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domenica 29 gennaio 2017

Astrolabio

ASTROLABIO – I Paralumi Della Ragione
Andromeda Relix / Lizard Records
Distribuzione: GT Music
Genere: Hard Prog
Supporto: cd - 2017


Chi dice che il Prog Rock è un genere dai testi astrusi, a volte fantascientifici ma che non parlano quasi mai di politica, probabilmente non ha mai ascoltato i nostrani Astrolabio. Se non li conoscete ve li racconto in poche righe: Si formano a Verona nel 2009 dalle ceneri della Hard Prog band Elettrosmog ed amano definirsi  gruppo di “Rock Degressivo Italiano”. Non manca loro il lato satirico ed umoristico, questo lo si riscontra nei testi generalmente incentrati sulla società post moderna in maniera polemica. Esclusi i demo, realizzano l’album d’esordio nel 2014 per l’etichetta Andromeda Relix in collaborazione con Lizard Records dal titolo  “L’Isolamento Dei Numeri Pari”. Sono composti da Michele Antonelli (voce, chitarra, flauto traverso), Alessandro Pontone (batteria), Massimo Babbi (tastiere) e Paolo Iemmi (voce, basso). Nel tempo affrontano una lunga serie di concerti, spesso affiancando nomi prestigiosi (La Locanda Delle Fate, La Coscienza Di Zeno, Osanna), numerosi festivals ed apparizioni televisive.
Detto questo veniamo a “I Paralumi Della Ragione”, suddiviso in nove tracce. Esso è un concept album che affronta un viaggio surreale sulle ali di un sogno, nel quale si intraprende un viaggio in un mondo grottesco, fantozziano, che fa ridere ma anche a denti stretti. Tutto è semplificato dal libretto che accompagna il cd con i testi e qualche “legenda” al riguardo. Molto simpatica la copertina ad opera di Marco Triolo con il pupazzo “One” al centro dell’attenzione…Tv accusata o tv che accusa?
Per partire nel sogno bisogna prima addormentarsi, e questo è ciò che accade in “Dormiveglia #1”, breve intro che richiama simpaticamente “Blackbird” dei Beatles, lo stesso che chiude il disco con “Dormiveglia #2”, il risveglio. “Nuovo Evo” è in effetti il primo brano dell’album e mostra subito lo stile Hard Prog degli Astrolabio. Nuovo Evo è un bivio, qui si parla di “porno- elettorale” e dei problemi sociali del nostro paese, ne fuoriesce un quadro di certo non edificante. Il primo momento folle del disco giunge con “ Una Cosa”, demenziale, con metodo onomatopeico ricreativo in cui si libera la propria fantasia. In alcuni momenti del brano i più attenti di voi potrebbero trovare analogie con “La Mela Di Odessa” degli Area. “Pubblico Impiego” ha intrinseco nel titolo il focus del mirino Astrolabio mirato al mal costume italico, alla burocrazia ed ai privilegi degli statali. La musica ancora una volta alterna cambi di tempo caratteristici del Prog  ad Hard Rock. Il ruolo delle tastiere è in principale modo quello dell’ accompagnamento, fornendo al suono corposità.
“Arte(Fatto)”, momento acustico e toccante, dove si espone il senso di disagio dell’artista di oggi, mal retribuito e sfruttato. Oltre che essere una canzone bellissima strumentalmente parlando, anche io che vi scrivo, ne faccio mio il messaggio proposto dagli Astrolabio, e lo sottolineo anche con rabbia, perché la cultura e l’arte di oggi sono appiattite da una società fortemente lobotomizzata dai social, dalla tv e da quant’altro il sistema moderno ci propone. Piano e voce, tutto soave e leggiero, quanto potente e devastante ne risulta il suo messaggio.
Ispirato ad uno strumentale degli Elettrosmog giunge “Otto Oche Ottuse”, favola strumentale che porta a “La Casa Di Davide”. Flauto e tanto Prog anni ’70 ed ancora piccoli legami con gli Area come il recitato in voce femminile e lingua araba (chi ha detto “Luglio, Agosto, Settembre Nero”?). “Sui Muri” si apre in un giro di basso per poi crescere nell’insieme a giunta delle strumentazioni, il tema questa volta è la vecchiaia ed il decadimento psichico e biologico di un essere umano.
Il disco in conclusione è un calderone di buone sonorità che ripercorrono tempi andati ma con personalità e testi importanti. Un ottimo risultato.

Attenzione: Il disco potrebbe far pensare, astenersi i fragili di mente. MS

Disequazione

DISEQUAZIONE – Progressiva Desolazione Urbana
Andromeda Relix
Distribuzione: GT Music
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd- 2016



Compito della musica è in principale modo quello di comunicare differenti emozioni e stati d’animo, ad essa si associano anche ricordi, siano questi felici che nostalgici. La nostalgia generalmente è relegata al tempo, a quello che abbiamo vissuto di più bello nei nostri anni passati. Un genere, una passione. Bene si espongono su questo concetto i triestini Disequazione, amanti della musica Prog degli anni ’70 e fervidi esecutori della stessa anche nei giorni d’oggi. Un come back il loro che profuma di vintage DOC, ma soprattutto che spruzza passione da ogni nota.
“Progressiva Desolazione Urbana” è una sorta di cerchio che si chiude se si pensa che la band si forma negli anni ’80 grazie all’incontro tra Giorgio Radi (basso) e Vinicio Marcelli (chitarra), per poi vivere gli anni ’90 con concerti assieme ad Aldo Tagliapietra (ex Orme), sospendere successivamente il progetto per dedicarsi alla vita musicale di turnisti, e quindi ritornare oggi con la formazione iniziale a suonare il beneamato Prog. Disequazione 2.0? Probabilmente si ma anche no, perché la band nel disco mantiene le atmosfere del passato e persino le timbriche degli strumenti. La formazione è quindi completata da Dario Degrassi (tastiere), Fiodor Cicogna (batteria) e Luca Sparagna (voce).
“Progressiva Desolazione Urbana” è composto da cinque canzoni fra le quali spicca la suite finale dal titolo omonimo.
Il disco si apre con un brano che si sostiene sulla formula canzone dal titolo “Inutile”, perché il Prog dei Disequazione è comunque gradevolmente melodico. Tuttavia la band si diverte di tanto in tanto a mostrare i muscoli, nella musica sinonimo di tecnica strumentale, come ad esempio nell’assolo di chitarra finale, oppure nelle tastiere e nel basso in “Il Vaso Di Pandora”, brano che fa la gioia sicura di tutti i fans del genere. Nuovamente formula canzone in “E’ Giorno Ormai”, qui un delizioso mix fra le Orme, PFM, ed i mai troppo ricordati  Reale Accademia Di Musica. C’è di che godere.
“Nel Giardino Del Piccolo Gik” prosegue il percorso con un suono pieno, a tutto tondo,  grazie al lavoro delle tastiere di Degrassi. Piccola vetrina anche per la sezione ritmica. Ma è la suite finale il piatto forte dell’album, esempio di cosa è il Progressive Italiano, si perché la nostra mediterraneità dona questo calore emotivo come soltanto noi sappiamo riprodurre in musica, e a testimonianza che il genere è si di nicchia, ma immortale. Sono questi i dischi che fanno da muraglione fra chi ama il Prog e chi non lo digerisce perché “strano”, fuorviante, logorroico ed instabile, ma chi ne è al dentro con consapevolezza gode come pochi al mondo.

“Progressiva Desolazione Urbana” è un album da assaporare in comodità, come si faceva una volta con gli lp di classici. Questa è musica per la mente, ed ecco che i ricordi a cui mi riferivo in precedenza riaffiorano, come i colori ed i profumi degli anni ’70, sembra questa una frase scontata, trita e ritrita, ma chi ha almeno cinquanta anni sa bene di cosa sto parlando e se lo ha capito deve assolutamente procurarsi questo piccolo gioiellino Prog. Voi giovani?… Non siete curiosi? MS

venerdì 20 gennaio 2017

Ancient Veil

ANCIENT VEIL – I Am Changing
Lizard Records
Genere: Progressive Rock
Supporto: cd - 2017


Quando si parla di Progressive Rock Italiano, la mente volge inevitabilmente ai grandi nomi come Premiata Forneria Marconi, Banco Del Mutuo Soccorso, Le Orme, gli Area… E va bene, ma è ora anche di cambiare, o per meglio dire, di “aggiornare” questa nostra veduta culturale. E si, perché senza band come Arcansiel, Notturno Concertante, Nuova Era, Eris Pluvia e moltissime altre ancora, il genere non sarebbe restato così in vita dopo gli anni ’70. Un notevole merito va anche a coloro che hanno lavorato ai fianchi, e per questo a mio modo di vedere devono essere menzionati assieme ai grandi. Perché questo preambolo è presto spiegato, nel 1985 Alessandro Serri e Edmondo Romano sono negli Eris Pluvia, mentre nel 1992 lasciano la band e con Fabio Serri creano questo nuovo progetto sonoro dal nome Ancient Veil.
Eppure in tutti questi anni il progetto se ne esce solamente con un album dal titolo “The Ancient Veil” nel 1995, mentre gli Eris Pluvia ritornano nel 2010 con “Third Eye Light” e nel 2016 con “Different Earths”.  Nei dischi degli Eris Pluvia del 2010 e del 2016, Romano e Serri tuttavia non sono presenti. 
Ma veniamo a  “I Am Changing”, accompagnato dai bei dipinti di Francesca Ghizzardi, il disco è suddiviso in undici tracce, tutte di Prog classico e romantico. Nel percorso Serri e Romano si avvalgono di numerosi special guest.
Inizia la strumentale “Bright Autumn Dawn”, i dubbi sullo stile proposto vengono immediatamente fugati, il risultato è di alta classe e dimostra la cultura dei musicisti al riguardo. Alessandro Serri, chitarra alla mano e voce, apre “If I Only Knew” dove un whistle fa da sottofondo alla chitarra, musica d’ altri tempi, emozioni sempre garantite. Il patos sale in “You Will See Me” grazie al flauto di Elisabetta Comotto, all’oboe di Marco Gnecco, il violoncello di Stefano Cabrera ed al violino di Roberto Piga. Amo molto “I Am Changing” sia per come l’aria trasmette emotività che per l’assolo di chitarra elettrica. Ancora fiati a sostenere “Only When They’re Broken”, ma con un ospite d’eccezione alla chitarra classica, Mauro Montobbio dei Narrow Pass, altra interessantissima band del panorama Progressive Italiano attuale. Tutto il disco si muove su sinfonie delicate e spesso sognanti, ma anche buone canzoni strumentali come “ Fading Light”. Ancora voce e chitarra per Serri in “The Fly” mentre Damiano Rotella e John Bickhman accompagnano con batteria e percussioni. A mio modesto parere il brano più completo dell’album è proprio quello che lo chiude, ossia “A Mountain Of Dust”, qui un poco tutta l’essenza sia degli Ancient Veil che degli Eris Pluvia.

Un album delicato che non fa mai la voce grossa, un posto soffice dove appoggiare la mente e lasciarla riposare. MS

Eveline's Dust

EVELINE’S DUST – The Painkeeper
Lizard Records
Genere: New Prog
Supporto: cd – 2016


Prosegue imperterrito e senza sosta il numero delle band che in Italia suonano Progressive Rock. Credo che oramai scrivere ancora che questo genere sia morto o moribondo sia obsoleto e fuori da ogni realtà. Ma di quale tipo di Progressive Rock si sta parlando? Il più gettonato è sempre quello dedito agli anni che furono ma con uno sguardo anche al moderno. Nascono dei connubi spesso e volentieri che hanno da dire cose interessantissime, equilibrando tecnica a melodie. King Crimson, Pink Floyd, Banco Del Mutuo Soccorso, Genesis, IQ, Arena, Pallas  ed altro, vanno ad infondersi con il Prog moderno di Steven Wilson e Porcupine Tree, questo accade anche nel sound dei pisani Eveline’s Dust.
La band formata da Lorenzo Gherarducci (chitarra), Nicola Pedreschi (tastiere, voce), Marco Carloni (basso) e Angelo Carmignani (batteria), con “The Painkeeper” giunge alla seconda registrazione in studio dopo l’ep “Time Changes” del 2013.Un album formato da nove canzoni e con un artwork simpatico, fresco e giovane ad opera di Francesco Guarnaccia.
“The Painkeeper” è un concept album cantato in inglese dedicato alla poesia “Il Custode Dei Dolori” di Federico Vittori.
Il disco si apre vigorosamente con l’intro “Awake”, breve ma efficacie, dove le carte si mettono subito in tavola ed il linguaggio della band è già forte e chiaro. Tastiere e chitarra in evidenza, ma anche una ritmica potente e pulita. Si arriva a “The Painkeeper”, nel suo dna c’è tanto materiale, molto di quello che ho già nominato prima, ma soprattutto buona personalità. Otto minuti fra arpeggi e buon solo di chitarra elettrica. Giochi di voce ad aprire “NREM”, strumentale si malinconico, ma dai squarci solari dettati dal suono caldo dell’ospite al sax, Federico Avella.
Fanno capolino i suoni nervosi dei King Crimson in “Clouds”, il tutto miscelato con i Porcupine Tree ed ovviamente alla personalità degli Eveline’s Dust. Carolina Paolicchi presta di tanto in tanto la sua voce per delle coralità, altra ospite di riguardo nella riuscita dell’album.
“Joseph” si apre con dei bellissimi arpeggi di chitarra per poi svilupparsi in un delicato crescendo sonoro, nei suoi otto minuti inevitabili i cambi di tempo. Questi sono i brani che un Prog fans vorrebbe ascoltare spesso. Un giro di basso apre “A Tender Spark Of Unknow”, canzone dai risvolti anche Jazz che comunque apre ad arie delicate, ancora una volta impreziosite dal sax soprano. In “Vulnerable” è il piano a salire in cattedra ed il brano è connesso al successivo “HCKT”, fra le composizioni più Prog dell’album nel vero senso del termine. A sua volta giunge la conclusiva “We Wont Regret”, semi ballata dall’ ampio respiro grazie soprattutto agli interventi della chitarra elettrica.

Qui signori miei, con “The Painkeeper” siamo a livelli alti e chi mi conosce sa che quando dico questo, un fondo di verità c’è sempre. MS

Méséglìse

MESEGLISE – Stranamente Sereno
Lizard Records
Genere: Progressive Rock/Cantautore
Supporto: cd - 2016


Tornano gli emiliani Méséglìse del tastierista Paolo Nannetti e del cantante chitarrista Marco Giovannini dei Sithonia, dopo “L’Assenza” (Lizard Records) del 2013, e lo fanno con Maya Seagull (basso, voce), Maurizio Lettera (batteria) e Maria Robaey (violino e mandolino). Il Progressive Rock proposto in questo nuovo album dal titolo “Stranamente Sereno” è ancora legato alla musica leggiera, al Folk e all’attenzione per il connubio testo/musica. Comunque il bagaglio Sithonia c’è e ancora lo si può ascoltare anche in tre brani dell’album, “Confusi In Mezzo Ai Simboli” tratto dal loro primo album “Lungo Il Sentiero Di Pietra” del 1989, “Festa In Collina” e “Con Altri Occhi” questi ultimi due tratti da “Hotel Brun” del 1998. Il supporto fisico al cd è molto gradevole, una confezione cartonata con un libretto di accompagnamento bene illustrato e nitido ad opera grafica di Liliana Corradini, supportata dai bei disegni di Paola Baiesi e dalle foto di Maurizio “Lello” Brunelli. Dodici tracce di cui due strumentali, le conclusive “Il Gioco Delle Parti” e “La Strada Verso La Collina (ripresa)”.
Pur essendo “Stranamente Sereno” un album di Progressive Rock, in esso non ci sono suite e neppure tecnicismi inutili, piuttosto traspare il legame musica/testo con classe e finezza, come  ad esempio hanno saputo fare le Orme. Il piano di accompagnamento de “Il Tempo Di Un Caffè” ne è efficacie testimone. Il violino dona spesso ai brani quell’impronta Folk che scalda l’anima per intensità, disegnando paesaggi malinconici ma rassicuranti. Da menzionare anche alcuni special guest che impreziosiscono l’ascolto dell’album, Alberto Celommi (chitarra acustica in “La Strada Verso La Collina” e “Caporale Milt” già con Kuzminac e Pierangelo Bertoli) ed Enrico Capalbo (chitarra ebow in “Trama Di Coincidenze”). Ci sono brani energici e comunque più gioviali come ad esempio “Con Il Pallone” o “Interno Notte”.
“Caporale Milt” è una canzone cantautorale dal profumo antico supportato dalle belle coralità femminili, frangente particolarmente godibile dell’album. Uno dei pregi con cui ci si imbatte durante l’ascolto  è il crescendo qualitativo dei brani, tutto questo rende inevitabilmente sempre alta l’attenzione dell’ascoltatore. Altro grande momento si intitola “Trama Di Coincidenze”, belle melodie finemente legate ai testi.

Di sicuro “Stranamente Sereno” è un album di grande compagnia, come un amico che con te si confida e che ti rassicura in alcuni momenti di bisogno. Il tutto senza strafare. MS

Mezz Gacano & Zone Experimentale

MEZZ GACANO & ZONE EXPERIMENTALE – Froka
Lizard Records
GENERE: RIO
Supporto: cd – 2016


C’è chi la musica la vive per diletto, chi per passione, chi l’adopera da sottofondo, chi la rovescia come un calzino per trarne nuove emozioni. Esistono situazioni dove l’artista parte con l’intenzione di creare qualcosa di differente, disinteressandosene  del responso pubblico, questo accade quando l’arte prende il sopravvento. In Italia abbiamo vissuto e stiamo vivendo queste situazioni seppure in maniera dosata, come ad esempio con i Stormy Six nel passato, oppure oggi con alcuni progetti di Fabio Zuffanti o gli Yugen solo per fare pochi nomi.
Mezz Gacano e’ un progetto musicale palermitano che prende forma nel 1997 grazie a David(e) Nino Urso Mezzatesta, formatosi dalle ceneri di Multimedial Stigghiolizing Enterprise e Tchazart. Le influenze musicali  si possono estrapolare dall’ascolto di artisti come Frank Zappa, King Crimson, Gong, Naked City, Mr.Bungle e Oziric Tentacles. La carriera musicale del gruppo è ricca di esperienze ed artisti, fino al raggiungimento del primo album in studio intitolato “Palòra Di Boskàuz” (Sasime – 2002), dove al proprio interno anche una ballad può essere Punk!
L’approccio musicale di Mezz Gacano è questo, e se poi  a quanto detto ci si va ad unire la collaborazione con l’ensemble svizzero Zone Experimentale (nomen omen), non può che nascere un prodotto quantomeno interessante e non scontato.
“Froka” è un concerto registrato live suddiviso in undici movimenti sonori che non potremo mai chiamare “canzoni”, ad iniziare dalla breve ed introduttiva title track “Froka”. L’aria accompagna all’ascolto catturando immediatamente l’attenzione dell’ascoltatore. L’album strumentale si apre a tutti gli effetti con “Okain Loiknaf” fra cambi di ritmo e d’ umore. Con archi e flauto che giocano a colloquiare, si giunge a “Lioschi Lioschije”, aria a tratti sospesa, solamente animata dalla discussione fra strumenti che più che suonare, parlano fra di loro. L’energia sprigionata da “Bechamel” mette alla luce il lato  Crimsoniano del progetto, fra suoni nervosi e cadenzati. Ciò accade anche nel successivo movimento “Lioschi Lioschije”. Andamento ondivago per “Kitch Bitch Beach”, giocoso ed irriverente. Ma non vorrei togliere tutto il gusto della scoperta, lascio a voi il piacere di essere stupiti, in fin dei conti avete già focalizzato da queste mie parole il tipo di prodotto. Vorrei comunque sottolineare che “Froka” è registrato nel 2013, ed è solo grazie all’attenzione della Lizard che il progetto vede la distribuzione vera e propria, affidata a BTF, GT Music, Pick Up, Ma.Ra.Cash e Syn-Phonic.
“Froka” è musica da “ascoltare”, non da “sentire”, una sorta di opera sperimentale moderna che non ha la pretesa di essere un classico, ma che ha la brillantezza e la capacità di risultare unica nel suo genere, e questo si grazie all’estro compositivo di Mezz Gacano, ma anche agli arrangiamenti di Flavio Virzi.

Buon ascolto. MS

Corpo

CORPO- I & II
Lizard Records
Genere: Rock Psichedelico
Supporto: cd 1979/2016


Non si finisce mai di scavare  nella musica Rock italiana degli anni ’70. Un continuo scoprire e stupire. Molte realtà sono state ignorate, e non sono qui per cercarne i motivi che potrebbero essere molteplici, ma per godere con voi di questi ritrovamenti. Molto spesso sono gli artisti stessi nel tempo a fuoriuscire con delle registrazioni mai edite, come nel caso dei Corpo, band salentina dei fratelli Calignano, Francesco e Biagio.
I nastri che compongono “I & II” sono rimasti celati in una soffitta per ben 35 anni, ma hanno visto la luce grazie all’interessamento e all’incoraggiamento di Giuseppe Calignano. Loris Furlan della Lizard Records ha fatto il suo, stampando in cd queste registrazioni del 1979 che ovviamente non possono essere di alta fedeltà essendo dei demo, tuttavia ancora passabili.
Ma cosa suonavano i Corpo? In realtà tendevano l’attenzione verso una Psichedelìa cara ad un certo Kraut Rock, ma ascoltando i demo le sorprese, vi giuro, non sono poche.
Fra le note si estrapolano divagazioni Folk ma soprattutto Kraut Rock, tuttavia essendo il periodo a cavallo con gli anni ’80, in certe situazioni si possono scorgere tentazioni New Wave. Musica di facile assimilazione, che ben presto stampa la sua melodia nella mente dell’ascoltatore. I brani sono tutti strumentali.
Personalmente mi piacciono le acide fughe di chitarra, come ad esempio accade in “C#2” o ne “Il Giorno Della Mia Morte”. Ci sono brani a cavallo fra ingenuità e ricercatezza, apparentemente semplici come “C#3” ma che vogliono comunicare qualcosa di “spazioso” e questo grazie soprattutto all’uso dell’elettronica.  Le tastiere di Biagio a volte giocano un ruolo che non ti aspetti, piccoli tappeti sonori che saranno la base di li a poco per il New Prog negli anni ’80, ecco le sorprese a cui mi riferivo. Brevi cavalcate alla Can non possono mancare, visto il genere suonato, come nella breve “C#5”.
“Messapia” è un ibrido a cavallo fra Wave e Rock basato soprattutto sulle tastiere, a dimostrazione che il periodo sonoro ’70 sta mutando definitivamente. “SM De Finemunnu” è invece un pezzo tirato fra Rock e Jazz, aperto, libero e in qualche modo Psichedelico, il lato più interessante a mio avviso dei Corpo. Batteria in evidenza nella conclusiva “Tympanon” con il suo gradevole assolo.

Certe operazioni aiutano a conoscere meglio un determinato momento della nostra storia, una ulteriore testimonianza, un altro tassello a favore di questa nazione che di artisti ne ha avuti tanti e che continua a proporli, sta solamente alla nostra voglia di sapere e di godere di musica fare il resto. MS

venerdì 13 gennaio 2017

Che Prog Rock ci attende nel 2017?

Che Prog Rock ci attende nel 2017?



Da osservatore imparziale del genere, quale mi ritengo, faccio una piccola disamina sulle probabilità di direzione sonora del Rock Progressive in questo 2017. Ci siamo posti molte volte la domanda “Cosa è il Progressive Rock?”, “Dove sta andando?”, ebbene, al riguardo comincio (a mio parere, si intende) ad avere le idee abbastanza chiare.
Tuttavia per giungere al concetto, necessito di un piccolo passo indietro. Negli anni ’80 è servita l’ondata inglese (nuovamente) per tirare fuori il genere da una morte apparente, Marillion, IQ, Pendragon, Pallas, 12th Night, Haze ed altri ancora hanno dato voce a quel filone che abbiamo denominato New Prog. In generale i punti di riferimento per questo “come back” sono stati i Genesis ed i Pink Floyd nella quasi totalità dei casi. Negli anni ’90 una forte ondata nordica europea porta al genere il suono oscuro, nervoso e a volte malato dei King Crimson, questo grazie a band come Anglagard, Anekdoten, Landberk, Sinkadus, White Willow etc. etc. Ma nel tempo si intromette un particolare non da poco: internet. Con esso la musica diventa fruibile a chiunque e ovunque, anche a gratis. Si ha la possibilità di ascoltare cose che difficilmente si sarebbero ascoltate anni prima. C’è una sorta di globalizzazione sonora. Tuttavia il genere Prog resta sempre spaccato in due, ossia colui che è avvinghiato alle sonorità vintage e quello che invece è aperto a nuovi innesti. “Prog” e “Prog”. (Il termine Prog così espresso da solo non ha significato, ma questo è un altro discorso).
Negli anni 2000 la tecnologia, la globalizzazione sonora porta inevitabilmente ad una maggiore confluenza di innesti, anche i più bizzarri, tanto da fare inorridire molto spesso i fans estremisti del genere. Ecco il Metal, la Psichedelia Pinkfloydiana, il Post Rock, il Math Rock ed altro ancora miscelarsi in alchimie particolari per un risultato primordiale. Ma è solo questione di tempo, manca chi traccia un solco netto fra “Prog” e “Prog”. La strada sembra essere indicata dai Porcupine Tree di Steven Wilson. Non a caso guru del New Prog come i Pendragon nei loro ultimi album danno segno di aver assimilato qualche cellula della band inglese. E’ inevitabile che chi traccia una retta divisoria, si frappone fra due sentimenti: odio o amore. Ma le vendite danno lui ragione. Eccoci giungere ai giorni nostri con sempre più band rivolte a questo tipo di sonorità. Non dimentichiamo i No Man, i Blackfield, i The Pineapple Thief, Opeth, Riverside e moltissime altre. A proposito di Riverside, l’ondata polacca giocherà anche in questo anno un ruolo importante, i Disperse sono un'altra promessa anche se più rivolta al Metal, oppure i Retrospective, ma non andrei nel singolo caso in quanto è un tronco che si sta evolvendo in più diramazioni.
In conclusione, il 2017 ci propinerà molto Progressive classico, quello non passerà mai di moda, con innesti Genesis, Jazz, Gentle Giant, King Crimson o chi volete voi, insomma il classico suono che conosciamo, ma una forte spinta giungerà da questo ramo che definirei a questo punto Post Prog, fra suoni acidi, malinconici, sostenuti, metallici e comunque melodici.
L’evoluzione continua, ci piaccia o meno.