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sabato 30 luglio 2016

Power Of Omens

POWER OF OMENS – Eyes Of The Oracle
Elevate Records
Genere: Metal Progressive
Supporto: cd – 1998


Nel mondo della musica esistono storie a cui spesso non si riesce a dare una spiegazione. Fenomeni popolari che non hanno la valenza del successo ottenuto, e band che stupiscono per qualità, tecnica e songwriting che spariscono in un istante. La storia degli americani Power Of Omens va a collocarsi nel secondo caso, un esordio importante, una conferma e …la sparizione.
Se andiamo ad analizzare l’album “Eyes Of The Oracle”, facciamolo nel contesto in cui è scaturito, ossia nel 1998, ragioniamo quindi nell’ottica di quando il Metal Prog ha già conosciuto da molto tempo fenomeni come Queensryche, Dream Theater, Fates Warning, Savatage etc. La band non ha difficoltà a muoversi nell’ambito in quanto agisce in una strada già spianata, dove un vasto pubblico aspetta con ardore e famelicità nuove realizzazioni in tema. I fans delle band succitate sono attenti ed esigenti, il genere stesso lo necessita, grande tecnica, ottima voce e buone canzoni sono da rispettare, e gli ingredienti in questo esordio ci sono tutti. Per questo lo split è ingiustificabile ed inspiegabile. Voce alla Geoff Tate (Queensryche) e songs in stile Fates Warning di “Parallels”. Pazzesco!
Il quartetto di San Antonio (Texas) si forma nel 1994 e realizza due demo, il primo nel 1996 formato da dieci canzoni ed il secondo nel 1997 composto da cinque. Grazie a loro riescono a chiudere un contratto con la Elevate Records, casa discografica attentissima ai fenomeni Metal Prog.
Il risultato ufficiale “Eyes Of The Oracle”, è composto da nove canzoni fra le quali una lunga suite di venti minuti dal titolo “Test Of Wills”, per una lunga durata di settantadue minuti! Il gruppo è formato da Chris Salinas (voce), David Gallegos (chitarra), Matt Williamson (basso) e Alex Arllano (batteria).
Immancabile l’intro qui dal titolo “Inner Voices” che conduce a “Alone I Stand”, canzone che mostra immantinente le caratteristiche della band, controtempi, ritmi spezzati e un basso suonato in maniera spettacolare, chitarra (anche acustica) presente e tecnica per non parlare della voce che vola alta a seconda delle esigenze. Si intuisce subito che non sono una band comune…eppure…
Non serve fare lo spelling alle canzoni, perché sono facilmente intuibili già da quanto vi ho descritto, tuttavia una menzione a parte va alla conclusiva “Tears Of The Wind”, ballata acustica e strumentale non scontata.
Nel 2002 è la volta di un altro gioiellino, “Rooms Of Anguish”, poi il nulla. Peccato e  li annovererò per sempre fra i casi mai risolti di questo immenso mondo sonoro chiamato Metal Prog. Pubblico…avete in seguito dato successo a band clone di Dream Theater e a gruppi non eccelsi in confronto ai Power Of Omens, ma perché? Se qualcuno sa, che mi spieghi. MS



giovedì 28 luglio 2016

Mystery

MYSTERY – One Among The Living
Unicorn Records
Genere: Progressive Rock/ AOR
Supporto: cd – 2010


Il Canada è una nazione che spesso ci delizia con ottimo Rock e Prog, basta citare Rush, gli storici Harmonium, i metallici Anvil o Razor, oppure i maestosi Saga tanto per comprenderci. Nel tempo la nazione ha sempre saputo elargire piccole perle di Prog, anche con gruppi cosiddetti “minori”. 
I Mystery del chitarrista e tastierista Michel St-Pere sono una formazione ben rodata, già attiva dal 1986. Io invece ho avuto il piacere di imbattermi con loro tramite il secondo album dal titolo “Destiny?” del 1998. Sono rimasto colpito dal risultato che scaturisce dall’unione di Rock, Prog ed AOR. Il cantato è in inglese ed il risultato senza parlare di miracolo è interessante, tanto da farmeli annotare sul mio tabellino di marcia. Nel frattempo spariscono dai scaffali dei negozi, tanto da farmi pensare ad un triste fuoco di paglia, le mie speranze erano mal poste? Per fortuna mi sono sbagliato, nel 2007 tornano con  “Beneath the Veil of Winter's Face”, un album più fresco e ricercato. La personalità gioca attivamente il suo ruolo. L’interpretazione vocale di Benoît David migliora nel tempo, punto di forza della band assieme alle melodie ruffiane e godibili.
E nel 2010 è la volta di “One Among The Living”, un disco composto da quattordici tracce e per far capire al Prog fans la strada intrapresa dalla band informo che contiene anche una bella suite di ventitré minuti. Infatti il trio sposta il tiro verso il Progressive Rock più canonico rispetto a l’Hard Prog e AOR dei dischi passati, soprattutto dell’esordio. Vigore e gusto per i buoni ritornelli cantabili si acquisiscono già da “Wolf” e che siano cresciuti lo si intuisce anche dagli ospiti che partecipano alla registrazione (e che ospiti) : Benoît Dupuis (tastiere), Dean Baldwin (chitarra), François Fournier (basso), Daryl Stuermer (chitarra), Oliver Wakeman (tastiere), John Jowitt (basso), Antoine Fafard (basso), Claire Vezina (voce) e Richard Lanthier (basso).
Gusto per buoni solo di chitarra (ad esempio in “Between Love And Hate”) e tastiere che ricoprono un nobile compito, quello di riempimento sonoro e da supporto. Non si resta indifferenti avanti ai quasi dieci minuti di “Until The Truth Comes Out”, uno dei frangenti migliori del disco, specie nell’arpeggio iniziale con voce.
Non so quanti di voi possano conoscere gli Everon, per darvi un paragone con un altra band del genere, tuttavia esse sono tangenti. La suite “Through Different Eyes” è il fiore all’occhiello di questo disco, il perché è facilmente intuibile, come i fuochi d’artificio ci sono di tutti i colori e formazioni. Si parte con calma e si esplode strada facendo. La title track è ineccepibile, con effetti e  suoni a tratti anche psichedelici, “The Falling Man” mostra il lato più duro dei Mystery e la conclusiva “Sailing On A Wing” suggella il disco con maestosità.

“One Among The Living” non è un album che si deve obbligatoriamente avere, ma sicuramente sopra la media di questo genere, il che non è poco. Sono sicuro che alcuni di voi resteranno piacevolmente colpiti e conquistati, buttategli un ascolto e buona scoperta. MS

martedì 26 luglio 2016

Mauro Pelosi

MAURO PELOSI – Mauro Pelosi
Universal Music Grup (cd) - Polydor Records (lp)
Genere: Cantautore
Supporto: cd – 1977


Ho scelto il terzo album per parlare del cantautore romano successivamente trasferitosi a Milano, Mauro Pelosi. Il terzo perché ha radici oramai profonde, inestirpabili. Il carattere e  la personalità del chitarrista sono rodati e note agli ascoltatori degli anni ‘70. In realtà l’esordio discografico risale al lontano 1972, con l’album dal titolo “La Stagione Per Morire” (Polydor Records), un disco che coglie di sorpresa molti addetti ai lavori, in quanto già radicato in un pessimismo che diventerà nel tempo il suo leitmotiv. Un cantautore impegnato, come si soleva dire in gergo, contemporaneo di Claudio Rocchi, Claudio Lolli, Alan Sorrenti, De Andrè, Guccini e molti altri ancora. Segue nel 1973 un album a sua volta molto bello, dal titolo “Al Mercato Degli Uomini Piccoli” (Polydor Records), per poi latitare dai negozi di dischi fino al 1977, anno non proprio brillante per questo genere che comunque va ad attingere anche in quel calderone di nome Rock Progressivo.
“Mauro Pelosi” è arrangiato nuovamente da Pinuccio Pirazzoli, oramai suo fido amico e gode della  collaborazione di artisti come Edoardo Bennato, che suona l'armonica a bocca in “L'investimento”, Bamby Fossati (Garybaldi), Lucio Fabbri violino in “Una Lecca Leca D’Oro” e Ricky Belloni dei New Trolls alle chitarre. I testi sono bellissime poesie, riflessioni di vita vissuta, quasi sempre amare, nelle quali coesistono paure, insicurezza ed amore.
Un disco drammatico, la voce è dolce e allo stesso tempo graffiante ed incisiva, tuttavia l’iniziale “La Bottiglia” musicalmente si alterna fra tristezza ad un quasi Reagge. Esplicativo il testo: “Ti regalerò una bottiglia vuota perché non ho mai avuto un giardino incantato”. “Luna Park” non è distante dal brano precedente, in esso aleggia una nota di malinconia dettata dalla narrazione di una vita abbastanza triste che stride con la musica da Luna Park che fa da accompagnamento. Importanti i ritornelli. Dolcissima con chitarra arpeggiata “Ho Trovato Un Posto”, supportata da arrangiamenti semplici ma efficaci. Molti di voi all’ascolto potrebbero sentenziare che De Andrè in confronto è un allegro buontempone, ma anche Pelosi sa divertirsi a modo suo come in “Una Lecca Lecca D’Oro”. Azioni umane ne “L’investimento”, depressione  in “Una Casa Piena Di Stracci” mentre “Alle 4 Di Mattina” gode di un piano che sgocciola note ariose sopra la voce irritata e perentoria di Pelosi. Un grande interprete di testi importanti, riesce a modulare  la voce in maniera anche sorprendente come nello stupendo finale dal titolo bizzarro “Ho Fatto La Cacca”. Questo brano è un capolavoro per rabbia, ironia amara e musica. “Compagni miei dal 68 ad oggi quanti Blue Jeans c’hanno venduto. Voglio essere un cane, di quelli che fanno l’amore in mezza alla strada tra la faccia schifata dei passanti, circondato da bambini liberi, ed altri cani come me… e tutti insieme, tutti quanti insieme andare in giro….. A MORDERE!”. Dovete ascoltare però come viene cantata.

Questo album, come dicevo in precedenza, esce in un momento “no” per il genere e non raccoglie i dovuti frutti, quasi un fallimento. Per questo lo amo, lo sento anche più mio, ed anche io con lui vado in giro…a mordere. MS

lunedì 25 luglio 2016

Syncage news



I vicentini SYNCAGE sono prossimi all'uscita dell'album ufficiale dopo l'EP del 2014 "Italiota".
A voi l'anteprima dell'album


domenica 24 luglio 2016

Interviste a Fabio Zuffanti e Max Salari



Max Salari e Fabio Zuffanti in una foto di Raff Vescovo

RADIO GOLD:


FABIO ZUFFANTI & PROG ROCK, 101 DISCHI DAL 1967 AL 1980


Puntata speciale di Gold & Friend di Gigliola Marinelli e Massimo Magi. Ospite Fabio Zuffanti che, con Max Salari, ha presentato il libro “PROG ROCK, 101 DISCHI DAL 1967 AL 1980".
Per saperne di più ascolta l’intervista!
http://www.radiogold.tv/?p=20563 
SAVERIO SPADAVECCHIA:

https://youtu.be/-7Teelq6Nsc

giovedì 21 luglio 2016

PROG ROCK! 101 Dischi con Fabio Zuffanti a Fabriano






Prendete uno dei saggisti musicali più preparati ed eclettici in circolazione, e un musicista prog tra i più attivi e rappresentativi della scena italiana (e non solo). Metteteli davanti a un microfono, o una telecamera, e otterrete Astrolabio. Dapprima fortunata trasmissione radiofonica, poi televisiva, ora si materializza su carta trasformandosi in PROG ROCK!: un libro unico, un testo di riferimento, nel quale Storti e Zuffanti scelgono, commentano, analizzano, contestualizzano e raccontano i 101 dischi prog che non possono mancare nello scaffale del vero appassionato. Per i due autori, prog – aggettivo che tende a essere usato con una certa disinvoltura – designa tutte quelle musiche che, a partire dai tardi anni Sessanta, hanno cominciato a espandersi e, contaminandosi con stili diversi, hanno allargato il concetto di pop song, sperimentando arditi accostamenti tra diverse influenze senza il timore di ricercare nuove melodie, armonie, suoni e strutture. Quindi, è progressive tanto il rock sinfonico degli Yes quanto la musica cosmica dei Tangerine Dream, l’hard psichedelico degli High Tide, il jazz-rock dei Nucleus, l’art-pop dei Roxy Music, le favole celtiche di Alan Stivell e molto altro. Il prog, insomma, non come definizione di un genere codificato, quanto come filosofia, modo di essere e approccio a ciò che si suona e si ascolta: qualcosa che ha portato la musica rock a scalare un gradino in più e che ha contribuito ad aprire diverse porte della percezione.
In centouno schede i dischi senza i quali il prog non sarebbe il prog.
La presentazione del libro avverrà nella Biblioteca Multimediale Comunale di Fabriano, Venerdì 22 Luglio alle ore 18.00 e sarà relazionata da ROCK & WORDS assieme all’autore FABIO ZUFFANTI.
RICCARDO STORTI
Docente di Storia della Musica presso l’Università della Terza Età di Genova, è il fondatore e coordinatore del Centro Studi per il Progressive Italiano di Genova. Ha mosso i primi passi nel mondo della saggistica musicale con Aereostella, casa editrice che ha pubblicato diversi suoi volumi su Battiato, De André, Mozart, New Trolls, Vecchioni e, naturalmente, sul progressive rock (Codice Zena e Rock Map).
FABIO ZUFFANTI
Ha al suo attivo più di quaranta dischi nel’ambito del prog e suoi derivati, da solista e con band quali Finisterre, la Maschera Di Cera e altre. Direttore artistico dell’etichetta Mirror Records, ha inoltre composto due opere rock, collaborato a svariati reading letterari in compagnia di Tommaso Labranca, Wu Ming e Antonio Moresco, condotto trasmissioni radio e tv e scritto due libri (O casta musica, Vololibero, 2012, e Ma che musica suoni?, Zona Editrice, 2014).
                        ROCK & Words (Fabio Bianchi e Max Salari) con Fabio Zuffanti)