grazia ed
eleganza questo disco che lascia traccia di se anche al suo termine nella
memoria dell’ascoltatore.
Un
album che canzone per canzone, tassello per tassello, compone un quadro sonoro
colorato e decisamente mediterraneo. Freschezza e storia di base all’interno,
si denota che il trio è in possesso di un bagaglio culturale davvero
invidiabile. Multicultura concentrata in un solo disco. MS
sabato 6 marzo 2021
Cast