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venerdì 19 aprile 2013

Azure Agony

AZURE AGONY - India
SG Records

Distribuzione italiana: si
Genere: Prog Metal

Support: CD - 2012



Ritornano dopo "Beyond Belief" del 2009 i friulani Azure Agony con non poche novità. La band capitanata dal tastierista Marco Sgubin, si avvale per questa nuova realizzazione dal titolo "India" di un cantante, Federico Ahrens e la distanza fra il Metal Prog dei Dream Theater e questo degli Azure Agony, si assottiglia sempre di più. L'impostazione vocale di Federico non è proprio uguale a quella di La Brie, ma l'approccio alla melodia si. Il suo bel lavoro al microfono va ad arricchire di più il sound della band, rendendo l'insieme più scorrevole e meno impegnativo.
La caratteristica peculiare della band resta sempre a cavallo fra melodia e tecnica, proprio come nel primo album strumentale, anche se la prima è più marcata. Otto i brani che compongono "India" e le sorprese non finiscono qui, questa volta si parla di suoni, l'innesto di violoncello, Chapman Stick e fisarmonica in alcuni frangenti, donano freschezza e duttilità all'ensemble sonoro.
"Twin Babel" miscela potenza con ariosità, brano prettamente incastonato negli stilemi del genere in causa. Buono il lavoro della ritmica di Carlo Simeone (batteria) e Marco Firman (basso), così fondamentale il supporto delle tastiere. I fendenti di chitarra sono assegnati alle mani di Gabriele Pala. Punto di riferimento "Awake" e dintorni del Teatro Dei Sogni.
"Private Fears" inizialmente gioca anche con la voce filtrata al microfono, per poi svilupparsi in un alternarsi di potenza e melodia intrigante. Invece si apre voce e piano la bella "Libra's Fall", per crescere e lanciarsi in un frangente strumentale davvero efficace, specie nella cavalcata con chitarra elettrica a ritmo di doppio pedale a dimostrazione che la band è completa e che quando vuole sa picchiare.
In "My Last Time On Earth" la musica diventa immagine attraverso i suoni eterei e sognanti, più vicino al mondo New Prog per poi essere contigua alla bellissima "India", canzone clou dell'album. Quasi undici minuti di suoni ed emozioni sempre con un piede nel mondo Dream. Ad un tratto diventa soprattutto musica per la mente e gli alti e bassi emotivi colpiscono l'ascoltatore inesorabilmente.
Bella ballata "Hold My Hand", quasi una filastrocca che spezza l'ascolto dell'intero cd, concedendo una piccola tregua, uno dei pezzi che più mi hanno colpito anche per l'intervento della fisarmonica, davvero ben congeniato.
"A Man That No Longer Is" a differenza della precedente, non concede tregua e riporta il discorso Metal Prog ai livelli che generalmente più gli competono. Chiude "Forever Blind" in maniera epica e decisa.
"India" è dunque la seconda prova dei ragazzi di Udine e mette in risalto tutta la loro passione per il genere, cercando di non strafare e di badare al sodo. Consiglio soltanto di scrollarsi un poco di dosso la pellicola Dream che rischia di farli restare e quindi di perdersi, nell'enorme calderone di proseliti. Ovviamente non del tutto, perché le radici non si strappano....mai! MS

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